27. Un invito nell'oltretomba

 

 

 

Il Club Nautico aveva chiuso per quel giorno, sui balconi le tende erano serrate: una casa di segreti che ammassava i suoi ricordi al riparo dal sole. Lasciai la Citroën nel parcheggio e scesi la rampa che portava al garage seminterrato. Nel tragitto dalla Residencia Costasol al Club Nautico avevo cercato di prepararmi al faccia a faccia con Frank, ben consapevole di come tutto fosse cambiato tra noi. Non eravamo più i fratelli legati da una madre infelice, e in un senso più ampio non eravamo più fratelli per niente.

Avevo in mano le chiavi della macchina che avevo trovato nella limonaia sopra la casa degli Hollinger. Mentre attraversavo lo scuro seminterrato le vedevo luccicare alla luce tremolante di un neon difettoso. Il rilascio di Frank alla vigilia del processo, per quanto sotto la custodia dell'ispettore Cabrera, suggeriva che fossero emerse nuove importanti prove, che contraddicevano la sua confessione e incriminavano il vero assassino.

Mi fermai alla fine della rampa, sorpreso nel vedere che non c'erano poliziotti in uniforme a guardia del garage. Una dozzina di automobili erano parcheggiate nei posti numerati, e la Jaguar polverosa di Frank stava in un angolo fra due pareti, con i contrassegni della polizia mezzo staccati dal parabrezza.

Fu allora che notai che la macchina parcheggiata accanto alla Jaguar era la piccola B.M.W. di Paula Hamilton. Lei mi guardava, seduta al posto di guida, mentre io mi avvicinavo all'automobile, con le mani strette sul volante come se fosse pronta a una rapida fuga, e il viso sottile quasi itterico nella luce gialla.

Accanto a lei sedeva un uomo, col capo nascosto dietro il parasole. Indossava un giubbotto di cuoio da motociclista, di un tipo che Frank non avrebbe mai posseduto, prestatogli forse dai magazzinieri della prigione.

«Frank... sei libero. Grazie a Dio!»

Quando raggiunsi la B.M.W. sentii risorgere tutto l'antico affetto. Sorrisi attraverso il vetro coperto di insetti, ansioso di abbracciarlo appena le portiere si fossero aperte. Paula uscì dall'auto, col viso smunto nella luce incerta, evitando di guardarmi in faccia. Dal sedile del passeggero uscirono le ginocchia ossute di Gunnar Andersson, le mani aggrappate al tetto mentre si rizzava in piedi uscendo dall'auto. Si chiuse fino al collo il giubbotto e fece il giro della macchina. Prese posto dietro a Paula e fissò cupamente le chiavi che avevo in mano, le guance pallide ancora più scarne nella mezza luce riflessa dal cemento.

«Paula... dov'è Frank?»

«Non è qui.» Con calma, alzò gli occhi a guardarmi. «Dovevamo parlarti.»

«E allora dov'è? A casa sua? E Cabrera?»

«Non sono qui. Frank è nel carcere di Zarzuella, che aspetta il processo di domani.» Cercò di sorridere all'incerto chiarore del neon intermittente. «Mi dispiace, Charles, ma dovevamo parlarti.»

«Perché? Che significa tutto questo?» Mi guardai attorno, cercando di vedere attraverso i finestrini delle macchine parcheggiate, ancora sicuro che Frank stesse seduto sul sedile posteriore di una macchina della polizia in borghese. «Questo è assurdo... potevamo parlare alla festa stasera.»

«No... tu non devi andare alla festa!» Paula mi teneva il polso e cercava di scuotermi, come se dovesse svegliare un paziente sotto sedativi. «Charles, per l'amor di dio... Annulla quella festa!»

«Ma non posso. Perché annullarla? E' una festa per dare l'addio a Bobby Crawford.»

«Non sarà affatto l'addio a Crawford. Non capisci? Morirà della gente. Ci sarà un incendio.»

