69

«Questo pozzo non finisce più!» Katherine si teneva stretta agli archetti infilati nella parete e si calava con attenzione, mettendo un piede dietro l’altro. Procedeva cauta per paura che uno degli appoggi cedesse. Jethro era sotto di lei e faceva strada, illuminando la discesa.

«Quanti gradini avremo fatto?» gli chiese.

«Una trentina, più o meno. Se Haralio ha ragione e questa è la via per raggiungere la cripta sotto la chiesa di San Giacomo e San Cristoforo, credo che dovremo abbassarci di un bel po’ di metri: la chiesa è sul livello del lago e noi siamo ancora distanti.»

«Non so come fai a orientarti qui sotto. Io mi sono persa completamente. E ho perso anche il senso del tempo… con il BlackBerry scarico non ho nemmeno idea di che ore siano.»

«Dammi un attimo e te lo dico. L’ultimo dei miei pensieri stasera è stato quello di guardare l’ora!»

«Starà quasi per sorgere il sole… saranno le quattro o le cinque del mattino…»

«Ho una brutta notizia da darti…»

«Quale?»

«Non ho più l’orologio. Si sarà sganciato in una delle varie peripezie, tra sarcofagi da scoperchiare e muri da scalare.»

«E chi se ne frega! Ora più ora meno, che differenza fa? Tanto ormai ci siamo. E a dire il vero, il momento mi sembra arrivato fin troppo in fretta: non sono pronta ad affrontarlo. Ma non ero pronta neanche a rivedere quel ladro di Tomas e quel leccaculo di Danny. È stata una doccia ghiacciata… un uragano a ciel sereno… una sensazione del cazzo!»

Jethro non commentò.

«Ehi…»

«Dimmi.»

«Ho fatto una cosa che non avrei mai pensato possibile.»

«Lo so.»

«Tu me l’hai lasciata fare, però…»

«Adesso stai meglio?»

«Sì.»

«Scopo raggiunto, allora.»

«Mi sento un mostro. La verità è che avrei voluto ammazzarli. Non riuscirò mai a spiegarti cos’ho provato quando li ho visti insieme. Non so se mi ha fatto più male ascoltare ancora una volta la malvagità di Tomas o rendermi conto di essere stata tradita da Danny… forse entrambe le cose… o forse accorgermi di quanto sono stata ingenua. In tutta la mia vita non ho mai avvertito un attrito tanto forte tra istinto e ragione. E non mi ero mai lasciata andare così. Ma era come se quel sentimento brutto, cattivo, devastante fosse il solo a esistere. Volevo punirli… in modo consapevole, cosciente.»

«Anche gli angeli alcune volte hanno bisogno di scaricare la rabbia.»

«Io non sono un angelo.»

«Non sai di esserlo.»

«Smettila di prendermi in giro! Piuttosto dimmi, secondo te perché c’è quel passaggio? Cioè, per quale motivo qualcuno ha deciso di costruire un altro tunnel per arrivare alla sala della sabbia?»

«Ci stavo riflettendo anch’io. Provando a interpretare le credenze etrusche, direi che è la strada dedicata ai defunti. Mi spiego. Il mundus-umbilicus è il punto di congiunzione tra Cielo, quindi dei, Terra, ovvero uomini, e Oltretomba, i morti. E come sappiamo è posizionato sotto la chiesa. Gli dei, in quanto tali, non hanno bisogno di un passaggio fisico per raggiungerlo. Lo zilath ha accesso direttamente dalla chiesa, probabilmente usando lo scettro come chiave e, in ogni caso, ha le conoscenze necessarie per percorrere il labirinto… così come abbiamo fatto noi. Il cunicolo in cui si sono imbattuti Tomas e Danny, invece, si ferma davanti a un punto cieco. Da quello che ha raccontato Tomas, si snoda dietro una necropoli e poi sfocia contro uno dei muri di contenimento della sabbia. Un essere umano non può andare oltre, ma lo spirito di un defunto sì, e attraversando la sabbia giunge al nucleo.»

Katherine sospirò. «Cosa ci aspetterà là sotto?»

«Lo scopriremo presto…»

«Troveremo il Golem?»

«Credo che sia un incontro a cui non possiamo sottrarci.»

«Hai già pensato a come affrontarlo? Voglio dire, è armato e se ha messo in piedi tutto questo casino per immolarsi a Tinia, non si farà certo spaventare da noi.»

«È comunque un uomo solo… spietato, forte, determinato, ma pur sempre solo.»

«È un assassino.»

«Potremmo riuscire a farlo ragionare. E per questo confido in Haralio.»

