10. Il film pornografico
La sassola manovrata dall'autista spaziava sulla superficie della piscina, con il cucchiaione pieno di rottami, reliquie di un regno sommerso recuperate dal profondo: bottiglie di vino, cappelli di paglia, una fusciacca, sandali di cuoio, splendevano al sole mentre l'acqua ruscellava via. Miguel depositava ogni carico della sassola sul bordo di marmo, disponendo rispettosamente i relitti di una serata ormai svanita.
I suoi occhi non mi lasciavano un istante, neppure mentre riposavo accanto a Paula dentro la macchina. La rumorosa Seat di Cabrera stava già percorrendo i viali costeggiati di palme sotto la proprietà degli Hollinger. La sua partenza sembrava esporci di nuovo a tutti gli orrori della casa bruciata. Paula stava aggrappata con le mani al quadrante superiore del volante, stringendo e allentando le dita. La casa era alle nostre spalle, ma sapevo che la mente di lei vagava per le stanze distrutte, eseguendo le sue personali autopsie delle vittime.
Nel tentativo di rassicurarla, le misi il braccio sulla spalla. Lei si voltò a guardarmi, sorridendo distratta come un dottore appena consapevole delle attenzioni di una paziente innamorata.
«Paula, sei stanca. Vuoi che guidi io? Ti lascio alla clinica e da lì prendo un taxi.»
«Non ce la faccio ad affrontare la clinica.» Appoggiò la fronte sul volante. «Quelle camere senza più speranza... Tutti quelli di Estrella de Mar dovrebbero vederle. Continuo a pensare a tutta la gente che beveva lo champagne di Hollinger e pensava che lui fosse solo un altro vecchio ciccione con una moglie che aveva fatto l'attrice. Anch'io ero una di quelli.»
«Sì, ma non sei tu che hai dato fuoco alla casa. Ricordatene.»
«Va bene.» Non sembrava convinta.
Scendemmo giù a Estrella de Mar, col mare che tremolava al di là delle palme, e passammo davanti alla chiesa anglicana, dove stavano arrivando i fedeli a fare esercizi per il coro. Allo studio di scultura un altro giovane spagnolo posava flettendo i pettorali a beneficio degli studenti più diligenti coi loro camiciotti da artista. Il cinema all'aperto alternava "La regola del gioco" di Renoir e "Cantando sotto la pioggia" con Gene Kelly, mentre uno dei dodici circoli teatrali annunciava una stagione tutta dedicata a Harold Pinter. Nonostante l'assassinio degli Hollinger, nei suoi divertimenti Estrella de Mar era seria come una colonia del New England nel diciassettesimo secolo.
Stavo sul balcone dell'appartamento di Frank e guardavo giù verso la piscina, dove Bobby Crawford, megafono alla mano, stava allenando un gruppo di nuotatrici a farfalla. L'uomo correva lungo il bordo, gridando amabilmente le sue istruzioni alle trentenni che sguazzavano nell'acqua. La sua dedizione era commovente, come se credesse davvero che ognuna delle sue allieve avesse la potenzialità dì diventare una campionessa olimpionica.
«Sembra Bobby Crawford.» Paula mi raggiunse accanto alla ringhiera. «Cosa sta combinando?»
«Quell'uomo mi stressa. Tutta questa passione per il fisico, e quel lanciapalle che batte, batte, batte. E' un metronomo, ci segna il tempo: più svelto, più svelto, servizio, volée, schiacciata. Certo che quei pueblos... Paula, posso togliermi questo collare? Non riesco a pensare con questo affare addosso.»
«Be'... se proprio devi. Prova a toglierlo un'oretta e vedi come ti senti.» Me lo sganciò, e alla vista dei lividi fece una smorfia. «Cabrera avrebbe almeno potuto prendere le impronte digitali... ma chi mai avrà avuto interesse ad aggredirti?»
