V
Falkayn aveva l'impressione di aver cavalcato per tutta la vita. Tutto quel che poteva essergli accaduto prima di allora era un sogno, un'esalazione irreale del suo cranio vuoto... La realtà era l'indolenzimento d'ogni sua cellula, le fiaccature causate dalla sella, la lingua legnosa per la sete, e le palpebre come carta vetrata per il sonno insoddisfatto, ora che la spossatezza aveva scacciato la paura della morte e sola rimaneva una sorta di stupida, animalesca ostinazione a raggiungere il castello di Gilrigor, senza quasi sapere il perché.
Naturalmente fece delle soste durante la notte. Un fastiga era più robusto di un mulo e più veloce di un cavallo, ma di tanto in tanto doveva riposarsi. Falkayn, tuttavia, non aveva osato dormire, ed era sempre rimontato in sella non appena possibile. Ora le sue bestie barcollavano lungo la strada come ubriache.
Girò la testa (le ossa del collo scricchiolarono) e si guardò alle spalle. Gli inseguitori erano comparsi alla sua vista fin da quando il pallido chiarore antelucano li aveva resi visibili. Quand'era stato?... Un secolo prima? No, doveva essere stato meno di un'ora fa, il sole non era ancora spuntato, anche se la tenebra sovrastante era diventata color prugna e le Sorelle erano sprofondate dietro la muraglia dei Kasuniani. Gli inseguitori erano quattro o cinque (difficile esserne sicuri a quella distanza, nella luce crepuscolare) un paio di chilometri dietro di lui; ma si stavano rapidamente avvicinando. Le loro lance formavano punti scintillanti fra le ombre.
Così vicini?
Il concetto gli s'inculcò nel cranio. L'energia sgorgò in lui da qualche fonte insospettata, gli schiarì la mente e gli affinò i sensi. Percepì il vento dell'alba che gli soffiava sulle guance. Lo sentì sospirare tra i cespugli sottili e resistenti lungo il ciglio della strada e intorno agli zoccoli barcollanti del suo destriero; vide i picchi nevosi a occidente che si arrossavano, colpiti dai primi raggi del sole. Tirò fuori di tasca la piccola ricetrasmittente e fece scattare l'interruttore col pollice. — Pronto!
— Davy! — urlò la voce di Schuster. — Che cos'è successo? Stai bene?
— Fino a questo momento, sì, — balbettò Falkayn. — Ma n... non per molto, temo.
— Sono ore che cerchiamo di stabilire il collegamento.
Aveva chiamato la nave mentre fuggiva, per riferire quanto era accaduto, e il contatto era stato mantenuto fino a... — Credo che... che mi sia sentito così stanco, che ho messo via la scatola per un attimo, e poi me ne sono dimenticato. I miei animali stanno per stramazzare al suolo. E... i ragazzi del Santuario mi stanno raggiungendo.
— Nessuna speranza di raggiungere il castello prima che arrivino a tiro dei loro archi?
Falkayn si morse un labbro: — Ne dubito. Non può essere molto lontano, ormai. Soltanto pochi chilometri, ma... Che cosa posso fare? Cercare di correre a piedi?
— No, ti travolgerebbero, ti colpirebbero alle spalle. Ti consiglio di aspettare di piè fermo.
— Quegli archi, Dio!, hanno quasi la stessa portata della mia pistola. E possono attaccarmi da tutti i lati contemporaneamente. Non c'è alcun riparo, qui. Neppure un ciuffo d'alberi in vista.
— Conosco un vecchio espediente di frontiera. Spara alle tue bestie e usale come barricata.
— Non servirà a proteggermi a lungo.
— Forse non sarà necessario. Se sei vicino al castello come hai detto, gli occhi degli ivanhoani dovrebbero distinguere nell'aria i lampi dei tuoi colpi. A ogni modo, è l'unica cosa che posso suggerirti.
— M... m... — Falkayn serrò i denti, e li tenne così per un paio di secondi. — M.... molto bene.
La voce di Schuster tradì una profonda emozione: — Quanto è vero Dio, vorrei essere li ad aiutarti, Davy.
