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Cose della Vita
EROS RAMAZZOTTI
Prima del big match, Viola lasciò un messaggio sulla segreteria di Rocco: “Stasera faccio il tifo per te. Se vuoi batterlo, attaccalo sul rovescio. È il suo vero punto debole. Poi domani mi dici com’è andata”.
A sentirla parlare, ispirava tenerezza ed era straniante al tempo stesso. Perché, anche se lei faceva il doppio gioco, non riuscivi a vedere cattiveria nelle sue intenzioni. Se glielo avessero chiesto, senza tergiversare troppo, avrebbe ammesso che Rocco le piaceva.
Meglio comunque che nessuno le chiedesse nulla. Il sogno non ammette risveglio e confidare a qualcuno un tradimento – anche se potenziale, anche se solo un bacio – è già la prima colpa, ammesso che tradire sia una colpa.
Daniele arrivò al club con dieci minuti di ritardo. Inamidato dentro un completo grigio, sembrava “L’Uomo Vogue” in persona. In pochi minuti si mise pantaloncini Fila, calzettoni Adidas, Nike Air Jordan e polo con cerniera Sergio Tacchini. Della serie viva gli sponsor.
Armati e vestiti, Rocco e Daniele raggiunsero di corsa il loro Central Court del Roland Garros. Era il clima ideale per giocare all’aperto: vento leggero, aria tersa, cielo stellato. Il campo bagnato da poco. Fecero qualche palleggio di riscaldamento, conoscersi attraverso gli scambi, lo sport amico della socializzazione. Entrambi avevano un diritto bellissimo: perfetto e scolastico Rocco, sicuro e istintivo Daniele.
Partita. Forse per un po’ di tensione, forse per le troppe banane mangiate nell’ultima ora – il potassio che aveva salvato Michael Chang in un celeberrimo incontro sui campi di Parigi – Rocco si trovò sotto zero a quattro in meno di venti minuti. Eppure la picchiava, la palla. Ma sullo scambio lungo Daniele aveva sempre la meglio. Bisognava cambiare tattica. Provò il serve and volley: tenne i suoi turni di servizio, ma il primo set se ne andò 6-2. La fiducia di quei due game lo fece partire alla grande nel secondo set. Si ricordò del suggerimento di Viola, che scese così in campo contro Daniele per interposta persona. Rocco prese ad attaccarlo sul rovescio, portando a casa spettacolari punti a rete e il secondo set per 6-4. Lo spirito agonistico venne interrotto proprio sul più bello, con l’arrivo dei due giocatori che avevano prenotato il campo per l’ora successiva.
Rocco e Daniele li odiarono a morte: due mummie fuggite dal British Museum e pronte, il giorno successivo, a dirigere il loro ufficio di segretarie. Ma tant’è. Tornarono in spogliatoio con i loro pensieri. Rocco si sentiva vincente, Daniele sapeva che avrebbe potuto batterlo. Non vedevano l’ora di ripetere la sfida, i rivali s’incontrano solo a duello.
Rimasero a bere Gatorade nella piscina del club.
– Era da un po’ che non mi divertivo così. In genere con Rubens non facciamo mai partita. S’incazza troppo.
– Anch’io m’incazzo, ma la prima volta che giochi con qualcuno è più difficile. Sembri subito un povero esaltato.
– Quando si gioca bene ci s’incazza sempre meno.
Rocco pativa i complimenti – almeno così dava a vedere – soprattutto se non aveva confidenza con le persone. Al tempo stesso, sentiva che Daniele lo stava studiando, il colpevole travisa sempre gli sguardi. Provò a cambiare discorso.
– È stato bello l’altra sera, a casa vostra.
Daniele lo guardò sorpreso, ma finì di bere tranquillamente il suo sorso arancione.
– Vero? Viola è veramente entusiasta di te e dei tuoi amici. Non parla d’altro. Secondo me è anche un po’ innamorata.
– Di me?
– Sicuramente non di CarloG.
Rocco stette di nuovo in silenzio, scrutando in giro. Provò ad arrampicarsi sui vetri senza scivolare. Sentiva l’odore di Viola – un profumo speziato alla cannella – che in quel momento lo turbò.
– Le sono simpatico solo perché ho fatto i suoi stessi studi e li ho finiti prima.
– Guarda che la conosco meglio di te.
Tensione. Il sudore – gocce agitate sui ricci non completamente asciutti – ritornò a cadere sulla fronte di Rocco, ma Daniele lo tranquillizzò con lo sguardo. Non c’era minaccia nei suoi occhi. Solo una luciferina intuizione della realtà, e un po’ di voglia di scherzare. Gli acidi lattici non ammettevano discussioni pesanti. Daniele desiderava soprattutto rilassarsi.
– Ti va di bere ancora qualcosa?
– Sì, anche se mi è venuta fame.
– Fame vera o fame di schifezze?
A Rocco vennero gli occhi a forma di patatine. Così corsero alla ricerca di un pub per mangiare porcherie fritte nell’ultimo olio della serata. Si riempirono di wurstel, cipolle e chips inzuppate di maionese. Li condirono con una doppia birra doppio malto. Parlarono di tennis. Della Nuova Zelanda. Di Simona Ventura. Di lavoro. Della gente che vuota il posacenere dell’auto per strada. Di Nick Hornby. Di chi cazzo è Oprah Winfrey. Di ecstasy. Di Alex Del Piero. Della dieta dissociata. Della raccolta differenziata. Dei vini australiani. Dell’orgasmo clitorideo. Delle modelle che forse la danno in giro e forse no. Dei Doctor Marten’s. Della fine degli anni Ottanta. Del fatto che i giapponesi sono tutti uguali e ce l’hanno più piccolo del nostro.
Non parlarono di Viola. Non più. Argomento troppo delicato. Rocco capì che sarebbe stato un verme, a cercarla ancora. Codardo e scorretto. Daniele si sentì positive, per dirla con gli americani, l’inglese alleato dei pubblicitari e di chi fa colazione con MTV. Non era un piano premeditato, il suo. Ma conoscendo meglio l’avversario, gli fece meno paura. A dire il vero, lo interessò più di quanto si aspettasse. Era una persona piacevole. Di quelle che forse non ci litigherai in vacanza, o forse sì ma la lite durerà poco.
Tuttavia era troppo presto per trarre delle conclusioni. L’importante era mettere le mani avanti su Viola, ed era stato fatto. Senza sembrare, almeno così credette, né spocchioso né allarmista. Ma Rocco aveva troppo luppolo in fermento perché potesse capirci qualcosa.
Si salutarono piegati in due, pentiti per aver distrutto un’ora di sport con tutti quegli insulti al fegato.
Quando Daniele tornò a casa, trovò Viola collassata sul manuale di Retorica. Seminuda, struccata, con la bocca socchiusa. Dormiva tutta rannicchiata su un lato. La svegliò di baci e fecero l’amore.