«Be', qualcuno c'è. Estrella de Mar ha un lato nascosto. Le stagioni di Harold Pinter, i cori, i corsi di scultura, sono la facciata. Intanto qualcun altro si dà da fare su cose più sostanziose.»
«Che sarebbero?»
«Soldi, sesso, droga. Che cos'altro c'è al giorno d'oggi? Fuori da Estrella de Mar a nessuno frega niente dell'arte. Gli unici filosofi che sono rimasti, oggi, sono i poliziotti.»
Le mani di Paula si fermarono sulla mia spalla. «Forse Cabrera ha ragione. Se sei in pericolo dovresti andar via.»
Dopo la visita alla casa degli Hollinger si era ripresa, e adesso mi osservava mentre passeggiavo su e giù per il balcone. Avevo pensato, equivocando, che il suo interesse per me fosse sessuale, almeno in parte, forse perché le ricordavo i giorni felici con Frank. Adesso capivo invece che aveva bisogno del mio aiuto per qualche suo piano, e che stava cercando di capire se io ero abbastanza astuto e risoluto per i suoi scopi.
Mi alzò il colletto della camicia, coprendo i lividi. «Charles, cerca di riposare. Capisco che sei rimasto sconvolto da quell'incendio terribile, ma questo non può cambiare le cose.»
«Non ne sono così sicuro. Io credo che cambi tutto, invece. Pensaci, Paula. Stamattina stavamo guardando un'istantanea, scattata qualche minuto dopo le sette il giorno del compleanno della regina. E una foto interessante. Dove sono gli Hollinger? Salutano i loro ospiti, guardano la t.v. via satellite? Niente affatto, per gli ospiti hanno perso ogni interesse, e aspettano solo che se ne tornino a casa. Hollinger è nel suo idromassaggio, che si "rilassa" con l'amica svedese di Andersson. Lei è incinta di qualcuno. Di Hollinger? Chi lo sa, magari Ali era ancora fertile, La signora Hollinger divide il letto con il segretario, e insieme giocano qualche strano gioco con un paio di scarpe di lei. La nipote si sta facendo in bagno. Proprio un bel quadretto. Per dirla tutta, la famiglia Hollinger non è esattamente un ambientino pulito.»
«Come non lo è Estrella de Mar, come non lo è nessun altro. Odio quelli che si mettono a rovistare nel cesto della mia biancheria sporca.»
«Paula, non stavo dando un giudizio morale. E comunque, non è difficile pensare a parecchia gente che poteva avere un buon motivo per appiccare il fuoco alla casa. Supponiamo che Andersson avesse scoperto che la sua fidanzatina diciannovenne aveva una storia con Hollinger.»
«Non aveva nessuna storia. Lui aveva settantacinque anni, e stava venendo fuori da una malattia alla prostata.»
«Forse aveva un modo tutto suo per venirne fuori. Ma supponiamo ancora che Andersson non fosse il padre del bambino.»
«Certamente non era Hollinger. Avrebbe potuto essere chiunque. Estrella de Mar è fatta così. Anche qui la gente fa del sesso, solo che per la metà del tempo non capiscono che lo stanno facendo.»
«E se il padre fosse stato il tenebroso psichiatra, il dottor Sanger? Potrebbe aver deciso di dare una lezione a Hollinger, senza sapere che Bibi stava nella vasca con lui.»
«E' incredibile.» Paula girava per il salotto, battendo i piedi al ritmo delle palle da tennis lanciate dalla macchina. «E poi, Sanger non è tenebroso. Ha avuto un'influenza positiva su Bibi. Nei giorni neri che hanno preceduto il suo collasso, lei è stata da lui. A volte lo incontro alla clinica. E' un uomo schivo, piuttosto triste.»
«Che si diverte a fare il guru con le giovani donne. Poi ci sono la signora Hollinger e Roger Sansom, e il loro feticismo delle scarpe. Forse Sansom ha un'amichetta spagnola dal temperamento focoso, portata per la vendetta: ha scoperto l'infatuazione di Roger per l'affascinante attrice...»