«Ma se Haralio ti ha detto che aveva bisogno di te per metterlo fuori combattimento…»

«Haralio dice tante cose, mentre ne pensa altre. Tant’è vero che non ci ha aspettati e si è calato nel pozzo senza di noi. Non fare l’errore di credere che ci abbia raccontato tutto.»

«È il personaggio più inquietante che abbia mai conosciuto… Mi sta veramente sul culo!»

«Gli siamo serviti per risolvere l’enigma, per svuotare la stanza dalla sabbia e per arrivare fin qui. Il resto è tutto da vedere. Non ho dubbi sul fatto che voglia fermare il Golem, ma comincio a farmi l’idea che stia valutando di sostituirsi a lui. Del resto Haralio è lo zilath supremo, il custode del sapere antico, colui che riceve i messaggi dagli dei e che è convinto di meritarsi il massimo onore… di essere il prescelto.»

«Cazzo! Vuoi dire che alla fine sarà lui quello che dovremo fermare?»

«Non lo so. Ma stiamo attenti a non sottovalutare la sua intelligenza né tantomeno la sua ambizione. In questo gioco non dobbiamo dare niente per scontato. Siamo alla resa dei conti, Katherine: non possiamo fidarci di nessuno.»

«E se il Golem si fosse già sacrificato?»

«Vorrà dire che conosceremo Tinia…»

«Dai, per favore…»

«Cosa vuoi che ti risponda? Sono sempre stato affascinato dalla storia e dai suoi misteri, ma non credo in dio e neanche nella vita dopo la morte. Quindi non reputo possibile la reincarnazione di Tinia in un essere umano e nemmeno il ritorno dei defunti dall’Ade. Se il Golem si è già sacrificato, lo troveremo morto.»

«Però in quel caso…»

«Shhh…» Jethro spense la torcia.

«Cosa c’è?»

«Vedo una luce. Tu resta dove sei, io scendo a controllare. Non muoverti finché non torno. E se non dovessi vedermi più, sali e nasconditi nel labirinto. È il posto più sicuro.»

«Jethro…»

«Sì?»

«Tu sai sparare, vero?» Ma perché gliel’ho chiesto?

«Certo.»

No, non me ne sto appollaiata qui! «Vengo con te!»

«Katherine…»

«Risparmia il fiato: questa volta non mi freghi!»

Katherine lasciò che Jethro scendesse e percorse velocemente l’ultimo tratto del pozzo. Atterrarono in un antro dove c’era solo lo spazio per stare in piedi, uno accanto all’altra.

«Dobbiamo infilarci lì?» Katherine indicò il pertugio che si apriva nel muro all’altezza delle loro ginocchia.

Jethro si chinò e guardò attraverso. «Immagino di sì. C’è un altro corridoio.»

«Riesci a capire da dove arriva la luce?»

«No. È solo un bagliore tenue.» Jethro la fissò dritto negli occhi. «Te la senti davvero di venire con me?»

Sono terrorizzata, ma potrei morire se dovessi restare ancora da sola e al buio. Katherine annuì e lo seguì nel varco. Il pavimento era gelido, e appena le mani toccarono il terriccio umido, sentì i brividi accapponarle la pelle.

Percorsero una decina di metri carponi e quando sbucarono nella galleria dovettero tenere la schiena piegata.

«Soffitto basso, suolo grezzo, pareti scavate in modo approssimativo… Gli antenati di Haralio non si sono impegnati molto quando hanno realizzato questo tunnel, eh?» Katherine cercava di sdrammatizzare per allentare la tensione che era tornata a tormentarla. Ma appena vide Jethro impugnare la Beretta, il suo cuore ricominciò a pompare forte.

Jethro le fece segno di non parlare. Appoggiò le spalle al muro nell’interstizio in cui il cunicolo piegava a gomito e si sporse in avanti con la testa quel tanto che bastava per riuscire a vedere oltre l’angolo. «La luce diventa più intensa, ma il corridoio continua.»

Avanzarono con passo circospetto. Il silenzio era ingombrante e gli occhi facevano fatica a cogliere qualcosa di più della sagoma scura del cunicolo che si insinuava nella roccia.

Katherine era all’erta e le sembrava che il freddo alle mani avesse raggiunto l’anima. A un tratto percepì un sottile odore di fumo e il suo stomaco si contrasse.

Jethro si fermò allo snodo seguente. Tenne la schiena contro la parete e con il dito sul grilletto controllò il tratto successivo del passaggio. «Ci stiamo avvicinando…»

«Cosa te lo fa credere?»

«Guarda!»

Katherine si protese oltre la sua spalla. La galleria si allargava e sui muri erano state accese delle torce. «E adesso?»

«Andiamo!»

Che altra risposta potevo aspettarmi?

