23
11 maggio
Il giorno seguente, l’alba sorse al termine di una notte senza nuvole, che aveva permesso a Nora e agli altri una visione eccellente della cometa di cui Skip le aveva parlato prima della partenza. Verso mezzogiorno, tuttavia, nubi temporalesche iniziarono ad accumularsi sulle cime circostanti. Quel giorno, Nora doveva aprire il quadrante contenente la metà inferiore del corpo di Samantha Carville. Dopo aver rimosso lo strato erboso e averlo messo da parte e usando pennelli e stecche di bambù in aggiunta alle fruste sempre presenti, lei e Clive iniziarono a lavorare nel terreno fino al livello delle ossa con una lentezza che si sarebbe detta esasperante. Come nei giorni precedenti, la terra veniva ammucchiata in un vassoio per essere poi setacciata e fatta flottare.
Anche lavorare a un quadrante poco profondo come quello rappresentava una lezione di pazienza. Nora ci era abituata, ma Clive sudava e tendeva ad accelerare. Mentre lavoravano sui quadranti della piccola Carville, Salazar e Adelsky aprivano un altro quadrante ai bordi della discarica.
«Vacci piano, Clive. Quelle ossa non vanno da nessuna parte.»
«Mi dispiace» si scusò lui. «La curiosità mi rende impaziente. Anche per te è così?»
«Sì. Ho dovuto imparare a rallentare, proprio come devi imparare tu.»
Clive rise e le piantò addosso i suoi occhi blu. «Sembra che abbiamo molto in comune, tu e io.»
Nora non rispose, ma le vennero in mente le parole di commiato di Skip. Aprirsi a nuove conoscenze non significava essere sleale nei confronti di Bill. Doveva superarla e andare avanti con la sua vita. Aveva già frequentato un paio di sfigati, ma Clive non era certo uno di loro: colto, dottore di ricerca a Stanford e – cosa più importante – dotato di un’intelligenza acuta e appassionata. Ed era palesemente interessato a lei.
Si ritrovò ad arrossire a questo susseguirsi di pensieri e all’imbarazzo che le provocava, e piegò velocemente la testa per nascondersi e continuare a scavare.
«Trovato qualcosa» la richiamò Clive.
Nora si voltò dalla sua parte. Era l’attaccatura di un piccolo osso.
«Me ne occupo io, grazie.» Era diventato il loro modo di procedere: Clive passava la parte delicata del lavoro a Nora.
Lei si spostò sul posto e iniziò a pulire, portando alla luce sempre più parti dell’osso, e intanto Clive seguiva tutto. Poteva sentire il respiro di lui sui capelli. «Sembra la rotula sinistra.»
«Quello è l’osso del ginocchio, giusto?»
«Giusto.»
Andando ancora più a fondo, Nora portò alla luce la parte inferiore del femore e la parte superiore della tibia, insieme a un bottone vagante e a un pezzo di cotone, che inserì con la pinzetta in buste per reperti. Mentre lavorava lungo la gamba in direzione del piede, apparve una fila irregolare di bottoni, insieme ad alcuni ritagli di pelle raggrinziti… il piccolo stivale a bottoni della ragazza. Nora lo lasciò in situ e ci lavorò attorno fino a che non scoprì l’intera gamba sinistra. Quando fu dissotterrata, scattò una serie di foto.
Nel frattempo, Clive si era spostato e aveva iniziato a lavorare sul lato opposto del quadrante, smuovendo la superficie con un bastone di bambù e ripulendo delicatamente con la spazzola. Nora si sentiva un po’ a disagio a lavorare alla sua metà del quadrante, da cui portava alla luce parti via via più estese della gamba destra.
«Oddio, ecco qualcos’altro» esclamò Clive, indietreggiando per guardare Nora.
