13
4 maggio
Il giorno era sorto sotto la volta di un cielo cristallino. Un saluto ideale per la loro spedizione, pensò Nora mentre teneva lente le redini del suo cavallo. Stavano percorrendo un sentiero di montagna che si snodava attraverso rocce lisce, gli argini fiancheggiati da salici e ontani. Gli uccelli cinguettavano e un’aquila reale si librò fischiando sopra le loro teste. Burleson aveva ragione: erano a meno di due chilometri dal ranch, ma sembrava già che fossero entrati in un altro mondo. Più avanti, da sopra le chiome degli alberi, poteva vedere montagne su montagne che si innalzavano in lontananza, le cime spruzzate di neve.
Burleson guidava il gruppo in sella a un castrone di diciassette anni di nome Blackie. Nora lo seguiva, cavalcandone uno marrone e bianco, Stormy, anche se il suo docile comportamento non sembrava dare ragione a quel nome. Clive cavalcava dietro di lei, e Nora non poté fare a meno di notare la dimestichezza con cui guidava il suo cavallo, testa alta e schiena dritta. Gli avrebbe chiesto dove aveva imparato.
Maggie chiudeva la fila con Jason Salazar e Bruce Adelsky. Salazar sembrava abbastanza a suo agio con i cavalli, ma quella di Adelsky era tutta un’altra storia. Aveva perfino infilato il piede sbagliato nella staffa e provato a salire sul cavallo all’incontrario, scatenando l’ilarità di Maggie. A seguire la fila, Wiggett e Jack Peel guidavano i cinque cavalli che trasportavano i rifornimenti e le attrezzature in gerle di plastica e sacchi chiusi con dei lacci. Tra le altre attrezzature, un mulo trasportava una cassaforte con lucchetto destinata a contenere gioielli o altri oggetti di valore che sarebbero stati scoperti durante lo scavo, ma anche a conservare il leggendario oro, se esisteva… e se lo avessero trovato.
Nora riusciva a sentire Maggie che raccontava a Salazar e Adelsky una storia, intervallata da raffiche di risate, su una spedizione disastrosa a cui aveva preso parte un anno prima. Poteva coglierne solo brandelli, ma sembrava che riguardasse degli idioti ubriachi caduti da cavallo, uno che si era sparato a un piede, un elicottero di soccorso e un conto da ventimila dollari.
Percorsero agevolmente la prima parte del sentiero, che a circa otto chilometri iniziò però a diradarsi sempre di più. A un certo punto, Burleson si fermò, e lui e Clive consultarono una mappa.
«Questo è il punto in cui si sono persi» disse Clive. «Avrebbero dovuto andare a sinistra, ma per qualche ragione, probabilmente disorientati per via della neve, andarono a destra.»
Alla fatidica svolta a destra iniziava un ampio canyon in mezzo a rocce di colore grigio. All’inizio fu facile, ma poi le pareti del canyon iniziarono a restringersi e a incombere sempre più sulle loro teste, fino a quando non si ritrovarono a cavalcare all’ombra. L’aria diventò sempre più fredda. Da alcuni punti, mentre attraversavano fitti boschi o zone ombreggiate ai piedi delle pareti rocciose, Nora poteva ancora vedere chiazze di neve. Incredibile la velocità con cui si erano lasciati alle spalle la civiltà ed erano entrati in una sorta di paesaggio primordiale.
Si fermarono per pranzare vicino a un mucchio di massi franati. La coda della fila era rimasta indietro, ma Burleson era in contatto con Peel tramite il walkie-talkie. Nora controllò il cellulare e scoprì che, come previsto, erano ormai senza campo. Per il mese successivo, si sarebbero affidati al telefono satellitare che portava nella bisaccia, con la speranza che Skip fosse dall’altra parte.
Iniziò a sbocconcellare un panino al roastbeef mentre Burleson chiudeva la conversazione con Peel al walkie-talkie. L’uomo tirò fuori il suo sandwich e fece un respiro profondo mentre si guardava intorno. «Adoro queste montagne» disse. «Ogni volta che vengo qui, mi sento rinascere.»
«Quindi ha rinunciato a una redditizia carriera da avvocato, e ha smesso di sgomitare, per venire qui?»
«Carriera da divorzista. Non è divertente rappresentare giovani donne succhiasangue decise a rompere accordi prematrimoniali ed estorcere soldi a un vecchio e ricco marito bastardo. O viceversa. Raramente si incontra brava gente in casi come quelli, sia tra i clienti sia tra gli avversari. Tirarmene fuori non è stata soltanto una mia decisione: mi sono messo di traverso con la California Bar Association e mi è stata data una spintarella assai poco amichevole. Ogni volta che sono su queste montagne, invio loro i miei silenziosi ringraziamenti.»
