Jesse Rosenberg
Martedì 8 luglio 2014
18 giorni prima dell’inaugurazione del festival
Quella mattina, mentre andavamo a New York per parlare con Steven Bergdorf, Anna riferì a Derek e a me della telefonata che le aveva fatto Kirk Harvey.
“Non ha voluto rivelare niente per telefono,” disse. “Mi ha dato appuntamento domani alle 18 al Beluga Bar.”
“A Los Angeles?” chiesi, sbalordito. “Ma stava parlando sul serio?”
“Aveva tutta l’aria di farlo,” confermò Anna. “Ho guardato l’orario dei voli: puoi prendere quello di domattina alle 10 dal JFK, Jesse.”
“Perché proprio io?” protestai.
“Perché tocca alla polizia di stato andarci,” disse Anna. “E Derek ha tre figli cui badare.”
“Vada per Los Angeles,” sospirai.
Non avevamo avvisato Steven Bergdorf della nostra visita, per approfittare dell’effetto sorpresa. Ci presentammo quindi nella redazione del “New York Literary Magazine”, e Bergdorf ci ricevette nel suo caotico ufficio.
“Ho saputo di Stephanie, che notizia atroce!” disse appena entrammo. “Avete una pista?”
“Non è escluso. E potrebbe riguardarla,” sibilò Derek, dimostrando di non aver perso nulla della sua grinta, nonostante i vent’anni passati dietro una scrivania.
“Riguardare me?” disse Bergdorf, impallidendo.
“Stephanie si era fatta assumere all’“Orphea Chronicle” per svolgere in maniera discreta un’inchiesta sul quadruplice omicidio del 1994. Stava scrivendo un libro su quell’argomento.”
“Cado dalle nuvole,” disse Bergdorf. “Non ne sapevo niente.”
“Davvero?” ribatté Derek, stupito. “Sappiamo che a suggerire a Stephanie l’idea del libro è stato qualcuno che la sera degli omicidi si trovava a Orphea. Al Grand Theater, per la precisione. Lei dov’era al momento degli omicidi, signor Bergdorf? Immagino che se lo ricordi.”
“Ero al Grand Theater, certo. Come quasi tutti gli abitanti di Orphea quella sera! Non l’ho neanche detto a Stephanie, visto che per me è un dettaglio senza importanza.”
“Lei era il direttore dell’“Orphea Chronicle” e si è dimesso all’improvviso il giorno dopo il quadruplice omicidio. Per non parlare del libro che ha scritto sul festival – manifestazione cui, ovviamente, Stephanie s’interessava da vicino. Ci sono molti punti di contatto, non trova? Signor Bergdorf, è stato lei a commissionare a Stephanie Mailer un lavoro sul quadruplice omicidio di Orphea?”
“Vi giuro che non sono stato io! Questa storia è assurda. Perché avrei dovuto farlo?”
“Da quanto tempo non va a Orphea?”
“Ci sono andato per un week-end nel maggio dell’anno scorso, su invito del comune. Non ci mettevo piede dal 1994. Ho lasciato Orphea senza mantenere alcun tipo di contatto: mi sono trasferito a New York, dove ho conosciuto la mia futura moglie e ho continuato a fare il giornalista.”
“Perché ha lasciato Orphea subito dopo il quadruplice omicidio?”
“A causa del sindaco Gordon, giustappunto.”
Bergdorf ci riportò a vent’anni prima.
“Joseph Gordon,” disse, “era un uomo decisamente mediocre sia sul piano personale sia su quello professionale. Come imprenditore era stato un disastro: tutte le sue aziende erano fallite, e alla fine, quando la possibilità di diventare sindaco gli aveva fatto balenare anche quella di un lauto stipendio, si era buttato in politica.”
“Com’è riuscito a farsi eleggere?”
“Aveva una gran parlantina: a chiacchiere faceva un’ottima impressione. Sarebbe riuscito a vendere neve agli eschimesi, ma poi quella neve non sarebbe stato in grado di consegnarla, se capite cosa intendo dire. Alla vigilia delle elezioni comunali del 1990 la situazione economica a Orphea era pessima, e gli abitanti esasperati. Gordon ha raccontato agli elettori ciò che volevano sentirsi dire, ed è stato eletto. Ma come amministratore si è rivelato scadente, e nel giro di qualche mese è diventato impopolare.”
