21. La burocrazia del crimine
La sua fiducia nell'esistenza di peccati sconosciuti che aspettavano ancora di essere scoperti, mi lasciò a bocca aperta. Osservai la limousine che attraversava la piazza per far ritorno a Estrella de Mar. Gli operai stavano togliendo i cartelli "Verkauf" e "A vendre" dai negozi non occupati accanto al supermercato, ma lo sport club restava silenzioso. Mi misi a camminare per l'edificio vuoto, e ascoltai i miei passi che risuonavano sul pavimento lucido. I tedeschi stavano distesi accanto alla piscina, mostrandosi l'un l'altro i loro fisici potenti. Nella piazza si muoveva un traffico a ondate, e verso mezzogiorno la Residencia Costasol si stava già preparando al ritiro pomeridiano dal sole.
Mio malgrado, mi sentivo responsabile del fatto che il club non riuscisse ad attirare nuovi soci, e capii quanto aveva dovuto sentirsi depresso Frank quando era arrivato per la prima volta al Club Nautico. Mi misi dietro al bancone della reception, a guardare i camerieri che camminavano nel bar all'aperto e gli inservienti che spazzavano i campi da tennis deserti.
Stavo gingillandomi con la tastiera del computer, sommando profitti immaginari, quando udii il rumore del motore di una Porsche che si arrestava. Arrivai al portone di vetro mentre Bobby Crawford attraversava il parcheggio. L'uomo salì di corsa i gradini, spinto dalle gambe possenti come un acrobata sul trampolino, col braccio alzato per salutarmi. Indossava il suo berretto da baseball nero e un giubbotto di cuoio, e aveva in mano una grande borsa sportiva. Vedendolo, sentii che il cuore cominciava ad accelerare.
«Charles? Su con la vita, Non è mica la casa degli Usher.» Spalancò la porta ed entrò nel vestibolo, sorridendo pieno di entusiasmo e mostrando così la bianchezza polare dei denti scintillanti. «Cosa succede? Sembra che tu sia felice di vedermi.»
«Lo sono. Non è successo nulla... questo è il problema. Forse non sono il manager adatto per voi.»
«Sei solo stanco, Charles. Non è il momento di sentirsi depressi.» Crawford guardò la piscina e i campi da tennis. «Un sacco dì carne al fuoco ma niente clienti. Si è iscritto qualcuno?»
«Neppure uno. Forse non è del tennis che hanno bisogno qui»
«Sciocchezze. Tutti hanno bisogno del tennis. Magari alla Residencia Costasol non lo sanno ancora, ma lo sapranno presto.»
Si voltò a guardarmi, raggiante e chiaramente felice di avermi trovato ad aspettarlo: si capiva che considerava i miei brontolii come la divertente debolezza di un dipendente di famiglia. Era stato via quattro giorni, ed ero rimasto colpito nel vedere quanto si fossero fatti più precisi i suoi movimenti, come se avesse installato un motore più potente nella sua Porsche e avesse sfruttato una parte di quella spinta per potenziare anche il suo sistema nervoso. Sul suo viso le smorfie e i piccoli tic rivelavano le mille e mille idee che ribollivano nella sua mente.
«Stanno per succedere delle cose qui, Charles.» Mi afferrò le spalle come un fratello maggiore, manifestando con cenni del capo la sua approvazione per il registratore di cassa. «Tenere la posizione non è facile. Lascia che te lo dica, Betty Shand è molto fiera di quello che hai fatto.»
«Io non ho fatto un accidente di niente. Qui non sta per succedere nulla. La Residencia Costasol non è il posto adatto per i tuoi progetti. Non è Estrella de Mar, è la valle dei decerebrati. Vorrei solo poter essere utile in qualcosa.»
«E lo sei. A proposito, credo di aver trovato una casa per te: una piccola piscina, campo da tennis, anzi ci metterò una macchina per i servizi così potrai fare un po' di esercizio. Ma prima devo fare due o tre telefonate. Prenderemo la tua macchina, voglio che guidi tu. Hai una guida dolce e rilassata che mi calma il mal di testa.»
«Va benissimo.» Indicai l'orologio nel vestibolo. «Vuoi aspettare un po'? Sono le due e tre quarti. Qui tutto è immerso in un sonno profondo.»
«Perfetto: è il momento più interessante della giornata. La gente sta sognando o facendo del sesso. O forse entrambe le cose nello stesso tempo...»
Quando avviai il motore, Crawford si sistemò sul sedile accanto della Citroën, spenzolando un braccio fuori dal finestrino, e si mise un borsone da viaggio in mezzo alle gambe. Annuì in segno di approvazione quando mi allacciai la cintura di sicurezza.
