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quantità che si conservano dalle condizioni per l’equilibrio termico - per esempio, possiamo rendere la densità delle molecole d’acqua più ioni idrogeno un po’ maggiore o minore di 3,3 x X 1022 molecole per centimetro cubico aumentando o diminuendo la pressione -; perciò dobbiamo specificare tali densità al fine di appurare che cosa c’è nel nostro bicchiere.
Questo esempio ci aiuta anche a intendere le variazioni di significato delle cosiddette quantità « che si conservano ». P o -
niamo che la nostra acqua si trovi a una temperatura di milioni di gradi, come all’interno di una stella: allora per le m o -
lecole o gli ioni è facilissimo dissociarsi, e per gli atomi costitutivi è facilissimo perdere i propri elettroni. Le quantità che si conservano sono allora i numeri di elettroni e di nuclei di ossigeno e idrogeno. La densità delle molecole d’acqua più gli ioni ossidrile in queste condizioni dev’essere calcolata dai princìpi della meccanica statistica anziché specificata in anticipo; ovviamente risulta molto piccola. (All’inferno le palle di neve sono rare.) Di fatto, in tali condizioni si verificano reazioni nucleari; neppure il numero dei nuclei di ciascuna specie è quindi fissato in assoluto ma varia lentamente, tanto che una stella può essere considerata un corpo in evoluzione graduale da uno stato di equilibrio a un altro.
Infine, alle temperature di svariati miliardi di gradi in cui ci imbattiamo agli inizi dell’universo, anche i nuclei atomici si dissociano rapidamente nei loro componenti, protoni e neutroni. Le reazioni hanno luogo con tale celerità che materia e antimateria possono facilmente venir create dall’energia pura o tornare ad annichilarsi. In simili condizioni le quantità che si conservano non sono i numeri di particelle di alcun genere specifico. Piuttosto, le leggi di conservazione si riducono in questi casi a quel piccolo numero di quantità che ci risultano essere rispettate in tutte le condizioni possibili. Si ritiene che siano solo tre le quantità che si conservano di cui è necessario 106 I primi tre minuti
specificare la densità nella nostra ricetta per l’universo primordiale:
1) La carica elettrica. Possiamo creare o distruggere coppie di particelle con carica elettrica uguale e opposta, ma la carica elettrica netta non cambia mai. (Possiamo essere certi della validità di questa legge della conservazione più di qualsiasi altra, perché se la carica non si conservasse la teoria accettata di Maxwell sull’elettricità e il magnetismo non avrebbe senso.) 2) Il numero barionico. « Barione » è un termine generico che include le particelle nucleari, protoni e neutroni, oltre a particelle instabili un po’ più pesanti note come iperoni. Barioni e antibarioni possono essere creati o distrutti a coppie; i barioni possono, anche, decadere e trasformarsi in altri barioni, come nel « decadimento beta » di un nucleo radioattivo, in cui un neutrone si trasforma in un protone, o viceversa. Tuttavia, il numero totale dei barioni meno il numero di antibarioni (antiprotoni, antineutroni, antiiperoni) non cambia mai.
Attribuiamo perciò un « numero barionico » di +1 al protone, al neutrone e all’iperone, e un « numero barionico » di - 1
alle corrispondenti antiparticelle; la norma è allora che il numero barionico totale non muti mai. Il numero barionico sembra non avere alcun significato dinamico, come può averlo la carica; a quel che ci è dato sapere, non esiste nulla di paragonabile a un campo elettrico o magnetico prodotto dal numero barionico. Il numero barionico è una sorta di espediente am-ministrativo, che serve solo alla « contabilità » ; il suo unico significato risiede nel fatto che si conserva.