Era il femore destro. Nora pulì intorno a quella che si rivelò essere un’estremità irregolare dell’osso. La sua terminazione si limitava a un caos di frammenti. Sotto non c’era altro. Ci avvicinò una lente di ingrandimento e le balzarono subito alla vista profondi segni di tagli da macello.
Il silenzio seguito alla scoperta fu interrotto da un rombo di tuono lontano. «Che mi venga un colpo» disse Clive. «Alla fine, non è una leggenda.»
Nora si tirò su a sedere e fece un respiro profondo. «La gamba è stata tagliata con un’arma improvvisata, qualcosa come un’accetta, proprio all’altezza del ginocchio.»
«Non ci posso credere. L’evidenza storica…» Ma la voce di Clive si interruppe.
Di nuovo silenzio.
«Che ne pensi?» chiese Nora. «Dovremmo dirlo alla squadra? Con Maggie che molesta tutti con le sue storie di fantasmi, forse dovremmo stare zitti.»
Clive si accarezzò la barba di qualche giorno. «Sanno che abbiamo trovato i resti della ragazza. Chiederanno.»
«Ma c’è già un’atmosfera così negativa, al campo…» obiettò Nora.
«Vero. E quella dannata agente dell’FBI saltata fuori dal nulla non ci è stata certo d’aiuto.»
Nora annuì. «Decideremo più tardi. Dovremmo finire di scavare il quadrante nel caso in cui riuscissimo a individuare le parti mancanti di Samantha…»
Si fermò quando vide un’ombra proiettarsi sullo scavo. Jack Peel era in piedi sul bordo del quadrante, che li fissava nel suo spolverino lungo, il viso contratto in un misto di dolore e rabbia. Sollevò lentamente il braccio e indicò lo scheletro con un dito tremante.
«Samantha Carville?»
«Sì» rispose Nora.
Peel non aggiunse altro. Rimase semplicemente lì, immobile.
«C’è… c’è qualcosa in particolare che vorresti sapere?» chiese Nora, spaventata dalla gravità del suo atteggiamento.
«Ho già sentito tutto quello che devo sapere.» E, detto questo, Peel si girò e camminò veloce nella radura verso il sentiero, sollevando la solita polvere dietro di sé.
«Se avessimo avuto intenzione di tenere il segreto» disse Nora, «se ne starebbe andando via con quell’uomo in questo preciso istante.»
«Ma cos’ha? Si aggira come una comparsa di Il buono, il brutto, il cattivo.»
Nora scrollò le spalle. «Copriamo qui. Adelsky ci sta già chiamando per il pranzo.»
Clive si girò a guardarlo. «Giuro, per essere un ragazzetto magro, quel tipo ha una fame del diavolo. Non vorrei essere bloccato dalla neve e in una tenda con lui.»
Dopo pranzo, Clive e Nora ripresero a lavorare al quadrante. «Spero che ormai l’agente dell’FBI sia saldamente attaccata alla sua scrivania ad Albuquerque» disse Clive.
Nora lavorava con il pennello. «Se avesse identificato lo scheletro di Parkin, avrebbe potuto chiudere lo scavo o portare via le ossa.»
«Con quel puzzle di discarica? In bocca al lupo…» Clive scosse la testa. «L’espressione sulla sua faccia quando hai tolto il telo è stata epica.»
«In realtà, la fortuna è solo una parte dell’equazione.»
Clive la guardò. «Che intendi?»
«Che far combaciare parti del puzzle potrebbe essere più facile di quanto pensi.»
«In che modo?»
«Sai che abbiamo inserito tutti i nostri dati nel computer al quartier generale, no? L’Istituto ha acquistato il software per l’archeologia più aggiornato e potente che ci sia in circolazione – ti ho mostrato le funzioni base sull’iPad – e una volta che riesci a sfruttarne tutte le potenzialità, è davvero sorprendente.»
«Deve essere così. Voi tre siete curvi sui vostri tablet ogni volta che potete.»
Nora mise giù il pennello. «Tra un minuto ti mostro come funziona.»
