37

Ma che cazzo sto facendo?

Era la seconda volta da quando si era svegliata che Katherine si faceva quella domanda. Guardava il cielo azzurro dall’oblò dell’aereo, cercando di alleggerire la tensione e mettere in fila i pensieri.

«Ti va di parlare?» le chiese Jethro, seduto accanto a lei.

«Questa mattina sono poco socievole, scusami.»

«Dimmi almeno cosa ti ha fatto cambiare idea e decidere di partire.»

«Sensazioni…» Katherine si voltò verso di lui. «Negli ultimi tre giorni ho vissuto più emozioni che negli ultimi dieci anni. È successo tutto così velocemente che adesso sono un po’ confusa…» Confusa? Ho imbrattato un muro con il nome dell’uomo più bastardo, stronzo, figlio di puttana che io conosca, ho preso l’aereo con uno sconosciuto, ho mentito a mia madre per non dirle dove andavo, e siamo solo all’inizio della giornata… forse “confusa” non è proprio il termine migliore per esprimere come mi sento! «E non credo che tutte le scelte che ho fatto in queste ore siano azzeccate. Di sicuro molte sono state dettate dalla pancia e non dal cervello…»

«E questo ti preoccupa?»

«Sì. Più che altro non sono abituata ad agire d’impulso. In alcuni momenti non mi riconosco nemmeno.»

«E invece, probabilmente, sei tu, Katherine.» Jethro la abbracciò con un sorriso dolce. «A quanto pare si è stappato il vaso e sta uscendo una parte di te che per troppo tempo hai voluto reprimere o dimenticare.»

Puoi dirlo forte! E chissà che faccia faresti se venissi a sapere che alle cinque della mattina giravo per strada incappucciata e con un sacchetto pieno di bombolette spray per mandare platealmente a fanculo Tomas. «Forse. Ma questo mi fa ancora più impressione. Così come mi fa impressione il fatto di essere salita sull’aereo senza averti chiesto la destinazione. Se una settimana fa mi avessero letto il futuro, ti assicuro che non avrei creduto a una sola parola!»

«Lo posso immaginare!» Jethro rise. «Sii sincera, se adesso avessi la possibilità di conoscere come si concluderà questa storia, lo vorresti sapere?»

«Eccome! Mi permetterebbe di non essere colta alla sprovvista.» No, cazzo! Invece no! Ho programmato ogni minuto della mia esistenza e finalmente oggi ho l’opportunità di vivere alla giornata… al diavolo la paura di essere impreparata di fronte alle sorprese! «Pensandoci bene, no… preferirei non saperlo.»

«Sei davvero una forza della natura!»

«Perché dici così?»

«Perché è quello che penso…»

A Katherine sembrò che Jethro si adombrasse. Fece per replicare, ma lui aveva già cambiato espressione e la fissava con i suoi occhi scurissimi accesi. «Quando vuoi ti dico dove siamo diretti e ricomincio a raccontarti un po’ di cose.»

«Se non ti spiace, lo facciamo più tardi. Ormai abbiamo tutto il tempo del mondo. Adesso ho bisogno di dormire.»

«Abbiamo tutto il tempo del mondo» ripeté Jethro. «Non so se è vero, ma mi piace come concetto.»

Katherine prese dalla borsetta una bandana blu e bianca e la usò per foderare il poggiatesta. Senza aggiungere altro, reclinò lo schienale e chiuse gli occhi.

Si svegliò mezz’ora dopo, con il profumo del caffè che le stuzzicava le narici. Aprì gli occhi e vide Jethro con una tazza fumante in mano.

«Bentornata tra noi! Ti va qualcosa di caldo?»

Katherine abbassò ancora le palpebre e si stiracchiò la schiena. «Mangerei un panino con il salame.»

Jethro chiamò la hostess e fece portare un tè e un pacchetto di biscotti. «Mi sa che per ora ti devi accontentare di qualche frollino!»

Katherine intinse i biscotti nel tè e li divorò. «Dici che è sconveniente chiederne degli altri?»

«Dico che è bello vederti mangiare!»

