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vuto almeno in parte all’opposizione filosofica incontrata dalla sua opera, ma tutte queste polemiche sono da tempo superate.) Il valore della costante di Boltzmann è di 0 , 0 0 0 0 8 6 1 7 elettronvolt per ogni grado Kelvin. Per esempio, alla temperatura di 3 0 0 0 °K, quando i contenuti dell’universo stavano appena cominciando a diventare trasparenti, l’energia caratteristica di ogni fotone era press’a poco pari a 3 0 0 0 °K moltiplicati per la costante di Boltzmann, ossia a 0,26 elettronvolt. (Rammen-tiamo che un elettronvolt è l’energia acquistata da un elettrone attraversando una differenza di potenziale di un volt. Le energie delle reazioni chimiche sono tipicamente dell’ordine di un elettronvolt per atomo; perciò la radiazione a temperature superiori a 3 0 0 0 °K è abbastanza calda per impedire a una consistente frazione di elettroni di essere incorporati in atomi.) Abbiamo visto che, perché in urti fra fotoni possano pro-dursi particelle materiali di massa m, l’energia caratteristica dei fotoni dev’essere almeno uguale all’energia mc2 delle particelle in quiete. Poiché l’energia caratteristica dei fotoni corrisponde al prodotto della temperatura per la costante di Boltzmann, ne consegue che la temperatura della radiazione dev’essere a tal fine almeno dell’ordine dell’energia di quiete mc2 divisa per la costante di Boltzmann. Per ciascun tipo di particella materiale esiste cioè una « temperatura di soglia », data dal quoziente dell’energia di quiete mc2 divisa per la costante di Boltzmann, al di sotto della quale particelle di questo tipo non possono essere create da energia di radiazione.

Un esempio: le particelle materiali più leggere che si conoscano sono l’elettrone e- e il positone e+. Il positone è l’« antiparticella » dell’elettrone: ha, cioè, carica elettrica opposta (positiva invece che negativa) ma la medesima massa e il medesimo spin. Quando un positone entra in collisione con un elettrone, le cariche possono annullarsi, e l’energia presente nelle masse delle due particelle può manifestarsi come energia pura.

Ecco l’ovvia ragione per cui i positoni sono così rari nella 96 I primi tre minuti

vita quotidiana: non vivono a lungo prima di imbattersi in un elettrone e annichilarsi. (I positoni furono scoperti nei raggi cosmici nel 1932.) Il processo di annichilazione può svolgersi anche in senso inverso: due fotoni dotati di energia sufficiente possono entrare in collisione e produrre una coppia elettrone-positone; in questo caso l’energia dei fotoni viene convertita nelle masse dell’elettrone e del positone.

Perché due fotoni possano produrre in un urto frontale un elettrone e un positone, l’energia di ciascun fotone deve superare l’« energia di quiete » mc2 di una massa di elettrone o di positone. Questa energia è di 0 , 5 1 1 0 0 3 milioni di elettronvolt.

Per individuare la temperatura di soglia alla quale i fotoni abbiano buone probabilità di possedere un’energia così elevata, dividiamo l’energia per la costante di Boltzmann ( 0 , 0 0 0 0 8 6 1 7

elettronvolt per grado Kelvin) e troviamo una temperatura di soglia di 6 miliardi di gradi Kelvin (6 x 1 0 9 ° K ) . A ogni temperatura superiore elettroni e positoni venivano creati liberamente in seguito a urti di fotoni, e dovevano essere perciò presenti in quantità molto elevate.

(Per inciso, la temperatura di soglia di 6 x 1 0 9 o K che abbiamo dedotto per la creazione di elettroni e di positoni dalla radiazione è molto più elevata di ogni temperatura che in-contriamo normalmente nell’universo attuale. Nel centro stesso del Sole la temperatura si aggira attorno a 15 milioni di gradi.

E c c o perché non siamo abituati a vedere elettroni e positoni uscire dallo spazio vuoto quando la luce è molto vivida.) Osservazioni simili si applicano a ogni tipo di particella. È

una norma fondamentale della fisica moderna che per ogni tipo di particella esista in natura una corrispondente « antiparticella », avente identica massa e identico spin, ma carica elettrica opposta. La sola eccezione concerne talune particelle assolutamente neutre, come il fotone stesso, al quale non corrisponde un’antiparticella e che potrebbe essere considerato la antiparticella di se stesso. La relazione fra particella e antipar-Ricetta per un universo caldo

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