3) Il numero leptonico. I « leptoni » sono le particelle leggere di carica negativa, l’elettrone e il muone, più una particella elettricamente neutra di massa zero chiamata neutrino, e inoltre le rispettive antiparticelle, il positone, l’antimuone e l’antineutrino. Nonostante la massa zero e la carica nulla, neutrini e antineutrini non sono più fittizi dei fotoni; essi traspor-
Ricetta per un universo caldo
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tano energia e quantità di moto come ogni altra particella. La conservazione del numero leptonico è un altro espediente che ha senso solo dal punto di vista della « contabilità »: il numero totale dei leptoni meno il numero totale degli antileptoni non cambia mai. (Nel 1962 esperimenti condotti con fasci di neutrini rivelarono l’esistenza di almeno due tipi di neutrino, un
« tipo elettronico » e un « tipo muonico », e due tipi di numero leptonico: il numero leptonico elettronico è il numero totale di elettroni più neutrini di tipo elettronico meno il numero delle loro antiparticelle, mentre il numero leptonico muonico è il numero totale di muoni più neutrini di tipo muonico meno il numero delle loro antiparticelle. Pare che entrambi i numeri si conservino in assoluto, ma la cosa non è del tutto certa.) Un buon esempio del funzionamento di queste norme è fornito dal decadimento radioattivo di un neutrone n in un protone p, un elettrone e- e un antineutrino (del tipo elettronico)
ve. I valori di carica, il numero barionico e il numero leptonico di ciascuna particella sono i seguenti:
Il lettore può verificare agevolmente che la somma dei valori di ogni quantità che si conserva per le particelle nello stato finale è uguale al valore per la medesima quantità nel neutrone iniziale. È questo che intendiamo quando diciamo che tali quantità si conservano. Le leggi di conservazione sono lungi dall’essere vuote di contenuto: poiché ci dicono che numerose reazioni (tra cui il processo proibito di decadimento con de-108 I primi tre minuti
composizione di un neutrone in un protone, un elettrone e più di un antineutrino) non hanno luogo.
Per completare la nostra ricetta valida per i contenuti dell’universo in ogni tempo dato, dobbiamo dunque specificare, oltre alla temperatura in quel particolare momento, la carica, il numero barionico e il numero leptonico per unità di volume.
Le leggi di conservazione ci assicurano che in ogni volume in espansione con l’universo i valori di queste quantità rimangono costanti. Pertanto la carica, il numero barionico e il numero leptonico per unità di volume variano in proporzione inversa al cubo delle dimensioni dell’universo. Ma anche il numero dei fotoni per volume unitario è inversamente proporzionale al cubo delle dimensioni dell’universo. (Nel capitolo III abbiamo visto che il numero dei fotoni per volume unitario è proporzionale al cubo della temperatura, mentre, come si è osservato all’inizio di questo capitolo, la temperatura varia in ragione inversa alle dimensioni dell’universo.) Perciò la carica, il numero barionico e il numero leptonico per fotone rimangono costanti e la nostra ricetta può essere definita una volta per tutte specificando i valori delle quantità che si conservano come un rapporto al numero di fotoni.
(A rigore, la quantità che varia in ragione inversa al cubo delle dimensioni dell’universo non è il numero dei fotoni per volume unitario, bensì l’ entropia per volume unitario. L’entropia è una quantità fondamentale della meccanica statistica, connessa al grado di disordine di un sistema fisico. Prescindendo da un fattore numerico convenzionale, l’entropia è data con approssimazione abbastanza buona dal numero totale delle particelle in equilibrio termico, laddove per particelle intendiamo tanto le particelle materiali quanto i fotoni, attribuendo alle varie specie di particelle l’incidenza indicata nella tabella a p. 172. Le costanti che dovremmo usare in realtà per carat-terizzare il nostro universo sono i rapporti della carica all’entropia, del numero barionico all’entropia e del numero lepto-Ricetta per un universo caldo
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nico all’entropia. Anche a temperature elevatissime, però, il numero di particelle materiali è al massimo dello stesso ordine di grandezza del numero di fotoni, per cui non commetteremo un grave errore se useremo come termine di confronto il numero dei fotoni anziché l’entropia.)
