L’Ascesa di Senlin

«Ho letto decine di descrizioni della Torre. Non ho mai sentito parlare dei Confini.»

«Forse i tuoi libri non sono aggiornati.» Il giovane mutò espressione quando Senlin non ricambiò il suo sorriso. «Mi chiamo Adamos Boreas. Puoi chiamarmi Adam.»

Senlin gli strinse la mano solida e si presentò.

Il tono maturo e la sicurezza del giovane erano quasi disarmanti. Benché la barba fosse solo ancora un miscuglio di lanugine e peli più robusti, parlava come un uomo fatto.

«Immagino ti occupi del commercio di seta.» Adam fece un cenno verso l’involto di indumenti femminili ancora appoggiato in cima al macabro masso. Dall’apertura del pacchetto penzolavano delle calze di seta.

Senlin provò un fremito di agitazione mentre raccoglieva il fagotto, imbarazzo che peggiorò quando affermò: «Sono per mia moglie».

«Dov’è tua moglie?» domandò Adam, allungando il collo con fare indagatore.

La lingua di Senlin era secca e dura come una cinghia di cuoio. Se avesse deglutito avrebbe finito per vomitare, ne era certo. Avrebbe pagato una fortuna per qualcosa da bere, eppure la confessione bloccata nella sua gola rigonfia era ancora peggio della sete. Si sentiva come al primo giorno di scuola davanti a una classe: un ciarlatano. Che razza di marito perde la moglie?

Tirando giù il fagotto dal masso e stringendoselo sotto il braccio, squadrò Adam con un bizzarro sorriso avvilito e disse: «È strano che nomini mia moglie. A quanto pare, io l’ho smarrita».