— Non mi dispiacerebbe affatto, — si sorprese a dire Falkayn. Così doveva parlare un uomo che si trovava costretto ad affrontare uno scontro così impari! — Uh, ora devo cacciarmi di nuovo in tasca questa radio, ma terrò aperto l'interruttore. Forse sentirete qualcosa. Fate il tifo per me, eh?
Tirò le redini e balzò a terra. I suoi fastiga rimasero lì, passivi, barcollanti per la fatica. Non senza uno spiccato senso di colpa, tirò avanti la bestia da soma finché il suo naso non fu schiacciato contro la coda della cavalcatura. Poi, rapidamente, regolò il fulminatore sul raggio stretto e perforò loro il cervello.
Si afflosciarono goffamente, come bambole disarticolate; il fastiga da soma esalò una specie di sospiro, come se gli fosse finalmente permesso di dormire, ma i suoi occhi rimasero aperti, orribilmente fissi. Falkayn lottò con il collo e le gambe di ambedue gli animali, cercando di creare una barriera che lo circondasse completamente. Con scarso successo... Ansante, guardò verso oriente. I suoi nemici, intuite le sue intenzioni, si erano messi al trotto, disperdendosi a destra e a sinistra lungo i pendii, fino a quando non si fermarono a impastoiare le loro cavalcature di riserva. Li contò: erano proprio cinque.
Il disco del sole fece capolino sopra il crinale. Presto! Più ci sarà contrasto con l'oscurità del cielo, più sarà visibile il lampo di energia. Falkayn sparò numerose volte, direttamente verso l'alto.
Una freccia si conficcò, vibrando, nella carne del fastiga. Il ragazzo si gettò a terra e rispose sparando. Mancò il cavaliere, che si stava ritirando dopo l'attacco. Rannicchiato dietro la precaria difesa, scrutò rabbiosamente l'orizzonte. Un altro larsano stava per scoccare una freccia contro di lui, a meno di mezzo chilometro di distanza. Falkayn lo prese di mira con cura e premette il grilletto. Dalla pistola uscì un lungo dito biancoazzurro. Un istante più tardi si udì un crack! Il larsano lasciò cadere l'arco e si strinse il braccio sinistro. Due altre frecce gli arrivarono pericolosamente vicine: Falkayn sparò di nuovo, mancando il bersaglio, ma costrinse gli arcieri ad arretrare per un po' oltre il raggio d'azione delle loro armi, il che era già qualcosa.
Non gli restavano molti colpi nel caricatore, però. Se i guerrieri al servizio dei Consacrati avessero continuato nella loro tattica, obbligandolo a sprecare munizioni... Ma sapevano, poi, quanto poche ne avesse? Comunque, non aveva importanza. Ovviamente, non se ne sarebbero andati prima di aver finito il loro lavoro. A meno che non avesse avuto la fortuna di abbatterli tutti, David Falkayn era spacciato. Scopri che accettava questo fatto senza drammatizzare, sperando soltanto di riuscire a trascinare qualcuno di loro sulla strada dell'inferno insieme a lui. Sarà brutto per la mamma e il papà, però, disse tra sé. E brutta anche per Martin Schuster, che dovrà annunciarglielo... sempre che riesca a salvare la pelle.
Due guerrieri gli stavano arrivando addosso lungo un pendio erboso, uno di fianco all'altro. Le loro criniere sbattevano al vento. Quando furono quasi a portata di tiro della loro arma, si divisero.
Falkayn sparò a uno dei due, ma quello si piegò fulmineo e il lampo lo mancò. L'altro scoccò una freccia lungo una traiettoria arcuata. Falkayn sparò anche a lui, ma il guerriero si stava già allontanando al galoppo. La freccia si piantò sul terreno a pochi centimetri dalla gamba di Falkayn, là dove un attimo prima era disteso.
Bella schivata, commentò tra sé, con quel curioso distacco che l'aveva pervaso. Mi chiedo se si siano già imbattuti nel mio tipo di manovra difensiva, oppure se stiano reagendo efficacemente a qualcosa di nuovo. Non mi sorprenderei se questa fosse l'ipotesi giusta. Hanno parecchio cervello, questi ivanhoani. Mentre noi, con tutta la nostra orgogliosa civiltà, non sappiamo come cavarcela davanti a una cosa così semplice come un tabù locale sulle ruote.