«Giusto, Charles, hai ragione. Io ammiro una mente ordinata. E' difficile crederlo, ma anche nella Residencia Costasol possono avvenire degli incidenti.»
«Questo posto è tutto un incidente, Bobby. E' il vicolo cieco in cui è cascato il ventesimo secolo alla fine della corsa. Dove vuoi che andiamo? Al Club Nautico?»
«No, stiamo qui. Fai un giro, la strada che vuoi tu. Voglio vedere come vanno le cose.»
Attraversammo la piazza e il centro commerciale deserto, poi passammo davanti al porticciolo e alla sua flotta fantasma di yacht praticamente in naftalina. Svoltai a caso in una delle strade residenziali secondarie nel quadrante orientale del complesso. Le ville, ben separate l'una dall'altra, si ergevano nei loro giardini silenziosi, circondate da palme nane, oleandri e letti di fiori rossi come fuoco congelato. Gli innaffiatori oscillavano in mezzo ai prati evocando arcobaleni nell'aria iperilluminata, divinità locali che eseguivano la loro danza al sole. Di quando in quando il vento di mare sollevava piccoli spruzzi dalle piscine, e le loro superfici a specchio si intorbidivano come quando si disturba un sogno.
«Rallenta un poco...» Crawford si sporse avanti per guardare una grande casa in stile déco che sorgeva a un angolo della strada. Il viale che le dava accesso portava anche a un altro gruppo di case a tre piani. Le tende sbattevano sopra i balconi, ali incatenate che non avrebbero mai raggiunto il cielo. «Fermati qui... sembra questa.»
«Che numero è? Per qualche strana ragione qui la gente rifiuta di darsi un indirizzo.»
«Non mi ricordo il posto preciso. Però sembra questo.» Indicò un punto a una cinquantina di metri dalla strada di accesso, dove le fronde di una grande cicadea formavano un rifugio pedonale. «Parcheggia lì e aspettami,»
Aprì il borsone e ne trasse quello che sembrava un fascio di mazze da golf avvolte in una tela cerata. Uscì dall'auto, la faccia nascosta dal berretto e dagli occhiali scuri, diede un colpetto sul tetto e si avviò a passo leggero verso il viale. Mentre guidavo col motore in folle verso l'albero che Crawford mi aveva indicato, guardando nello specchietto retrovisore lo vidi scavalcare il cancelletto che portava all'ingresso di servizio.
Aspettai in macchina, ascoltando attraverso i muri e le siepi il sibilo leggero degli innaffiatori. Forse i proprietari della villa erano via, in vacanza, e un'amante lo aspettava in un'altra cameretta. Li immaginai che giocavano a minigolf sul tappeto, un corteggiamento formale come la danza nuziale di un uccello...
«Bene, possiamo andare.» Crawford sembrò uscire dalla parete di vegetazione attorno alla cicadea. Sotto il braccio aveva un videoregistratore, con i fili avvolti attorno a formare un pacchetto nero. Lo posò sul sedile posteriore e si tolse il berretto, esaminando la strada di accesso. «Gli darò un'occhiata... è di una coppia, gli Hanley. Lui è un manager di Liverpool in pensione. A proposito, sembra che io abbia reclutato due nuovi soci.»
«Per lo sport club? Grande. Come hai fatto a convincerli?»
«La loro televisione non funziona. C'è qualcosa che non va nell'antenna parabolica. E poi pensano che dovrebbero uscire più spesso. E adesso torniamo nella parte ovest del complesso. Devo fare delle telefonate...»
Regolò l'unità di controllo climatico sul cruscotto, in modo che una corrente d'aria più fresca ci accarezzasse il viso, poi si adagiò all'indietro sul poggiatesta, così rilassato che mi sembrava strano che ci fossimo imbarcati in una scorribanda criminale. Sistemò le mazze da golf nella borsa, lasciandomi tutto l'agio di vedere che si trattava in realtà di due grimaldelli di acciaio. Fin dal momento in cui avevamo lasciato lo sport club avevo pensato che intendesse realizzare una serie di atti provocatori, furtarelli e azioni di disturbo intese a scuotere la Residencia Costasol dal suo torpore compiacente. Conclusi che anche i crimini di cui la polizia spagnola aveva parlato a David Hennessy fossero opera di Crawford, l'apertura della sua campagna di molestie e soperchierie.
Venti minuti dopo ci fermavamo per la tappa successiva, accanto a una villa, un'imponente costruzione in stile moresco con un motoscafo parcheggiato nel viale. Quasi certamente i proprietari stavano dormendo nelle camere al piano di sopra, e il giardino e la terrazza erano silenziosi. Una goccia d'acqua che cadeva da una canna scandiva i secondi mentre Crawford controllava le telecamere di sorveglianza, e i suoi occhi seguivano i cavi che collegavano l'antenna parabolica sul tetto alla cassetta vicino alla porta del patio.
