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mico; perciò un chilo di plutonio ha press’a poco l’energia esplosiva di un milione di chili di tritolo.
Il modello del fotone ci permette di capire facilmente le principali proprietà qualitative dell’emissione del corpo nero.
Innanzitutto, i princìpi della meccanica statistica ci dicono che l’energia fotonica tipica è proporzionale alla temperatura, mentre la formula di Einstein ci dice che la lunghezza d’onda di ogni fotone è inversamente proporzionale all’energia del fotone stesso. Di conseguenza, combinando queste due conoscenze, otteniamo che la lunghezza d’onda tipica dei fotoni nella radiazione del corpo nero è inversamente proporzionale alla temperatura. In termini quantitativi, la lunghezza d’onda tipica in prossimità della quale è concentrata la massima parte della energia della radiazione del corpo nero è di 0,29 centimetri alla temperatura di 1 °K, e proporzionalmente minore a temperature superiori.
Per esempio, un corpo opaco a una normale temperatura
« ambiente » di 3 0 0 ° K ( = 2 7 °C) emetterà una radiazione del corpo nero con una lunghezza d’onda tipica di 0,29 centimetri diviso per 300, ossia di circa un millesimo di centimetro. Questa lunghezza d’onda è compresa nella fascia dell’infrarosso ed è troppo grande perché i nostri occhi possano percepirla. La superficie del Sole ha invece una temperatura di circa 5 8 0 0 °K; di conseguenza, la luce da essa irraggiata ha un massimo a una lunghezza d’onda di circa 0,29 centimetri divisi per 5 800, vale a dire circa 5 centomillesimi di centimetro (5 X 10-5 cm) o, che è lo stesso, circa 5 0 0 0 unità angstrom. (Un angstrom, o Å, è pari a un centomilionesimo, o 10-8, di centimetro.) Come abbiamo già accennato, questa lunghezza d’onda è al centro della gamma di lunghezze d’onda che i nostri occhi hanno imparato a vedere grazie a una lunga evoluzione, e che noi chia-miamo lunghezze d’onda « visibili », ovvero luce « visibile ».
Il fatto che queste lunghezze d’onda siano tanto piccole spiega perché la natura ondulatoria della luce venne scoperta non 76 I primi tre minuti
prima dell’inizio del secolo scorso; solo quando esaminiamo la luce che passa per fessure piccolissime possiamo osservare fenomeni tipici della propagazione ondulatoria, come la diffra-zione.
Abbiamo visto come la diminuzione nella densità di energia dell’emissione del corpo nero a grandi lunghezze d’onda sia dovuta alla difficoltà di contenere una radiazione in un volume le cui dimensioni siano inferiori al valore della lunghezza d’onda. Di fatto la distanza media fra fotoni nella radiazione del corpo nero è press’a poco uguale alla lunghezza d’onda tipica del fotone. Ma abbiamo visto anche come questa lunghezza d’onda tipica sia inversamente proporzionale alla temperatura, per cui la distanza media fra fotoni è essa stessa inversamente proporzionale alla temperatura. Il numero di oggetti di qualsiasi genere all’interno di un volume determinato è inversamente proporzionale al cubo della loro distanza media; nella radiazione del corpo nero la norma è quindi che
il numero dei fotoni in un volume dato è proporzionale al cubo