Jethro fermò di nuovo l’assistente di volo e Katherine gustò la piacevolezza di avere un compagno di viaggio che sembrava non farsi alcun tipo di problema.

«Adesso sfrutterei la tranquillità di questa business class per scoprire i dettagli dell’avventura che ci aspetta» gli disse, appallottolando la carta della terza confezione di biscotti e pigiandola dentro il bicchiere.

«A un patto, però.»

«Spara!»

«Prima devi spiegarmi perché metti la bandana sul poggiatesta.»

Katherine fece una smorfia. «Tra i miei innumerevoli difetti c’è anche una certa insofferenza ai microbi. Cerco di schivare il contatto con punti dove altre persone hanno appoggiato le dita, la faccia, i piedi. Per esempio non sfoglio giornali e riviste in luoghi pubblici, non mangio le patatine dalle ciotole sui banconi dei pub, preferisco se qualcun altro tocca le maniglie e apre le porte al posto mio, mi tengo alla larga dai bagni di locali affollati… e uso la bandana in aereo.»

Jethro scosse la testa, con aria divertita.

«Allora, mi vuoi svelare dove siamo diretti, sì o no?»

«Atterreremo a Milano e lì noleggeremo un’auto che ci porterà ad Alagna Valsesia, un piccolo paesino di montagna nascosto tra le Alpi.»

«Non mi sembra di averne mai sentito parlare.»

«È ai piedi del Monte Rosa ed è conosciuto dagli scalatori di tutto il mondo perché è una delle poche stazioni di partenza per raggiungere la Capanna Margherita, il rifugio più alto d’Europa, a oltre quattromilacinquecento metri di altezza.»

Katherine era interessata. Quell’uomo riusciva sempre a catturare la sua attenzione.

«Haralio Velthur vive in un alpeggio sopra Alagna.» Jethro si sporse in avanti per guardarle i piedi. «Spero che tu ti sia messa in valigia un paio di scarpe più comode di quelle… dovremo camminare. E anche a lungo.»

«Ho un paio di Nike. Vanno bene?»

«Sì. Dovrai fare solo un po’ di attenzione ai sassi, per evitare le storte alle caviglie. Quest’anno è nevicato poco e la neve è solo ad alte quote… non credo che ne troveremo lungo il percorso.»

«Potevi avvisarmi prima di partire, no?»

«Vorrà dire che se non ce la fai ti porterò in spalla.»

«Affare fatto!» Katherine aveva un dubbio che la tormentava da ore. «Come hai conosciuto Haralio Velthur?»

«All’università. Era il mio professore di storia antica.»

«Quindi hai frequentato la stessa università di Bruce?»

«Seguivamo il corso insieme. E con noi c’erano anche Flora, che poi è diventata sua moglie, Jeremiah e Tomas McKey.»

«Mi prendi in giro?» Katherine si sentì avvampare.

«No…»

«Ecco perché vi conoscevate tutti!»

«Pur essendo il più giovane, io ero un anno avanti. Mi stavo laureando in Economia e Commercio e scrivevo una tesi sperimentale sul business legato alle associazioni, istituzioni e strutture che promuovono la scoperta e la valorizzazione delle tracce lasciate dalle civiltà passate. Tomas aveva abbandonato Giurisprudenza, dove era ormai fuori corso da quattro anni, e si era appena iscritto alla facoltà di Lettere e Filosofia. Jeremiah, Bruce e Flora erano coetanei e avevano scelto l’indirizzo in Archeologia.»

«Non lo sapevo…» Katherine ricominciava a innervosirsi. L’idea che Bruce già da giovane condividesse parte del suo tempo con Jeremiah e Tomas la disturbava. Lo squalo, il verme e la civetta erano amici di Bruce dagli anni dell’università… Guardò Jethro. E tu che animale sei? E cosa c’entravi con loro?

«È stato allora che Jeremiah mi ha presentato Bruce, Flora e Tomas. Ed è stato in quell’occasione che ho cominciato ad apprezzare Haralio Velthur. Era il rettore dell’università, ma teneva anche un corso avanzato di etruscologia e storia antica italica. Era l’unico corso che richiedeva un test di ingresso: su centinaia di iscritti, venivano ammessi solo dieci studenti. Dopo quattro lezioni c’era una verifica scritta che tagliava quel numero ancora a metà, consentendo solo ai cinque alunni più meritevoli di continuare.»