«Lascia il motore acceso, Charles. Questo possiamo farlo al modo...»
Scivolò via, scomparendo fra gli alberi che fiancheggiavano il viale dì accesso. Le mie mani tormentavano il volante, pronte a una rapida fuga. Sorrisi a un'anziana coppia che mi passò vicino in macchina, con un grande spaniel seduto fra loro, ma i due vecchietti sembrarono del tutto indifferenti alla presenza della Citroën. Cinque minuti dopo Crawford si infilava nel sedile del passeggero, spazzolandosi via dal giubbotto con fare indifferente qualche scheggia di vetro.
«Altri guai con la televisione?» chiesi quando ce ne andammo.
«Sembra di sì.» Crawford sedeva accanto a me guardando fisso avanti, e ogni tanto toccava il volante per correggere la mia guida nervosa, «Queste antenne satellitari sono molto sensibili. Hanno bisogno di essere continuamente ricalibrate.»
«I proprietari te ne saranno grati. Altri possibili soci?»
«Sai, penso di sì. Non mi sorprenderebbe se facessero un salto domani stesso.» Crawford aprì la cerniera del giubbotto e ne estrasse un portasigarette d'argento sbalzato, che depose sul sedile posteriore accanto al videoregistratore. «Il marito era membro del comitato del Queen's Club, e appassionato di tennis. La moglie una specie di pittrice dilettante.»
«E se ricominciasse a dipingere?»
«Possibilissimo...»
Continuammo a fare le nostre visite, andando avanti e indietro per i viali tranquilli della Residencia Costasol, come una spola che disegnasse un motivo burlesco in un arazzo di argomento serio. Crawford fingeva di visitare le proprietà a caso, ma per me era evidente che aveva selezionato le sue vittime dopo attenti controlli, privilegiando quelle che si sarebbero maggiormente allarmate. Immaginavo i proprietari che sonnecchiavano nella siesta mentre Crawford si muoveva al piano di sotto sabotando gli impianti satellitari, rubando un cavallo di giada da un tavolino o una statuetta dello Staffordshire da una mensola, svaligiando cassetti di scrivania come se fosse in cerca di contanti o di gioielli, insomma dando l'impressione che una gang di abili scassinatori si fosse installata nel complesso di Costasol.
Mentre attendevo in macchina, aspettandomi da un momento all'altro che l'ispettore Cabrera e la volante di Fuengirola mi cogliessero sul fatto, mi chiedevo perché mai avevo permesso a Crawford di trascinarmi in questa impresa criminale. Mentre il motore della Citroën rombava sotto il pedale dell'acceleratore, ero tentato di tornare allo sport club e di avvertire Cabrera. Ma l'arresto di Crawford avrebbe cancellato ogni speranza di scoprire l'incendiario che aveva assassinato gli Hollinger. Guardando le centinaia di ville senza vita, con le loro telecamere di sorveglianza e i loro proprietari imbalsamati, ero sicuro che il tentativo di Crawford di trasformare il complesso in un'altra Estrella de Mar sarebbe fallito. La gente della Residencia non solo aveva già raggiunto l'estremo limite della noia e dell'apatia, ma aveva pure deciso che ci si trovava benissimo. Il fallimento di Crawford avrebbe potuto indurlo a un atto disperato, che avrebbe fatto saltar fuori la sua complicità nell'assassinio degli Hollinger. Un incendio di troppo avrebbe fatto molto più che scottargli le dita.
Eppure la sua dedizione a questo bizzarro esperimento sociale aveva un suo fascino. Anche Frank, sospettavo, doveva essere stato sedotto da questa brillante visione, e come Frank neanch'io dicevo nulla mentre sul sedile posteriore della Citroën si accumulava il bottino. Alla sesta villa, una delle dimore più antiche del vialone nord-sud, trovai una coperta nel portabagagli e la tenni pronta per Crawford quando emerse dai cespugli con un vaso Ming sotto a un braccio e un cavalletto di legno nero sotto l'altro.
Mi batté amichevolmente sulla spalla quando avvolsi la coperta attorno al tesoro che aveva trovato, piacevolmente sorpreso nell'accorgersi che avevo retto egregiamente alla pressione.
«Sono simboli, Charles... poi farò in modo che tornino ai loro proprietari. A ben vedere, non ci sarebbe bisogno di prendere niente, bisogna solo dare l'idea che un ladro ha orinato sul loro tappeto persiano e si è pulito le dita sulla tappezzeria.»