«Di traverso?»
Burleson rise. «Non seguo molto le regole. Forse, ho rappresentato i miei clienti un po’ troppo bene, per così dire.»
Nora fu piacevolmente sorpresa dalla sua schiettezza. Aveva fatto qualche ricerca su Burleson, prima di assumerlo, ma non era emerso niente di simile. Forse, era tra le cose che non assurgono a dignità di notizia, pensò.
Dopo pranzo, rimontarono a cavallo e superarono l’ennesima grigia erta rocciosa a picco su una gola scoscesa e un bosco scuro di abeti svettanti, con la neve che aumentava nelle zone in ombra. Sul calare della sera, gli alberi lasciarono il posto a una radura circondata da rupi.
«Quei Donner erano davvero spacciati» disse Maggie, guardandosi intorno.
«Ci siamo, il nostro primo accampamento» avvertì Burleson, smontando da cavallo.
Nora fermò il suo. Non era un posto particolarmente accogliente – un campo inzaccherato attraversato da un ruscello – ma ricordò a se stessa che ci sarebbero rimasti solo un paio di giorni. Se avessero trovato il Campo perduto, si sarebbero avvicinati a quello.
Anche gli altri smontarono da cavallo. Burleson e Drew Wiggett aiutarono qui e là, tolsero le selle ai cavalli e li impastoiarono. Quando tornarono, Peel stava arrivando con i bagagli. Li piazzarono in fondo al campo e lui e Wiggett iniziarono a spacchettare, allineando i contenitori in file.
«Il fuoco è acceso, qui» disse Maggie, indicando un punto in rilievo ai margini della radura. Poi a Nora e Clive: «Raccogliete un po’ di legna. Betulla, ontano e quercia. Niente abeti o pecci! Jason e io accenderemo un falò. Jason, mettiamo un po’ di muscoli su quelle tue braccine! Anche tu, Bruce».
«Mi dispiace, non è tra le mie mansioni» rispose Adelsky con un sorriso mentre si sistemava su un albero caduto, frugava in tasca, prendeva la sua sigaretta elettronica e l’accendeva. Appoggiò la schiena ed emise una nuvola di vapore. «Vi guarderò mentre lavorate.»
«Boom» fu il commento di Maggie. «A proposito, i ragni violino dell’Arizona adorano deporre le uova su alberi secchi come quello su cui ti sei accomodato.»
Adelsky saltò in piedi e si passò freneticamente le mani sui jeans, la sigaretta cadde a terra, e la risata fragorosa di Maggie riecheggiò nel campo.
Nora e Clive si diressero verso gli alberi ai margini della radura e iniziarono a raccogliere la legna.
«Fin qui, tutto bene» disse Clive. «Burleson sembra sapere il fatto suo. È interessante, però, che abbia rinunciato a una pratica così lucrosa per ricominciare in queste nuove vesti. Viene da chiedersi se nel suo passato non ci sia più di quanto ci ha detto.»
«Ha messo insieme un gruppo piuttosto eccentrico» osservò Nora. «Maggie, che dice un milione di parole al secondo; Peel, muto come una tomba; e Wiggett. È difficile definirlo, ma sembra… be’, affamato.»
«Che intendi?»
«Sai, il tipo di persona che non è mai soddisfatta, sempre alla ricerca di erba più verde.»
«Non c’è niente di male a essere ambiziosi. Anche tu sembri esserlo un filino, o no?»
«Spero non sia così evidente.»
«Perché no?» Benton fece una pausa e le fece un sorrisone. «Non è il motivo per cui siamo insieme in quest’avventura? Ambizione, sete di conoscenza, voglia di lasciare il segno.»
Aveva ragione, Nora lo sapeva, ma le fece strano sentirglielo dire in maniera così brutale. «Volevo chiederti una cosa. Mi domandavo perché, quando mi hai raccontato per la prima volta la tua storia, su allo scavo, non hai mai menzionato l’oro. Devo ammetterlo, mi ha… dato fastidio.»
Clive ridacchiò. «Sapevo che me lo avresti chiesto. Prima di tutto, c’era Jason, e non volevo che sentisse, ma soprattutto volevo capire la natura del tuo interesse per il progetto prima che sapessi dell’oro.»
«Così hai aspettato fino all’incontro con Fugit per rivelarmelo.»
«Cerca di capire la mia posizione. Potremmo rovinare tutto se si venisse a sapere che in giro ci sono venti milioni in monete d’oro che aspettano solo di essere trovati. E poi… be’, volevo assicurarmi che avessi le… palle – perdona l’espressione – per il lavoro.»
