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Devo dormire. Ho bisogno solo di dormire. E domani sarà tutto più chiaro.
Katherine aspettò che Jethro uscisse, fece girare le chiavi nelle due serrature e si trascinò in camera da letto. La stanchezza l’aveva assalita e Katherine sapeva che erano state le teorie di Jethro a darle il colpo di grazia. Si erano fatte largo nella sua coscienza, distruggendo la fragile armatura di energia che si era costruita nelle ultime ore. In quel momento qualsiasi tentativo avesse fatto per restare lucida non sarebbe servito a niente, solo ad aumentare l’emicrania.
La porta della camera era aperta, Katherine entrò e accese la luce. Il letto squadrato e basso, rivestito di un tessuto color perla, spiccava sulla moquette grigio antracite. Strisciando i piedi scalzi, slacciò la cerniera dell’abito che indossava da quasi ventiquattro ore e se lo lasciò scivolare lungo il corpo. Raggiunse il letto e ci si buttò sopra. Sprofondò tra i grandi cuscini di seta lilla e si infilò sotto le lenzuola. Lanciò un’occhiata alla luce della strada che filtrava dalle serrande, insinuandosi debole tra le fessure delle tende, e si abbandonò alla sensazione di quiete che le dava la morbidezza del piumone. Chiuse gli occhi.
Il cervello non voleva rilassarsi. Immagini ingarbugliate di luoghi si mescolavano a volti di persone e a suoni confusi. Due uomini calavano la bara nella fossa. Palate di terra la ricoprivano come pioggia. Gli impiegati della 9Sense Publishing erano in rispettoso silenzio. Il corpo disteso con il rosario tra le mani era quello di suo padre. Gli occhi spalancati della figlia di Bruce la fissavano, la imploravano. Jim le arrivava alle spalle e le consegnava una busta bianca. Lei la apriva e dentro c’era la lettera di licenziamento, firmata da Jeremiah Blake. Le mancava l’aria. Sconvolta, si guardava intorno. Non era al cimitero, ma in un tribunale. Danny era in prima fila e accanto a lui c’erano Lia e Doris. Il giudice la chiamava a testimoniare. Saliva sul banco degli imputati. Indossava il tubino nero, ma era scalza. L’avvocato che la accusava era Bet Bron. Argomentava, puntandole il dito contro, ma lei non riusciva a udire nemmeno una parola. Poi Sergio spalancava le porte e faceva entrare Nick in aula. Erano tutti attoniti e Sergio le sorrideva. Nick agitava le mani e le correva incontro, gridando: “Ho risolto il codice!”. Lei si voltava verso il giudice. Non era uno sconosciuto: aveva il volto intenso di Jethro. La fissava dritto negli occhi e le parlava. Ma la voce era quella di Bruce. Continuava a ripetere: “Se c’è anche un solo modo per riportare in vita Terence, io lo troverò!”.
Katherine si svegliò di soprassalto. Si mise seduta sul letto, con il cuore che batteva all’impazzata. Mio dio, lui me l’aveva detto. Cercò di ricordare la situazione e di riportare tutto alla realtà. Era successo circa un anno dopo la tragedia. Era dicembre e Bruce aveva organizzato una cena a Parigi per festeggiare insieme ai dirigenti i brillanti risultati conseguiti dalla 9Sense Publishing. Aveva tenuto il discorso di ringraziamento e l’avevano applaudito tutti, incoraggiati a continuare su quella strada. Dopo il brindisi, Bruce si era allontanato. Lei lo aveva seguito per parlargli e lo aveva trovato al telefono. Per non disturbarlo, era tornata alla festa. Bruce era ricomparso dopo circa un’ora, scuro in volto. Gli aveva chiesto cosa l’avesse turbato e lui le aveva accarezzato la guancia, senza rispondere. A notte fonda, prima del commiato, c’era stata un’altra alzata di calici. Lei aveva fatto tintinnare il suo bicchiere contro quello di Bruce.
