CAPITOLO QUINTO
La signora Pocopson si piantò davanti alla lavagna.
— Non mi piace affrontare questo genere di argomenti in classe — disse — ma non posso evitarlo. Venendo a scuola, avrete certamente visto che cos’hanno combinato alcuni vandali. Spero che nessuno di voi si comporterà mai così. Se qualcuno sentisse il bisogno di scrivere il proprio nome, venga a parlare con me. — Sollevò un gessetto. — Potrà scriverlo per tutto il giorno sulla lavagna.
La classe rise.
Mangusta sentì Donnola borbottare: — Non siamo vandali.
La Pocopson si voltò di scatto: — Dicevi qualcosa, Robert?
Donnola la guardò storto. — No — rispose.
L’insegnante continuò a fissarlo finché Donnola non distolse lo sguardo. — Comunque — riprese disinvolta — so che almeno uno dei vandali non era un mio studente.
— Come fa a saperlo, signora Pocopson? — chiese qualcuno.
— Perché quell’ignorante di un vandalo non sa come si scrive donnola!
Tutti scoppiarono a ridere, tranne uno.
Dopo le lezioni, Mangusta e Donnola fecero un giro in città per ammirare l’opera della notte prima. Era come vedere il proprio nome su un manifesto o nei titoli di testa d’un film, pensò Mangusta. Si sentiva più alto. Sì, la città era loro.
— E ora? — chiese.
— Torniamo al minimarket. Ci procuriamo altra vernice. Sai dove scriverò il mio nome?
— Dove?
— Lassù.
Erano arrivati in centro. Mangusta alzò lo sguardo. Donnola indicava la torre dell’orologio della banca.
Rise.
— No… non ci credo!
Donnola gli diede una spinta. — No? — Corse al portone della banca e provò ad aprire, ma era sbarrato. Andò al vicino ingresso della tavola calda, ci infilò dentro la testa e gridò: — Lo farò!
Corsero via ridendo.
— Guarda! — strillò Donnola. Con un balzo scese dal marciapiede e agitò le braccia. — Una Firebird!
Una Firebird rossa, decappottabile, gli sfrecciò accanto a tutta velocità.
— È la mia! — gridò Donnola.
Ripresero a correre, ridendo. La vita era fantastica.
Alla fine, Donnola andò a casa e Mangusta decise di gironzolare un altro po’. Controllò ogni tronco d’albero, cercando un altro insetto. Finché si ritrovò di fronte alla biblioteca.
C’era passato davanti molte volte, centinaia di volte, senza mai entrarci. Nemmeno era sicuro che fossero ammessi i ragazzini.
Tirò fuori di tasca la tessera blu. Ce l’aveva infilata quella mattina, dopo averla raccolta dal pavimento. Per la prima volta le diede un’occhiata. Niente da una parte. E dall’altra… niente neanche lì! Se la rigirò fra le mani. Avrebbe giurato che, quando l’aveva guardata sul tetto, ci fosse scritto TESSERA DELLA BIBLIOTECA.
Nient’altro che un cartoncino blu.
Eppure, chissà come, sapeva che era anche una tessera della biblioteca.
Però non era sicuro di come funzionasse. Forse, come un biglietto a una partita di pallacanestro, consentiva al suo possessore l’ingresso nella biblioteca. Salì tre scalini, svoltò e scorse un bancone con dietro una signora.
Quando la signora alzò lo sguardo e lo vide, gli sorrise come se lo conoscesse. Avrebbe dovuto conoscerla, lui? Le mostrò la tessera, anche se si sentiva sciocco a mostrare un pezzetto di carta blu.
— Li ritira lei, i biglietti? — chiese.
La donna prese la tessera, la fissò e poi lo guardò negli occhi. La sensazione di sentirsi sciocco svanì.
— No — fu la risposta — questo non serve a fare entrare te. Serve a fare uscire un libro. — Gliela restituì. — Allora, come posso aiutarti?
Mangusta le raccontò dell’insetto. La signora annuì e si allontanò per tornare poco dopo con un libro.
— Qui troverai quello che ti serve. — Glielo tese sorridendo. — Buona lettura.
Uscendo dalla biblioteca, Mangusta s’infilò il libro sotto il cappotto, nella cintura. Schizzò a casa.
Lo tirò fuori solo quando fu al sicuro dietro la porta chiusa della sua stanza. S’intitolava Strano ma vero. Scoprì quello che cercava a pagina ventitré. L’insetto si chiamava cicada, o locusta dei diciassette anni. Continuò a leggere e seppe che viene giù dagli alberi sotto forma di vermiciattolo e si seppellisce nel terreno per diciassette anni. E quando ne esce… sbam! è un grosso insetto che si libera della propria pelle, occhi e tutto, ed era quello che Mangusta aveva trovato.
Incredibile.
Pensa che strano: stare sottoterra, per diciassette anni!
E quando ne esci sei diverso da quando c’eri entrato.
E poi esci dalla tua stessa pelle!
L’idea lo sbalordì, gli fece venire il formicolio. Si guardò un braccio. Aveva la pelle d’oca.
La sedia sulla quale si trovava non sembrava più tanto sicura. Si spostò sul pavimento, la schiena alla parete. Tornò verso l’inizio del libro (sapeva che i libri andrebbero letti dall’inizio) ma continuava a distrarsi. Illustrazioni, parole e numeri gli attraevano gli occhi come fa la carta moschicida con le mosche.
Lesse di un uccello che resta librato in aria per quattro anni.
E di un pesce che si arrampica sugli alberi.
E di un altro uccello che vomita addosso ai suoi nemici come arma di difesa.
E di un uccello (bufaga, si chiama) che vive sulla schiena dei rinoceronti.
E di un insetto, nient’altro che il vecchio comune scarafaggio, capace di andarsene in giro per due settimane con la testa tagliata.
E di un’anguilla elettrica che riesce ad accendere le lampadine.
E del ratto-talpa, detto anche nesocia. Il libro lo definiva, a ragione, l’animale più brutto del mondo. Passò un’ora solo a guardare la sua foto.
E di un verme capace di diventare lungo ventisette metri.
Si distese sul pavimento, stordito. Gli sembrava che il soffitto vorticasse.
Sua madre entrò e lo fissò accigliata. — Da quant’è che sei qui?
— Non lo so — fu la sincera risposta.
— Sai che abbiamo cenato quattro ore fa? Sai che sono le nove?
— Sai che c’è un pesce capace di arrampicarsi sugli alberi?
La signora Hill fissò il figlio steso sul pavimento: aveva un’espressione che non ricordava di avergli mai visto prima. E un libro in mano. Non ne sapeva niente, lei, di un pesce capace di arrampicarsi sugli alberi ma, se pure esisteva, era meno raro della vista di suo figlio con un libro in mano. E che saltava un pasto.
— Volevo solo informarti — annunciò — che la cuoca è fuori servizio. Se hai fame, fatti un panino.
Lui borbottò qualcosa d’incomprensibile. Sua madre richiuse cauta la porta.