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Jethro e Katerine si guardavano negli occhi.
Il silenzio della notte ammantava la stanza. I rumori della strada si erano assopiti e anche le luci dei lampioni che filtravano dalle tende sembravano stanche. Silvestro dormiva a pancia in su sul divano vicino alla finestra. Era disteso sul suo plaid di lana beige, con le zampe posteriori aperte e quelle anteriori piegate sugli occhi.
«Quante cose devo ancora scoprire prima che sorga il sole?»
«Vorrei riuscire a darti almeno il quadro completo della situazione. Il resto possiamo rimandarlo a domani.»
«Sono distrutta, ma credo che l’adrenalina non mi lascerebbe comunque dormire…» Katherine si alzò dalla sedia. «Prima di continuare, vado a vedere se trovo qualcos’altro da mangiare.»
Jethro la seguì e portò i piatti sporchi nel lavandino.
«Ti piace il cioccolato fondente?» gli chiese Katherine.
«Come hai fatto a indovinare? È l’unico dolce che mangio.»
Katherine mise in tavola un’elegante scatoletta quadrata di cartone rosso con la lettera H stampata in argento sul coperchio. La aprì ed estrasse un blocco di cioccolato.
«Ma è un mattone!»
«Hai visto? Produzione artigianale. Arriva direttamente dall’Italia. Lo produce una pasticceria di Torino specializzata in cioccolatini… Io ne vado matta.»
«Passami un coltello!»
Katherine gli diede un piccolo coltello con l’impugnatura in legno e la lama aguzza a forma di goccia. Jethro conficcò la punta nel cubo di cioccolato e ruppe qualche scaglia.
Katherine ne mangiò subito una. «Mmm… delizioso. Ci voleva! Adesso sono pronta per ascoltare.»
«Allora, poco fa parlavamo della casta dei sacerdoti etruschi. La storia racconta che i sacerdoti erano i depositari della letteratura sacra e di tutta la dottrina. Per questo partecipavano alle attività pubbliche come guida civile e religiosa della comunità. Erano organizzati in collegi e avevano nomi diversi a seconda della materia che praticavano. Nella lingua etrusca i netsvis erano gli esperti delle viscere, i trutnvt quelli dei fulmini, e i cepen erano gli addetti al culto. Era frequente l’uso di attributi per definire la sfera di azione e le specifiche funzioni dei diversi sacerdoti. Per esempio, i cepen fhaurx erano i sacerdoti funerari, da “fhaura” che significa tomba. I cepen spurana presiedevano il culto ufficiale della comunità e dello Stato. E via dicendo.»
Lo sguardo di Katherine si fece attento.
«Ogni ordine sacerdotale aveva la propria divisa, ma il segno distintivo di ognuno di loro era il lituo, una sorta di scettro dall’estremità superiore ricurva.»
«Il bastone che si vede anche in tutte le raffigurazioni romane?»
«Proprio quello. Simbolo della regalità antica e capostipite dei bastoni pastorali dei vescovi. I sacerdoti lo usavano per delimitare lo spazio entro cui osservare i segni della volontà divina.»
«Cioè? Come?»
«Ci sono varie teorie al riguardo. La premessa da fare è che il lituo è lungo circa sessanta centimetri, paragonabile alla distanza che c’è tra il pugno e la spalla di un uomo. Data questa misura, l’ipotesi più plausibile prevede che, se tenuto in orizzontale, le due estremità del lituo formano un angolo di quarantacinque gradi con l’occhio di chi osserva. Quindi, per il sacerdote era sufficiente individuare la posizione del sud per determinare il Templum e identificare quale divinità avesse scatenato il segnale.»
«Immagino che mi racconti tutto questo per un motivo ben preciso…» Katherine aveva la sensazione che Jethro volesse prenderla per mano mentre la conduceva verso rivelazioni inquietanti.