«E domani tutta la Residencia Costasol si sveglierà con la voglia di giocare a tennis? O deciderà di dedicarsi alle composizioni floreali o al ricamo?»
«Naturalmente no. Le forze d'inerzia qui sono enormi. Ma una mosca su un elefante può far partire la carica di tutto il branco se morde nel punto giusto. Mi sembri scettico.»
«Un poco.»
«Tu non pensi che funzionerà?» Crawford mi tenne la mano sul volante, per infondermi determinazione. «Ho bisogno di te, Charles... è difficile fare una cosa del genere da soli. Betty Shand e Hennessy sono interessati solo agli incassi. Ma tu riesci a vedere ben al di là, puoi capire qual è il vero orizzonte. Ciò che è accaduto a Estrella de Mar accadrà anche qui, e si estenderà lungo tutta la costa. Pensa a tutti quei pueblos che ritornano alla vita. Noi stiamo liberando la gente, Charles, la restituiamo al loro vero io.»
Credeva davvero a questa sua retorica? Mezz'ora dopo, mentre lui si introduceva in un piccolo palazzo di appartamenti accanto alla piazza centrale, io aprivo il suo borsone e davo un'occhiata a quello che c'era dentro. C'erano grimaldelli e tronchesi, una selezione di punteruoli e di carte perforate per serrature elettroniche, fili elettrici e immobilizzatori elettronici. Una valigetta più piccola conteneva diverse bombolette spray, due camcorder e delle videocassette vergini. Un nastro segmentato formato di sacchetti di cocaina era avvolto attorno a un portafoglio pieno di capsule di droga e di pillole in confezioni sottovuoto; c'erano anche pacchi di minisiringhe monodose e preservativi in rilievo.
Gli spray trovarono un uso immediato. Senza neppure uscire dalla macchina Crawford, con una bomboletta in ciascuna mano, tracciava una serie di disegni luminescenti sulle porte dei garage davanti a cui passavamo. Dopo sole due ore ci eravamo lasciati dietro un lunga scia di furti e di atti di vandalismo: antenne paraboliche danneggiate, macchine ricoperte di graffiti, escrementi di cane galleggianti nelle piscine, telecamere di sorveglianza accecate da spruzzi di vernice.
Proprio davanti a una villa, Crawford entrò dentro una Aston Martin argentata e la guidò in folle giù per il viale. Io lo seguii mentre la portava in un cortile in disuso sulla strada perimetrale a nord, e lo guardai scorticare le fiancate della macchina con un grimaldello: raschiava via la pittura con la cura con cui uno chef avrebbe tolto la pelle a un maialino. Quando si rizzò in piedi e si accese una sigaretta, io aspettai che partisse l'incendio. Lui sorrideva guardando la macchina rovinata, con l'accendino in mano ancora acceso, e io mi aspettavo da un momento all'altro di vedergli cacciare nel serbatoio uno straccio acceso.
Ma Crawford si limitò a tributare alla macchina un pietoso saluto, e continuò tranquillamente a fumare la sua sigaretta anche quando ce ne fummo andati, assaporando il tabacco turco.
«Odio fare così, Charles... ma bisogna fare dei sacrifici.»
«Be', l'Aston Martin non è mica tua.»
«Pensavo ai sacrifici che facciamo noi: è una medicina molto amara sia per me che per te, ma dobbiamo buttarla giù...»
Ci avviammo lungo la strada perimetrale, dove c'erano le ville e i palazzi più economici, che davano sull'autostrada per Malaga. Ai balconi erano appesi dei cartelli «In vendita» scritti a mano: pensai che i costruttori tedesco-olandesi avessero venduto le proprietà a un discount.
«Prendi quella casa sulla destra: quella con la piscina vuota.» Crawford indicò una villetta con una tenda scolorita. Una corda da bucato metteva in mostra una fila di top sgargianti e di biancheria frivola. «Torno fra dieci minuti. Hanno bisogno di una piccola consulenza artistica...»
Pescò nel borsone e prese la valigetta che conteneva le videocamere e l'arsenale di pillole. Sul portone lo aspettavano due donne in costume da bagno. Nonostante il caldo erano truccate di tutto punto, rossetto, fard e mascara, come se fossero già pronte per girare sotto le luci di un set cinematografico. Salutarono Crawford con il sorriso sfacciato di due cameriere di un bar equivoco che accolgono un cliente affezionato.
La più giovane delle due non aveva ancora trent'anni, una carnagione chiara, da inglese, spalle ossute e occhi che guardavano sempre la strada. La più anziana la riconobbi subito: era la bionda platinata con i seni strabordanti e il viso florido che faceva la parte di una delle due damigelle nel film porno. Col bicchiere in mano, posò la sua guancia da slava sulle labbra di Crawford e lo invitò a entrare in casa.
