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Se tu potessi far sparire una parete.

Le cose cambiano, pensa Corrado Lazzari.

Se tu potessi far sparire una parete di quella stanza lo vedresti, adesso, di spalle, che guarda verso la finestra.

Il giradischi diffonde una musica d’opera. Un bel dì vedremo. Puccini.

Le luci filtrano dalle vetrate.

E poi la nave appare. E poi la nave bianca entra nel porto, romba il suo saluto.

Corrado apre le finestre, i rumori del traffico, della gente lo investono. Roma si muove bellissima e feroce. Resta un tempo lungo dinanzi alla finestra aperta. Tossisce un po’, si massaggia il braccio, e aspetta.

Io non gli scendo incontro. Io no. Mi metto là sul ciglio del colle e aspetto, aspetto.

Apre il cassetto della credenza, prende il barattolo delle pillole e ne lascia cadere due sul palmo della mano, riempie un bicchiere d’acqua, ma poi si ferma. Posa il bicchiere e le pillole.

Si gira e comincia a cercare qualcosa nella libreria, tra gli scaffali, apre i cassetti, rovista nelle scatole. Il tavolo adesso è pieno di scatole e carte. È un tavolo lungo e robusto, di un bel legno scuro, una delle poche cose che ha portato con sé, in quella casa.

Finalmente in un vecchio astuccio di pelle un po’ logora, trova un portasigarette d’argento, lo apre.

Sono ancora lì. Da anni. Ne tira fuori una e la mette in bocca. Ha un sapore di torba, di tempo andato via nei cassetti. Non fa niente. La accende, e gusta ogni boccata, fino in fondo.

Torna alla finestra, resta a guardare fuori.

Gli viene in mente ancora quel giorno, settanta anni prima. Quando scoppiò la bomba in via Rasella. Un ragazzino che conosceva rimase ucciso nell’esplosione, si chiamava Piero, giocavano insieme a pallone per strada. Abitava a due passi da casa sua.

Chiude gli occhi e prova a ricordare la faccia di suo padre. I tedeschi lo portarono via, il giorno stesso. Non lo vide mai più. E di nuovo non riesce a disegnare i lineamenti, il suo viso è una forma liquida, nella memoria. Il disco smette di suonare.

Corrado spegne la sigaretta e tossisce. E la tosse lo scuote.

Chiude la finestra, chiude le imposte, la stanza adesso è quasi buia, si avvicina al tavolo, le carte sono sparpagliate, senza ordine, ci sono ritagli di giornali, fotografie. Corrado le osserva, smarrito, sembra distante. Ha soltanto quelle carte. I suoi amici immaginari, che vivono nelle altre città, non lo cercheranno mai.

Il suo pubblico non esiste più. C’è solo quella ragazza. Il suo ultimo pubblico.

Il citofono squilla. Corrado guarda le carte, fa cenno di muoversi verso la porta.

Ma si ferma, non si muove. Il campanello continua a squillare. Corrado resta immobile, lo sguardo fisso dinanzi a sé. Poi si avvicina al tavolo, scosta alcune scatole, delicatamente.

E si stende tra le carte. Piano. Gli occhi aperti, verso il nulla.

La stanza è buia.