Accidenti, ma se analizzassimo a fondo il problema... Altri due guerrieri gli si stavano avvicinando al galoppo sulla destra. Falkayn restrinse il raggio del fulminatore per aumentarne il più possibile la gittata, prese con estrema cura la mira, e sparò. Colpi prima un fastiga, poi l'altro: ferite superficiali, ma dolorose. Entrambi gli animali s'impennarono. I cavalieri riuscirono a dominarli, e fecero dietrofront. Falkayn si girò appena in tempo per sparare agli altri due, ma non riuscì a impedire che gli scagliassero le frecce. Comunque, lo mancarono.
... cercando di capire esattamente quello che fa una ruota, escogitando poi qualche altro accorgimento che funzioni allo stesso modo?
Dov'era finito il quinto larsano, quello a cui aveva tarpato un'ala? Aspetta... il suo fastiga era li, a non grande distanza, ma senza cavaliere. Dov'era il guerriero? Quelli erano tipi che non avrebbero certo rinunciato, soltanto a causa di un braccio fuori uso.
Mi sono guadagnato una buona votazione in matematica e analitica. Me l'hanno detto i miei stessi insegnanti. Ora, perché non potrei ripescare dalla mia memoria qualcosa che ho imparato allora, usandolo come si deve? Scommetto che riuscirei a risolvere il problema, se me lo trovassi davanti a un esame. Molto probabilmente, il guerriero ferito stava strisciando fra i cespugli più alti, cercando di arrivargli il più possibile vicino, per balzargli addosso e pugnalarlo.
Naturalmente, questa non è un'aula d'esame. Non vien fatto di pensare analiticamente, qui. Non certo quando ne va dì mezzo la mia vita, ed è molto strano, davvero, che proprio adesso io stia pensando queste cose. Forse il mio subconscio sta annusando la soluzione.
I quattro cavalieri illesi si erano riuniti a consiglio. A quella distanza sembravano dei burattini, lassù, sul crinale della collina che correva parallelo alla strada, e il cui pendio scendeva a sfiorarne il bordo. Falkayn udiva solo il vento. Il sole, ormai completamente levato, creava una marezzatura d'ombre violette sull'erba grigia. L'aria era ancora gelida; il respiro di Falkayn si condensava in nuvolette di vapore.
Vediamo. Una ruota è essenzialmente una leva. Ma abbiamo già deciso che una leva, di qualunque tipo essa sia, non serve. Un momento!
Un'elica?E come applicarla?D'altra parte, se effettivamente servisse a qualcosa, Romulo Pasqual ci avrebbe già pensato.
E se tagliassimo la ruota in tante fette, montandole separatamente? No, ricordo di averlo già suggerito a Rebo, e lui ha detto che non va, perché guardando di lato l'insieme avrebbe ancora un contorno circolare.
I guerrieri avevano evidentemente concordato un piano. Tolsero le corde dagli archi e li legarono con cura sotto la cinghia della sella. Poi cominciarono ad avanzare verso di lui in fila indiana.
Che altro fa una ruota, oltre a fornire dei vantaggi meccanici? Idealmente tocca il suolo in un solo punto, rendendo mìnima così la frizione. C'è forse qualche altra forma che possa fare lo stesso? Certo, molte altre forme. Ma a che cosa servirebbe una ruota ellittica?
Ehi, ma non si potrebbe avere un supporto truccato, ad esempio un eccentrico inserito in un asse ellittico, garantendo ugualmente una rotazione costante? Mmmm... no, dubito che sia fattibile, specialmente su strade orribili come questa, e avendo a disposizione soltanto la forza dei muscoli. L'intero congegno si sfascerebbe quasi subito.
La prima delle guardie del Santuario si lanciò a galoppo sfrenato. Falkayn prese la mira e aspettò perplesso che il guerriero arrivasse a tiro di un raggio d'intensità sufficiente a ucciderlo. La ricetrasmittente nella tasca di Falkayn produceva degli squittii ovattati, ma ora lui non aveva il tempo di chiacchierare.