Uscii dalla macchina e mi avviai verso la casa, osservando i tre dalle finestre del patio. Crawford e le due donne si avviavano verso la sala, dove una televisione col quadro che saltava trasmetteva un serial pomeridiano che nessuno guardava. Crawford aprì la valigetta e tirò fuori una videocamera e un paio di cassette. Strappò dal nastro di plastica una dozzina di sacchetti di cocaina, che le donne infilarono nelle coppe dei reggiseni del costume, poi cominciò a mostrar loro il funzionamento della telecamera. La donna più anziana accostò il mirino all'occhio e si mise a riprendere se stessa, mentre le sue unghie lunghe strisciavano sui bottoncini dei comandi. Imparava a usare l'accensione e lo zoom, mentre Crawford sedeva sul divano accanto alla giovane inglese. Nessuno scherzava né rideva, come se Crawford fosse un venditore che faceva la dimostrazione di un nuovo elettrodomestico.
Quando fece ritorno alla macchina le donne lo filmarono dalla porta, ridendo l'una sulla spalla dell'altra.
«Scuola di cinema?» chiesi. «Sembra che imparino in fretta.»
«Sì... sono sempre state delle cinefile.» Crawford le salutò mentre ci allontanavamo, sorridendo fra sé e sé come se fosse davvero affezionato a quelle donne. «Sono arrivate qui da Estepona per aprire un istituto di bellezza, ma poi hanno deciso che le prospettive non erano abbastanza buone.»
«Così adesso si buttano sul cinema? Immagino che sarà un lavoro redditizio.»
«Penso di sì. Hanno un'idea per un film.»
«Documentario?»
«Si potrebbe dire piuttosto un film naturalistico.»
«Vita selvaggia alla Residencia Costasol.» Assaporai l'idea. «Rituali di corteggiamento e danze nuziali. Penso che sarà un successo. Chi era la bionda platinata? Ha un'aria vagamente russa.»
«Raissa Livingston: vedova di un allibratore di Lambeth. Va matta per la vodka. Un gran bel tipo. Ha già fatto qualche esperienza di recitazione, per cui le cose dovrebbero partire bene.»
Crawford parlava senza ironia, fissando il tetto della macchina come se stesse davvero già esaminando il girato del primo giorno. Sembrava contento del lavoro che aveva fatto nel pomeriggio, come un predicatore di quartiere che avesse dato via tutta la provvista di opuscoli sulla Bibbia. I furti e le irruzioni lo avevano lasciato tranquillo e rilassato, con la coscienza di aver fatto il proprio dovere per la gente ottenebrata della Residencia.
Quando tornammo allo sport club mi fece fermare all'ingresso di servizio, dietro la cucina. Qui aveva parcheggiato la sua Porsche, fuori dalla vista di eventuali poliziotti che fossero capitati al club.
«Spostiamo la roba sulla mia macchina.» Tirò via la coperta, mettendo a nudo il bottino. «Non voglio che Cabrera ti colga con le mani nel sacco. Hai di nuovo quell'aria colpevole.»
«Qui c'è un sacco di roba. Ti ricorderai a chi appartengono le singole cose?»
«Non c'è bisogno. La porterò in quel cortile, quello in cui abbiamo lasciato la Aston Martin, e avviserò le guardie giù al cancello. Loro metteranno tutto in esposizione e si assicureranno che tutta la Residencia abbia afferrato il messaggio.»
«Ma qual è il messaggio? E' una cosa che non ho ancora capito bene.»
«Il messaggio...?» Crawford stava scaricando un videoregistratore dal sedile, ma si voltò a guardarmi. «Credevo che ti fosse tutto chiaro, Charles.»
«Non proprio. Fare irruzione negli appartamenti, spaccare qualche televisore e scrivere "cazzo" sulla porta dei garage, tutto questo cambierà la vita della gente? Se tu venissi a rubare in casa mia io chiamerei la polizia, ma non mi iscriverei per questo a un club di scacchi né mi metterei a cantare canzoncine.»
«Giustissimo. Chiameresti la polizia. Lo farei anch'io. Ma supponiamo che la polizia non faccia nulla e io faccia un'altra irruzione, e questa volta rubi qualcosa a cui tu tieni davvero. Cominceresti a pensare di mettere una serratura più robusta e una telecamera di sicurezza.»
«E allora?» Aprii il bagagliaio della Porsche e aspettai che Crawford vi scaricasse la cassetta. «Siamo tornati al punto di partenza. Tornerei alla mia televisione e al lungo sonno dei morti.»