È facile stimare la carica cosmica per fotone. Per quel che sappiamo, la densità media della carica elettrica nell’universo considerato nel suo complesso è zero. Se la Terra e il Sole avessero un’eccedenza di cariche positive rispetto a quelle negative (o viceversa) di solo una parte su un milione di milioni di milioni di milioni di milioni di milioni (1036), la repulsione elettrica fra loro sarebbe maggiore della loro attrazione gravitazionale. Se l’universo fosse finito e chiuso, potremmo addirittura elevare questa osservazione al rango di teorema: la carica netta dell’universo dev’essere nulla, poiché altrimenti le linee di forza elettriche cingerebbero all’esterno l’universo, formando un campo elettrico infinito. Ma sia l’universo aperto o chiuso, non si corre comunque il rischio di sbagliare dicendo che la carica elettrica cosmica per fotone è trascurabile.
Anche il numero barionico per fotone è facile da stimarsi.
Gli unici barioni stabili sono le particelle nucleari, il protone e il neutrone, e le loro antiparticelle, l’antiprotone e l’antineutrone. (Il neutrone libero è in effetti instabile, avendo una vita media di 15,3 minuti, ma le forze nucleari rendono il neutrone assolutamente stabile nei nuclei atomici di materia comune.) Inoltre, a quanto ci consta, nell’universo non esiste una quantità apprezzabile di antimateria. (Su questo punto torneremo più diffusamente in seguito.) Perciò il numero barionico di qualsiasi parte dell’universo attuale è essenzialmente uguale al numero delle particelle nucleari. Nel capitolo III abbiamo osservato che nella radiazione di fondo a microonde c’è attualmente una particella nucleare ogni miliardo circa di fotoni (la cifra esatta è incerta), cosicché il numero barionico per fotone è di circa un miliardesimo ( 1 0 - 9 ) .
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I primi tre minuti
Si tratta di una conclusione veramente notevole. Per coglier-ne le implicazioni, consideriamo un tempo passato in cui la temperatura superava i dieci bilioni di gradi ( 1 0 1 3 °K), la temperatura di soglia per neutroni e protoni. A quell’epoca l’universo doveva contenere una grande abbondanza di particelle e antiparticelle, press’a poco in rapporto di parità con i fotoni.
Ma il numero barionico è la differenza fra il numero delle particelle nucleari e il numero delle rispettive antiparticelle. Se questa differenza fosse stata un miliardo di volte minore del numero dei fotoni, e quindi anche un miliardo di volte circa minore del numero totale di particelle nucleari, allora il numero delle particelle nucleari sarebbe risultato superiore al numero delle antiparticelle di solo un miliardesimo. In questa prospettiva, quando l’universo si raffreddò scendendo al di sotto della temperatura di soglia per particelle nucleari, tutte le antiparticelle si annichilarono con le corrispondenti particelle; non rimase che quel minimo eccesso di particelle, un residuo che si sarebbe infine trasformato nel mondo che conosciamo oggi.
La comparsa, nel campo della cosmologia, di un numero
così piccolo come uno su un miliardo ha indotto alcuni teorici a supporre che il numero reale debba essere zero, ossia che l’universo contenga in realtà quantità uguali di materia e di antimateria. Il fatto che il numero barionico per fotone sembri essere uno su un miliardo andrebbe allora spiegato supponendo che, in qualche momento prima che la temperatura cosmica calasse al di sotto della temperatura di soglia per particelle nucleari, si sia realizzata una separazione dell’universo in diversi settori, alcuni dei quali con una limitata eccedenza (di poche unità su un miliardo) di materia sull’antimateria, e altri con una limitata eccedenza di antimateria sulla materia. Una volta calata la temperatura e annichilate tutte le possibili coppie particella-antiparticella, sarebbe rimasto un universo formato da zo-ne di materia allo stato puro e da zone di antimateria a sua Ricetta per un universo caldo
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volta allo stato puro. Il difetto di questa teoria è che nessuno ha rilevato segni di quantità apprezzabili di antimateria in nessuna regione dell’universo. I raggi cosmici che penetrano negli strati superiori dell’atmosfera del nostro pianeta provengono in parte, si ritiene, da aree molto lontane della nostra galassia, in parte - forse - anche dall’esterno della nostra galassia. I raggi cosmici sono formati in grandissima prevalenza da materia, non da antimateria: in realtà nessuno, finora, ha osservato un antiprotone o un antineutrone nei raggi cosmici. N o n osserviamo, inoltre, i fotoni che dovrebbero essere prodotti dall’annichilazione di materia e antimateria su scala cosmica.
