CAPITOLO UNDICESIMO
In cinque minuti il recalcitrante criceto fu ripulito e depositato in un acquario in disuso recuperato nel laboratorio di scienze.
A quel punto Sunny Wyler accennò allo sloppy joe e annunciò: «Io non mangio niente che sia stato toccato da un criceto.»
«Come?» replicò il signor Brimlow con aria sgomenta. «Ma dà sapore al cibo!»
Sunny si limitò a fissarlo finché il preside scoppiò a ridere e le tirò scherzosamente il naso. «Era una battuta» spiegò, chiedendosi cosa ci sarebbe voluto per farla sorridere.
Passarono altri cinque minuti mentre Brimlow chiamava la cucina e ordinava ancora sloppy joe e tortillas, niente insalata. Stavolta, fu un uomo a portare su i vassoi. Li informò che l’impeccabile signora era tornata giù sconvolta e aveva comunicato al direttore della mensa che avrebbe ripreso seduta stante il suo vecchio lavoro in un collegio privato. Il tizio prese le cannucce dalla tasca del grembiule abbandonato, le gettò sul tavolo e se ne andò.
«Non userò una cannuccia su cui ha passeggiato una bestia» dichiarò Sunny Wyler.
«Nessun problema» replicò il preside. «Per quanto mi riguarda, puoi bere direttamente dal cartone.» Cominciava a pensare che quella ragazzina dicesse sul serio, riguardo alla faccenda di farsi espellere.
«Dateci sotto» aggiunse rivolto agli altri. Per un pezzo nessuno parlò. Il preside decise di rompere il ghiaccio con una domanda al giovane Johnson: «Allora, Dennis, considerato il tuo soprannome devono piacerti parecchio i peperoncini sott’aceto…»
Invece di riempire una tortilla di carne macinata e arrotolarla in stile messicano, come avevano fatto i suoi compagni, Pepe ne aveva allargata una sul piatto e l’aveva ricoperta con la carne macinata in modo da ottenere una specie di piccola pizza. Poi l’aveva tagliata in sottili fette tutte uguali.
«Li odio» rispose.
«Davvero?»
«Sì. Mi piace guardarli e mi piace il nome, però il sapore mi fa schifo. Mamma insisteva a infilarmene sempre uno nei panini… ecco perché li ho messi sull’albero di Natale. Per togliermeli di torno.»
Il signor Brimlow spiegò al resto della tavolata come Pepe si fosse conquistato il suo soprannome.
«Meno male che non odiavi le banane» ridacchiò Salem.
«Banana Johnson!» esclamò Eddie.
Nel tentativo di includere Sunny Wyler nella conversazione, il signor Brimlow chiese: «E tu, signorina Wyler… cosa appenderesti all’albero di Natale?»
«Cervelli di scimmia» rispose Sunny. Mentre gli altri ridevano, il suo ghigno rese chiaro che cosa pensava di quella stupida conversazione.
Salem aveva ripreso a scrivere sul suo taccuino.
«Allora, signorina Brownmiller…» riprovò il preside. «Sono sicuro che c’è una storia interessante anche dietro il tuo nome. Non dirmi che sei una strega.»
Salem mise giù la matita. «Quasi. Mamma e papà si sono conosciuti a Salem1, nel Massachusetts. Papà dice sempre che mamma lo ha stregato. Così hanno deciso che il loro primogenito, maschio o femmina che fosse, si sarebbe chiamato Salem. Secondo me funziona meglio per una femmina, ma chiaramente non sono obiettiva. In effetti, all’inizio non mi piaceva… quando sono stata abbastanza grande da rendermi conto di avere un nome, intendo. Lo detestavo. Ma poi ho deciso di diventare scrittrice e ha cominciato a piacermi. Adesso lo adoro. Per uno scrittore è bene avere un nome che resti impresso quando la gente lo vede in mezzo a tanti altri, sugli scaffali di una libreria, giusto? Però ho ancora qualche dubbio riguardo al cognome. Devo ancora decidere se cambiarlo oppure no. Brownmiller è così ordinario! Pensate che incubo se sposassi un tizio che si chiama Jones! Dovrei chiamarmi Brownmiller-Jones, ve l’immaginate? Salem Brownmiller-Jones? Orrendo!»
«Orrendo, davvero» si affrettò a farle eco il signor Brimlow, cogliendo al volo l’opportunità di metterla a tacere. «E ora la signorina Wyler…» Tutti si voltarono verso la ragazzina ingrugnita e la sua maglietta MORTE AI FUNGHI, decorata da una piccolissima impronta arancione, conseguenza del suo breve incontro col criceto. «A Salem piace il suo nome. Tu cosa pensi del tuo?»
«Penso che sia stupido.»
«C’è dietro qualche storia?»
«No.»
«Be’…» Il preside sorrise. «Non sarà caduto dal cielo per atterrare casualmente sul tuo certificato di nascita, vero?»
Salem e Eddie Mott ridacchiarono; Sunny restò impassibile.
Il signor Brimlow decise che non era il caso di fare troppo lo spiritoso con la Wyler.
«Non è una storia» sibilò Sunny.
Tutti fecero silenzio.
Sunny giocherellò con la tortilla che aveva nel piatto. «È una stupidaggine. Quando sono nata, mamma disse che ero come un piccolo raggio di sole.»
«Quindi come ti hanno chiamata?» Le parole uscirono di bocca a Eddie Mott prima che riuscisse a bloccarle. «Raggio di Sole?»