«No, Charles.» Crawford parlava pazientemente. «Tu non sei più addormentato. Adesso sei ben sveglio, sei più vigile di quanto tu sia mai stato. Le irruzioni sono come il cilicio del cattolico fervente, che scortica la pelle e acuisce la sensibilità morale. Il prossimo furto ti riempie di rabbia, addirittura di una rabbia farisea. La polizia è impotente, ti rifila soltanto vaghe promesse, e questo genera un senso di ingiustizia, la sensazione di essere circondati da un mondo spudorato. Tutto ciò che ti circonda, dai quadri all'argenteria, tutto quello che hai sempre dato per scontato, adesso è inserito in questo nuovo quadro morale. Sei più cosciente di te stesso. Zone addormentate della tua mente, che per anni non avevi frequentato, tornano a essere importanti. Cominci a rivalutare te stesso, come hai fatto tu, Charles, quando quella Renault ha preso fuoco.»
«Forse... però non mi sono messo a fare tai-chi né ho cominciato a leggere un libro nuovo.»
«Aspetta: puoi ancora farlo.» Crawford mi pressava, ansioso di convincermi. «E' un processo che richiede tempo. L'ondata di crimini continua: qualcuno caga nella tua piscina, saccheggia la tua camera da letto e va in giro a giocare con la biancheria di tua moglie. Adesso l'ira e la rabbia non bastano più. Sei costretto a ripensare te stesso a ogni livello, come un uomo primitivo che si scontra con un universo ostile dietro a ogni albero, a ogni roccia. Sei cosciente del tempo, delle possibilità, delle risorse della tua immaginazione. Poi qualcuno rapisce la signora della porta accanto, e allora ti unisci al marito oltraggiato. Crimine e vandalismo sono ovunque. Devi sollevarti al di sopra di questi delinquenti scriteriati e del mondo balordo in cui vivono. L'insicurezza ti costringe a rivalutare tutte le risorse morali che hai a disposizione, proprio come un prigioniero politico si impara a memoria "Memorie da una casa di morti" di Dostoevskij, uno che sta per morire suona Bach e ritrova la fede, o i genitori che piangono il loro bimbo morto si mettono a fare lavoro volontario in un ospedale.»
«Comprendiamo che il tempo è limitato e non diamo più nulla per scontato?»
«Proprio così.» Crawford mi batté sul braccio, dandomi il benvenuto nel suo gregge. «Formiamo comitati di sorveglianza, eleggiamo un consiglio, andiamo orgogliosi dei nostri quartieri, ci iscriviamo a club sportivi e società di storia locale, riscopriamo la vita di ogni giorno che prima davamo per scontata. Ci accorgiamo che è più importante essere un pittore di terz'ordine che guardare un c.d.-rom sul Rinascimento. Cominciamo tutti insieme a sviluppare le nostre potenzialità, e alla fine troviamo la nostra strada come individui e come comunità.»
«E tutto questo sarebbe scatenato dal crimine?» Presi il portasigarette d'argento dal sedile posteriore della Citroën. «Perché proprio questa molla? Perché non... la religione, o qualche tipo di coscienza politica? Sono queste le cose che hanno retto il mondo nel passato.»
«Ormai non più, La politica è finita, Charles, non tocca più l'immaginario pubblico. Le religioni sono emerse troppo presto nell'evoluzione dell'uomo: hanno innalzato dei simboli che la gente ha preso alla lettera, e adesso sono morte come una fila di pali totemici. Le religioni avrebbero dovuto nascere più tardi, quando la razza umana comincia ad avvicinarsi alla fine. Purtroppo il crimine è l'unico impulso che ci sprona a svegliarci. Siamo affascinati da questo "altro mondo" dove tutto è possibile.»
«La maggior parte della gente ti risponderebbe che ce n'è già abbastanza, di crimine,»
«Ma non qui!» Crawford gesticolò col cavallo di giada in mano, verso i balconi lontani, oltre la strada. «Non alla Residencia Costasol, o negli altri complessi residenziali lungo la costa. Qui il futuro è già arrivato, Charles, sì, comincia già a sognare il suo incubo. lo credo nella gente, Charles, e so che si merita di meglio.»
«E li riporterai alla vita con i film porno, i furti e la cocaina?»
«Questi sono solo strumenti. La gente è così attaccata al sesso, alla proprietà e all'autocontrollo. Non parlo del crimine nel senso in cui lo intende Cabrera. Io parlo di qualcosa che rompa le regole, che superi i tabù sociali.»
«Non si può giocare a tennis senza osservare le regole.»
«Ma, Charles...» Crawford sembrava assorto nella ricerca di un argomento da oppormi. «Quando l'avversario bara, si pensa a come raddrizzare la partita.»
