I primi tre minuti

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il nostro sguardo nel futuro, verso la sua possibile fine. Continuerò a fidare in questo principio nella maggior parte degli ultimi due capitoli. Sempre, però, dobbiamo ammettere che i nostri semplici modelli cosmologici potrebbero descrivere non l’intero universo, bensì solo una sua piccola parte o una porzione limitata della sua storia.

VI

Digressione storica

Accantoniamo per un momento la storia della genesi dell’universo e affrontiamo la storia degli ultimi tre decenni di ricerche cosmologiche. Desidero occuparmi qui, in particolare, di un problema storico che considero imbarazzante non m e n o che affascinante. La scoperta del fondo di radiazione cosmica a microonde, nel 1965, fu una tra le scoperte scientifiche più importanti del XX secolo. Perché la si dovette essenzialmente a un caso fortunato? In altri termini, perché non c’era stata una ricerca sistematica di questa radiazione anteriormente al 1965?

Come abbiamo visto nell’ultimo capitolo, l’attuale valore misurato della temperatura della radiazione di fondo e della densità di massa dell’universo ci consentono di « predire » abbondanze cosmiche degli elementi leggeri che sembrano in sostanziale accordo con l’osservazione. Molto tempo prima del 1965

sarebbe stato possibile condurre questi calcoli a ritroso, predire un fondo di radiazione cosmico a microonde e cominciare a cercarlo. Dalle attuali abbondanze cosmiche osservate del 2 0 - 3 0 per cento circa per l’elio e del 7 0 - 8 0 per cento per l’idrogeno sarebbe stato possibile inferire che la sintesi dei nuclei atomici doveva essere cominciata all’epoca in cui l’abbondanza relativa dei neutroni fra le particelle nucleari era scesa al 10-15 per cento. (Ricordiamo che l’attuale abbondanza del-Digressione storica 139

l’elio in peso è esattamente il doppio della percentuale dei neutroni all’epoca della nucleosintesi.) Questo valore della frazione di neutroni fu raggiunto quando l’universo aveva una temperatura di circa un miliardo di gradi Kelvin ( 1 0 9 ºK). La condizione secondo cui la sintesi dei nuclei ebbe inizio in tale momento ci consentirebbe una stima approssimativa della densità delle particelle nucleari alla temperatura di 1 0 9 °K, mentre la densità dei fotoni a tale temperatura può essere calcolata dalle proprietà note dell’emissione del corpo nero. Sarebbe noto così anche il rapporto fra il numero dei fotoni e quello delle particelle nucleari a quell’epoca. Poiché questo rapporto non cambia, lo si conoscerebbe altrettanto bene per il tempo presente. Sulla base di osservazioni della densità attuale delle particelle nucleari, si potrebbe dunque predire la densità attuale dei fotoni e inferirne l’esistenza di un fondo di radiazione cosmico a microonde con una temperatura attuale compresa press’a poco nell’intervallo fra 1 e 10 ºK. Se la storia della scienza fosse semplice e diretta come la storia dell’universo, qualcuno avrebbe potuto fare una previsione in questo senso fra il 1940 e il 1960, e proprio questa previsione avrebbe sti-molato i radioastronomi alla ricerca del fondo di radiazione.

Ma le cose andarono molto diversamente.

Di fatto una « predizione » molto vicina a questa linea di pensiero fu fatta nel 1948, ma non condusse né allora né in seguito a una ricerca della radiazione. Verso la fine degli anni quaranta una teoria cosmologica del « big bang » fu indagata da George Gamow e dai suoi colleghi Ralph A. Alpher e

Robert Herman. Essi supposero che l’universo fosse composto allo stato iniziale da soli neutroni e che i neutroni cominciassero a convertirsi in protoni attraverso il noto processo di decadimento radioattivo per cui un neutrone si trasforma spon-taneamente in un protone, un elettrone e un antineutrino. A un dato momento, nel corso dell’espansione, la temperatura sarebbe scesa al punto di consentire la costituzione di elementi 140 I primi tre minuti

pesanti da neutroni e protoni mediante una rapida sequenza di catture di neutroni. Alpher e Herman trovarono che, per spiegare le attuali abbondanze osservate degli elementi leggeri, era necessario supporre un rapporto dei fotoni alle particelle nucleari dell’ordine di un miliardo a uno. Usando stime dell’attuale densità cosmica delle particelle nucleari, i due furono in grado di predire l’esistenza di un fondo di radiazione residuo risalente agli inizi dell’universo, con una temperatura attuale di 5 ºK!