«E perché?»

«Questo non l’avevo capito nemmeno io. Me lo sono spiegato solo tempo dopo… Dammi un attimo e ci arrivo.» Jethro consegnò i rifiuti alla hostess, chiuse il tavolino contro lo schienale del sedile di fronte, slacciò la cintura di sicurezza e si girò verso Katherine. «Haralio ha sempre avuto un incredibile carisma: ci teneva tutti incollati a lui come tanti pezzi di metallo a una calamita. Narrava la storia con la stessa semplicità con cui si fanno due chiacchiere al bar, ma con l’intensità emotiva di uno che sembrava viaggiare nel tempo e averla vissuta davvero. Aveva una risposta per ogni domanda e sapeva dare una spiegazione a quelli che apparivano i misteri più impenetrabili del passato. All’inizio le lezioni si tenevano solo una volta a settimana, poi la frequenza è stata raddoppiata, triplicata, fino a che siamo arrivati a incontrarci con lui tutte le sere, in una piccola aula vicino alla biblioteca. Passavamo ore ad ascoltarlo. La sua conoscenza era sterminata e più imparavamo, più volevamo sapere. Era come una droga: nessuno di noi riusciva più a fare a meno di quegli appuntamenti. Ci comportavamo come se fossimo una setta e qualsiasi cosa Haralio ci avesse chiesto, noi l’avremmo fatta. Lui era un’eccellenza nel suo campo e aveva accesso a tutte le fonti, per cui sapeva consigliarci letture inedite e ci portava a visitare i musei più importanti: ci illustrava i pezzi esposti, ma ci faceva intrufolare anche negli scantinati per esaminare i ritrovamenti non ancora catalogati. Più di una volta ci ha guidati in un paio di siti archeologici in Toscana.»

«Uno in gamba!»

«Ciò che mi ha sempre stupito di lui è che, nonostante la passione per la storia, non si è mai fatto prendere dal fanatismo. È lucido e presente a se stesso: la mente di un uomo di cultura che pulsa insieme a un cuore idealista.»

«Da come ne parli, si sente che lo stimi molto.»

«Lo stimo, sì. Ma ho anche bellissimi ricordi legati a quel periodo.» Jethro affondò lo sguardo nel cielo che brillava fuori dal finestrino. «Sono stati i tre anni migliori della mia vita.»

Katherine lo vide incupirsi di nuovo. Si chiese cosa volesse dire con “migliori”. Seguì con gli occhi il suo profilo. I capelli neri brizzolati, leggermente arretrati sulla fronte spaziosa, le rughe di espressione intorno agli occhi, il naso impercettibilmente arcuato, gli zigomi alti e bruniti dal sole, la mascella squadrata, segnata dalla barba di un giorno. Migliori per merito di una donna? Che tipo di donna può fare innamorare Jethro Blake?

«Un giorno mi invitò a casa sua…»

«Chi?»

«Haralio, stavo parlando di lui.»

«Sì, scusa.» Katherine abbandonò i pensieri sulla vita sentimentale di Jethro e si riconnesse al discorso.

«Mi chiese se potevo raggiungerlo, perché doveva parlarmi. Intuii che era qualcosa di importante. Ci andai, ma non lo dissi a nessuno.»

«E cos’è successo?»

«Sei impaziente, vero? Ma, come hai sostenuto tu poco fa: “Abbiamo tutto il tempo del mondo”. E dato che ciò che sto per confessarti è molto delicato, preferisco che tu riesca a inquadrare bene la situazione, per essere pronta quando lo incontrerai.»

E chi l’avrebbe mai detto… Per la prima volta nella vita ho di fronte un uomo che al secondo incontro, anziché pensare alla posizione in cui mi scoperebbe, si preoccupa di essere trasparente con me.