«Dove? Alla villa? Paula, è assurdo... nessuno vuole fare del male a Crawford.»

«Non è Crawford l'obiettivo. L'incendio sarà al bungalow di Sanger. Uccideranno lui e tutti quelli che sono lì.»

Distolsi gli occhi da lei, turbato dal suo sguardo penetrante: speravo ancora di veder uscire Cabrera da una delle porte di servizio. Guardai Andersson, aspettando che dicesse qualcosa per contraddirla, ma lui cominciò ad annuire piano, con le labbra che ripetevano le parole di lei.

«Paula, dimmi...» Liberai il polso dalla sua stretta. «Quando hai saputo di questo incendio?»

«Me l'ha detto Gunnar oggi pomeriggio. Lo sanno tutti. E' tutto preparato... ecco perché hanno chiuso il Club Nautico.»

Lo svedese stava in piedi dietro a Paula, con i lineamenti gotici appena visibili nell'aria pesante. Annuì ancora, con la testa china.

«E' impossibile!» Battei i pugni contro il finestrino dell'auto di Paula. «Ho parlato a Crawford un'ora fa. Nessuno avrebbe potuto preparare nulla in così poco tempo.»

«Lo sanno da settimane.» Paula cercò di fermarmi le mani, tenendole contro il suo petto. Parlava staccando le parole, con voce tesa, ma come se riportasse dei fatti, non delle congetture. «E' tutto organizzato: la festa è solo una copertura. Hanno già preparato gli esplosivi, una specie di bomba alla benzina, e hanno dei detonatori della marina. Charles, è tutto vero. Stanno approfittandosi di te.»

«Non ci posso credere...» Spinsi da parte Paula, cercando di affrontare Andersson, ma lui si fece indietro, e mise fra sé e me la macchina di Frank. «Andersson... è vero?»

«Al cento per cento.» Gli occhi dello svedese, che si erano ritirati dentro le orbite, emersero per un istante.

«Non sapevo chi fosse il bersaglio fino a stamattina. Avevano bisogno di qualcuno che li aiutasse col sistema di innesco... Mahoud e Sonny Gardner. Mentre Sanger era via a cercare Laurie, si sono infilati nello spazio sotto il bungalow e hanno sistemato la bomba sotto le assi del pavimento in camera di Sanger. Non me l'hanno detto, ma credo che ci sia della benzina nel sistema di alimentazione degli innaffiatori... in pochi minuti sarà tutto in cenere.»

«E chi è responsabile di tutto questo... Crawford?»

«No.» A malincuore, Paula scosse la testa. «Lui sarà lontano chilometri e chilometri, a Calahonda. A brindare con gli amici al nuovo tennis club.»

«Ma tu dici che è lui che ha preparato tutto?»

«Non proprio. In effetti lui non sa quasi nulla sui dettagli.»

«E allora chi? Mahoud e Sonny Gardner non se lo sono certo sognati da soli. Chi c'è dietro?»

Paula asciugò la macchia lasciata dal mio pugno sul parabrezza. «Non è una sola persona. Ci sono dentro tutti: Betty Shand, Hennessy, le sorelle Keswick, la maggior parte della gente che hai visto al funerale di Bibi Jansen.»

«Ma perché vogliono uccidere Sanger? E perché lui vuole andare alla polizia?»

«No, non ci pensavano neppure. Non lo sapeva nessuno fino a oggi, finché tu non ne hai parlato con Betty Shand e Hennessy.»

«E allora che motivo c'è? Perché hanno scelto come vittima Sanger?»

«Per la stessa ragione per cui hanno scelto gli Hollinger.»

Paula mi sorresse: la luce tremolante all'improvviso mi fece girare la testa, e stavo per cadere addosso all'auto. Compresi per la prima volta che ero coinvolto in un complotto per uccidere lo psichiatra. Paula mi strizzò le braccia, cercando di far circolare il mio sangue gelato.