«È così. All’interno del collegio dei cepen spurana c’era un gruppo ristrettissimo di sacerdoti, che si riconoscevano per una incisione particolare sul loro lituo: i simboli del Sole e della Luna sorretti da una X. In altre parole, un cerchio contenuto in una mezza luna che appoggia su una croce inclinata.»
Katherine annuì.
«Erano gli zilath cechaneri, i sacerdoti che più di tutti si avvicinavano al volere degli dei. Una sorta di “eletti”, votati da altri cepen spurana per la loro esperienza e le loro capacità magiche. Erano gli unici a cui veniva affidato l’onere di sapere.»
«L’onere?»
«Sì. L’insieme delle conoscenze supreme era considerato temibile, addirittura fatale. Per questo il collegio dei cepen spurana selezionava il sacerdote o i sacerdoti considerati in grado di assolvere il compito di proteggere quelle verità. Ed erano gli stessi zilath, nel corso della loro vita, a designare i propri successori a cui tramandare le dottrine segrete.»
«Ho paura di chiederti cosa fossero quelle dottrine…» Katherine sentiva il sangue raffreddarsi nelle vene, ma provava un inaspettato senso di eccitazione.
«Sono i misteri che non devono essere svelati. Informazioni negate. Ovvero tutti i contenuti del quarto gruppo di libri: testi e scritti antichissimi che spiegano come mettere in diretto contatto l’uomo con il divino. Piuttosto che una serie di riti arcani che danno la possibilità di riportare in vita i morti. Ma anche funzioni magiche capaci di richiamare l’attenzione degli dei e di farli scendere sulla Terra. Ogni azione è irreversibile e ha un prezzo, che spesso consiste in sacrifici, condanne o eventi terribili. Per questo motivo sono stati istituiti gli zilath: per evitare che quelle conoscenze cadano nelle mani sbagliate e portino alla distruzione del mondo. In altre parole, gli zilath sono paladini incaricati di difendere e lasciare in eredità il verbo supremo… sono i “guardiani della storia”.»
Katherine notò che Jethro aveva cambiato l’uso del tempo verbale e stava parlando al presente.
«Sono passati quasi tremila anni, ma ancora oggi esistono sacerdoti che si tramandano quel sapere occulto.»
«Stai scherzando?»
Jethro si limitò a scuotere il capo. «Se ci pensi, la storia è piena di casi in cui un gruppo ristretto di persone custodisce un segreto e lo tramanda nei secoli: i templari sono solo uno degli esempi. Quindi non è così strano che sia avvenuto anche per il popolo etrusco.»
«Tra un po’ mi dirai che conosci uno di quei sacerdoti…»
«Lo conosci anche tu.»
«No. Non credo proprio!»
«Ti dice niente il nome Haralio Velthur?»
«Il curatore di tutte le nostre pubblicazioni sulla civiltà etrusca, tra cui L’Eredità degli etruschi?»
«Lui!»
«Nessuno della 9Sense Publishing l’ha mai incontrato. Io l’ho sentito al telefono un paio di volte per la firma del contratto di collaborazione. Viene pagato sempre con bonifico bancario e la redazione comunica con lui via mail. Non so nemmeno che faccia abbia. È stato professore di Bruce all’università. Bruce lo stimava e mi aveva consigliato di contattarlo: sosteneva che fosse il massimo esperto sull’argomento.»
«Lo è!» Jethro si avvicinò ai fogli ancora disposti sul pavimento. «Per capire qualcosa di più sul messaggio che Bruce ti ha lasciato, penso che dovremmo andare a trovarlo.»
«Andare a trovare Haralio Velthur?» Katherine era sempre più sbalordita.
«Se, come credo, gli oggetti visualizzati su queste pagine sono parte della sequenza di una pratica devozionale, solo lui ci potrà spiegare di cosa si tratta.»
«Ma perché sei così convinto che il file di Bruce nasconda informazioni esoteriche?»
