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Katherine aprì gli occhi. Un dolore acuto le martellava le meningi. Strinse le palpebre e lo stomaco si contrasse in un conato di vomito appena la lingua avvertì il sapore del sangue che le impregnava la bocca.
Fece per portare le mani al volto e un formicolio le intorpidì le dita. Sono legata… Provò a muovere le gambe. Cazzo! Jeremiah mi ha immobilizzata. Presa dal panico, diede uno strattone con le braccia e la corda le affondò nei polsi stretti dietro la schiena. Schiuse di nuovo gli occhi e cercò di mettere a fuoco. Le torce disseminate nella stanza diffondevano una luce tremolante che animava le ombre sulle pareti e rendeva l’atmosfera onirica.
L’anticamera della morte… Katherine sentiva il pavimento gelido contro la guancia. Inclinò la testa e la prima cosa che vide furono gli scarponi infangati di Haralio. Alzò lo sguardo. Il maestro era accasciato sul trono di pietra e la sua faccia era talmente tumefatta da essere irriconoscibile. Katherine si diede la spinta per girarsi sull’altro fianco. Flora! Oh, no… Gli occhi senza vita della donna le riportarono alla memoria la scena straziante a cui aveva assistito. La paura e la sofferenza fisica che provava in quel momento erano nulla se paragonate alla tristezza che le devastava l’anima. Strisciò il viso contro la lastra dura su cui era distesa e guardò oltre. La nebbia nella sua mente si stava diradando e i piccoli movimenti riattivavano la circolazione, restituendo sensibilità agli arti.
Ma… Si accorse che qualcosa era cambiato nella stanza. La porta… quella porta non c’era… c’è una parete di pietra tra le due colonne. Le pupille saettarono da una parte all’altra del campo visivo. Jethro… dov’è Jethro?
Ruotò il bacino in posizione supina e sollevò la testa di scatto. Il dolore si fece più intenso. Sforzò gli addominali per riuscire a sedersi e nell’istante in cui si tirò dritta le vertigini la assalirono. Ebbe la sensazione di essere all’interno di una pellicola che gira in slow motion, sospesa a mezz’aria tra i muri che sembravano galleggiarle intorno.
Scorse un’ombra scura. Jeremiah… Era a pochi metri da lei, accanto all’altare. Lo fissò, cercando di fermare l’immagine che le traballava davanti. A fatica distinse la sagoma della testa e a poco a poco i dettagli del volto. Aveva la fronte rivolta al soffitto, come se stesse pregando. Katherine fece scivolare lo sguardo verso il basso e captò il profilo delle dita avvinghiate attorno a un pugnale. Con le tempie che esplodevano, abbassò ancora di più gli occhi fino al piano di pietra dell’altare. Appena si rese conto che c’era un corpo disteso, sussultò. E quando capì che si trattava di Bianca, si sentì attanagliare dal terrore. Un impeto incontrollabile le scosse le viscere e urlò.
«Bentornata tra noi.» Jeremiah si girò lentamente verso di lei.
«No! Non può farlo!»
Jeremiah rise in modo sprezzante.
«Bianca… Oh mio dio, no! La prego, Jeremiah, la lasci andare…» Katherine farfugliava in preda allo sgomento.
«Katherine, Katherine… ma quando imparerai che nella vita c’è qualcuno più forte di te e che non tutte le cose possono essere sotto il tuo controllo?»
Katherine accusò il colpo. Le sembrava di essere in un vicolo cieco. Nella drammatica situazione di quando si sbaglia completamente strada e la si percorre convinti che sia quella giusta, per poi ritrovarsi alla fine del tragitto lontano anni luce dalla meta.
«Basta morti, basta sacrifici, basta!» Il sudore freddo le imperlava la fronte mentre una rabbia sorda la tormentava, arrossandole le guance.
Jeremiah la scrutò con aria di sufficienza.
«Non faccia del male anche a sua figlia…»
«Bianca non è mia figlia. È figlia di Bruce e Flora.»
«Ok, ma la ragazza non c’entra nulla. Ha già visto morire il fratello, il padre… si sveglierà senza madre. La liberi, la prego…»
Gli angoli della bocca di Jeremiah si corrugarono in un’espressione superba e Katherine si infuriò. Cambiò tono e inveì con tutto il risentimento che aveva dentro: «Hai sterminato la tua famiglia e ne vai fiero… sei un mostro! Un pazzo criminale!»
«Non sai nemmeno di cosa stai parlando.»
«Ah, no? Cos’altro c’è da vedere oltre che un massacro?»
