55

Nothing Compares 2 U

PRINCE

Daniele era appena uscito quando gli suonò il telefono. Sul display non apparve alcun numero. Solo tre “x” in fila indiana.

– Pronto? Pronto?

– Daniele?

– Sì?

– Indovina chi sono.

– Cazzo,rubens. Dove sei?

– A Bangkok.

– E cosa ci fate lì?

– Cosa ci faccio, vorrai dire. Ho litigato con Marina e sono venuto qui a fare un giro.

– Cosa vuol dire che avete litigato?

– Mi ha beccato in camera con la cuoca del residence. Il resto te lo lascio immaginare.

– E tu cerchi di farti perdonare a Bangkok.

– Cosa dovevo fare? Mi ha costretto ad andarmene, urlando come una pazza isterica. Comunque ti racconto meglio tra una settimana.

– Torni?

– Sì. L’esotismo è molto stancante. Volevo invece sapere da te che succede lì. Mi scrivi di Rocco, di Viola. Non ci capisco niente.

– È una storia un po’ lunga.

– Vedi di non fare cazzate, che potresti ritrovarti a piedi anche tu da un momento all’altro.

– Ora dovrebbe essere tutto più semplice.

– Perché?

– Rocco si trasferisce a Londra per lavoro, e io non ho nessuna intenzione di complicarmi ancora la vita. Non ci ho mai creduto alle storie a distanza.

– Bravo. Stai ritornando il Daniele pragmatico che conoscevo.

– E mo’ che faccio?

– Torna a concentrarti su Viola. Lei è l’ultima persona che merita di essere trascurata.

– Lo so, ma la vedo molto dura.

– È la cosa più bella che hai. Non sciuparla per un capriccio.

Daniele era sul punto di ribattere, quando untu-tu improvviso gli ricordò che stava parlando con l’Estremo Oriente. La linea con la Thailandia era definitivamente interrotta. Conosceva abbastanza bene Rubens per sapere che non avrebbe richiamato.

L’unica cosa che ora gli ronzava in testa era quell’ultima parola. Iniziò a mormorare tra sé.

– Non è stato un capriccio, non è stato un capriccio, non è stato un capriccio, non è stato un capric...

Non riuscì a finire, perché cominciò a singhiozzare. Si nascose in un parco e cercò una panchina su cui accasciarsi. Le lacrime fecero un gran tonfo. La faccia rosso carminio, il naso di fuoco, la bava dei bambini che gocciolava dal mento. Più che un pianto, sembrava un geyser appena esploso di fianco alla casa di Björk. La disperazione di una donna davanti aVia col vento. Per la prima volta perse le coordinate delle sue azioni. Era costretto a pensare, e non era mai stato abituato a farlo. Le azioni agite ritornano a chiederti perché, cosa farai, e dovrai dare loro tutte le spiegazioni.

Si ricompose presto. Era troppo razionale per lasciarsi andare. Aveva perduto Rocco, ma gli restava Viola. Che lo aspettava a casa con i suoi libri e le sue facce da Lolita.

Tornò facendo una grandissima fatica. Strani pesi alle caviglie gli impedivano il cammino. Si fermò a mangiare un hot dog per strada, in uno di quei camion che mandano fumi di crauti e cipolla. Aveva bisogno di energie per ricominciare a essere quello che era stato fino a pochi mesi prima.

Trovò Viola assopita sul divano, davanti a parole sottolineate dell’Orlando furioso. Le sedette accanto. Mise quella testa di bambina sulle sue ginocchia. Lei ebbe appena il tempo di aprire gli occhi, prima di ripiombare nel sonno più assoluto.

Daniele cominciò ad accarezzarle i capelli. Nel silenzio, i suoi sensi di colpa rimbombavano come in una stanza vuota. L’aveva trascurata troppo, ma sentiva che averla tutta per sé non era ancora abbastanza. Voleva il capriccio. Voleva il capriccio. Voleva il capriccio.

I rubinetti si riaprirono. Viola si svegliò stranita, come Giulietta dopo il veleno. Lo guardò e capì.

– Che è successo?

Daniele ci mise tutta la vita a rispondere. Era arrivato il momento di confessare, di ricordare.

– Abbiamo litigato. Anzi, diciamo che è finita.

Silenzio

– Rocco si trasferisce a Londra e non ha nessun senso continuare.

Viola avvertì uno strano dispiacere, che però non era riconducibile a nulla di razionale. Daniele le sorrise, anche se era un sorriso che faceva a cazzotti con i suoi occhi lucidi.

– Quando l’hai saputo?

– Stasera.

– E tu sei a terra.

– Sono solo un po’ triste. Ma ho te, Viola. Vedrai che adesso andrà tutto bene.

Viola tolse la sua testa dalle ginocchia di Daniele e si mise a sedere. La mano sui capelli, i tacchi lontani, una grande, indiscriminata rabbia.