«Appena arrivai da lui, nella sua baita tra i monti, mi caricò sulle spalle uno zaino uguale al suo e mi disse di seguirlo. Camminammo per cinque ore su un sentiero che si inerpicava tra sassi e arbusti. Conversavamo del più e del meno e io sentivo che evitava il discorso importante, quello per cui mi aveva chiesto di recarmi da lui… era come se non fosse ancora giunta l’ora. Non incontrammo nessuno, a parte un paio di pastori e qualche mucca. Lui sfrecciava sul sentiero come uno stambecco. Io arrancavo per tenere il passo. Ci fermammo solo una manciata di minuti per mangiare uno spuntino e prendere fiato. Giungemmo alla vetta prima che il cielo si rabbuiasse. Eravamo a circa duemilacinquecento metri di altezza. Superammo piccoli laghetti incastonati nella roccia e ci spostammo verso la cresta. La vista da lassù era strabiliante: davanti a noi si stagliava il Corno Bianco, una montagna massiccia con la punta innevata. Haralio nominò a una a una tutte le altre cime. Poi si piazzò su una pietra levigata, aprimmo lo zaino e mettemmo a terra i sacchi a pelo. Ci sdraiammo uno accanto all’altro e, quando scese la notte, io capii.» Jethro sembrava rivivere l’entusiasmo di quel momento. «Il cielo era disegnato dalle stelle, Katherine. Sembravano tante e vicinissime! Molte di più di quelle che siamo abituati a vedere nelle notti serene. A quel punto Haralio mi disse: “Siamo il volere di chi ha creato l’universo. Non tutti gli uomini hanno la possibilità di comprenderlo. Tu e io sì. Possiamo scegliere se ascoltare quel volere o fingere di non vederlo. Io ho scelto di ascoltarlo”. E mi confidò di essere uno zilath…»

«Lui è uno dei sacerd…?»

Anche se intorno a loro non c’era nessuno e le assistenti di volo erano impegnate vicino alla cabina di pilotaggio, Jethro abbassò il tono della voce. «Mi propose di essere il suo successore.»

Katherine restò a bocca aperta.

«Accettai.»

Katherine lo fissò, senza riuscire a commentare.

«Ti avevo avvisata che era un tema delicato…» Jethro le sorrise.

«Mi stai dicendo che tu sei uno dei custodi delle verità occulte e delle dottrine segrete di cui mi hai accennato?»

«Avrei potuto diventarlo, ma ho mollato.»

Katherine sentiva i muscoli della faccia tesi.

«So che dopo tutto ciò che ti ho raccontato ieri, adesso sembra ancora più assurdo. Ma è così.»

«E… perché hai mollato?» Katherine fece la prima domanda che le passò per la mente, giusto per mascherare la propria incredulità con una parvenza di coinvolgimento.

«Per due motivi, uno diretta conseguenza dell’altro. Innanzi tutto sembra che gli zilath abbiano una visione, almeno una volta nella vita.»

«Una visione?»

«Sì. La visione che fa capire loro di essere i predestinati.» Jethro lanciò un’altra occhiata fuori dal piccolo oblò. «Non so dirti altro, perché io quella visione non l’ho mai avuta. E questa è stata una delle ragioni che mi hanno fatto desistere.»

«Ma quando dovrebbe arrivare la visione?» Katherine voleva sapere.

«In un momento qualsiasi della vita. Haralio per esempio mi ha rivelato che lui la stava ancora aspettando. Percepiva che sarebbe arrivata, e che presto avrebbe visto. Ma non era ancora successo.»

«E perché non hai aspettato anche tu?»