“Per quanto scadente,” obiettai, “ha comunque creato il festival teatrale, che ha ridato lustro alla città.”
“Non è stato Gordon a creare il festival teatrale, capitano Rosenberg. È stato il vicesindaco di allora: Alan Brown. Subito dopo essere stato eletto sindaco, Gordon si è reso conto che aveva bisogno di aiuto per amministrare la città. A quell’epoca Alan Brown, un giovanotto locale, si era appena laureato in legge. Ha accettato di fare il vicesindaco – un incarico di tutto rispetto per un ragazzo appena uscito dall’università. Ben presto il giovane Brown si è fatto notare per la sua intelligenza. Si è adoperato per rilanciare l’economia cittadina e c’è riuscito. Certo, la situazione generale del paese in seguito all’elezione di Clinton ha aiutato molto, ma Brown aveva comunque gettato le basi con un sacco di iniziative: ha rilanciato il turismo in maniera massiccia, poi ci sono stati i festeggiamenti del 4 luglio, lo spettacolo pirotecnico, gli incentivi per l’apertura di nuovi esercizi commerciali, il rifacimento della strada principale...”
“E poi è diventato sindaco, quando Gordon è morto, no?” chiesi.
“Non subito, capitano. Dopo l’assassinio di Gordon, Brown ha svolto le funzioni di sindaco ad interim per un mese: a settembre c’erano comunque le elezioni comunali, e lui aveva già previsto di candidarsi. È stato eletto a larga maggioranza.”
“Torniamo al sindaco Gordon,” propose Derek. “Aveva dei nemici?”
“Non avendo una linea politica chiara, prima o poi finiva per far arrabbiare tutti.”
“Compreso Ted Tennenbaum?”
“Non più degli altri. Tra loro c’erano stati degli screzi per via della trasformazione in ristorante di un fabbricato destinato a uffici, ma non era certo qualcosa per cui si potesse uccidere un uomo con tutta la sua famiglia.”
“Davvero?” chiesi.
“Ma sì, certamente. Non ho mai pensato che Tennenbaum potesse avere fatto una cosa del genere per un motivo così futile!”
“Perché non ha detto niente all’epoca?”
“A chi avrei dovuto dirlo? Alla polizia? Mi ci vede a venire al comando per rimettere in discussione un’indagine? Ovviamente immaginavo che ci fossero prove solide. Tra l’altro, quel povero ragazzo ci ha persino rimesso la pelle. E poi, per essere sincero, me ne fregavo abbastanza. D’altronde, non abitavo più a Orphea. Quella faccenda la seguivo da lontano. Ma adesso torniamo a ciò che vi stavo raccontando. Come ho detto, la determinazione con cui il giovane Alan Brown voleva reinventare la città è stata una benedizione per i piccoli imprenditori locali: rifacimento del municipio, ristrutturazione dei ristoranti, costruzione di una biblioteca municipale e di diversi edifici pubblici... Ma questa è solo la versione ufficiale. Perché Gordon, con la scusa di voler far lavorare le imprese locali, chiedeva loro di sovrafatturare le prestazioni in cambio dell’ottenimento dell’appalto.”
“Gordon prendeva tangenti?” trasecolò Derek, come se cadesse dalle nuvole.
“Eh sì!”
“Come mai all’epoca della nostra indagine nessuno ci ha detto niente?” chiesi, stupito.
“Cosa pretendeva?” ribatté Bergdorf. “Che gli imprenditori si autodenunciassero? Erano colpevoli quanto il sindaco. A quel punto avrebbero potuto anche confessare di avere ucciso Kennedy.”
“E lei, come l’ha saputo?”
“I contratti erano pubblici. Una volta assegnati gli appalti, era possibile conoscere gli importi pagati dal comune alle varie imprese. Tra l’altro, le imprese che partecipavano ai cantieri comunali dovevano presentare anche i bilanci, perché il comune voleva accertarsi che non rischiassero di fallire durante i lavori. All’inizio del 1994 mi sono procurato i bilanci delle aziende incaricate dei vari lavori e li ho confrontati con le somme erogate ufficialmente dal comune. Nella maggior parte dei casi l’importo a bilancio dei pagamenti effettuati dal comune era inferiore a quello indicato nei rispettivi contratti d’appalto.”