Nora si accigliò, stupita. «Di che parli? Conosci le mie credenziali. Sei stato tu a cercarmi. Questa non è la mia prima campagna complicata. Ho già avuto a che fare con il cannibalismo, prima d’ora.»
«Lo so» rispose Clive, prendendo un pezzo di legno. «Ma questo supera anche il cannibalismo.»
Nora si drizzò. «In che senso?»
«Avrai notato che ho cercato di deviare le chiacchiere oziose di alcune delle storie più oscene sul Campo perduto, ma il fatto è che lì è successo qualcosa di veramente insolito e terribile.»
«Che cosa potrebbe esserci di peggio del cannibalismo?»
Clive fece un momento di pausa, lo sguardo perso in direzione della radura. «Ti ho detto che una persona è riuscita a fuggire e a tornare al campo di Donner ad Alder Creek, un pastore itinerante di nome Asher Boardman. Era scappato, raccontò, perché la follia aveva travolto il Campo perduto. In seguito, morì di fame, ma non prima che Tamzene avesse trascritto la sua storia. Quando quell’unico soccorritore, Best, raggiunse finalmente l’accampamento, trovò solo una persona ancora in vita: Peter Chears, che cantava e suonava aiutandosi con un mucchio di ossa umane. Le avvicinava alle guance, se le passava tra i capelli… Best lo trasse in salvo assieme agli ultimi del campo di Tamzene. Chears sopravvisse al viaggio di ritorno, ma morì poco dopo, irrimediabilmente pazzo.»
«Gesù…» disse Nora. «E tu come conosci questi dettagli?»
«Le testimonianze storiche. Molte sono dubbie – articoli di giornale esagerati, scritti di persone non direttamente coinvolte – ma i documenti originali non possono essere ignorati. Oltre ai dettagli presenti nel diario di Tamzene, c’è il diario, sicuramente romanzato, di una sopravvissuta, la signora Horne, che comunque descriveva il delirio di Boardman nel loro campo. E poi c’è il racconto del soccorritore, Best. Best non ha scritto niente di suo pugno, ma ne parlò ad alcune persone, tornato al campo di Tamzene. Era un tipo tosto, ma ciò che vide in quel campo dovette scuoterlo fino al midollo. Gli storici giudicano come un esempio di “perdita di verità” e inaffidabilità della trasmissione orale tutto quello che rimane di quegli orribili racconti di seconda mano. Più si è lontani dalla fonte primaria, più diventa difficile essere certi che i dettagli siano accurati al cento per cento.»
«Cento per cento o meno» mormorò Nora, come se quei dettagli le fossero penetrati dentro, «è dannatamente più di quanto mi hai raccontato il primo giorno. Non c’è da stupirsi che Maggie sia così prodiga di chiacchiere.»
«Alcune sono meno chiacchiere di altre. Volevo essere sicuro che avessi fegato. A mano a mano che gli scavi porteranno alla luce i dettagli su quanto è accaduto, potrebbe diventare tutto… un po’ inquietante.»
«E?»
«Adesso, mi fido.»
Nora scosse la testa. «Vorrei aver conosciuto questi dettagli prima. Non mi piace essere presa alla sprovvista.»
«Mi dispiace. Hai ragione. Ti chiedo scusa.»
«Scuse accettate» disse Nora, «ma ora che stiamo davvero cercando il campo, niente più segreti tra noi. D’accordo?»
«Pienamente d’accordo, ma ricorda che vale per entrambi.»
«Certo.» Nora si chiese cosa intendesse esattamente.
Si trascinarono dietro alcuni rami secchi e li accumularono vicino al fuoco. Il campo era alle ultime fasi di preparazione: le tende erano montate, il fuoco ardeva e Maggie si dava da fare con un contenitore di legno, scaricava due forni olandesi e organizzava in vari scomparti pentole, padelle, stoviglie e posate.
«Oh!» disse in tono di approvazione. «Ottimo lavoro! Jason, prendi l’ascia e tagliamo.»
Maggie impugnò un’ascia e accorciò i rami della quercia in ciocchi di lunghezza più gestibile, mentre Jason li faceva a pezzi.
«Diamine, ti affetterai le gambe, a quel modo.»
Maggie si avvicinò e, dopo avergli passato le braccia robuste attorno alla vita e aver messo i gomiti in posizione, gli mostrò come impugnare e lasciar andare un’ascia. Guardò Adelsky. «Visto cosa ti perdi?» gli chiese con una risata salace.
«Peggio per me.» Adelsky agitò la sua sigaretta.
Contro un albero erano state accatastate delle sedie pieghevoli, pronte per essere disposte in cerchio attorno al fuoco. Jason Salazar ne prese una, la aprì e ci si lasciò letteralmente cadere sopra, il viso arrossato e madido di sudore. «Quella donna è una schiavista» si lamentò.