«E' una storia di quarant'anni fa. Era una stellina apprezzata, con una bella voce. Ma la Alice Hollinger che viveva a Estrella de Mar era una persona piuttosto materna.»
«E da ultimo c'è la nipotina, che guarda l'ultimo programma in t.v. mentre si spara in vena qualcosa nella stanza da bagno. Dove c'è droga ci sono spacciatori. E questa è una categoria di persone che vanno in paranoia anche se gli devi un penny. Si possono vedere tutte le sere davanti alla discoteca: mi meraviglio che Frank li tollerasse.»
Paula si voltò accigliata verso di me: era la prima volta che mi sentiva fare una critica esplicita a mio fratello.
«Frank dirigeva un club di successo. A parte questo, era tremendamente tollerante verso tutto.»
«Anch'io. Senti, Paula, sto solo dicendo che ci sono un sacco di motivi possibili che possono spiegare quell'incendio. Quando sono andato a vedere la casa degli Hollinger, la prima volta, sembrava che non ci fosse ragione per appiccarle fuoco. Ecco che all'improvviso di ragioni ce ne sono fin troppe.»
«E allora perché Cabrera non ha fatto niente?»
«Lui ha la confessione di Frank. Per quanto riguarda la polizia il caso è chiuso. Inoltre lui può pensare che Frank avesse i suoi buoni motivi per farlo, magari motivi finanziari. Hollinger non era uno dei principali azionisti del Club Nautico?»
«Lui, ed Elizabeth Shand. Stavi vicino a lei al funerale. Dicono che fosse una vecchia fiamma di Hollinger.»
«Il che mette in gioco anche lei. Potrebbe essersi arrabbiata per la storia fra lui e Bibi. La gente fa le cose più strane per i motivi più banali. Forse...»
«Troppi forse.» Paula cercò di calmarmi, mi mise a sedere sulla poltrona e mi mise un cuscino dietro la testa. «Stai attento, Charles. La prossima aggressione potrebbe essere molto più seria.»
«Ho pensato anche a questo. Perché qualcuno mi dovrebbe voler spaventare? Pensa invece se l'aggressore fosse appena arrivato a Estrella de Mar e mi avesse scambiato per Frank. Potrebbe aver avuto un contratto per uccidere Frank, o ferirlo seriamente. Poi ha capito chi ero e ha interrotto il lavoro...»
«Charles, per favore...»
Confusa da questa ridda di ipotesi, Paula uscì sul balcone. Mi alzai e la seguii. Bobby Crawford stava ancora spronando le sue nuotatrici, che aspettavano all'altra estremità della piscina, ansiose di gettarsi ancora una volta in acqua.
«Crawford è molto popolare», commentai. «Tutto questo entusiasmo fa quasi tenerezza.»
«E' per questo che è pericoloso.»
«Lui è pericoloso?»
«Come tutti gli ingenui. Nessuno può resistergli.»
Una delle nuotatrici aveva perso l'orientamento nella piscina, che con tutte quelle braccia mulinanti adesso sembrava un campo coperto di solchi. Rassegnata, la donna si dondolava fra le onde che le arrivavano alle spalle, ma quando cercò di asciugarsi gli occhi perse ulteriormente l'equilibrio. Vedendola in difficoltà, Crawford si tolse le espadrillas con un calcio e si gettò nell'acqua. Confortò la nuotatrice, la sorresse per la vita e la fece riposare contro il suo petto. Quando si fu ripresa, lui la rimise in posizione, con le braccia avanti, e calmò le onde per consentirle di riprendere la bracciata. Quando lei ripartì, lui nuotò a fianco a lei, e a mano a mano che i suoi fianchi cominciavano a muoversi nell'acqua con più confidenza, le sorrideva soddisfatto.
«Impressionante», fu il mio commento. «Chi è lui, precisamente?»