“Com’è possibile che non se ne sia accorto nessuno?”
“Immagino che per ogni operazione ci fosse una doppia contabilità: una fattura destinata al comune e un’altra per l’amministrazione dell’impresa. Be’, penso che i due importi non corrispondessero. Ma questo, a parte me, non è mai andato a verificarlo nessuno.”
“E lei non ha detto niente?”
“Altroché! Ho preparato un articolo per il ‘Chronicle’ e sono andato a parlare con il sindaco Gordon. Per chiedergli spiegazioni. E sapete cosa mi ha risposto?”
* * *
Municipio di Orphea, ufficio del sindaco Gordon,
15 febbraio 1994
Il sindaco Gordon lesse attentamente l’articolo che Bergdorf gli aveva appena consegnato in bozza. Nella stanza regnava un silenzio assoluto. Mentre Gordon sembrava tranquillo, Bergdorf era inquieto. Dopo aver finito di leggere, il sindaco posò sulla scrivania i fogli dell’articolo, alzò gli occhi verso il giornalista e gli disse, con un tono che aveva qualcosa di comico:
“Caro Steven, il suo articolo rivela qualcosa di molto grave. C’è dunque corruzione ai massimi livelli della nostra amministrazione comunale?”
“Sì, signor sindaco.”
“Questo provocherà un grande scalpore. Lei, ovviamente, ha le copie dei contratti e dei bilanci che confermano ciò che sostiene nel suo articolo, vero?”
“Sì, signor sindaco,” confermò Bergdorf.
“Che lavoro coscienzioso!” si complimentò il sindaco Gordon. “Sa, caro Steven, è proprio una buffa coincidenza che lei sia venuto a trovarmi: volevo giustappunto parlarle di un grosso progetto. Immagino che lei sappia che tra qualche mese festeggeremo l’inaugurazione del nostro festival teatrale?”
“Certo, signor sindaco,” rispose Bergdorf, che non capiva bene dove volesse andare a parare Gordon.
“Bene. Vorrei che scrivesse un libro su questo festival. Un volumetto con i retroscena della creazione del festival, il tutto insaporito da qualche foto. Mi piacerebbe presentarlo il giorno dell’inaugurazione. Sarebbe un bel souvenir per gli spettatori, che lo comprerebbero senza esitare. Andando al sodo, Steven: quale sarebbe il suo compenso per questo lavoro su commissione?”
“Mah... Non saprei, signor sindaco. Non ho mai fatto niente del genere.”
“A mio parere, centomila dollari sarebbero una cifra adeguata,” decretò il sindaco.
“Lei... Lei mi darebbe centomila dollari per scrivere quel libro?” balbettò Bergdorf.
“Sì, mi sembra normale per una penna come la sua. Ma questo, ovviamente, non sarebbe possibile se sull’“Orphea Chronicle” apparisse un articolo sulla gestione dei conti comunali. Perché la nostra contabilità verrebbe passata al setaccio, e la gente non capirebbe il motivo di un compenso così generoso. Non so se mi capisce...”
* * *
“E lei ha scritto quel libro!” esclamai, facendo subito il collegamento con il volumetto che Anna e io avevamo avuto da Cody. “Si è lasciato corrompere...”
“Eh no, capitano Rosenberg!” si risentì Bergdorf. “Eviti di usare queste brutte parole, per favore! Certo, non mi sarei mai sognato di rifiutare un’offerta simile! Era l’occasione per fare un po’ di grana, e con quei soldi avrei potuto comprarmi una casa. Ma purtroppo non sono mai stato pagato, perché quell’imbecille di Gordon s’è fatto ammazzare prima che riuscissi a intascare i soldi. Per impedire che lo attaccassi dopo avere ricevuto i miei centomila dollari, aveva detto che mi avrebbe liquidato appena il libro fosse uscito. Il giorno dopo la morte di Gordon sono andato di corsa a parlare con Alan Brown, che era diventato il sindaco ad interim. Gordon e io non avevamo stilato nessun contratto scritto, e non volevo che il nostro accordo finisse nel dimenticatoio. Pensavo che anche Brown fosse compromesso, e invece ho scoperto che non ne sapeva niente. Era così scandalizzato che mi ha chiesto di dimettermi con effetto immediato, perché in caso contrario avrebbe informato la polizia. Ha detto che non tollerava la presenza di giornalisti corrotti nella redazione dell’“Orphea Chronicle”. Perciò sono stato costretto ad andarmene, e così quel verme di Michael Bird si è ritrovato direttore del giornale, anche se scrive da cani!”