«I rituali oscuri di cui ti ho parlato prevedono un sacrificio da compiersi in un luogo delimitato da una serie di doni votivi, ossia offerte per ringraziare le divinità per la loro benevolenza. E i quindici oggetti indicati da Bruce potrebbero rappresentare proprio quei doni.»
«Fammi capire: che tipo di sacrificio?» Ogni secondo che passava, Katherine era sempre più in preda all’ansia.
«Questo non lo so. Lo decide il sacerdote che effettua il rito. Ma di sicuro parliamo di qualcosa di considerevole… non di certo dell’immolazione di una pecora.»
«Inizio a fare fatica a seguirti. Mi hai appena detto che siamo di fronte a una dottrina suprema, segreta… Mi spieghi, allora, come fai a conoscere così bene questa materia?» Katherine aveva i battiti del cuore accelerati.
«È una storia lunga e le poche ore che ci restano prima dell’alba non sono sufficienti. Ma abbiamo un viaggio che ci aspetta e avremo tutto il tempo per parlarne.»
«Un viaggio?»
«A te la scelta, Katherine. Vuoi scoprire cosa Bruce cercava di dirti, o vuoi far finta di nulla, voltare pagina e lasciarti questa triste avventura alle spalle? Da quel poco che ti conosco, credo di sapere la risposta. Se ho ragione, dobbiamo prendere il primo aereo della mattina per l’Italia.»
«No, no… aspetta un attimo. Io adesso vado a dormire e mi sveglio tra quarantotto ore.»
«Dimmi, quando mai hai dormito più di sei ore nella tua vita?»
«Ti prego, sono stanca.» L’adrenalina nel corpo di Katherine si dissolveva nell’angoscia che le rivelazioni di Jethro le generavano.
«Lo so. Ma dobbiamo fare in fretta.»
«Perché? Giuro che mi sono persa…»
«Bruce ci sta avvertendo: c’è un rituale in corso. Un rituale che si concluderà non appena verrà aggiunta l’ultima tessera del puzzle.»
«Basta! Non capisco più niente!» Katherine incrociò le braccia sul tavolo e appoggiò la fronte.
«Gli etruschi credevano nella cosmologia e i numeri erano una parte fondamentale nello studio sul destino dell’universo. Il numero sedici aveva una grande importanza per loro, era un numero sacro, legato alla vita. Il tempo e lo spazio erano divisi in sedicesimi: la giornata era composta da sedici ore di novanta minuti l’una e lo spazio celeste era diviso in sedici aree. Non solo, le date di inizio delle quattro stagioni, che non coincidevano con solstizi ed equinozi, rappresentavano i quattro momenti dell’anno in cui il sole aveva una declinazione di sedici gradi.»
E il sedici ritorna anche nel file di Bruce: è l’intervallo di numeri di pagina tra gli oggetti pubblicati sui diversi volumi della collana. «E con questo?»
«Le immagini che ti ha trasmesso Bruce sono quindici. Manca un solo oggetto. Se le mie intuizioni sono vere, il sacrificio sta per compiersi…»
«Io vado a dormire. Tu resta qui finché vuoi. Quando esci, basta che ti chiudi la porta alle spalle.» Le ultime ore trascorse sfidavano ogni logica e Katherine sentiva di non riuscire più ad afferrare il senso delle parole che le turbinavano confuse nella mente.
«Katherine…»
«Scusami, Jethro. Sono esausta. Non ce la faccio davvero più.» Si tolse le scarpe e lo guardò con occhi pesanti.
«Scusami tu. Avrei dovuto fermarmi molto prima.» Jethro le sorrise. Prese il giubbotto e si avviò verso l’uscita. «Cerca di riposare, adesso. Dimentica tutte le storie che ti ho raccontato. Sono stupidaggini rispetto a quello che hai passato in questi giorni. Ti chiedo solo un favore, quando ti svegli fammi sapere come stai.»