Stavolta dal tavolo non si levarono risolini, ma una sonora risata generale. Salem sfogliò il taccuino fino a ritrovare la pagina intitolata Personalità multipla di Mott e scrisse:
3. Comico
«E allora?» ringhiò Sunny. «Mia madre si è sbagliata di brutto perché, dovunque vada, io sono un nuvolone nero. Se resto ancora un po’ da queste parti, diventeranno tutti così depressi che avranno bisogno dello strizzacervelli.» Azzannò la tortilla e passò in rassegna con lo sguardo le facce attorno al tavolo, per fermarsi infine su quella del signor Brimlow. «Visto? Vi sto già rovinando il pranzo.»
«Non il mio» replicò Brimlow, masticando di gusto un boccone del suo sloppy joe. Scrutò gli altri. «Sunny sta forse rovinando il pranzo a qualcuno?»
Gli risposero tutti con un cenno di diniego, Eddie Mott solo un po’ dopo gli altri.
«Allora, signor Mott…» cominciò il preside, e quasi se ne pentì vedendolo irrigidirsi. «A quanto pare» proseguì «noi due siamo gli unici con un nome normale. Sai che ti dico, Eddie? Quasi mi sento noioso.»
«Non c’è bisogno di avere un nome interessante per essere una persona interessante» intervenne Salem, con un’occhiata gentile a Eddie.
Il signor Brimlow annuì e sorrise. «Hai ragione, Brownmiller. E con questo possiamo dichiarare conclusa la nostra piccola discussione sui nomi.»
Un’ondata d’affetto scaldò subito il cuore del signor Brimlow. Gli erano davvero simpatici, quei ragazzini. Voleva saperne di più su di loro. «Signor Mott, se ben ricordo, nel tuo fascicolo c’è scritto che alla Brockhurst ti occupavi tu dell’alzabandiera. Che ne diresti di farlo anche alla Plumstead?»
Per un attimo, l’espressione smarrita di Eddie svanì. «D’accordo» rispose con una scrollata di spalle, ma il preside capì che quel “d’accordo” significava molto di più.
«Ti servirà aiuto, giusto?» insisté.
Eddie annuì. «È sempre meglio essere in due: uno che regge la bandiera e la fissa alla fune, e l’altro che la issa. A volte, quando il mio compagno era assente, facevo tutto da solo, però è complicato. Bisogna fare attenzione che la bandiera non tocchi mai terra.»
«Giusto.» Il signor Brimlow piegò la testa di lato. «Che ne dici di farti aiutare da Johnson? Potresti insegnargli i trucchi del mestiere. Però dovrete essere qui tutte le mattine all’apertura del cancello, prima che suoni la prima campanella. Dennis…?»
Pepe annuì. «Nessun problema.»
Eddie non sapeva bene come prenderla. Se da un lato era elettrizzante lavorare insieme a una persona famosa, dall’altro gli metteva un po’ paura. Proprio non ci si vedeva a dare ordini al grande Pepe Johnson. E se si fosse innervosito e avesse dimenticato qualcosa? E se Pepe avesse voluto innalzare un peperoncino sott’aceto invece della bandiera?
Il signor Brimlow si alzò e andò verso lo schedario, dove aveva poggiato l’ex acquario che ora conteneva il criceto. «Qualcuno di voi sa da dov’è arrivata questa bestiolina o a chi appartenga?»
Salem alzò la mano e, sfidando la sorte, il preside le diede la parola. Fu messo così al corrente di come i ragazzi di terza avessero inseguito il criceto in corridoio e di come Salem fosse riuscita ad attirarlo nello zaino perché “per uno scrittore è importante riuscire a mettersi nei panni degli altri, per capirli e descriverli meglio nei libri, ed è esattamente quello che ho fatto… a parte che in questo caso, ovviamente, si trattava di un criceto e non di una persona. Mi sono chiesta: che farei se fossi un criceto inseguito da tre tipacci grandi e grossi? E, ricordando che un criceto è un roditore…”
«Molto bene, Salem» la interruppe il preside. «Ho capito. Dunque… ecco la mia idea. Sia oggi che domani farò un annuncio a proposito di quest’animaletto. Se nessuno si fa avanti per reclamarlo, be’…» diede una pacca allo schedario «resterà qui. Signorina Wyler?» La ragazzina alzò lo sguardo. «Che ne diresti di prendertene cura?»
«Devo proprio?» replicò Sunny con una smorfia.
Il signor Brimlow sorrise. «Sì. Puoi occupartene già da domani, alla fine delle lezioni.» La campanella suonò. I ragazzi si alzarono, ma il preside li fermò con un gesto, la mente ribollente d’idee. «Un momento. Non preoccupatevi, non vi farò ritardare. Ancora due cose. Il diciotto settembre, durante l’assemblea d’inaugurazione dell’anno scolastico, gli studenti voteranno per scegliere la mascotte della Plumstead. Ci saranno tre proposte, una per ogni anno. Voglio che siate voi a indicare quella per il primo anno. Formerete un comitato. Salem, ti sei appena offerta di esserne il presidente… pardon, la presidentessa.»
Fuori, il brusio nel corridoio stava diventando sempre più caotico.
«Un’altra cosa: rivediamoci la settimana prossima. Qui, mercoledì, per pranzo. D’accordo? Molto bene, adesso fuori, tutti e quattro!»
1. Salem, nel Massachusetts (USA), è una cittadina resa famosa da un processo alle streghe che vi si tenne nel 1692. [NdR]