* * *
A Orphea, Charlotte Brown, la moglie del sindaco, era riuscita a strappare il marito dall’ufficio per portarlo a pranzo sulla terrazza del Café Athena. Negli ultimi tempi lo vedeva terribilmente teso e nervoso. Dormiva pochissimo, non mangiava niente, aveva i lineamenti tirati e lo sguardo ansioso di chi è pieno di preoccupazioni. Charlotte aveva pensato che mangiare all’aperto gli avrebbe fatto bene.
La sua iniziativa fu un successo assoluto. Dopo averle detto che non aveva tempo per pranzare, Alan si era lasciato convincere, e quella distrazione sembrava avergli giovato. Ma fu una tregua di breve durata: il suo cellulare cominciò a vibrare sul tavolo, e quando vide il nome apparso sullo schermo fece una smorfia di disappunto. Si alzò dal tavolo per rispondere.
La moglie non poté ascoltare la conversazione, ma da qualche esclamazione soffocata e dai gesti del marito capì che era quasi sconvolto. A un certo punto lo sentì dire, con voce quasi implorante: “Non lo faccia, troverò una soluzione”, per poi riattaccare e tornare furibondo al tavolo, mentre il cameriere serviva i dolci.
“Devo andare in municipio,” annunciò Brown, in tono brusco.
“Di già?” chiese dispiaciuta Charlotte. “Ma almeno mangia il dolce, Alan. Di qualunque cosa si tratti, potrà pure aspettare un quarto d’ora!”
“Ho una grana gigantesca, Charlotte. Quello con cui parlavo poco fa è l’impresario della compagnia che deve allestire lo spettacolo principale del festival. Dice che ha saputo dello sciopero e che gli attori temono per la propria sicurezza. Hanno deciso di rinunciare. Lo spettacolo è saltato. È una catastrofe.”
Il sindaco se ne andò quasi di corsa, senza notare la donna che, seduta a un tavolo poco distante, da quando avevano cominciato a mangiare, non si era persa nemmeno una sillaba ciò che aveva detto alla moglie. La donna aspettò che anche Charlotte Brown si allontanasse, poi prese dalla borsa il cellulare e compose un numero.
“Michael Bird?” disse, quando l’interlocutore rispose. “Sono Sylvia Tennenbaum. Ho delle informazioni sul sindaco che potrebbero interessarle. Può fare un salto qui al Café Athena?”
* * *
Quando avevo chiesto a Steven Bergdorf dove si trovasse la sera della scomparsa di Stephanie Mailer, lui, con aria indispettita, aveva risposto: “Ero all’inaugurazione di una mostra a Manhattan: può verificare, capitano.” Fu quello che facemmo appena tornati nell’ufficio di Anna al comando di Orphea.
La galleria che ospitava la mostra confermò la presenza di Bergdorf, precisando che il vernissage era finito alle 19.
“Lasciando Manhattan alle 19, poteva tranquillamente essere a Orphea alle 22,” commentò Anna.
“Pensi che ci sia lui dietro la morte di Stephanie?”
“Bergdorf conosce perfettamente l’edificio della redazione del ‘Chronicle’. Sapeva come entrarci per rubare il computer. Sapeva anche che il direttore era Michael Bird, e potrebbe essere stato lui a mandargli l’SMS con il cellulare di Anna. Inoltre è presumibile che temesse di essere ancora riconosciuto a Orphea, ragione per cui avrebbe rinunciato a vedersi con Stephanie al Kodiak Grill e le avrebbe dato appuntamento sulla spiaggia. Vi spiace ricordarmi per quale motivo due ore fa non l’abbiamo arrestato?”