Oltrepassarono la tenda e raggiunsero la discarica, ancora parzialmente coperta dai teli. Su un tavolo da lavoro attiguo allo scavo, all’ombra di un tendone, c’erano diverse attrezzature, oltre ad alcune ossa in una vaschetta, prelevate per essere sottoposte a esami specifici.
«Aiutami a togliere questo telo.»
Decisero di togliere un telo che copriva l’area della discarica che l’agente Swanson aveva esaminato il giorno prima. Nora indossò un nuovo paio di guanti e infilò la mano nella custodia imbottita in neoprene in cui tenevano gli iPad da dodici pollici della spedizione.
«Come ho iniziato a spiegarti l’altra sera, inseriamo tutti i dettagli sullo scavo nei nostri iPad: coordinate del saggio, griglia, punti, indicatori di profondità, posizione dei reperti, fotografie e così via. Il software esegue la compressione di tutti i dati, creando una rappresentazione 3D estremamente accurata di ogni oggetto e collocandolo in una mappa topografica dettagliata della posizione.»
«Mi ricordo.»
«Questo è solo l’inizio. Non possiamo accedere a internet, ovviamente, ma utilizzando questa VPN locale possiamo comunicare tra noi e con l’host tramite Wi-Fi. Naturalmente, per risparmiare energia, utilizziamo il computer solo in determinati momenti, per esempio quando effettuiamo gli upload e i download a fine giornata.»
«Stavo per chiederlo.»
«Per ricaricare tutta questa roba elettronica, abbiamo quel piccolo generatore e degli alimentatori a energia solare.» Si fermò con l’iPad in mano sul bordo della discarica. «Per quanto il tutto possa sembrare confuso, l’insieme dei programmi riesce a dargli un senso. Il software di catalogazione e mappatura può riprodurre qualunque tipo di rappresentazione della discarica: in profondità, per tipi di reperto, posizione di ossa particolari, persino in relazione a chi ha scavato cosa e quando, tutto rappresentato sugli assi X, Y e Z. Puoi anche generare una qualunque sezione della discarica, e vedere per esempio una sezione trasversale.»
Nora mostrò a Clive un’immagine tridimensionale della discarica. Mentre lui guardava, lei ruotò l’iPad in varie direzioni; di volta in volta, lo schermo mostrava sezioni illuminate in diversi colori.
«Sembra un videogioco arcade dell’Atari» scherzò Clive.
Nora rise. «Serve un gran lavoro prima, nell’immissione dei dati, ma una volta fatto siamo in grado di ottenere risultati impensabili anche solo qualche anno fa.» Tracciò alcuni segni con lo stilo dell’iPad, toccò alcune icone: sullo schermo, un’immagine tridimensionale di una sezione della discarica fu rapidamente evidenziata in verde; aveva una forma irregolare, piena di aree in verde più scuro. Il resto della discarica si scolorì fino al grigio.
«Questa è la sezione su cui Jason ha lavorato due giorni fa» disse. «Le aree scure sono reperti singoli. Esistono molti metadati per ciascuno di essi.» Toccò un punto a caso con lo stilo, e l’immagine si ingrandì, mostrando quello che sembrava un vecchio pulsante di legno, con un pannello di testo che scorreva ai lati dello schermo.
«Quindi sai davvero chi ha scavato cosa e quando?»
«Sì. E anche di più. Il software è abbastanza potente da aiutarci a rimontare i reperti. In un sito di scavo paleolitico, potrebbe ricollocare dei frammenti di selce sparpagliati esattamente nel punto in cui si trovavano in origine. Ora, per esempio, gli chiedo di localizzare tutte le ossa del metatarso e i frammenti simili. Guarda.»
Usò di nuovo lo stilo e l’immagine sullo schermo cambiò ancora, ingrandendosi per mostrare la superficie della discarica. Diverse ossa erano evidenziate in verde e blu.