«Non lo sa neanche Bobby Crawford, chi è. Prima di colazione lui è tre persone diverse. Ogni mattina tira fuori dall'armadio le sue personalità e decide quale indosserà quel giorno.»
Parlava in tono acido, refrattaria ai modi galanti di Crawford, ma sembrava non accorgersi del sorriso affettuoso che le aleggiava sulle labbra, come un'amante che ricordi una storia passata. Era chiaro che aveva del risentimento contro il fascino e la sicurezza di Crawford, e io mi chiedevo se una volta lei stessa ne fosse stata preda. Crawford avrebbe trovato ben più difficile giocare con questa dottoressa malinconica, dalla lingua tagliente, che con il suo lanciapalle.
«Paula, non sei un po' troppo dura con lui? Mi sembra un tipo affascinante.»
«Certo che lo è. In realtà mi piace. E' un cucciolone con un sacco di strane idee di cui non sa bene che farsi. La conclusione di tutto questo è un vagabondo che gioca a tennis, segue un corso in una Open University e pensa come un sociologo dilettante. E' un tipo molto divertente.»
«Vorrei parlargli di Frank. Lui saprà tutto quello che c'è da sapere su Estrella de Mar.»
«Ci puoi scommettere. Adesso passiamo a cantare l'inno di Bobby. Lui ha cambiato le nostre vite, e ha praticamente messo fuori mercato la clinica. Prima che arrivasse lui la clinica era un'enorme unità di disintossicazione che faceva soldi a palate. L'alcolismo, la noia e la benzodiazepina riempivano i suoi letti. Bobby Crawford mette la testa dentro la porta e tutti si siedono tranquilli, poi si precipitano ai campi da tennis. E' un uomo sorprendente.»
«Mi sembra che tu lo conosca bene.»
«Fin troppo.» Rise tra sé e sé. «Ti sembro meschina, vero? Sarai felice di sapere che come amante non è un gran che.»
«Perché no?»
«Non è abbastanza egoista. Gli uomini egoisti sono gli amanti migliori. Sanno investire nel piacere della donna, in modo da poter riscuotere un dividendo ancora più grande per se stessi. A occhio e croce, questa è una cosa che tu dovresti capire abbastanza bene.»
«Cerco di capire meno che posso. Sei molto esplicita, Paula.»
«Ah... è solo un modo astuto per nascondere le cose.»
Attirato da lei, le misi la mano intorno alla vita. Lei esitò, poi si appoggiò a me. Nonostante lo sfoggio di autocontrollo aveva scarsa fiducia in se stessa, una qualità di lei che ammiravo. Nello stesso tempo lei mi stava provocando col suo corpo, spronandomi e ricordandomi che Estrella de Mar era uno scrigno di misteri di cui lei poteva avere la chiave. Io sospettavo già che sull'incendio e sulla confessione di Frank ne sapesse molto di più di quanto mi aveva detto.
Lasciammo il balcone, e io la tirai verso la camera da letto, nella penombra. Ancora in piedi, le misi la mano sul seno, e con il dito indice seguii la vena azzurra che affiorava alla superficie della sua pelle abbronzata, prima di discendere nelle calde profondità, sotto il capezzolo.
Lei mi guardava senza rimprovero, curiosa di vedere quello che avrei fatto dopo. Senza togliermi la mano dal seno, disse: «Charles, è il dottore adesso che parla. Hai avuto abbastanza stress nella giornata».
«Fare l'amore con te sarebbe dunque così stressante?»
«Fare l'amore con me è sempre molto stressante. A Estrella de Mar c'è qualcuno che lo può confermare. E non voglio visitare il cimitero un'altra volta.»
«Quando ci tornerò leggerò gli epitaffi. E' pieno di amanti tuoi, Paula?»
«Un paio. A quello che si dice, i dottori sanno come seppellire i loro errori.»
Toccai l'ombra che attraversava la sua guancia come una nube nera su una pellicola fotografica. «Chi ti ha rovinato la faccia? E' stato un colpo molto forte.»