Un’altra possibilità è che la densità di fotoni (o, più propria-mente, di entropia) non sia rimasta inversamente proporzionale al cubo delle dimensioni dell’universo. Una simile possibilità potrebbe verificarsi se ci fosse una sorta di allontanamento dall’equilibrio termico, una sorta di attrito o viscosità che potrebbe aver riscaldato l’universo e prodotto fotoni in eccesso.
In questo caso il numero barionico per fotone potrebbe essere cominciato a un qualche valore ragionevole, per esempio intorno a uno, per poi calare fino al presente valore, molto basso, man mano che veniva prodotta una quantità sempre maggiore di fotoni. Senonché nessuno è stato in grado di prospet-tare un meccanismo dettagliato per la produzione di questi fotoni in eccesso. Qualche anno fa tentai di escogitare io un tale meccanismo, ma senza successo.
Nelle pagine che seguono ignorerò tutte queste possibilità
« non standard », supponendo semplicemente che il numero barionico per fotone sia quello che sembra essere: circa uno su un miliardo.
Che dire della densità del numero leptonico nell’universo?
Il fatto che l’universo non abbia una carica elettrica ci dice subito che oggi c’è precisamente un elettrone di carica negativa per ogni protone di carica positiva. Dato che circa l‘87 per cento delle particelle nucleari attualmente presenti nell’univer-112 I primi tre minuti
so sono protoni, il numero degli elettroni è prossimo al numero totale delle particelle nucleari. Se gli elettroni fossero gli unici leptoni presenti nell’universo attuale, potremmo concludere immediatamente che il numero leptonico per fotone corrisponde press’a poco al numero barionico per fotone.
Oltre all’elettrone e al positone esiste però un altro tipo di particella stabile che ha un numero leptonico diverso da zero.
Il neutrino e la sua antiparticella, l’antineutrino, sono particelle prive di massa, elettricamente neutre, come il fotone, ma con numero leptonico pari rispettivamente a +1 e - 1 . Così, al fine di determinare la densità del numero leptonico dell’universo attuale, dobbiamo sapere qualcosa sulle popolazioni di neutrini e antineutrini.
Si tratta purtroppo di informazioni estremamente difficili da acquisire. Il neutrino è simile all’elettrone nel senso che non è soggetto in misura sensibile all’intensa forza nucleare che trat-tiene protoni e neutroni all’interno del nucleo atomico. (Userò talvolta il termine « neutrino » anche riferendomi alla sua antiparticella, l’antineutrino.) A differenza dell’elettrone, tuttavia, il neutrino, essendo elettricamente neutro, non è sensibile neppure a forze elettriche o magnetiche come quelle che tratten-gono all’interno dell’atomo gli elettroni. In effetti i neutrini non danno risposte sensibili ad alcun genere di forza. Rispondono, come qualsiasi altra cosa nell’universo, alla forza gravitazionale, e sono anch’essi sensibili alla debole forza che è responsabile di processi radioattivi come il decadimento del neutrone menzionato in precedenza (p. 107), ma queste forze producono solo un’interazione minima con la materia comune. L’esempio che viene di solito citato per dimostrare quanto sia debole l’interazione dei neutrini è che, se volessimo avere una possibilità apprezzabile di arrestare o diffondere un neutrino dato, prodotto in qualche processo radioattivo, dovremmo collocare sulla sua traiettoria vari anni-luce di piombo. Il Sole irraggia continuamente neutrini, i quali si producono quando i protoni si Ricetta per un universo caldo
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trasformano in neutroni durante le reazioni nucleari che hanno luogo nel suo interno; questi neutrini calano su di noi di giorno con la luce del Sole e salgono verso l’alto di notte, quando il Sole illumina l’altro emisfero della Terra, perché la Terra è per essi del tutto trasparente. L’esistenza dei neutrini fu ipotizzata da Wolfgang Pauli molto tempo prima che venissero osservati, come mezzo per spiegare l’equilibrio energetico in un processo come il decadimento del neutrone. Soltanto verso la fine degli anni cinquanta è stato possibile scoprire direttamente neutrini o antineutrini, producendone in reattori nucleari o in acceleratori di particelle quantità così elevate che alcune centinaia di essi vengono oggi arrestati all’interno delle apparecchiature destinate al loro rilevamento.