“Grazie per il tuo discorso” gli aveva detto. “Il team è carico e pronto ad affrontare nuove sfide!”
“Era il minimo che potessi fare. L’ho fatto per te, Katherine. Hai portato avanti il business in mia assenza e hai raggiunto obiettivi importantissimi. Meriti di avere una squadra motivata.”
“Il mio desiderio per il prossimo anno è di averti di nuovo al mio fianco. Voglio che ricominci a lavorare con me. Insieme possiamo conquistare il cielo!”
“Non augurarmi successo, Katherine… augurami felicità.”
Katherine lo aveva guardato sconcertata: la risposta di Bruce l’aveva lasciata di stucco. “Ma stai scherzando? Certo che ti auguro felicità. Tutta la felicità del mondo!”
“E allora prega perché io possa riavere il mio Terence.”
Lei non aveva saputo replicare, ed era rimasta impietrita.
“Se c’è anche un solo modo per riportare in vita Terence, io lo troverò!” aveva aggiunto Bruce, prima di avvicinare ancora il proprio calice di champagne al suo.
Katherine non aveva fatto molto caso a quell’affermazione. Aveva pensato che Bruce si sentisse in colpa nei confronti di Terence per la contentezza provata durante la festa. E aveva rimosso l’accaduto. Fino a quell’istante.
Si alzò dal letto frastornata, con in mente le parole di Jethro di qualche ora prima: “… testi e scritti antichissimi che spiegano come mettere in diretto contatto l’uomo con il divino… una serie di riti arcani che danno la possibilità di riportare in vita i morti…”.
Cercò il BlackBerry e lo trovò tra i cuscini. Guardò l’ora: erano quasi le cinque del mattino. Fece scorrere i numeri delle ultime telefonate effettuate e chiamò Sergio.
«Cos’è successo?» La voce di Sergio era a metà tra l’assonnato e l’allarmato.
«No, niente. Anzi, scusami per l’ora, ma ti devo parlare.»
«Stai bene?»
«Sì, sto bene.» Katherine sentì mugugnare la moglie di Sergio. «Per favore, chiedi scusa anche a Michela per il disturbo.»
«Non ti preoccupare. Adesso mi sposto.»
Katherine udì il fruscio delle lenzuola, poi una serie di passi e una porta chiudersi.
«Eccomi. Sei sicura che sia tutto ok?»
«Sicurissima. Ho passato la sera con Jethro Blake. Gli ho mostrato il file e ne è emersa una cosa interessante.»
«Ferma un attimo, hai passato la notte con un Blake?»
«Sì… cioè, no. Non mi sono spiegata. Lascia che ti dica tutto dall’inizio.»
Ancora una volta, Katherine raccontò a Sergio l’accaduto. Da quando se n’era andata dal suo ufficio, all’incontro con Bet Bron, alla conversazione con Jethro. Senza tralasciare nemmeno un dettaglio. Lo aveva messo a parte anche delle parole di Bruce che le erano tornate alla memoria durante il sonno.
«Mi stai dicendo che vuoi davvero andare da Haralio Velthur?»
«Cos’ho da perdere? Bruce è morto. Sono stata licenziata. Mia mamma è fuori di testa. Non ho una famiglia a cui badare. Se esiste anche solo una remota possibilità di scoprire la verità che si nasconde dietro a tutto questo dramma, voglio provarci. Bruce mi ha lasciato un messaggio. L’ha lasciato a me. Solo a me. Era il suo modo per chiedere aiuto e io mi sento responsabile.»
«Responsabile. È questo il tuo problema di sempre. Tu non pensi mai a te stessa, solo agli altri… morti compresi.»
«Ti prego…»
«No, Katherine. Lascia che te lo dica. E lascia che ti dica anche che io non sono d’accordo con la tua scelta. Non posso permetterti di partire con uno che nemmeno conosci per una meta ignota. Io non sarò la tua famiglia, ma ti voglio bene come forse nessun altro al mondo e non sopporto l’idea che ti possa succedere qualcosa.»