«Non è niente.» Si coprì la macchia con la mano. «Stavo lavorando in palestra. Qualcuno mi è venuto addosso.»
«Giocano duro a Estrella de Mar. L'altra sera nel parcheggio...»
«Cos'è successo?»
«Non sono sicuro... ma se era un gioco era un gioco pesante. Un amico di Crawford stava cercando di violentare una ragazza. La cosa strana è che a lei sembrava non importasse nulla.»
«Tipico di Estrella de Mar.»
Si staccò da me e si sedette sul letto, lisciando il copriletto, come se cercasse l'impronta del corpo di Frank. Per qualche istante sembrò che si fosse dimenticata di me che stavo in piedi accanto a lei. Poi guardò l'orologio, ricordandosi chi era.
«Devo andare. Sembra strano, ma c'è ancora qualche paziente alla clinica.»
«Certo.» Mentre ci avviavamo alla porta le chiesi: «Che cosa ha fatto di te un dottore?»
«Non credi che io sia abbastanza brava?»
«Sono sicuro che sei la migliore. Tuo padre è un medico?»
«E' un pilota della Qantas, in pensione. Mia madre ci lasciò quando incontrò un avvocato australiano durante un volo "stand-by".»
«Vi ha proprio abbandonato?»
«Qualcosa del genere. Avevo sei anni, ma mi accorsi che si era già dimenticata di noi prima ancora di finire le valige. Fui allevata dalla sorella di mio padre, una ginecologa di Edimburgo. Ero molto felice, almeno per i primi tempi.»
«Mi fa piacere.»
«Era una donna notevole... zitella da una vita: non andava matta per gli uomini, ma per il sesso sì. Aveva un atteggiamento molto realistico su tutto, ma in particolare sul sesso. Da un certo punto di vista viveva come un uomo. Prendi un amante, fatti dare tutto il meglio che può darti, dal punto di vista del sesso, poi gettalo via.»
«E' una filosofia un po' audace... molto vicina a quella di una puttana.»
«Perché no?» Paula mi guardò mentre le aprivo la porta, piacevolmente stupita di avermi scioccato. «Ci sono diverse donne di valore che hanno provato a fare la puttana, più di quante tu possa pensare. E' un'educazione che la maggior parte degli uomini non hanno...»
L'accompagnai fino all'ascensore, ammirando la sua sfacciataggine. Prima che le porte si chiudessero si chinò verso di me e mi baciò sulla bocca, mentre le sue dita accarezzavano delicatamente le ferite sul mio collo.
Tastandomi la pelle sensibile, sedetti nella poltrona sforzandomi di ignorare il collare ortopedico posato sulla scrivania. Assaporavo il bacio di Paula sulle mie labbra, l'odore del rossetto e del profumo americano. Ma il messaggio di quel bacio, lo sapevo, non era la passione. Quelle dita sul mio collo erano state un richiamo, battuto sui tasti delle contusioni, al fatto che dovevo trovare tracce fresche sulla pista che portava all'assassino degli Hollinger.
Ascoltavo il lanciapalle che sparava i suoi servizi oltre la rete, e il rumore degli spruzzi delle nuotatrici a farfalla. Cercando una sigaretta, l'antidoto più efficace a tutto quello sfoggio di salute e di esercizi, afferrai la giacca sulla scrivania e frugai nelle tasche.
Dalla tasca interna sporgeva la cassetta che avevo preso nella camera da letto di Anne Hollinger. Mi alzai e accesi il televisore, inserendo la cassetta nel lettore. Se mentre Anne sedeva nel bagno con un ago piantato nel braccio il nastro avesse registrato un programma via satellite dal vivo, avrei potuto stabilire il preciso momento in cui il fuoco aveva invaso la stanza.