Trasportammo sulla Porsche l'ultimo pezzo di refurtiva. Io tornai alla mia macchina, pensando di salutare lì Crawford, ma lui aprì la portiera e si infilò nel sedile accanto al guidatore. Il sole splendeva attraverso i finestrini della Citroën, illuminando il suo volto di un bagliore quasi febbrile. Aveva voluto che lo ascoltassi fino in fondo, ma sentivo che adesso non gli importava più niente che qualcuno gli credesse o no. Mio malgrado mi sentivo attratto da lui, da questo guaritore di terz'ordine che si muoveva per la costa dei morti come un predicatore mendicante. Sapevo che il suo ministero sarebbe quasi certamente fallito, e lo avrebbe condotto in una cella del carcere di Zarzuella.
«Spero che funzioni», gli dissi. «Qual era la posizione di Frank su questa questione? Era una sua idea?»
«No, Frank è troppo moralista per questo. Io ci penso da anni, anzi, addirittura da quando ero bambino. Mio padre era diacono alla cattedrale di Ely. Un uomo infelice, non riusciva mai a dimostrare affetto a me o a mia madre. Tutto quello che sapeva fare era darmi delle botte.»
«Spiacevole... nessuno lo ha mai denunciato?»
«Non lo sapeva nessuno, neppure mia madre. Io ero iperattivo e inciampavo sempre nelle cose. Però notavo che lui, dopo, stava meglio. Dopo una sessione con la cinghia mi abbracciava, mi voleva quasi bene. Così ho cominciato a fare ogni sorta di scherzi e di dispetti per provocarlo.»
«Che medicina amara. Ed è stato questo che ti ha dato l'idea?»
«In un certo senso. Vedevo che i furti e le piccole azioni criminali riuscivano a smuovere le situazioni. Mio padre sapeva quello che succedeva, ma non ha mai cercato di fermarmi. Alla scuola domenicale vedeva che eccitavo i ragazzi, prima di una partita fuori casa, rubando dai loro armadietti e mettendo in disordine le loro borse. Vincevamo sempre. L'ultima volta che papà usò la cinghia mi suggerì di prendere gli ordini.»
«L'hai fatto?»
«No, ma fui tentato. Passai un paio d'anni a Cambridge a studiare antropologia, giocai un sacco a tennis, poi entrai nell'esercito per una ferma breve. Il reggimento andò a Hong Kong, a lavorare con la polizia di Kowloon. Un branco di persone completamente depresse, col morale sotto i tacchi. Aspettavano solo che arrivassero i cinesi della terraferma e li spedissero tutti nel Sinkiang. Gli abitanti dei villaggi, nei Nuovi territori, erano altrettanto malmessi, e già pagavano dei tributi alle guardie dì frontiera cinesi. Avevano perso ogni entusiasmo, avevano lasciato seccare le risaie e sopravvivevano solo con un po' di contrabbando.»
«E tu hai messo a posto le cose? Come hai fatto?»
«Ho ravvivato la situazione. Un po' di furti qua e là, qualche gallone di benzina diesel nelle ceste in cui conservavano il riso. All'improvviso tutti si sono svegliati, hanno cominciato a ricostruire le dighe e a sgombrare i canali.»
«E la polizia di Kowloon?»
«Stessa cosa. Avevamo dei problemi con gli emigranti clandestini che venivano a cercare la bella vita a Hong Kong. Invece di rimandarli indietro subito, prima li malmenavamo un po'. Questo è stato il trucco con la polizia locale. Credimi, non c'è niente come un "crimine di guerra" per tirare su di morale i soldati. E una cosa orribile a dirsi, ma i crimini di guerra hanno il loro lato positivo. E' un peccato che non abbia potuto rimanere lì più a lungo, avrei potuto dare una spina dorsale alla colonia.»
«Hai dovuto partire?»
«Dopo un anno. Il colonnello mi ha chiesto di rinunciare alla ferma. Uno dei sergenti cinesi era diventato troppo entusiasta nello svolgere i suoi compiti.»
«Non apprezzava il fatto di prendere parte a... un esperimento psicologico?»
«No, credo di no. Ma sotto sotto tutto questo ha continuato a lavorarmi in testa. Mi sono messo di nuovo a giocare a tennis, ho lavorato al Rod Laver's club, poi sono arrivato qui. La cosa curiosa è che Estrella de Mar e la Residencia Costasol sono molto simili a Kowloon.» Aggiustò lo specchietto retrovisore e vi si guardò, annuendo alla sua immagine. «Devo andare, Charles. Statti bene.»
«Buona fortuna.» Mentre apriva la portiera dissi: «Sbaglio, o sei stato tu a tentare di strangolarmi?»