«Tieniti pronta» bisbigliò Jethro dopo qualche passo. «Di sicuro quella là in fondo è l’ultima curva… siamo alla fine del tunnel.»

Katherine si sentì paralizzare. «È arrivato il momento fatidico, vero?»

«Già.»

Katherine sospirò. La paura le esplodeva nella mente, per confondersi subito dopo con un’eccitazione folle. Pensò a tutto ciò che era accaduto prima di quella notte ed ebbe la strana sensazione che le tappe della sua vita fossero state scritte per portarla proprio a quel punto. Non c’era passato, non c’era presente, non c’era futuro. Nella sua testa era tutto congelato in attesa delle scoperte che avrebbe fatto nei minuti successivi. Ho sempre sostenuto di essere fatalista. È l’occasione per dimostrarlo. Succeda quel che succeda.

Guardò Jethro negli occhi. Avrebbe voluto esprimere quello che sentiva, ma ritenne fosse inutile. Tutto ciò che si poteva dire era già stato detto. Tutto ciò che si poteva fare era stato fatto. Un nodo le attanagliava la gola e ogni pensiero sembrava superfluo in quell’istante. Gli si gettò al collo e lo strinse, commossa e scossa da fremiti violenti.

Jethro le baciò le labbra.

Si fissarono intensamente per un attimo che valse un’eternità. Poi Katherine annuì.

Jethro fece un respiro profondo e strisciò contro il muro. Lanciò un’occhiata oltre il corridoio, prima di uscire allo scoperto con la Beretta spianata.

Katherine trattenne il fiato.

«Vieni! È una sala enorme. Illuminata a giorno… Stai dietro di me.»

Scesero cinque gradini e camminarono su un pavimento rivestito da grandi blocchi di tufo. Le pareti e il soffitto erano affrescati con dipinti dai colori vivaci e lungo i lati erano state scavate nicchie in cui troneggiavano statue imponenti.

«Ma questo è un tempio!» Katherine era allibita dalla solennità del luogo.

«C’è un solo passaggio» disse Jethro. «In fondo alla sala, tra le due colonne, lo vedi?»

«Sì…»

«In caso di pericolo scappa verso il cunicolo da cui siamo arrivati: è l’unico riparo.»

Sei tu l’angelo, non io… Katherine era intenerita dalle premure che Jethro continuava ad avere nei suoi confronti. Era consapevole della minaccia incombente, ma la confortava sapere che dopo suo padre c’era ancora qualcuno pronto a prendersi cura di lei.

Costeggiarono il muro, senza fare rumore. La luce delle torce conferiva ai volti delle statue un’aria severa. Katherine incrociò lo sguardo di una dea che reggeva tra le mani un cerbiatto senza testa e distolse subito gli occhi.

Raggiunsero le due colonne e Jethro le fece cenno di rallentare. «C’è qualcuno. Sento delle voci.»

Katherine restò in ascolto. Udì un parlottare ma non ne comprese il senso.

Si avvicinarono alla soglia e Katherine scoprì che oltre le colonne si apriva un’altra sala. Sulle pareti spiccavano un’infinità di nicchie squadrate in cui erano inseriti oggetti di varie forme e dimensioni. Vasi di terracotta si alternavano a calici, ciotole, statuette di bronzo, suppellettili e monili. Al centro della stanza c’era un’imbarcazione. Era di legno e aveva una struttura semplice. Cosa ci fa una barca qui sotto?

«Spostiamoci dall’altra parte.» Jethro si acquattò. «Da qui non si riesce ad avere una visuale completa.»

Katherine ignorò il tremore alle ginocchia e si mosse veloce, sperando di essere invisibile.

Si nascosero dietro la seconda colonna e Katherine sbiancò quando scorse una sedia monumentale alla destra della barca. Era simile a un trono. Dava le spalle alla sala e guardava un altare di pietra, sul quale era stato appoggiato qualcosa di grande, coperto da un drappo di seta nera. «Ma… è…»

«Haralio.»

«Perché è seduto lì?»

Jethro si limitò a sollevare le spalle.

«Riesci a vedere con chi sta parlando?»

«No. E non capisco nemmeno quello che dice: lo schienale della sedia è alto… intravedo solo la testa.»

Katherine sentì il sudore freddo rigarle la fronte appena colse un’ombra allungarsi verso Haralio. E il panico si trasformò in fastidio quando l’ombra lasciò il posto a una figura femminile.

«Flora?» Ogni secondo che passava Katherine era sempre più sbalordita, ma niente in confronto all’istante in cui la donna si chinò su Haralio per abbracciarlo. «Ma cosa significa?»

Jethro entrò deciso nella stanza e lo chiamò: «Haralio!».