Il nastro partì, e lo schermo si accese rivelando una stanza da letto vuota in un appartamento stile art déco, con decorazioni in gesso sui muri bianchi, mobili color ghiaccio e luci incassate in finestrelle a oblò. Il centro della scena era occupato da un letto gigantesco con un copriletto di raso azzurro e una testiera imbottita. Contro il cuscino stava appoggiato un orsacchiotto dal pelo giallo, ma con una sfumatura di verde malaticcio. Una stretta mensola sopra il letto ospitava una collezione di animaletti di terracotta, del tipo che piacciono alle ragazzine.
La camera a mano si spostò sulla sinistra per inquadrare l'arrivo di due donne attraverso una porta aperta, con uno specchio sul retro. Erano entrambe vestite da nozze: la sposa aveva un vestito lungo di seta bianco crema, e il corsetto si apriva su un collo abbronzato e due robuste clavicole. Il suo viso era nascosto dal velo, ma il mento grazioso e la bocca forte che intravedevo mi ricordarono la Alice Hollinger dei giorni di J. Arthur Rank. La damigella aveva un vestito lungo sino al polpaccio, guanti bianchi e un cappellino a cuffia: i capelli portati indietro mostravano un viso ben abbronzato. Mi ricordavano le bagnanti del Club Nautico: levigate, anni luce oltre ogni possibile noia, ben felici di mentire l'una alle spalle dell'altra.
La camera le seguì mentre le due si toglievano le scarpe scalciandole via e cominciavano a slacciarsi i vestiti, desiderose di tornare a prendere il sole sulle sdraio. La damigella si sbottonò il vestito e aiutò la sposa ad aprire la cerniera lampo del suo abito. Mentre le due donne continuavano la svestizione, giocherellando e bisbigliandosi qualcosa all'orecchio, la camera inquadrò l'orsacchiotto e cominciò uno zoom a mano sulla sua faccia col naso a patata.
La porta con lo specchio si aprì di nuovo, facendo baluginare un balcone ombreggiato e i tetti di Estrella de Mar. Entrò un'altra damigella, una donna coi capelli biondo platino che aveva passato i quaranta, la faccia pesantemente imbellettata, i seni abbondanti costretti nella giacca, il collo e la scollatura arrossati da qualcosa di più potente del sole. Mentre saltellava su un piede solo pensai che, uscendo dalla chiesa, doveva aver fatto una deviazione al bar più vicino.
Vestite della sola biancheria, le donne sedevano adesso tutte e tre sul letto, riposandosi prima di indossare i vestiti di tutti i giorni. Stranamente, nessuna di loro guardava verso l'amico che stava girando quel video amatoriale. Cominciarono a spogliarsi l'una con l'altra, le dita che tormentavano le bretelline dei reggiseni, carezzando la pelle abbronzata e cercando di liberarla dai segni degli indumenti. La damigella biondo platino sollevò il velo della sposa e la baciò sulla bocca, poi cominciò a giocare coi suoi seni, sorridendo e spalancando gli occhi davanti ai capezzoli eretti come a un miracolo della natura.
La camera fissa aspettava pazientemente mentre le donne si carezzavano reciprocamente. Guardando questa parodia di una scena lesbica, ero sicuro che nessuna delle donne fosse un'attrice professionista. Interpretavano tutte il loro ruolo come dilettanti di un gruppo teatrale impegnato a rappresentare una farsa oscena del periodo della Restaurazione.
Smettendo di abbracciarsi, le donne guardarono in su con finto stupore, mentre il torace e i fianchi di un uomo entravano nell'inquadratura. Lui stava in piedi di fianco al letto, col pene in erezione, le cosce e i muscoli del petto lucidi d'olio: il tipico stallone ebete di innumerevoli film pornografici. Per un momento la camera sfiorò la parte inferiore della sua faccia, e mi parve di riconoscere il collo taurino e il mento rotondo.