“Perché sono solo congetture, Anna,” rispose Derek. “Niente di concreto. Roba che un avvocato smonta in cinque minuti. Contro di lui non abbiamo nulla di solido: anche se fosse stato a casa da solo, non potremmo provarlo. E poi il suo alibi così debole è la dimostrazione che non sa neanche a che ora è stata assassinata Stephanie.”
Su quel punto Derek non aveva torto. Ma decisi di attaccare comunque una foto di Bergdorf sulla lavagna magnetica.
“Secondo me,” intervenne Anna, “Bergdorf potrebbe essere il committente del libro di Stephanie.”
Indicò alcuni brani del testo che avevamo trovato nel computer, stampato e attaccato sulla lavagna.
“Quando Stephanie chiede al committente perché quel libro non se lo scrive da solo, lui risponde: ‘Io? Impossibile! Cosa direbbe la gente?’ Quindi è qualcuno che non avrebbe nessuna credibilità come autore del libro, tanto da doverlo affidare a qualcun altro.”
A quel punto lessi il brano successivo:
“‘Poco prima delle 19 sono uscito in strada a fare quattro passi e ho visto transitare un camioncino... In seguito, leggendo i giornali, ho saputo che era l’automezzo di Tennenbaum. Ma il problema è che al volante non c’era lui.’ Bergdorf ci ha detto chiaramente che dubitava della colpevolezza di Tennenbaum. E quella sera era al Grand Theater.”
“Pagherei non so cosa per sapere chi c’era al volante di quel camioncino,” disse Anna.
“Io, invece,” disse Derek, “non capisco perché il sindaco Brown non abbia mai detto niente a proposito della corruzione di Gordon. Se l’avessimo saputo all’epoca, avrebbe cambiato il corso dell’indagine. Ma soprattutto, se i soldi che Gordon versava sul conto del Montana erano tangenti pagate dagli imprenditori, allora a cosa erano dovuti i prelievi di contanti che Ted Tennenbaum ha effettuato nello stesso periodo e di cui non ha mai saputo dare spiegazioni?”
Ci fu un lungo silenzio. Vedendoci così perplessi, Anna chiese:
“Com’è morto Ted Tennenbaum?”
“Durante l’arresto,” risposi, laconicamente.
Derek, per parte sua, si limitò a cambiare argomento, per far capire ad Anna che non avevamo voglia di parlarne.
“Dovremmo andare a mangiare qualcosa, visto che non abbiamo pranzato,” disse. “Su, offro io.”
* * *
Il sindaco Brown era rincasato insolitamente presto. Aveva bisogno di calma per analizzare le diverse ipotesi da considerare in caso di annullamento del festival. Camminava avanti e indietro nel salotto, con un’espressione assorta e concentrata. La moglie Charlotte, che lo osservava a distanza, percepì il suo nervosismo e gli si avvicinò sperando di riuscire a farlo ragionare.
“Tesoro,” gli disse, accarezzandogli con tenerezza i capelli, “e se questo fosse un segno che conviene rinunciare al festival? Ti mette in una tale agitazione...”
“Come puoi dire una cosa simile? Proprio tu che facevi l’attrice... Tu sai cosa significa! Ho bisogno del tuo sostegno.”
“Sto solo pensando che magari il destino vuole così. D’altronde, è da tempo che il festival non fa che divorare soldi.”
“Il festival deve svolgersi, Charlotte! È cruciale per la nostra città!”
“Ma come pensi di sostituire lo spettacolo principale?”
“Non lo so,” sospirò lui. “Farò una figura tremenda.”
“Si sistemerà tutto, Alan, vedrai.”
“Come?” chiese lui.
Charlotte non ne aveva la più pallida idea. Aveva detto quella frase solo per risollevargli il morale. Si sforzò di trovare una soluzione.
“Potrei... Potrei coinvolgere i miei contatti nel mondo del teatro!”
“I tuoi contatti? Tesoro, sei adorabile, ma è da vent’anni che non calchi le scene. Non hai più rapporti con quel mondo...”
Le passò un braccio intorno alla vita, e lei poggiò la testa sulla sua spalla. Si sedettero sul divano.