«Non c’è nessun massacro. Questo è solo il volere degli dei. Con Terence ho commesso un errore… ma il resto è stato scritto dal destino.»
«Davvero? Lo chiami così il suicidio di Bruce? E la pallottola che ha freddato Flora? O il coltello che aprirà il torace di Bianca? Destino? Ma fammi il piacere! Sei un fanatico di merda!» Katherine tremava come una foglia, in balia della collera. Non sapeva cosa fosse accaduto a Jethro e sentiva di non avere più niente da perdere. La paura era svanita, lasciando il posto a un’acredine irrefrenabile che le avrebbe dato la forza di fare qualsiasi cosa. Anche uccidere Jeremiah se solo ne avesse avuto l’opportunità.
«Bruce era un uomo debole.» Sebbene la voce fosse monocorde, la presenza di Jeremiah incombeva minacciosa.
Katherine deglutì in attesa della verità sconcertante che immaginava avrebbe udito.
«Si è sempre fidato di tutti, anche quando è stato tradito. Si è lasciato trascinare dai sogni, perdendo di vista la realtà. Stare con i piedi per terra per lui era una missione impossibile. Non si è mai accorto della mia relazione con Flora e non ha nemmeno mai sospettato che Terence non fosse suo figlio. Senza farsi domande, si è convinto che l’incidente fosse avvenuto per colpa sua: non è riuscito a perdonarsi per la morte di Terence e si è accollato la responsabilità del mio infortunio.» Jeremiah sospirò. «Non era altro che un povero ingenuo. È stato semplice illuderlo. Dopo tutti gli anni trascorsi a idolatrare insieme il nostro grande maestro Haralio, mi è bastato parlargli di Tinia e dirgli che si era rivelato a me, per farmi riconoscere come guida spirituale. E quando gli ho confessato che avevo il potere di far tornare Terence, ha messo la sua vita nelle mie mani.»
Katherine era disgustata. Nel racconto di Jeremiah rivedeva i comportamenti di Bruce e rabbrividiva al pensiero dell’orribile imbroglio che aveva subito.
«Per il mio scopo, avevo bisogno di lui. Sia per autorizzare gli investimenti della 9Sense Publishing nei vari siti archeologici, sia per avere un accesso privilegiato ai musei più importanti in cui erano custoditi i manufatti antichi. Ma anche per comunicare con Mario in modo sicuro, per trasferirgli le coordinate dei luoghi dove avrebbe potuto trovare ciò che mi serviva.»
Un manipolatore, perfido e infame. Nell’ombra, ha influenzato e gestito la vita degli altri… e li ha portati tutti all’inferno.
«Ma Bruce non ha retto. Lo stress era troppo forte per lui e non ce l’ha fatta. Ha preferito mollare e mandarsi in pappa il cervello. E la cosa assurda è che l’ha fatto ancora prima di essere a conoscenza dei contenuti profondi del rito, senza sapere che Bianca sarebbe stata la vita da sacrificare e ignaro del fatto che avrei donato il mio corpo per la reincarnazione di Tinia… Si è ucciso solo perché la coscienza non gli permetteva di rubare e mentire a chi gli stava vicino.»
«Tu l’hai ingannato! L’hai usato!»
«Io gli ho dato la possibilità di vedere la luce in fondo al tunnel…»
«Non dire cazzate! Tu e io sappiamo benissimo che se non si fosse suicidato, prima o poi avresti fatto fuori anche lui!»
«Non sarebbe stato necessario: molto probabilmente l’avrebbe eliminato Tomas.»
Katherine era sempre più accecata dal risentimento. «Certo, l’altro tuo complice…»
«No. Lui non era al corrente di nulla. Era solo il mezzo per coprire ciò che non sarebbe stato possibile nascondere in altro modo. La sua avidità permetteva a me e a Bruce di utilizzarlo per i compiti sporchi. In cambio di denaro Tomas avrebbe fatto qualsiasi cosa, si sarebbe anche prostituito ma, soprattutto, non avrebbe fatto domande, e sarebbe stato zitto se avesse visto attività strane e movimenti non del tutto regolari. Un cane ubbidiente di fronte a un buon osso. Bruce doveva licenziarti e mettere lui al tuo posto. Ma non se l’è sentita. Ha preferito ammazzarsi pur di non farti un torto.»
Katherine si sentì stritolare il cuore.
«Comunque tutto questo ormai è acqua passata. Conta solo il presente. E il presente sono io che invoco Tinia. Prenderà il mio corpo. Dopo di lui torneranno Terence e Flora. Mentre Bianca sarà orgogliosa di essersi sacrificata per il bene del fratello.»