Le stesse obiezioni — complicazioni, fragilità, inefficienza — valgono per qualunque altra cosa mi sia venuta in mente, come, ad esempio, un sistema di cingoli azionato da un mulino, mosso a sua volta da uomini e bestie. Forse Romulo riuscirà a mettere insieme qualcosa. Ma sono più che convinto che una risposta c'è, facile e priva di errori.
Rannicchiato dietro il collo del suo fastiga, il guerriero in testa alla fila era quasi a tiro. Sì, era a tiro, adesso! Falkayn sparò. Il lampo colse l'animale in pieno petto. Rotolò giù per il pendio, per molti metri, a causa della velocità acquistata prima di cadere. Il cavaliere era balzato di sella nel momento stesso in cui il suo destriero era stato colpito, prima che il raggio investisse anche lui. Toccò terra con agilità acrobatica, rotolò su se stesso e scomparve tra i cespugli.
Quando Falkayn indovinò le loro intenzioni, aveva già sparato sul secondo fastiga. Questo andò ad abbattersi sulla barriera creata dal primo. Il terzo fastiga arrivò in piena corsa a pochi metri dai primi due, spaventato ma sotto controllo.
— Oh, no, — gracchiò il ragazzo. — Non sarò io a costruirvi un muro!
Lasciò che le ultime due cavalcature superassero la barriera. Mentre giravano intorno ad essa, esponendo i cavalieri al suo tiro, Falkayn ebbe il lugubre piacere di uccidere un nemico. Il quarto guerriero fuggi fuori tiro, balzò a terra e si mise a correre verso gli animali morti, tirandosi dietro il suo fastiga, e mantenendosi prudentemente defilato.
I colpi di Falkayn spazzarono il pendio, ma non vedeva bene i bersagli nella vegetazione, e l'umidità della stagione primaverile impediva alle piante di prendere fuoco. Anche il terzo larsano raggiunse la barriera e tagliò la gola al suo fastiga. L'animale si dibatteva, ma altre mani si protesero dal basso e lo tennero fermo mentre moriva.
Così, tre guerrieri erano riusciti ad appostarsi. Ora, anch'essi si trovavano al riparo dietro una barriera troppo spessa perché lui riuscisse ad attraversarla col suo raggio, e alta a sufficienza da consentir loro di sollevarsi in ginocchio, mitragliandolo di frecce che sarebbero calate su di lui con una traiettoria incurvata. Naturalmente, la loro mira non sarebbe stata perfetta, ma...
Le asticelle cominciarono a volargli addosso. Falkayn si fece il più piccolo possibile, cercando d'infilarsi sotto a uno dei due fastiga che aveva ucciso.
Qualcosa che rotoli... e faccia avanzare regolarmente il carico, e non sia circolare...
Le frecce piovevano intorno a lui. Le punte si conficcavano profondamente nel terreno e nella carne inerte. Il fuoco di sbarramento durò per molti minuti, poi una testa leonina si sporse dall'altra barriera per controllare il risultato dei colpi. Falkayn, il quale aveva previsto una sosta in quell'attacco, balzò a sua volta in ginocchio e lasciò partire un colpo.
A una distanza ravvicinata, e con un raggio così ampio, avrebbe dovuto far centro. Invece falli. Il raggio investi la barriera, sollevando uno sbuffo di fumo oleoso.
Il larsano si tuffò al riparo.
Falkayn aveva fallito il colpo per un sussulto, dovuto al fatto che, all'improvviso, aveva intravisto la risposta.
Strappò fuori la radio dalla tasca. — Pronto! — abbaiò. — Ascoltate, so che cosa dobbiamo fare!
— Qualunque cosa, Davy, — rispose Schuster, come una preghiera.
— Non per me. Voglio dire, per tirare voi fuori dai...
Le frecce ripresero a grandinare. Una fitta lancinante attraversò il polpaccio sinistro di Falkayn, quello sul quale era rannicchiato. Fissò l'asticella che ne spuntava fuori come uno spiedo, incapace per un attimo di capire ciò che era veramente accaduto.