I calcoli originali di Alpher, Herman e Gamow non erano esatti in tutti i particolari. Come abbiamo visto nel capitolo precedente, l’universo ebbe inizio probabilmente con quantità uguali di neutroni e di protoni, non con soli neutroni. Inoltre la conversione di neutroni in protoni (e viceversa) si svolse principalmente attraverso collisioni con elettroni, positoni, neutrini e antineutrini, non attraverso il decadimento radioattivo di neutroni. Questi punti vennero messi in evidenza nel 1950 da C.

Hayashi, e nel 1953 Alpher e Herman (con la collaborazione di J.W. Follin jr.) terminarono di sottoporre a revisione il loro modello e di elaborare un calcolo sostanzialmente corretto dello spostamento del rapporto fra neutroni e protoni. Fu questa, di fatto, la prima autentica analisi moderna della protostoria dell’universo.

Nessuno però, nel 1948 o nel 1953, si accinse alla ricerca della radiazione a microonde predetta. Per diversi anni prima del 1965 gli astrofisici non furono in generale a conoscenza del fatto che, nei modelli ispirati alla teoria del « big bang », l’abbondanza di idrogeno e di elio comporta l’esistenza nell’attuale universo di un fondo di radiazione cosmica osservabile. Ciò che è sorprendente non è il fatto che gli astrofisici in generale non fossero a conoscenza delle predizioni di A l -

pher e Herman: è sempre possibile lasciarsi sfuggire qualche articolo nel mare magno delle pubblicazioni scientifiche. Più sconcertante è il fatto che nessun altro studioso abbia portato Digressione storica 141

avanti la stessa linea di ragionamento per oltre un decennio.

Tutti i materiali teorici erano disponibili. Ma si dovette attendere il 1964 perché i calcoli relativi alla sintesi di nuclei atomici in un modello del « big bang » venissero ricominciati, da Ja. B. Zel’dovich in Russia, da Hoyle e R.J. Tayler in Inghilterra e da Peebles negli Stati Uniti, i quali lavorarono tutti indipendentemente. A quella data Penzias e Wilson avevano già avviato le loro osservazioni a Holmdel, e la scoperta del fondo di radiazione a microonde sopraggiunse senza essere stata sti-molata da cosmologi teorici.

Sconcertante è anche il fatto che coloro che conoscevano la predizione di Alpher-Herman non pare le abbiano attribuito grande importanza. Gli stessi Alpher, Follin e Herman, nel loro articolo del 1953, demandarono il problema della sintesi dei nuclei atomici a « futuri studi », cosicché non furono in grado di ricalcolare la temperatura prevista della radiazione di fondo a microonde sulla base del modello riveduto e perfezio-nato. (I tre non menzionarono neppure la loro precedente predizione circa il fondo di radiazione cosmologico a 5 °K. Riferirono di alcuni calcoli concernenti la sintesi dei nuclei atomici in un convegno della American Physical Society nel 1953, ma poiché stavano per passare a laboratori diversi, il lavoro non venne mai messo per iscritto nella forma definitiva.) Anni do-po, in una lettera a Penzias scritta dopo la scoperta del fondo di radiazione a microonde, Gamow sottolineò che, in un suo articolo del 1953 edito negli atti della Regia Accademia D a -

nese, egli aveva predetto un fondo di radiazione con una temperatura di 7 ºK, che era grosso modo nel giusto ordine di grandezza. Una consultazione di questo articolo del 1953 dimostra però che la predizione di Gamow si fondava su un ragionamento matematicamente erroneo connesso con l’età dell’universo e non con la sua teoria della sintesi cosmologica dei nuclei atomici.

Si potrebbe sostenere che negli anni cinquanta e all’inizio 142 I primi tre minuti

degli anni sessanta l’abbondanza cosmica degli elementi leggeri non era ancora nota in misura sufficiente per trarne precise conclusioni sulla temperatura del fondo di radiazione. È vero che neppure oggi possiamo dare per scontato che l’abbondanza universale dell’elio sia compresa fra il 20 e il 30 per cento.

Ma il punto fondamentale è che, già da molto tempo prima del 1960, era diffusa la convinzione che la maggior parte della massa dell’universo esista sotto forma di idrogeno. (Per esempio, nel 1956 un’indagine di Hans Suess e Harold Urey dava un’abbondanza dell’idrogeno del 75 per cento in peso.) E l’idrogeno non viene prodotto all’interno delle stelle; è il combusti-bile primordiale da cui le stelle derivano la loro energia nella costruzione di elementi più pesanti. Già questo fatto è di per sé sufficiente a dirci che dev’esserci stato un rapporto enorme dei fotoni alle particelle nucleari per impedire la trasformazione di tutto l’idrogeno in elio e in elementi più pesanti alle origini dell’universo.