«Non tornerà nessuno. Tu puoi morire e fotterti! E anche se Tinia dovesse arrivare, cosa ti fa credere che si reincarnerà in un pezzo di merda come te? Se è un dio, vi annienterà entrambi e farà giustizia!» Si rivolse a Haralio. «Non meriti altro nemmeno tu che ci hai condotti nella tana del lupo!»
Haralio aveva ripreso i sensi. Sostenne lo sguardo di Katherine e scosse la testa. «Sapevo che Jeremiah si era autoincoronato sacerdote ma non avevo idea del suo piano. L’ho intuito appena mi è stato sottratto lo scettro che apre le porte dell’Ade e ne ho avuto conferma quando siete venuti da me e mi avete mostrato le immagini dei doni votivi. Quella sera ho capito che avrebbe eseguito il rito.» La sua voce era roca e le labbra si muovevano appena. Sembrava che facesse fatica a parlare per il gonfiore che gli deformava la faccia. «Per fermarlo avevo bisogno di Jethro, ma non potevo raccontarvi come stavano le cose, perché non sapevo quanto i due fratelli fossero in contatto: sarebbe bastata una telefonata di Jethro a Jeremiah per mandare tutto all’aria. Se Jeremiah si fosse allarmato, avrebbe aumentato la sicurezza dell’isola e io non sarei riuscito ad avvicinarmi e ad arrivare fin qui…»
«Fanculo!» sbraitò Katherine. «Fanculo tutti e due!» Katherine non aveva più intenzione di stare ad ascoltare. Nessuna spiegazione avrebbe sedato il suo spirito. Desiderava solo vederli soffrire e morire entrambi.
Un rumore scosse l’aria. Katherine si guardò intorno. «Cos’è?»
«È giunta l’ora.»
Katherine intuì ed ebbe un fremito.
«Ho programmato le campane della chiesa. Suonano le cinque e quarantacinque del mattino. Il Sole sta per toccare la Terra.» Jeremiah chiuse gli occhi e strinse il pugnale.
«No!» urlò Katherine con tutto il fiato che aveva nei polmoni.
I rintocchi erano lenti e pesanti e Katherine non poté fare a meno di pensare che fossero le campane dell’Oltretomba.
Jeremiah si estraniò. Il suo volto si distese in un’espressione assorta ma serena, come se tutto ciò che lo circondava fosse svanito. Con la punta della lama incise il tessuto della tunica di Bianca fino all’ombelico. Separò i due lembi e lasciò la ragazza a petto nudo.
«Fermati!» Katherine si mise a strisciare sul pavimento per raggiungerlo. Era legata e ferita, sapeva che non avrebbe potuto nulla contro di lui. Ma non sarebbe restata a guardare. Mani e piedi spingevano contro la pietra, le gambe si tendevano per poi piegarsi e distendersi ancora, e guadagnare terreno. Non te lo lascerò fare! Il dolore e la fatica erano anestetizzati dall’impeto di annientarlo.
Era quasi a un metro di distanza dall’altare. Portò le caviglie vicino ai glutei e contrasse gli addominali. Digrignò i denti e raccolse le ultime energie per mettersi in ginocchio. Appena sollevò il sedere da terra per scaraventarsi con la testa contro le gambe di Jeremiah, qualcosa la trattenne e la ribaltò all’indietro. Solo allora si accorse che la corda che le legava polsi e caviglie era ancorata al trono di pietra.
«Nooo!» Katherine diede sfogo a tutta la frustrazione che provava. Si divincolò. Cadde, si rialzò e si lanciò ancora in avanti, tendendo di nuovo la fune. Si agitava senza darsi pace, mentre le lacrime le inondavano il viso e il sangue pulsava talmente forte da squarciarle le vene.
Si ritrovò a pregare. Mio dio, fermalo… ti supplico, fermalo.
Ripensò al sorriso di suo padre quando le diceva che l’animo umano si aggrappa a dio solo nei momenti di difficoltà. E pianse ancora più forte.
Jeremiah alzò le braccia al cielo, avvicinò il pugnale alle labbra e cominciò a pronunciare parole incomprensibili.
Mio dio, fermalo… ti supplico, fermalo. Katherine continuava a pregare e non distoglieva lo sguardo da lui, nella speranza che i propri occhi potessero fulminarlo.
Poi un calcio la colpì alla schiena.
Si rese conto che era Haralio solo quando lo vide inciampare e barcollare su di lei prima di piombare addosso a Jeremiah.