– Allora perché sei ridotto così? Cosa significa questa faccia?

Daniele non diceva niente. Era troppo concentrato nel difficilissimo esercizio di controllare le lacrime.

– Daniele, rispondi. È importante. Per una volta, rispondi. Fallo per me.

Silenzio

Viola cominciò a scalciare le gambe sul divano – i piedi – rischiando di farsi male. L’assenza di parole era la cosa peggiore che Daniele potesse dirle. Provò a rispondersi da sola, in quello che stava diventando un monologo.

– È lui che ti devasta. Lo so. Perché vedo nei tuoi occhi la mia stessa sofferenza. Io non ho che te. E adesso ti ritrovo qui, con una voce che non so riconoscere e che non voglio sentire. Mi hai detto che di Daniele ce ne sono due. E che ognuno non sa niente dell’altro. Come può essere possibile se stai così? Come cazzo fa ad andare tutto bene? Me lo spieghi, eh?

– Viola, stai calma. Io ti amo.

– Tu mi ami solo perché hai paura.

Lo disse, si alzò e andò in camera da letto. Le mani penzolavano giù, attaccate a braccia che lei non riconosceva, che non le appartenevano più.

Daniele si sentì perduto. Provò a inseguirla, ma si fermò sullo stipite della porta, in segno di rispetto.

– Io ti amo perché nessuno mi conosce come te.

Viola scosse la testa. Cacciò Daniele dalla stanza e chiuse la porta. Per non piangere, accese la radio. Si sentiva fredda e ferita. Non poteva esistere un “ti amo” con la faccia triste. Non poteva esistere per una ragazza come lei.

Questo si diceva, mentre una strana frequenza trasmetteva country music. Lolita voleva lasciare Daniele per ripicca. Soldato Jane le suggeriva che adesso avrebbe potuto averlo tutto per sé. Anzi, avrebbe potuto giocare al rialzo, facendolo strisciare, costringendolo alla riconquista. L’avventura con Rocco diventava tutta da scontare, mi hai tradito – perché questo hai fatto – e adesso vedi.

Ma era così sicura che la parentesi fosse già chiusa? Che non se ne potessero aprire altre? Viola vide con chiarezza in che gran casino si era cacciata. Un’acrobazia d’amore, che l’aveva provata duramente. Ma che l’aveva resa più forte. Sì, Viola continuava a non piangere. Resisteva sul suo letto, con le mani dietro la nuca e gli occhi chiusi.

Daniele era davanti alla sala parto. Avanti e indietro, avanti e indietro senza poter bussare mai. Aspettare, la punizione peggiore per chi vuole soltanto vivere. A un certo punto non resistette. Aprì piano la porta. Vide cosa non avrebbe mai voluto vedere. Viola. La sua valigia preferita. Ci metteva dentro cose alla rinfusa, ma con atteggiamento estremamente lucido.

– Vai via?

– Sì. Per qualche giorno. È meglio se ci chiariamo le idee tutti e due, che ne dici?

– Ma io so benissimo cosa voglio.

– Non ero io che piangevo in salotto, poco fa.

Daniele si sentì disarmare. Provò allora ad affrontare il problema di lato, la paura lo rendeva particolarmente reattivo.

– Vai da Alice?

– No, l’ho appena vista e va a finire che litighiamo di nuovo.

– Allora dove?

Viola alzò per la prima volta la testa dalla valigia.

– Barcellona o Madrid, cosa mi consigli?

– Non è fuggendo che si risolvono le questioni.

– Io non sto fuggendo. Mi sto solo riprendendo il mio spazio.

Daniele si sentì spaesato. Uno schiaffo dietro l’altro era l’ultima cosa che si sarebbe immaginato. Sapeva che dire ancora qualcosa sarebbe stato inutile.

– Daniele, io non so se ho ancora voglia di trovarmi in una situazione imbarazzante come quella di prima. Non ha nessun senso. Dobbiamo decidere cosa vogliamo fare.

– Ma io so cosa voglio.

Viola sollevò di nuovo gli occhi dalla borsa.

– Ho detto “dobbiamo”. Io e te. Tu e io. Quello che è capitato stasera deve servire a farci riflettere.

Silenzio

– Anche se niente potrà più essere come prima. Lo sai anche tu.

Viola appariva stranamente serena. Una serenità malata, però. Surreale. Era troppo dolorante per poter stare male davvero. Chiese civilmente a Daniele di dormire sul divano. Lui provò ad abbracciarla, ma dovette ritirare l’offerta.

– Posso telefonarti nei prossimi giorni?

– Solo quando avrai deciso cosa vuoi veramente.

Nessuno dei due riuscì a chiudere occhio.

Viola stette un po’ a navigare su internet, per vedere come fuggire. C’era un treno diretto per Barcellona alle sette e mezzo.

Avrebbe preso quello.