«Ti ho sentito!» urlò Maggie, mentre con una forchetta girava le bistecche sulla griglia con un rumore stridente.
«L’ho detto di proposito.»
«Sto solo mettendo un po’ di carne su quelle tue ossa. Sei stato con il naso ficcato nei libri per troppo tempo.»
Ognuno portò a termine il proprio compito. Quando anche gli altri tornarono, si riunirono attorno al fuoco mentre scendeva la sera.
«Un po’ di vino?» chiese Burleson. Prese una bottiglia dal cestino, tirò il tappo di sughero e lo versò in bicchieri di latta che offrì in giro. «È un buon cabernet della Napa Valley. Potete approfittare della generosità del nostro grande Stato. Tutti i comfort, nel mio campo.»
A cena c’era tutto ciò che Nora avrebbe potuto desiderare, e altro ancora: bistecche alla griglia, patate croccanti, un’insalata appena colta, e torta al lime per dessert. Con sua sorpresa, prima di cena Jack Peel volle pronunciare una preghiera, che apparve stranamente appropriata in quel vasto ambiente selvaggio. Quando i piatti furono vuotati, Maggie tirò fuori una chitarra e cantò Tumbling Tumbleweeds e Lovesick Blues accanto al fuoco scoppiettante con una voce limpida da contralto che si innalzava sotto un vasto cielo nero pieno di stelle. Chiuse poi quella piccola esibizione con una suggestiva interpretazione di Ghost Riders in the Sky.
«È pieno di fantasmi, nel cielo qui intorno» disse, abbassando la chitarra. «Sono cresciuta a Truckee, e potrei raccontarvene, di storie.»
«Oh, al ranch hai fatto mille allusioni» disse Adelsky impaziente, sporgendosi verso il fuoco. «Allora, che aspetti? Fatti, non parole.»
«Piccola canaglia» gli rimandò Maggie amabilmente. «Okay, te la sei voluta. Hai mai sentito la storia del fantasma di Samantha Carville?»
Peel si alzò di scatto e scomparve nell’oscurità, in direzione della sua tenda.
«Cos’ha?» chiese Maggie rivolta a Burleson.
L’uomo scrollò le spalle. «È un maledetto mandriano coi fiocchi, ma non è molto portato per la conversazione.»
«Va’ avanti» intervenne Clive. «Cos’è un falò senza una storia di fantasmi?»
«Bene» disse Maggie, la voce quasi un soffio. «Nella mia città, i vecchi raccontano ancora storie su ciò che è realmente accaduto qui. Come quella di Samantha Carville, che morì di fame nel Campo perduto. Aveva solo sei anni.»
Clive annuì. «Nella spedizione c’era una famiglia con quel nome.»
«Seppellirono il suo corpo nella neve. E lì Samantha rimase. Almeno, per un po’. Appena cominciarono a morire tutti di fame, una notte due uomini sgattaiolarono fuori, disseppellirono il suo corpo, le tagliarono una parte della gamba e la mangiarono.»
«Non c’è nulla al riguardo tra le evidenze storiche» obiettò Clive. «È difficile credere che avrebbero iniziato proprio da una bambina.»
«Sta’ zitto!» lo rimproverò Maggie. «Rovinerai la storia.» Si voltò di nuovo verso Adelsky. «Certo, erano uomini malvagi, ma dopo aver iniziato dalla gamba, neanche loro riuscirono ad andare fino in fondo. Così, gettarono via l’osso e sotterrarono di nuovo il corpo di Samantha.» Si interruppe, la sua voce si fece più profonda.
«E dicono che ancora oggi, in notti senza luna, nel profondo del bosco si può sentirla vagare alla ricerca dell’osso della sua gamba. È un suono inconfondibile, una specie di strascichio seguito da un battere ritmato, come di una persona con il bastone che zoppichi su una gamba sola.» E in un’improvvisa, agghiacciante imitazione, Maggie si portò le mani alla bocca come per prepararsi allo jodel ed emise un singolare suono cupo: «Sssh-tac. Sssh-tac».
Nora si sentì accapponare la pelle.
La voce di Maggie si affievolì e ci fu un momento di silenzio mentre tutti sembravano in ascolto al buio. A quel punto, Adelsky iniziò a ridere.
«Wow! Questa sì che è una storia di fantasmi! Stanotte, mentre saremo tutti a letto, sentiremo la piccola Samantha che bussa agli alberi alla ricerca della sua gamba.» Sbuffando e soffiando, Adelsky cercò di imitare il suono, ma non ci riuscì. Poi rise di nuovo, ma questa volta senza lo stesso gusto.