Clive fece un fischio di ammirazione. «Sto cominciando a capire cosa intendevi per puzzle.»
«Ora» disse Nora, «gli chiederò di localizzare tutte le clavicole che abbiamo portato alla luce.»
Nora toccò di nuovo lo schermo. Questa volta, invece di una particolare sezione trasversale, fu evidenziata una piccola nube di frammenti ossei.
«Vedrai che ci sono undici pezzi in totale, nessuno integro. Nota come in almeno due casi tendono a essere raggruppati insieme: questi tre pezzi, qui, e quei quattro laggiù. E ora guardiamoli dal vivo.»
Si fece guidare dal tablet verso la discarica, rimosse con cura tre frammenti d’osso dalla matrice, la mano sempre avvolta nel guanto, e li posò su un panno di velluto nero in un vassoio per campioni sul piano di lavoro. Quindi mise da parte l’iPad ed esaminò i pezzi rigirandoseli tra le mani. Dopo un momento, riuscì a farli combaciare.
«Vedi?» disse.
«È incredibile» disse Clive. «Hai assemblato una clavicola con uno schiocco di dita!»
«Non proprio “con uno schiocco di dita”.» Il volto di Nora si aprì in un sorriso. «Questo è il risultato di uno scavo meticoloso, di una buona immissione e documentazione dei dati, di mesi di formazione sul software, di anni di compiti in classe e, ovviamente, di un buon finanziamento.» Indicò la clavicola ricomposta. «Nessun segno di frattura recente, qui.» Raccolse i pezzi, tornò alla discarica, si inginocchiò e li riposizionò con cura dove erano prima.
«Li rimetti semplicemente al loro posto?» chiese incredulo Clive. «Ora che hai ricostruito che quei pezzi formano un singolo osso?»
«Certo. I pezzi appartengono alle loro posizioni originali, per ora. È la grandezza di questo metodo. Stiamo documentando ogni millimetro del sito in modo così preciso che, se volessimo, potremmo ricrearlo in qualsiasi momento grazie al software, anche molto tempo dopo che sarà stato riempito di nuovo e le ossa riposte nel loro ultimo luogo di riposo.»
«E… riesci a individuare altre ossa della clavicola?»
«Vuoi dire, come quella di Parkin? Vediamo.»
Consultò di nuovo il tablet, che questa volta la guidò in un’altra sezione della discarica, e in pochi minuti rimosse altri quattro frammenti di osso, l’altro gruppo identificato dal software. Li adagiò sul panno, li spennellò delicatamente, li mise insieme e poi li osservò con una lente.
«Povero vecchio Parkin» mormorò. «Sembra essere stato doloroso.»
«Vuoi dire…?» cominciò Clive.
Ammutolì quando Nora gli passò la lente. Si sporse a guardare lui stesso le ossa. «Mio Dio…» mormorò. «È quello che penso?»
Nora annuì. «Una grossa fenditura nell’osso, senza dubbio la punta di una freccia: una frattura parziale, quasi guarita.»
Clive si raddrizzò. «Incredibile. E possiamo trovare il resto?»
«Vediamo.» Nora guardò di nuovo sul tablet. Dopo un momento, lo mostrò a Clive. «Chiederò al software di cercare, in base alla posizione delle ossa, all’analisi anatomica e ad altri fattori rilevanti, l’osso che meglio si adatta a questa clavicola.»
Consultò ancora l’iPad. Ora lo schermo si illuminò con altre ossa e frammenti raffigurati in verde. Si voltò di nuovo verso la discarica, prese con cautela tre grossi pezzi di un teschio, oltre a una mascella, e li posizionò sul panno di velluto vicino alla clavicola: mascella, l’area più bassa della faccia, ossa frontali e parietali – relativamente intatte – e la maggior parte dell’osso occipitale e del processo mastoideo. Mancava solo la zona della cavità oculare. Su una tempia il cranio mostrava un’impronta peculiare a forma di stella: era stato colpito alla testa oppure quello era un indizio del modo in cui era morto, o di un tentativo da parte dei sopravvissuti di arrivare al cervello…
«Quindi questo…» Clive si fermò. «Questo è…?»