— Davy, sei lì? — gridò Schuster, a mille chilometri di distanza. Falkayn deglutì a fatica. Decise che la ferita non gli faceva poi tanto male. E il nemico aveva cessato di nuovo di bersagliarlo. Anche alle guardie dovevano scarseggiare le munizioni. La strada era disseminata di frecce.
— Ascolti attentamente, — disse alla scatola. Era scivolata a terra, e verso di essa andava un sottile filo di sangue che sgorgava dalla sua gamba. Una parte di lui osservò, oscuramente, che il sangue umano, in quella luce, non aveva l'abituale tinta scarlatta, ma era rosso cupo, quasi nero. Il ritmo del flusso indicava che nessun vaso importante era stato troncato. — Lei sa che cos'è un poligono di larghezza costante? — domandò.
Un larsano azzardò un'altra occhiata nella sua direzione. Quando Falkayn non sparò, il guerriero balzò in piedi per un attimo e agitò le braccia, tornando a tuffarsi dietro la barriera. Falkayn era troppo occupato, per chiedersi il significato di quella manovra.
— Sei ferito, Davy? — domandò Schuster, supplicando. — Non mi sembri tanto in buone condizioni. Ti sono sempre addosso?
— Chiuda il becco, — ribatté Falkayn. — Non ho molto tempo. Una figura di larghezza costante è quella che, posta tra due rette parallele in modo che siano tangenti ad essa su due punti opposti, e quindi fatta ruotare, mantiene sempre le due rette esattamente tangenti alla circonferenza da essa descritta. In altre parole, la larghezza del poligono è la stessa lungo ogni linea che lo taglia passando per il centro. Il cerchio è un membro di questa classe di figure, ovviamente. Ma...
Il larsano dal braccio sinistro bruciacchiato e reso inoperante balzò fuori da una macchia di arbusti sul ciglio della strada. Impugnava un coltello con la destra. Falkayn ne colse il bagliore con la coda dell'occhio, roteò su se stesso e cercò di agguantare il fulminatore che aveva appoggiato al suolo. Il braccio armato del pugnale descrisse un arco nell'aria. Falkayn urlò quando la sua mano fu inchiodata al suolo.
— Davy! — urlò Schuster.
Falkayn afferrò il fulminatore con la sinistra. L'imboccatura dell'arma ondeggiò avanti e indietro. Sparò e mancò il bersaglio. Il guerriero scavalcò la barriera con un solo balzo, sguainando la spada mentre saltava. La lama fischiò. Con tutta probabilità il larsano aveva chiuso gli occhi nel momento in cui il fulminatore sparava, poiché colpi con precisione. L'arma fu strappata dal pugno lacerato di Falkayn.
Il ragazzo strappò fuori il coltello che l'inchiodava a terra, scattò in avanti e caricò impugnando l'arma con la sinistra. La sua voce divenne un grido: — Il cerchio non è il solo! Prenda un trian...
Il suo slancio lo scagliò contro il guerriero larsano. Tentò di pugnalarlo, ma la punta della lama scivolò sulla corazza della guardia. L'aborigeno lo respinse. Falkayn barcollò all'indietro. La guardia si preparò a trafiggerlo con la spada.
— ... triangolo equilatero, — singhiozzò Falkayn. — Disegni degli archi...
Risuonò lo squillo di un corno, la guardia indietreggiò con un ringhio. Sul fianco della collina un arciere si alzò in piedi e scagliò un'ultima freccia contro Falkayn. La gamba ferita del ragazzo cedette. Cadde sulle ginocchia e il dardo ronzò dove lui si era trovato fino a un attimo prima.
Un'altra freccia, scoccata da una diversa direzione, trapassò il petto del guerriero con la spada. Costui, con un gorgoglio orrendo e stonato, crollò sul cadavere di un fastiga. Le guardie superstiti del Santuario indicarono freneticamente i cerchi sulle loro corazze. Ma una pioggia di frecce partita dai cavalieri che stavano arrivando al galoppo da occidente li investi, e l'assalto ebbe bruscamente termine.
Rebo Figlio di Legnor tirò le redini al suo destriero, e i guerrieri della sua casata si arrestarono con lui. Il marchese balzò giù dalla sella appena in tempo per afferrare Falkayn che gli crollò tra le braccia.