Qualcuno potrebbe chiedersi: quando il fondo di radiazione isotropa a 3 ºK è diventato tecnologicamente accessibile alla osservazione? È difficile dare una risposta precisa, ma alcuni col leghi, fisici sperimentali, mi dicono che questa osservazione si sarebbe potuta fare molto prima del 1965, probabilmente alla metà degli anni cinquanta e magari anche alla metà degli anni quaranta. Nel 1946 un team del Radiation Laboratory del Massachusetts Institute of Technology, diretto da Robert D i c -

ke, quello stesso Dicke dei cui contributi abbiamo avuto modo di parlare, riuscì a fissare un limite superiore per un qualsiasi fondo di radiazione isotropa extraterrestre: la temperatura equivalente era inferiore a 20 °K alle lunghezze d’onda di 1,00, 1,25 e 1,50 centimetri. Questa misurazione era un risultato secondario di studi dell’assorbimento atmosferico e certamente non faceva parte di un programma di cosmologia d’osservazione. (Dicke mi informa in effetti che all’epoca in cui cominciò a porsi interrogativi sull’esistenza di un possibile fondo di Digressione storica 143

radiazione cosmica a microonde aveva dimenticato il proprio limite superiore di 20 ºK sulla temperatura di fondo, ottenuto quasi due decenni prima!)

N o n mi pare storicamente molto importante determinare con precisione il momento in cui divenne possibile la scoperta del fondo di radiazione isotropo a microonde di 3 ºK. Il punto saliente è che i radioastronomi non sapevano di doverlo cercare! In contrasto con questa vicenda, consideriamo la storia del neutrino. Quando l’esistenza del neutrino fu ipotizzata per la prima volta da Pauli nel 1932, fu chiaro che non c’era nessuna chance di osservarlo in nessun esperimento allora possibile. La scoperta sperimentale del neutrino rimase però nella mente dei fisici come una sfida che non doveva essere lasciata cadere e quando, negli anni cinquanta, i reattori nucleari divennero disponibili anche per tali scopi, il neutrino fu cercato e trovato. Il contrasto è ancora più stridente se consideriamo il caso dell’antiprotone. D o p o che nel 1932 si scoprì nei raggi cosmici il positone, i teorici presupposero generalmente che anche il protone, e non solo l’elettrone, dovesse avere un’antiparticella. Con i primi ciclotroni disponibili negli anni trenta non c’era la minima possibilità di produrre antiprotoni, ma i fisici rimasero consapevoli del problema, e negli anni cinquanta un acceleratore (il bevatrone di Berkeley) fu costruito specificamente al fine di avere energia sufficiente alla produzione di antiprotoni. Nulla di simile accadde nel caso del fondo di radiazione cosmica a microonde fino al momento in cui Dicke e i suoi colleghi si accinsero a scoprirlo, nel 1964. Ma anche allora il gruppo di Princeton non era al corrente del lavoro di Gamow, Alpher e Herman, svolto più di dieci anni prima!

Che cosa c’era, dunque, di sbagliato? È possibile individuare qui almeno tre interessanti ragioni per cui l’importanza di una ricerca del fondo di radiazione di 3° K non fu generalmente apprezzata nel suo giusto valore durante gli anni cinquanta e all’inizio degli anni sessanta.

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In primo luogo, occorre tener presente che Gamow, Alpher, Herman, Follin e altri stavano lavorando nel contesto di una teoria cosmogonica di vasto respiro. Nella loro teoria del « big bang » si supponeva che sostanzialmente tutti i nuclei complessi, non soltanto l’elio, venissero costituiti agli inizi dell’universo attraverso un processo di rapida addizione di neutroni.

Inoltre, benché questa teoria predicesse correttamente i rapporti di abbondanza di alcuni elementi pesanti, si cacciava nei guai quando cercava di spiegare perché esistessero in generale elementi pesanti! Come abbiamo già accennato, non esistendo un nucleo stabile con cinque o otto particelle nucleari, non è possibile costruire nuclei più pesanti dell’elio aggiungendo neutroni o protoni a nuclei di elio (He4) o fondendo coppie di nuclei di elio. (Questa difficoltà fu rilevata per la prima volta da Enrico Fermi e da Anthony Turkevich.) Si comprende

facilmente, così, perché i teorici non fossero inclini a prendere sul serio il calcolo della produzione dell’elio offerto da questa teoria.