«Non mi succederà niente.»
«Come fai a saperlo? Ti fidi troppo di lui.»
«Sento che è sincero. Non ha motivi per non esserlo. E finora il mio intuito non si è mai sbagliato.»
«Vorrei avere la forza per fermarti. Ma so che anche se ti legassi alla sedia, non risolverei nulla.»
«Io voglio farlo, Sergio. Devo sapere. O la mia vita ruoterà intorno a un incolmabile buco nero.»
«L’ho capito.»
«Però ho bisogno di te.»
«Ti accompagno.»
«No. Non è necessario. Tu sì che hai una famiglia di cui prenderti cura. Facciamo in un altro modo.»
«Hai già pianificato tutto, eh?»
«Ascoltami… A parte Iris, la signora che mi aiuta con le pulizie, tu sei l’unico ad avere le mie chiavi di casa. Ti lascio la chiavetta USB dentro il barattolo di marmellata alla ciliegia che trovi nel frigo. Vieni a prenderla prima che puoi. Fanne un paio di copie e tienile tutte in posti diversi e al sicuro. Io partirò con Jethro. Appena conoscerò la destinazione, ti manderò un messaggio. Nei prossimi giorni ti farò avere mie notizie. Ti dirò dove sono, chi ho incontrato e cosa ho scoperto. Ti terrò informato strada facendo. E…»
«E…?»
«Se tu non dovessi ricevere un mio SMS o una mail per più di ventiquattro ore, vai dall’ispettore Santos Norris e raccontagli tutto.»
Sergio non rispose.
«Ehi, ci sei?»
«Ci sono… e sono senza parole. Non sarò più sereno sapendo che mi terrai informato. Perché se non dovessi avere tue notizie, di sicuro sarebbe troppo tardi.»
«Andrà tutto per il meglio. Queste sono banalissime precauzioni, ok?»
«Ok un cazzo. Ma so che non riuscirò a farti riflettere, quindi facciamo come dici tu.»
«Ho un’altra cosa da chiederti.»
«Sentiamo.»
«Tu sei a conoscenza di tutte le mie idee e i miei progetti. Anche se li abbiamo cancellati dal Mac che ho consegnato all’avvocato, non mi sento protetta. Lascio qui anche la memoria esterna su cui Nick ha trasferito i dati. Quando vieni a ritirare la chiavetta, per favore, prendi pure l’hard drive. Stampa tutto e vai oggi stesso da un notaio a depositare il materiale per conto mio. Poi chiama lo studio Jean&Buzz e chiedi di avviare la procedura di urgenza per la registrazione dei marchi comunitari di tutti i titoli delle property. E dove è già stato fatto lo studio grafico, deposita anche il logo.»
«In quale barattolo trovo la memoria esterna?»
«Dai, non scherzare. La metto nell’armadietto sotto il lavandino, dietro i detersivi.»
«Ok.»
«Posso chiederti un ultimo favore?»
«Cristo, Katherine… mi fai venire l’angoscia!»
«Silvestro sarà coccolato da Iris, ma se dovessi stare via più del previsto, promettimi che ti occuperai di lui.»
«Vedi di tornare in fretta, e non stare in pensiero per Silvestro.»
«Non so come farei senza di te…»
«E io senza di te… quindi cerca di non fare sciocchezze. Stai attenta. Se ti accorgi che qualcosa non ti convince, torna subito indietro. E per qualsiasi dubbio, chiamami. Prendo il primo aereo e ti raggiungo.»
«Ti abbraccio.»
«Anch’io.»
Katherine riattaccò. Sapeva di aver allarmato Sergio. Ma era determinata a seguire l’istinto. Fissò il display del telefono e selezionò il numero di Jethro.
«Katherine?»
«A che ora è il volo che volevi prendere?»
Jethro esitò.
«Se non hai ancora guardato gli orari, fallo subito. Tra due ore mi troverai in portineria ad aspettarti.»