«Va bene...» Mi appoggiai all'auto di Frank, e aspettai che il respiro tornasse regolare. «Adesso puoi dirmelo, Paula, perché gli Hollinger furono uccisi? Tu l'hai sempre saputo.»

Paula si mise al mio fianco, aspettando che io mi calmassi. Il suo volto era tranquillo, ma lei sembrava parlare da dietro una maschera, come una guida turistica in una macabra località storica.

«Perché furono uccisi? Per amore di Estrella de Mar e di tutto quello che Crawford aveva fatto per noi. Per impedire che tutto cadesse a pezzi quando lui se ne fosse andato. Senza l'incendio degli Hollinger Estrella de Mar si sarebbe ripiegata su se stessa e sarebbe diventata un'altra di quelle città di decerebrati sulla costa.»

«Ma questo come può spiegare tutte quelle morti? Sono state assassinate cinque persone.»

«Charles...» Paula si rivolse ad Andersson, nella speranza che lui l'aiutasse, ma lo svedese stava fissando il cruscotto della Jaguar. Con uno sforzo di autocontrollo, lei riprese: «Ci voleva un grande delitto, qualcosa di tremendo e di spettacolare che legasse tutti, li rinchiudesse in un senso di colpa capace di far andare avanti per sempre Estrella de Mar. Non bastava il ricordo di Bobby Crawford e di tutti i piccoli crimini che commetteva, i furti, la droga e i film di sesso. La gente di Estrella de Mar doveva commettere essa stessa un delitto molto più grande, qualcosa di violento e drammatico che avesse luogo in un posto dove tutti potessero vederlo: così ci saremmo sentiti colpevoli per sempre».

«Ma perché gli Hollinger?»

«Perché erano più visibili. Sarebbe andato bene chiunque, ma loro avevano quella grande casa sulla collina. Avevano cominciato a dare delle noie a Betty Shand, minacciavano di far venire la polizia spagnola. Così la scelta è caduta su di loro. "Tant pis".»

«E chi ha appiccato il fuoco alla casa? Non è stato Crawford?»

«No, lui stava giocando a tennis con la sua macchina al Club Nautico. Non sapeva nulla del piano nei dettagli. Non credo che sapesse neppure che l'obiettivo erano gli Hollinger.»

«Allora chi è stato? Chi ha preparato l'incendio?»

Paula abbassò la testa, cercando di nascondere le guance dietro i capelli che le scendevano dalle tempie. «Tutti noi. Siamo stati tutti.»

«Tutti voi? Non tutta Estrella de Mar?»

«No. Solo il solito gruppetto: Betty Shand e gli altri, Hennessy, Mahoud e Sonny Gardner. E anche Gunnar.»

«Andersson? Ma nell'incendio è morta Bibi Jansen.» Mi voltai verso lo svedese in tono accusatorio. «Lei l'amava.»

Andersson fissava impassibile la rampa del garage, strisciando i piedi sul pavimento, pronto a correre via e a perdersi nel vento. Parlò concisamente, come se nella sua testa avesse già ripetuto quelle parole centinaia di volte. «L'amavo. Lo so che le apparenze sono contro di me: Crawford me l'aveva portata via e l'aveva messa incinta, lei era andata a vivere con gli Hollinger... Ma io non volevo che lei morisse. Avrebbe dovuto fuggire per le scale di sicurezza. Ma l'incendio è stato troppo violento.» Strappò dai finestrini della Jaguar il nastro della polizia e lo appallottolò tra le mani.

Mi voltai verso Paula. «E tu?»

Lei strinse le labbra, come se non volesse lasciar uscire le parole. «Non mi hanno detto che cosa stavano preparando... pensavo che fosse una specie di burla grandiosa per mettere alla berlina la concezione feudale che avevano gli Hollinger delle feste. L'idea era quella di accendere un piccolo fuoco in casa, buttare qualche lacrimogeno e costringerli a scappare per la scala antincendio. Almeno avrebbero dovuto mescolarsi ai loro ospiti.»