«Permettimi di presentarti il signor Albert Parkin.»
«Wow!»
«Ci vorrà il test del DNA per esserne sicuri, ma penso che questi segni di macello possano essere una conferma.» Indicò i pezzi di clavicola. «Mentre l’agente dell’FBI esaminava la discarica, ho notato che osservava i tagli. E sapevo perché. Quando si macella con un solo strumento, quello strumento lascia le sue “impronte digitali”. Guarda.» Passò di nuovo la lente a Clive. «Vedi come i segni di taglio sembrano uguali, qui e qui, e poi di nuovo qui?» Indicò prima due pezzi della clavicola, poi il cranio. «Da manuale.» Prese la sezione della mascella e la sollevò all’altezza delle altre ossa craniche. «E guarda come il condilo combacia con il processo mandibolare.»
«Intendi, quanto bene si adatta la mascella lì dentro? Sì.»
Nora riportò con cura le ossa nelle rispettive sedi della discarica e coprì tutto con il telo. Quando ebbe finito, si voltò e sorrise. «Che cosa stavi dicendo della fortuna?»
Clive scosse la testa per lo stupore. «Ma quanto ne sei sicura?»
«Be’, ne sono sicura al novantanove per cento.»
Nel silenzio che seguì, Nora vide che Clive corrugava la fronte.
«Che c’è?»
«È solo che… Be’, che facciamo ora? L’agente Swanson ci ha chiesto di avvertirla se avessimo identificato Parkin. Voglio dire, per lei potresti aver fatto questa identificazione ieri, giusto?»
«Non c’era modo di saperlo prima di provarci. Ma… sì, probabilmente. E poi? Magari avrebbe preso le ossa, chiuso il sito… e dato un calcio a tutto?»
«Ma… è l’FBI» obiettò Clive. «Non vorrai essere accusata di occultamento di prove.»
«Ecco come la vedo io: è davvero Parkin?»
«Be’, hai appena detto…»
«Ho detto che ne sono sicura al novantanove per cento. Per identificare veramente Parkin, abbiamo bisogno della conferma del DNA in laboratorio, una volta completata la fase di scavo.»
«Okay… ma…»
«Ma se avessi fatto quella dimostrazione a Swanson ieri, non avremmo ancora alcuna prova che si tratti di Parkin e avrei causato non pochi problemi alla nostra spedizione.»
«In effetti.»
Ma Nora non aveva finito. «Allora, fino a cinque minuti fa, non avevo idea a chi appartenessero quelle ossa. Senza test del DNA continuo a non saperlo.»
«Capito.»
Nora lo guardò, un po’ sorpresa dall’espressione sul suo viso. «Non dirmi che questo ti crea problemi.»
Ci fu un altro rombo di tuono e una nuvola nera oscurò il sole, precipitando la valle nell’ombra. Nora attese che tornasse il silenzio. Lentamente, la perplessità sul viso di Clive si trasformò in un sorriso. «Credo che ciò a cui ho appena assistito sia un esempio ipotetico di un’ipotetica identificazione» disse alla fine. «Nulla che valga la pena segnalare fino a quando non lo sapremo per certo.»
Il senso di colpa che Nora aveva provato si alleviò. «Esattamente. E terremo aggiornata l’agente Swanson, come promesso. Non appena la fase di scavo sarà completata e avremo un’identificazione del DNA in laboratorio, glielo faremo sapere.»
Il vento aumentò, facendo sbattere i rami secchi degli alberi.
«Dai» disse lei, dando una rapida occhiata al cielo, «mettiamo in sicurezza il sito e andiamo al campo. Sta per scoppiare a piovere da un momento all’altro.»