“È una catastrofe,” disse Brown. “Nessuno vuole venire a questo festival. Né gli attori né i critici né la stampa. Abbiamo spedito decine di inviti che sono rimasti senza risposta. Ho perfino scritto a Meta Ostrovski.”
“Il Meta Ostrovski del ‘New York Times’?”
“Ex ‘New York Times’. Adesso lavora al ‘New York Literary Magazine’. Sempre meglio di niente. Ma non ha risposto neanche lui. Mancano meno di venti giorni all’inaugurazione, e il festival è sull’orlo del baratro. Farei meglio a dare fuoco al teatro per...”
“Alan,” lo interruppe la moglie, “non dire sciocchezze!”
In quell’istante trillò il campanello di casa.
“Ecco, potrebbe essere Ostrovski,” scherzò Charlotte.
“Aspetti qualcuno?” chiese Brown, che non era in vena di facezie.
“No.”
Il sindaco si alzò e attraversò la casa per andare ad aprire: era Michael Bird.
“Buongiorno, Michael,” gli disse Brown.
“Buongiorno, signor sindaco. Mi spiace importunarla a casa: ho cercato disperatamente di mettermi contatto con lei, ma il cellulare era staccato.”
“Avevo bisogno di un po’ di tranquillità. Che succede?”
“Volevo un suo commento sulla voce che gira, signor sindaco.”
“Quale voce?”
“Quella secondo cui lo spettacolo principale per il festival è saltato.”
“Chi gliel’ha detto?”
“Sono un giornalista.”
“Allora dovrebbe sapere che le voci non valgono niente, Michael,” disse Brown, stizzito.
“Sono perfettamente d’accordo con lei, signor sindaco. Proprio per questo ho telefonato all’agente della compagnia teatrale, che mi ha confermato l’annullamento dello spettacolo. Mi ha detto che gli attori non si sentono più al sicuro nella nostra città.”
“Tutto questo è ridicolo,” replicò Alan, cercando di restare calmo. “Se fossi in lei, eviterei di pubblicare una notizia del genere.”
“Ah sì? E perché?”
“Perché... si coprirebbe di ridicolo!”
“Mi coprirei di ridicolo?”
“Esatto. Cosa crede, Michael, che non abbia già trovato uno spettacolo con cui ovviare alla defezione di quella compagnia?”
“Davvero? E perché non l’ha ancora annunciato?”
“Perché... Perché si tratta di una grandissima produzione,” rispose il sindaco, senza riflettere. “Una cosa unica! Una rappresentazione che susciterà tanto di quello scalpore da far accorrere centinaia di spettatori. Sto studiando un annuncio adeguato: non un comunicato stampa stilato in fretta e furia, e destinato a passare inosservato.”
“E quando farà questo grande annuncio?”
“Venerdì,” rispose senza esitare il sindaco Brown. “Sì, certo, venerdì 11 luglio. Terrò una conferenza stampa in municipio, e mi creda, quello che annuncerò sarà una sorpresa assoluta per tutti quanti!”
“Bene, la ringrazio di queste informazioni, signor sindaco. Le pubblicherò nell’edizione di domani,” disse Bird, che voleva capire se il sindaco bluffasse.
“Perfetto,” replicò Brown, cercando di apparire sicuro di sé.
Bird annuì e fece per andarsene. Ma il sindaco non poté fare a meno di aggiungere:
“Michael, non dimentichi che il municipio sovvenziona il suo giornale evitandovi di pagare un affitto.”
“Cosa intende dire?”
“Che il cane non morde la mano che lo nutre.”
“Mi sta forse minacciando, signor sindaco?”
“Non mi permetterei mai. Sto solo dandole un consiglio amichevole, tutto qui.”
Bird lo salutò con un cenno del capo e se ne andò. Brown richiuse la porta e strinse rabbiosamente i pugni. Sentì una mano posarsi sulla sua spalla: Charlotte. Aveva sentito tutto e lo guardò con aria preoccupata.
“Un grande annuncio?” ripeté. “Ma, tesoro, cosa annuncerai?”
“Non lo so. Ho due giorni di tempo perché avvenga un miracolo. In caso contrario, quelle che annuncerò saranno le mie dimissioni.”