«Ma perché l'etere? Non è poi così infiammabile, in confronto alla benzina o al cherosene.»

«Appunto. Avevano bisogno di un liquido volatile, e mi hanno chiesto di trovarglielo. Ma il vero motivo era quello di nascondere le loro intenzioni, e ci sono riusciti. Mahoud ha aggiunto benzina all'etere, e io ho cinque morti sulla coscienza.» Arrabbiata con se stessa, si tolse i capelli dagli occhi e, gelida, si guardò riflessa nel parabrezza. «Sono stata una stupida. Avrei dovuto capire che cosa stavano architettando. Ma ero ancora sotto l'incantesimo di Bobby Crawford. Lui aveva creato Estrella de Mar, e io credevo in lui. Dopo l'incendio ho capito che la gente era disposta a uccidere per lui, e che doveva essere fermato. Eppure, lui e Betty Shand avevano ragione: quell'incendio e quelle morti hanno tenuto uniti tutti e hanno conservato in vita Estrella de Mar. Adesso vogliono fare la stessa cosa per la Residencia Costasol, con il povero Sanger come vittima sacrificale. E se nel suo letto con lui muore anche Laurie Fox, il tutto sarà ancora più raccapricciante... nessuno se lo dimenticherà più, e le feste e i corsi di scultura andranno avanti all'infinito.»

«E Frank? Che parte ha avuto in tutto questo?»

Paula si asciugò le mani. «Hai portato le chiavi della macchina? Quelle che erano sulla tua scrivania?»

«Eccole qua.» Le tirai fuori dalla tasca. «Le vuoi?»

«Provale.»

«Sulla tua B.M.W.? L'ho già fatto: qualche settimana fa, appena le ho trovate. Ho provato tutte le macchine di Estrella de Mar. Non entrano.»

«Charles... non la mia macchina. Prova la Jaguar.»

«La macchina di Frank?» La aggirai, raschiai la sporcizia dalla serratura e infilai la chiave. Tentai di forzarla: la chiave non entrava, e mi invase una sensazione di sollievo al pensiero che Frank era innocente. Ma non appena provai a inserirla al contrario, sentii liberarsi il meccanismo che bloccava le quattro porte.

Sollevai la maniglia, aprii la porta e guardai l'interno ammuffito della macchina: le carte stradali e i guanti da guida sul sedile del passeggero, una copia della mia guida della Calabria sotto il lunotto posteriore. Fui assalito da un senso di perdita e di stanchezza, come se mi fosse stato tolto tutto il sangue durante una trasfusione sbagliata. Non volevo più respirare, e stavo seduto sul sedile di guida con i piedi sul pavimento del garage. Paula si inginocchiò accanto a me, e mi premette una mano sul diaframma, tenendo d'occhio il collo per controllare le pulsazioni.

«Charles... va tutto bene?»

«Così Frank era lì. Ha preso parte all'incendio degli Hollinger. L'aveva preparato lui?»

«No, ma sapeva che doveva succedere qualcosa di spettacolare. Era convinto che Bobby Crawford avesse ragione, che una volta che se ne fosse andato da Estrella de Mar tutto quello che aveva costruito sarebbe crollato. Avevamo bisogno di qualcosa con cui ricordarlo. Frank pensava che l'incendio sarebbe stato una specie di bravata per il compleanno della regina. Non aveva previsto che gli Hollinger sarebbero rimasti intrappolati in casa e sarebbero morti tra le fiamme. Frank si sentiva responsabile, dal momento che aveva organizzato tutto.»

«E tutti voi avete avuto una parte in questa faccenda?»