Katherine fu assalita da un’ondata di trepidazione. Tenne gli occhi fissi su Flora. Non è sorpresa di vederci. Anzi, sembra quasi soddisfatta.

«Jethro, non è come pensavamo!» urlò Haralio.

«Haralio, cos’è successo?» chiese Jethro, slanciandosi verso di lui.

«Getti la pistola.» Le parole erano storpiate da un tono strascicato.

Katherine si voltò di scatto e trasalì alla vista dell’uomo vestito di bianco. Era spuntato da una minuscola apertura di fianco all’altare. Tendeva il braccio destro: era armato e sembrava deciso a farsi valere.

Il Golem… Mio dio, siamo in trappola! Katherine si morse la lingua per impedirsi di strillare, mentre il terrore cieco la pietrificava.

Jethro non lasciò trasparire alcuna esitazione. Con grande rapidità spostò la canna e gliela puntò contro.

«Signor Blake, la prego… butti la pistola.»

«Mario, forse possiamo farne a meno entrambi. Magari sarebbe meglio parlare.» Jethro dimostrava condiscendenza e continuava a camminare per avvicinarsi a Haralio.

Ma come fa a mantenere tutto questo controllo? Katherine lo seguiva, stando alle sue spalle.

«Non me lo faccia ripetere un’altra volta. Mi dia la pistola, signor Blake!»

«Mario, nessuno dei due ha intenzione di sparare all’altro.»

Katherine scrutava l’espressione del Golem e le sembrava in difficoltà. Invece avrebbe giurato di scorgere un ghigno ostile sul volto di Flora.

«Non mi costringa a fare fuoco!»

«Non è necessario. Molto meglio discutere, spiegarsi e trovare una soluzione insieme.»

Katherine sapeva che Jethro lo stava mettendo alla prova, per verificare fino a che punto sarebbe arrivato e per decidere come affrontarlo. Ma la sua freddezza non riusciva a rassicurarla. Jethro, non scherzare con il fuoco: quell’uomo ha già sterminato una marea di persone!

«Il destino è scritto, signor Blake. Non sono io a scegliere se parlare o sparare. Gli eventi seguiranno il loro corso naturale.»

Katherine aveva quasi raggiunto il trono. Lanciò un’occhiata a Haralio e capì che era immobilizzato. Aveva le mani costrette dietro la schiena e i piedi legati con una corda spessa. Il suo lituo era per terra, buttato alla rinfusa insieme alla torcia e al pugnale. Haralio inclinò la testa verso di lei e le mostrò un occhio nero e il labbro tumefatto.

È stato malmenato ben bene!

«Mario, ascoltami…»

«Non c’è più tempo, signor Blake. Questa notte tutte le voci si spegneranno per lasciare lo spazio a una sola voce. La voce

«La mia!» L’esclamazione arrivò alle loro spalle.

Tomas? Katherine era sgomenta. Cazzo, ci ha seguiti!

«È un piacere trovare dopo tanti anni tutti i propri compagni di classe. Non manca nemmeno il professore.» Tomas procedeva zoppicando. Trascinava la gamba destra e reggeva il gomito sinistro con l’altra mano. Da quanto era gonfia e coperta di sangue raggrumato, la sua faccia era irriconoscibile, ma gli occhi brillavano di un bisogno incontrollabile.

L’ho ridotto io così… però non è stato sufficiente. Dovevo ammazzarlo! Katherine imprecò contro di sé e dovette fare uno sforzo per frenare il desiderio di aggredirlo di nuovo.

«Peccato che Bruce non abbia voluto essere dei nostri» continuò Tomas con fare beffardo.

Katherine si guardò intorno. Haralio aveva abbassato le palpebre. Flora era impassibile. Il Golem teneva la pistola puntata contro Jethro.

«Non ve l’aspettavate, eh?» Tomas ridacchiò.

Ma perché non l’ho massacrato di calci quando ne ho avuto l’opportunità? Katherine era incredula e non sapeva più cosa pensare: gli avvenimenti dell’ultimo secondo sfidavano ogni logica e andavano contro tutte le supposizioni fatte. Aveva la sensazione che anche la più piccola certezza si stesse infrangendo di fronte a quella scena.

Poi un colpo di pistola rimbombò nella stanza, attraversando la fronte di Tomas. Una rosa di sangue si aprì sopra i suoi occhi, che diventarono vitrei e rimasero fissi anche dopo che il corpo stramazzò a terra.

Katherine urlò e si voltò verso Jethro. Non era stato lui a sparare. Fece correre lo sguardo sull’uomo vestito di bianco. Nemmeno il Golem aveva premuto il grilletto.

K - I Guardiani Della Storia
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