«Qui entra in gioco il secondo motivo della scelta, il più importante: sentivo che quella non era la mia strada. Haralio mi ha guidato alla ricerca della visione. Mi ha insegnato a guardarmi dentro, per imparare a conoscere in profondità il mio essere, la mia coscienza. E mi ha spiegato che solo ascoltando la voce dell’anima si può vedere la grandezza dello spirito. Seguendo il suo esempio, io ho trovato me stesso e ho capito che non avrei mai accettato di dedicare tutta la vita a un’unica cosa. Non avrei mai potuto vivere solo per proteggere il sapere antico e individuare un erede a cui tramandarlo. Non ho mai creduto in dio né in qualsiasi altra forma di divinità. Nemmeno Haralio è riuscito a farmi cambiare idea. Io so che il mio ruolo non può ridursi a interpretare un inafferrabile volere celeste attraverso l’osservazione delle stelle. E comunque, se dio o gli dei esistessero veramente, sono sicuro che sarebbero in grado di trovare il modo di comunicare con me e di usarmi per quello che posso fare e che posso dare.» Jethro sospirò. «E oggi per la prima volta penso che mi stiano usando…»

«Ti riferisci al fatto che sei qui?»

«Dipende dal punto da cui si vuole osservare la situazione. Un sacerdote etrusco affermerebbe che gli dei mi hanno messo sulla strada di Bruce. E sulla tua.»

Quale altro punto di vista ci può essere? Il caso? Ma nulla accade per caso…

«E poi cos’è successo con Haralio?»

«Gli ho parlato con la franchezza che è sempre stata alla base del nostro rapporto. E lui ha capito. Siamo rimasti in contatto, ma non siamo mai più tornati sul tema, come se avessimo voluto cancellare il ricordo del periodo che avrebbe potuto cambiare le vite di entrambi.»

«Sei sicuro di aver fatto la scelta giusta?» Katherine si morse il labbro inferiore. Complimenti per la domanda, Katherine! «No… scusami, non sei obbligato a rispondere. Non volevo essere sfacciata.»

«Non ti preoccupare.» Jethro appoggiò la testa allo schienale. «Secondo me non ci sono scelte giuste o sbagliate in assoluto. Ci siamo noi, con il nostro sentire, i nostri pensieri e le nostre convinzioni. E c’è l’istinto. Io non ho mai ignorato quello che mi diceva la testa, ma non mi sono nemmeno mai sottratto all’istinto. Ho perso molte opportunità, questo è certo. Ma ne ho trovate altre. Migliori? Peggiori? Solo il tempo lo dirà. Di sicuro diverse. E quello che più conta è che ho la mia vita in mano.»

«E non ti sei più voltato indietro…»

«No. Quando ho deciso di abbandonare quella strada non sapevo a cosa sarei andato incontro, ma non mi sono fermato. Quella stessa settimana Flora mi ha lasciato per mettersi con Bruce. Jeremiah ha scoperto che ero stato da Haralio e non mi ha rivolto la parola per un anno. E mia madre si è ammalata del cancro che l’ha portata via tre mesi dopo. Il mio primo pensiero è stato che gli dei mi si erano rivoltati contro e mi punivano per non aver accettato la proposta del loro emissario. Ma in quello stesso periodo ho incontrato un uomo di scienza che aveva un sogno e non sapeva come svilupparlo. L’ho ascoltato, ho studiato, ci ho creduto. Ho venduto le poche cose di valore che avevo, ho chiesto un prestito a chi me lo poteva fare e ho investito tutto in quel progetto. Un progetto che ho continuato a seguire, che è cresciuto insieme a me, e che oggi è in grado di dare speranza a milioni di persone.»

Katherine non fiatava.

«Katherine, ti ho raccontato tutto questo solo per dirti che quando si chiude una porta, se ne aprono mille. Basta avere la voglia di vederle.»

Ascolto lui e sento parlare me stessa. Chi sei, Jethro Blake? E dove sei stato nascosto fino adesso? Sei il volto della mia voglia di essere libera e di volare in alto.

«Ti ho rattristata?»

«Al contrario. Posso chiederti ancora una cosa?»

Jethro annuì.

«Haralio teneva corsi ristretti per poter selezionare meglio il suo possibile successore, giusto?»

«È l’idea che mi sono fatto anch’io.»

Katherine rifletté. «Chi ha preso il tuo posto come erede di Haralio?»

Jethro alzò le spalle. «Non lo so. Non mi è dato di sapere. E non è detto che Haralio abbia voluto trovare un altro candidato.»

«Sa che stiamo andando da lui?»

«No.»

K - I Guardiani Della Storia
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