«Tutti. Io ho ordinato l'etere da un fornitore di materiali da laboratorio a Malaga. Betty Shand l'ha trasportato in uno dei suoi furgoni, le sorelle Keswick l'hanno tenuto nei loro frigoriferi al Restaurant du Cap. Sonny Gardner ha seppellito i fiaschi nella limonaia. A quel momento Mahoud aveva già tolto dai fiaschi la maggior parte dell'etere e l'aveva sostituito con benzina. Frank e Mahoud li hanno presi dal nascondiglio qualche minuto prima che ci fosse il brindisi augurale e li hanno portati in cucina mentre la governante serviva le tartine sul terrazzo. La ricostruzione dei tempi di Cabrera è stata precisissima.»

«E chi ha manomesso il condizionamento dell'aria? Frank?»

«L'ho fatto io.» Andersson aveva gli occhi fissi sulle proprie mani, cercando di togliersi il grasso dalle unghie. Parlava a voce bassa, come se avesse paura che le sue parole fossero origliate. «Frank mi chiese di manomettere il sistema per riempire la casa di fumo colorato. Mahoud e io andammo lì nel pomeriggio, quando la governante era occupata. Le dissi che ero il responsabile della manutenzione e che Mahoud era il mio assistente. Aprii il collettore di aspirazione e mostrai a Mahoud dove sistemare i fumogeni.»

«E poi?»

Andersson sollevò le lunghe mani, mettendo a nudo i polsi come se li offrisse a una mannaia. «Dopo il brindisi alla regina Frank lasciò Mahoud in cucina e salì al piano di sopra. Prese dal pavimento un tappetino, lo posò sulla grata del camino e gli diede fuoco. Non sapeva che Mahoud aveva svuotato il serbatoio dell'umidificatore e l'aveva riempito di benzina. Dopo che Mahoud se ne fu andato accese l'aria condizionata per avvisare gli Hollinger. Ma dalle griglie di ventilazione non uscì il fumo...»

«Allora Frank non sapeva che ci sarebbe stata un'esplosione?» Lasciai che Paula mi aiutasse a scendere dalla macchina. «Ma anche in questo caso, tutto quell'etere e quella benzina... è da pazzi. Avreste dovuto prevedere che c'era il rischio che la casa saltasse per aria.»

Paula si premette sulla guancia la mano stretta a pugno, cercando la sua vecchia cicatrice. «Sì, ma non abbiamo voluto pensarci. Ci serviva uno spettacolo per Bobby Crawford: gli Hollinger in preda al panico, il fumo colorato che gli usciva dalle orecchie, forse qualche lieve danno alla casa. Il camino era enorme: Frank diceva che se fossero divampate le fiamme ci avrebbero messo almeno mezz'ora prima di propagarsi alla scala. In quel caso gli ospiti avrebbero fatto irruzione in casa e avrebbero formato una catena umana dalla piscina a lì. Non doveva morire nessuno.»

«Nessuno? Lo credevate davvero? Insomma, tutta la faccenda vi è scappata di mano ed è andata a finir male. Cos'è successo a Frank dopo l'esplosione?»

Al ricordo, Paula fece una smorfia. «Quando ha visto quello che era successo è corso via. Era a pezzi, distrutto, non riusciva quasi a parlare. Mi ha detto poi che aveva cercato di nascondere i fiaschi inutilizzati, ma aveva perso le chiavi della macchina. Le trovò Gunnar il giorno dopo, mentre volava col deltaplano. Era tutto quello che ci era rimasto. Volevamo denunciare alla polizia Crawford e Betty Shand, ma non c'erano prove contro di loro. Crawford non sapeva neppure che avremmo dato fuoco alla casa degli Hollinger, e non aveva avuto alcuna parte nella preparazione. Se avessimo confessato a Cabrera saremmo stati tutti accusati, e l'unica persona davvero responsabile l'avrebbe fatta franca. Così Frank si è accusato per salvare noi.»

«E non avete detto nulla finché non sono capitato io. Sei tu che mi hai fatto trovare la cassetta porno nella stanza di Anne Hollinger.»

«Sì, speravo che tu riconoscessi Crawford e Mahoud, o che almeno riuscissi a risalire all'appartamento.»