La teoria cosmologica della sintesi degli elementi perse molto terreno quando furono introdotti perfezionamenti nella teoria alternativa, quella della sintesi degli elementi nell’interno delle stelle. Nel 1952 E.E. Salpeter dimostrò che le soluzioni di continuità in corrispondenza dei nuclei di cinque e otto particelle potevano essere scavalcate nei densi nuclei di stelle ricche di elio: collisioni di due nuclei di elio producono un nucleo instabile di berillio (Be8), e in tali condizioni di elevata densità il nucleo di berillio può colpire, prima di decadere, un altro nucleo di elio, producendo un nucleo stabile di carbonio ( C 1 2 ) . (La densità dell’universo all’epoca della nucleosintesi è troppo scarsa perché questo processo possa aver luogo a livello cosmologico.) Nel 1957 apparve un famoso articolo di Geoffrey e Margaret Burbidge, Fowler e Hoyle, in cui si di-mostrava che gli elementi pesanti possono essere costruiti al-l’interno di stelle, particolarmente in esplosioni stellari come Digressione storica 145

quelle delle supernovae, durante periodi di intenso flusso di neutroni. Ma ancor prima degli anni cinquanta molti astrofisici erano fortemente propensi a credere che tutti gli elementi, tranne l’idrogeno, vengano prodotti nelle stelle. Hoyle mi ha fatto notare che questa tendenza era forse un effetto dello sforzo che gli astronomi avevano dovuto compiere nei primi decenni del secolo per individuare la sorgente dell’energia prodotta nelle stelle. Nel 1940 l’opera di Hans Bethe e di altri aveva chiarito che il processo chiave era la fusione di quattro nuclei di idrogeno in un nucleo di elio; l’adozione di questo punto di vista aveva condotto negli anni quaranta e cinquanta a rapidi progressi nella comprensione dell’evoluzione stellare.

Come dice Hoyle, dopo tutti questi successi a molti astrofisici sembrava una perversione dubitare del fatto che le stelle fossero la fornace in cui avveniva la formazione degli elementi.

Ma anche la teoria stellare della nucleosintesi aveva i suoi problemi. È diffìcile vedere come le stelle potessero costruire una abbondanza dell’elio del 2 5 - 3 0 per cento: la liberazione di energia comportata da questa fusione sarebbe stata molto maggiore di quella che ha luogo in modo graduale nel corso dell’intera vita di una stella. La teoria cosmologica si libera di tutta questa energia in m o d o molto elegante, limitandosi semplicemente ad addebitarne la perdita al generale spostamento verso il rosso. Nel 1964 Hoyle e R.J. Tayler sottolinearono che la grande abbondanza di elio nell’universo attuale non avrebbe potuto essere prodotta in stelle comuni ed eseguirono un calcolo della quantità di elio che sarebbe stato prodotto nelle fasi iniziali di un « big bang », ottenendo un’abbondanza del 36 per cento in peso. Stranamente, fissarono il momento in cui si sarebbe verificata la nucleosintesi a una temperatura più o meno arbitraria di 5 miliardi di gradi Kelvin, nonostante che questo assunto dipenda dal valore scelto per un parametro allora ignoto: il rapporto dei fotoni alle particelle nucleari.

Se avessero usato il loro calcolo per stimare questo rapporto 146 I primi tre minuti

dall’abbondanza di elio osservata, avrebbero potuto predire un fondo di radiazione a microonde attuale con una temperatura press’a poco del giusto ordine di grandezza. È comunque sorprendente che Hoyle, uno dei padri della teoria dello stato stazionario, si dimostrasse disposto a seguire questa linea di ragionamento e a riconoscere che essa forniva elementi a favore di qualcosa di simile a un modello del « big bang ».

Oggi si ritiene generalmente che la sintesi dei nuclei atomici abbia luogo sia a livello cosmologico sia all’interno delle stelle; l’elio e forse pochi altri nuclei leggeri furono sintetiz-zati agli inizi dell’universo, mentre le stelle sono responsabili della produzione di tutti gli altri. Cercando di spiegare troppo, la teoria della nucleosintesi nel quadro del « big bang » aveva perduto la credibilità che di fatto meritava come teoria della sintesi dell’elio.