Mi aspettavo che Crawford si mostrasse imbarazzato, e invece si voltò a guardarmi con un'aria sinceramente preoccupata, sorpreso dal tono duro della mia voce. «Charles, era... un gesto di affetto. Sembra strano, ma questa era la mia intenzione. Volevo scuoterti, fare in modo che tu credessi in te stesso. E' una vecchia tecnica di interrogatorio: un ispettore della polizia di Kowloon mi ha fatto vedere tutti i punti di pressione. E' tremendamente efficace per dotare la gente di una prospettiva più chiara su tutto. Tu avevi bisogno di essere svegliato, Charles. Riguardati adesso, sei quasi pronto a giocare a tennis con me...»
Mi strinse la spalla amichevolmente, mi salutò e saltò sulla sua Porsche.
Quella sera, più tardi, mentre stavo al balcone dell'appartamento di Frank al Club Nautico, ripensai a Bobby Crawford e alla polizia di Kowloon. In quel mondo di ufficiali di frontiera corrotti e di contadini ladri, un giovane ufficiale inglese col gusto della violenza si trovava a suo agio come un borseggiatore nella folla del giorno del Derby. Ma la Residencia Costasol avrebbe sconfitto il suo bizzarro idealismo. Qualche moglie annoiata poteva farsi filmare mentre faceva del sesso col suo amante, ma le attrazioni del tai-chi, dei madrigali, dei comitati di lavoro volontario avrebbero fatto fiasco, e più prima che dopo. Lo sport club sarebbe rimasto deserto, lasciando Elizabeth Shand con un pugno di mosche in mano.
Mi toccai i lividi sul collo, e capii che Crawford mi aveva reclutato quando era uscito dall'oscurità e mi aveva afferrato alla gola. Con l'imposizione delle mani lui mi aveva designato a ricoprire il ruolo lasciato vacante da Frank. E il fatto che non mi avesse ferito seriamente gli era servito a farmi capire che l'assassinio degli Hollinger era del tutto irrilevante per la vita reale di Estrella de Mar e per il nuovo ordine sociale sostenuto dal suo regime criminale.
***
Poco dopo mezzanotte venni svegliato da un lampo di luce sul soffitto della mia camera da letto. Uscii sul balcone e cercai la boa luminosa del faro di Marbella, pensando che una scarica elettrica avesse distrutto la sua lanterna. Ma il raggio di luce continuava il suo placido giro nel cielo.
Le fiamme provenivano invece dal porticciolo di Costasol. Stava bruciando uno yacht, e l'albero ardeva come un lucignolo. Strappati gli ormeggi, il natante andava alla deriva nello specchio d'acqua antistante il porto, nave di fuoco nelle tenebre alla ricerca di una flotta fantasma. Ma dopo appena un minuto le fiamme sembrarono morire: pensai che lo yacht fosse affondato prima che Bobby Crawford potesse risvegliare gli abitanti di Costasol da un torpore più profondo ancora del sonno. Sospettavo già che lo yacht fosse l'"Halcyon", e che Crawford avesse convinto Andersson a far salpare l'imbarcazione dal suo approdo a Estrella de Mar solo per segnalare il suo arrivo al popolo che sarebbe stato l'oggetto del suo ministero.
La mattina dopo, sulla strada per lo sport club passai davanti al porticciolo, e lì vidi una lancia della polizia che incrociava sull'acqua ingombra di detriti. Una piccola folla si era radunata sulla banchina, e guardava un uomo rana che si immergeva alla ricerca dell'imbarcazione affondata. Sugli yacht e sulle motobarche, di solito immobili e silenziose, c'era un'animata attività. Alcuni proprietari verificavano le manovre e i motori, mentre le loro mogli davano aria alle cabine e lucidavano gli ottoni. Solo Andersson sedeva tranquillo nel cantiere, la faccia imbronciata come sempre, a fissare le vele che si alzavano, fumando una sigaretta arrotolata a mano.
Lo lasciai alla sua veglia e attraversai la piazza per andare al club. Davanti a me una macchina attraversò il cancello e andò a parcheggiare accanto all'ingresso. Ne uscirono agilmente due coppie di mezza età, abbigliate nei loro vispi completi da tennis, dondolando fra le mani le racchette.
«Signor Prentice? Buongiorno a lei.» Uno dei due mariti, un dentista in pensione che avevo visto al negozio di vini, avanzò verso di me. «Non siamo soci, ma vorremmo iscriverci. Ci può registrare?»
«Ma certo, con piacere.» Gli strinsi la mano e invitai la piccola comitiva ad accomodarsi. «Vi farà piacere sapere che per il primo anno l'iscrizione è completamente gratuita.»
Le prime reclute di Bobby Crawford si stavano già registrando sul ruolino di marcia.