«Questo non è stato difficile. Però avrei potuto non trovare mai la cassetta nella stanza di Anne Hollinger.»

«Lo so. Infatti all'inizio stavo per lasciarla nella Bentley e fare in modo che Miguel ti portasse a vedere la macchina. Poi ho visto come fissavi il suo televisore: eri così curioso di sapere che cosa stava guardando quando moriva.»

«E' vero... mi ripugna doverlo ammettere. E la bustina di cocaina nella scrivania di Frank? Gli uomini di Cabrera l'avrebbero trovata subito.»

Paula mi voltò le spalle, ancora a disagio al pensiero del nastro. «L'ho messa lì io, quando David Hennessy mi ha detto che saresti arrivato da Londra. Volevo condurti alla pista di Crawford, per farti capire che Estrella de Mar era qualcosa di più di un posto da cartolina, e che Frank era coinvolto. Se tu avessi pensato che Crawford aveva a che fare con l'incendio, potevi anche portare alla luce le sue altre attività. Sarebbe stato accusato di traffico di droga e di furti d'auto, e avrebbe passato i prossimi dieci anni in galera.»

«E invece sono stato attratto da lui come tutti gli altri. E le chiavi dell'auto?»

«L'unica cosa che si poteva ancora fare era indirizzarti verso Frank. Se tu avessi capito che lui era coinvolto, sarebbe saltato fuori anche tutto il resto.»

«Così hai detto a Miguel di lasciare le chiavi nella limonaia. Che cosa ti faceva pensare che sarei tornato lì?»

«Non smettevi mai di guardare la casa.» Paula si allungò verso di me e mi toccò il petto, sorridendo per la prima volta.

«Povero, eri assolutamente ossessionato da quel posto. Anche Crawford se n'era accorto... ecco perché ti ha lasciato vicino alla scalinata per la piattaforma di osservazione. Già allora ti stava preparando per il prossimo grande incendio.»

«Ma lui non sapeva che le chiavi mi stavano aspettando. E comunque avrei potuto non accorgermi che c'erano. O c'è stato l'intervento del deltaplano?»

«Lo guidavo io.» Andersson alzò le braccia e afferrò un'immaginaria barra di controllo. «Ti ho indirizzato verso le chiavi, poi ti ho inseguito portandoti giù al cimitero. Paula ti aspettava sulla Kawasaki.»

«Paula? Eri tu sotto quella divisa di cuoio minacciosa?»

«Volevamo spaventarti, farti capire che Estrella de Mar era un posto pericoloso.» Paula tolse le chiavi dalla portiera della Jaguar e le strinse in pugno. «Ti abbiamo visto seguire Crawford per tutta Estrella de Mar e abbiamo pensato che lui ti avrebbe riportato alla casa degli Hollinger. Fortunatamente hai trovato le chiavi e hai cominciato a provarle su tutte le macchine.»

«Ma non ho mai provato la macchina di Frank.» Battei sul tetto della Jaguar polverosa. «Davo per scontato che su questa macchina non ce ne fosse proprio bisogno. E intanto Frank si era dichiarato colpevole, gli Hollinger erano morti, e tutti voialtri eravate invischiati nel Piccolo mondo folle di Crawford. Eppure Bibi Jansen è morta tra le fiamme... non gli sembrava un prezzo un po' troppo alto da pagare?»

«Certo che gli sembrava.» Paula mi guardava attraverso le lacrime, rifiutando di asciugarsi gli occhi. «Quando abbiamo ucciso il bimbo di Crawford abbiamo commesso un delitto contro di lui... e questo ci ha legato a lui ancora più strettamente.»

«E Sanger? Sapeva la verità sull'incendio?»

«No. A parte te, era quasi l'unica persona al funerale che non lo sapesse. Poi deve esserci arrivato.»

«Sarà, però non è mai andato dalla polizia. E nessun altro l'ha fatto, anche se la maggior parte di loro non si aspettava che gli Hollinger morissero nell'incendio.»