Data questa straordinaria debolezza di interazione, è facile capire come quantità enormi di neutrini e antineutrini possano riempire l’universo attorno a noi senza che noi abbiamo alcun indizio della loro presenza. È possibile fissare un limite superiore abbastanza basso al numero di neutrini e antineutrini: se queste particelle fossero troppo numerose, inciderebbero, sia pure in lieve misura, su certi processi di decadimento nucleare deboli, e inoltre l’espansione cosmica andrebbe rallentando con maggiore rapidità di quanto non si osservi in concreto. Questi limiti superiori non escludono però la possibilità che ci siano altrettanti neutrini e / o antineutrini quanti sono i fotoni, e con energie simili.
Nonostante queste osservazioni, i cosmologi suppongono solitamente che il numero leptonico (il numero di elettroni, muoni e neutrini, meno il numero delle corrispondenti antiparticelle) per fotone sia piccolo, molto inferiore all’unità. Questa conclusione viene raggiunta su basi puramente analogiche: il numero barionico per fotone è piccolo; perché dunque non d o -
vrebbe essere piccolo anche il numero leptonico per fotone?
Fra gli assunti che rientrano nel quadro del « modello standard », questo è uno dei meno certi, ma fortunatamente, anche 114 I primi tre minuti
se fosse sbagliato, il quadro generale che ne deriviamo verrebbe modificato solo nei particolari.
È ovvio che quando la temperatura dell’universo superava la temperatura di soglia per elettroni ci fossero grandi quantità di leptoni e di antileptoni, press’a poco altrettanti elettroni e positoni quanti erano i fotoni. In queste condizioni, inoltre, l’universo era così caldo e denso che anche particelle fantasma come i neutrini raggiungevano l’equilibrio termico; conseguentemente, anche i neutrini e gli antineutrini dovevano essere in numero simile a quello dei fotoni. Nel modello standard si suppone che il numero leptonico, ossia la differenza numerica fra leptoni e antileptoni, sia e fosse molto minore del numero dei fotoni. Può darsi che ci fosse un lieve eccesso dei leptoni sugli antileptoni, analogo al lieve eccesso dei barioni sugli antibarioni di cui abbiamo parlato in precedenza, e che tale eccesso sia sopravvissuto fino al nostro tempo. Si aggiunga che neutrini e antineutrini interagiscono così debolmente che un gran numero di essi potrebbe essere sfuggito all’annichilazione; in tal caso esisterebbero oggi quantità press’a poco simili di neutrini e antineutrini, paragonabili al numero dei fotoni. Nel prossimo capitolo vedremo che questa è di fatto l’opinione corrente; sembra però che, almeno per il futuro prevedibile, non ci sia alcuna possibilità di osservare l’enorme numero di neutrini e di antineutrini che si muovono attorno a noi.
Questa, in sintesi, la nostra ricetta riferita agli ingredienti del protouniverso. Si prenda una carica elettrica per fotone uguale a zero, un numero barionico per fotone uguale a uno su un miliardo e un numero leptonico per fotone incerto ma piccolo. Si mantenga la temperatura in ogni tempo dato superiore alla temperatura di 3 °K dell’attuale fondo di radiazione nel rapporto fra le dimensioni attuali dell’universo e quelle corrispondenti al tempo considerato. Si mescoli vigorosamente, in modo che le distribuzioni precise delle particelle di vario tipo siano determinate dalle esigenze dell’equilibrio termico.
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Si ponga il tutto in un universo che si espande, con una velocità di espansione regolata dal campo gravitazionale prodotto da questo mezzo. D o p o un’attesa sufficientemente lunga, questo intruglio dovrebbe trasformarsi nel nostro universo attuale.