In secondo luogo, si ebbe un esempio classico di perdita di contatto fra teorici e sperimentalisti. La maggior parte dei teorici non si resero mai conto del fatto che una radiazione di fondo isotropa di 3 °K avrebbe potuto essere rivelata. In una lettera a Peebles datata 23 giugno 1967 Gamow spiegava che né lui né Alpher e Herman avevano considerato la possibilità che la radiazione residua del « big bang » potesse essere osservata, perché all’epoca del loro lavoro sulla cosmologia la radio-astronomia era ancora nella sua infanzia. (Alpher e Herman mi comunicano invece che essi investigarono la possibilità di osservare il fondo di radiazione cosmica con esperti di radar alla Johns Hopkins University, al Naval Research Laboratory e al National Bureau of Standards, ma fu loro risposto che una temperatura di radiazione di fondo di 5 o 10 °K era troppo bassa per poter essere scoperta con le tecniche allora disponibili.) Pare d’altronde che alcuni astrofisici sovietici si fossero resi conto della possibilità di scoprire un fondo di radiazione, ma venissero sviati dal linguaggio usato in pubblicazioni tecniche americane. In un articolo del 1964 Ja. B. Zel’dovich ese-Digressione storica 147

guì un calcolo corretto dell’abbondanza cosmica dell’elio per due possibili valori dell’attuale temperatura di radiazione e sottolineò correttamente che tali quantità sono connesse fra loro perché il numero di fotoni per particella nucleare (ovvero l’entropia per particella nucleare) non varia col tempo. Sviato però, a quanto pare, dall’uso del termine sky temperature

(temperatura del cielo) in un articolo di E.A. Ohm pubblicato nel 1961 dal « Bell System Technical Journal », fu indotto alla conclusione erronea che la temperatura di radiazione era risultata inferiore a 1 °K (L’antenna impiegata da Ohm era quello stesso riflettore a corno di 6 metri che fu infine usato da Penzias e Wilson., in occasione della loro scoperta del fondo di radiazione a microonde!) Questa conclusione, unitamente ad alcune stime piuttosto basse dell’abbondanza cosmica dell’elio, indusse Zel dovich ad abbandonare per il momento l’idea di un universo iniziale caldo.

È chiaro che le comunicazioni fra sperimentatori e teorici erano precarie in entrambi i sensi, non solo dagli sperimentatori ai teorici ma anche dai teorici agli sperimentatori. Penzias e Wilson non avevano mai sentito parlare della predizione di Alpher-Herman quando, nel 1964, cominciarono a controllare il funzionamento della loro antenna.

In terzo luogo, ed è questo a mio avviso l’elemento più importante, la teoria del « big bang » non condusse a una ricerca del fondo di radiazione cosmica di 3 ºK perché era estremamente difficile per i fisici prendere sul serio qualsiasi teoria sulle origini dell’universo. (Parlo anche sulla base di quello che era il mio atteggiamento prima del 1965.) Ciascuna delle difficoltà sopra menzionate avrebbe potuto essere superata con un piccolo sforzo. I primi tre minuti sono però così lontani da noi nel tempo, le condizioni di temperatura e densità allora vigenti ci sono così estranee, che ci sentiamo a disagio quando applichiamo a quegli istanti iniziali le nostre comuni teorie della meccanica statistica e della fisica nucleare.

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E c c o ciò che di frequente ricorre in fisica: il nostro errore non è di prendere le nostre teorie troppo sul serio, bensì di non prenderle abbastanza sul serio. È sempre difficile rendersi conto che i numeri e le equazioni con cui giochiamo alla n o -

stra scrivania hanno a che fare col mondo reale. Peggio ancora, pare spesso che ci sia un consenso generale sulla tesi secondo cui taluni fenomeni non sono argomenti all’altezza dì uno sforzo teorico e sperimentale che si rispetti. Gamow, A l -

pher e Herman meritano enorme credito soprattutto per la loro disponibilità a considerare gli inizi dell’universo con la massima serietà, a sviluppare ciò che le leggi fisiche note hanno da dirci sui primi tre minuti. Eppure nemmeno loro compirono l’ultimo passo, quello di convincere i radioastronomi dell’opportunità di cercare un fondo di radiazione a microonde. L’aspetto più rilevante della recente scoperta della radiazione di fondo di 3 ° K è stato quello di costringerci a considerare seria-mente l’idea che l’universo abbia avuto un inizio.

Mi sono soffermato su questa opportunità mancata perché mi pare che questo sia il tipo più illuminante di storia della scienza. È comprensibile che gran parte della storiografia della scienza si occupi dei suoi successi, di scoperte fortunate, di brillanti deduzioni o dei grandi, quasi magici balzi in avanti di un Newton o di un Einstein. Io ritengo però che non sia possibile capire veramente i successi della scienza se non si capisce anche quanto essi siano sofferti: quanto sia facile essere fuorviati, quanto sia difficile sapere, in ogni circostanza, qual è la prossima cosa da fare.

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