«Avevano tutti da pensare ai loro affari. L'incendio degli Hollinger è stato una buona notizia per le casse della città. Nessuno stava più a casa a guardare la televisione, tutti uscivano e calmavano la tensione spendendo denaro. In generale la storia era tutta un incubo, ma l'uomo giusto si era dichiarato colpevole. Tecnicamente era stato Frank ad appiccare il fuoco. La gran parte della gente non sapeva niente di Mahoud e della benzina nell'aria condizionata: era stata un'idea di Betty Shand, con Hennessy e Sonny Gardner. Tutti gli altri la vedevano come una tragica fatalità, una di quelle cose che succedono quando uno scherzo a una festa degenera. Lo sa Dio se non l'ho pensato anch'io. E invece io ho aiutato ad assassinare cinque persone, e l'ho quasi accettato. Charles, ecco perché dobbiamo fermare la festa stasera.»

Quando lei sollevò le braccia la abbracciai qualche istante, cercando di fermare il sussulto delle sue spalle. Sentivo il suo cuore battere contro il mio petto. Tutte le ambiguità dei mesi passati erano cadute, ed era rimasta solo questa giovane dottoressa spaventata.

«Ma come si fa, Paula? Non è facile. Dobbiamo avvertire Sanger. Lui e Laurie devono andarsene, partire per Marbella.»

«Sanger non se ne andrà. E già stato cacciato da Estrella de Mar. E se anche lui se ne andasse loro sceglierebbero semplicemente qualcun altro: il colonnello Lindsay, Lejeune, tu stesso, Charles. L'importante è sacrificare qualcuno e rinserrare i ranghi della tribù. Charles, dammi retta: Bobby Crawford deve essere fermato.»

«Lo so, Paula, gli parlerò. Quando vedrà che so tutto sugli Hollinger annullerà la festa.»

«Non lo farà!» Esausta, Paula si rivolse ad Andersson perché l'aiutasse, ma lo svedese si era allontanato da noi, e stava fermo a fissare le auto parcheggiate. «E comunque non è più questione di Crawford, ormai: Betty Shand e gli altri hanno preso le loro decisioni. Lui si trasferirà in altri pueblos e in altre città, le riporterà alla vita e poi chiederà un sacrificio, e ci sarà sempre qualcuno che lo eseguirà per lui. Ascoltami bene, Charles... è il sangue il prezzo dei vostri festival d'arte e del vostro orgoglio civico...»

 

Sedevo nella macchina di Frank, aggrappato al volante: Andersson levò la mano in un rapido addio e salì la rampa, verso la luce del tardo pomeriggio. Paula stava accanto alla Jaguar, guardandomi attraverso il parabrezza e aspettando la mia risposta. Ma io pensavo a Frank e ai nostri anni insieme da bambini. Capivo come aveva fatto a cadere nell'incantesimo di Crawford, ad accettare l'irresistibile logica che aveva fatto rivivere il Club Nautico e la moribonda cittadina attorno a esso. Il crimine c'era sempre stato, ma Crawford aveva posto il vizio e la prostituzione e il traffico di droga come finalità sociali positive. Estrella de Mar aveva riscoperto se stessa, ma la scala mobile della provocazione l'aveva portata sempre più in alto, fino alla casa degli Hollinger e alle fiamme che la avvolgevano.

Paula camminò attorno alla macchina, e la sua fiducia in me scemava come il sangue che rifluiva dalle sue guance arrossate. Alla fine si arrese, gettando sconsolatamente un braccio nell'aria fosca, cosciente che io non mi sarei mai deciso a sfidare Crawford. Mi allungai sopra il sedile posteriore e presi dal lunotto la guida della Calabria: cercai la dedica che avevo scritto a Frank sul risvolto. Mentre leggevo le calde parole che avevo vergato tre anni prima, udii il motore della macchina di Paula che faceva manovra al mio fianco, e il suono si perdeva nei ricordi dei giorni della fanciullezza.