Le donne, sempre sedute, si sporsero avanti, mostrandogli il seno. Con la faccia ancora velata, la sposa prese in mano il pene e cominciò a succhiare il glande distrattamente, come farebbe una bambina con un lecca-lecca gigante. Quando lei si adagiò sul letto e spalancò le cosce schiacciai il tasto dell'avanti veloce, aspettando che gli affondi ansimanti e ossessivi arrivassero al loro culmine, per tornare alla velocità normale quando l'uomo si ritrasse ed eiaculò, come da copione, sul seno di lei.
Le spalle e l'addome della sposa erano velati di sudore. Lei tirò indietro il velo e si ripulì dal seme con un fazzoletto. Nei suoi lineamenti raffinati e nello sguardo sbarazzino vidi ancora un'eco del seducente stile Rank. La donna si alzò a sedere e sorrise alle damigelle, usando il velo per asciugarsi le guance. Le sue braccia erano segnate da punture, ma lei sembrava sana e rubizza, e rise quando le damigelle le infilarono le braccia nel vestito da sposa.
La camera si spostò a sinistra, sussultando nelle mani incerte dell'operatore. Le lenti si rimisero a fuoco e inquadrarono i corpi di due uomini nudi che avevano fatto irruzione nella stanza entrando dal balcone. Le damigelle li presero per la vita e li gettarono sul letto. Solo la sposa sembrava stupita, e cercava di nascondere il corpo nudo dietro il vestito da sposa. Adesso lottava disperatamente con un uomo tarchiato, con la schiena pelosa da arabo, che la prese per le spalle e la gettò sul letto a faccia in giù.
Guardavo lo stupro seguire il suo corso, cercando di evitare gli occhi disperati schiacciati contro il raso del copriletto. La sposa non giocava né interagiva più con la telecamera. Il pornofilm lesbico era stato solo una messa in scena, architettata per attirarla in quell'appartamento anonimo, e dar luogo poi a una violenza reale, per la quale erano preparate le damigelle, ma non l'eroina.
Gli uomini assalivano uno dopo l'altro la malcapitata sposa, realizzando un repertorio standardizzato di atti sessuali. I loro visi non apparivano mai sullo schermo, ma l'uomo dalla pelle scura era di mezza età, con le braccia grosse e pelose di un buttafuori da night club. Il più giovane dei due, col corpo tubolare tipico degli inglesi, sembrava poco sopra i trent'anni. Si muoveva come un ballerino, e manipolava destramente il corpo della vittima trovando sempre una nuova posizione, un nuovo punto di ingresso forzato. Irritato dagli ansiti frenetici della donna, afferrò il suo velo e glie lo cacciò in bocca a forza.
Il film terminava in una baraonda di corpi copulanti. In un bizzarro tentativo di finale artistico, la camera si muoveva intorno al letto, fermandosi brevemente accanto alla porta a specchio. Qui capii che l'operatore era una donna. Portava un bikini nero, e la batteria della telecamera le pendeva dalla spalla. Una lieve cicatrice, di origine chirurgica, partiva dalle reni e attraverso i fianchi arrivava al fianco destro.
Il film arrivò al momento finale. Gli uomini si ritrassero dal letto, in un turbinio indistinto di cosce lucide e di natiche sudate. Le damigelle salutarono guardando in macchina, e la bionda con i grandi seni si distese e ridendo si mise l'orsacchiotto sul ventre, a cavalcioni, muovendolo a scatti in una ridicola imitazione del coito.
Ma io guardavo la sposa. Anche sotto i lineamenti pesti il viso mostrava ancora una straordinaria vivacità. Si asciugò a viso con un cuscino, e si massaggiò la pelle arrossata delle braccia e delle ginocchia. Sulle sue guance scorrevano lacrime nere di mascara, e il rossetto stinto le macchiava il mento. Eppure si sforzava di sorridere alla telecamera, come una coraggiosa stellina davanti a una ressa di obiettivi a Fleet Street, o una brava bambina che inghiottiva una nauseante medicina che doveva farle bene. Seduta col vestito da sposa strappato tra le mani, distolse gli occhi dalla telecamera e sogghignò all'uomo la cui ombra era ben visibile sul muro accanto alla porta.