31

Supreme

ROBBIE WILLIAMS

– Dentelli&Associati, sono Rocco, in cosa posso aiutarla?

– Che cos’è che mi avevi promesso almeno una settimana fa?

– Nooo CarloG, ti prego. Basta interviste. L’ultima sui preservativi mi ha veramente sfiancato.

– Macché interviste. Mi devi una serata in discoteca. Non dirmi di no. Vengono anche Marina e Rubens.

– E quando sarebbe?

– Domani sera, così non hai scuse. Vi porto alla serata Vanity Star.

– Vanity che?

– Star. Vanity Star. Non senti come ti riempie la bocca?

– Sarà mica una di quelle sere con le tue drag queen?

– Sarà una di quelle serate con le mie drag queen. E allora? Ti aspetto alle undici a casa mia. Mia zia vuole prima conoscere Rubens per dare la benedizione a Marina.

– A proposito. Come va con zia Irvana?

– È brava, per carità. Ma è troppo fanatica. Una vera fondamentalista del movimento gay e lesbico internazionale.

– Dici?

– Minchia. Parla solo di quello ed è sempre lì a fare petizioni e a scrivere ai giornali. E mi rompe continuamente il cazzo che mi devo fidanzare.

– È normale che si preoccupi. Tu sei tutto per lei.

– Soprattutto perché è grazie a me che ha avuto tutte queste glorie all’associazione.

– Non fare il bastardo.

– È che a volte mi sta sul culo, anche se è mia zia.

– Una volta stava sul culo pure a me. Capita.

L’appuntamento discotecaro condizionò tutte le recensioni filateliche del pomeriggio di Rocco. Scelse di commentare solo i francobolli più kitsch: dai pesci caraibici alle piramidi egizie, senza dimenticare Elvis the Pelvis in tutti i colori. Si rese conto di aver esagerato solo quando il dottor Manzoni gli chiese se era daltonico. Una rivista seria ed eminente come “Il Filatelico” non poteva esibire troppe cromie. Ne andava del prestigio polveroso di tutta l’azienda. Rocco si rifugiò subito nella serie inglese dedicata a Lord Byron, Oscar Wilde e Thomas Sterne Eliot.

– Vede che quando vuole sa essere professionale, giovanotto?

Rocco fece un sorriso daTruman Show – adorava Jim Carrey, lo trovava un talento puro e incompreso – e chiuse lì la questione.

Arrivato a casa, aprì l’armadio per scegliere un look adeguato alla sera dopo. In fondo non doveva fare colpo su nessuno. Il messaggio telefonico di Daniele gli girava ancora in testa: ti aspetto, ti aspetto, ti aspetto. E poi la discoteca non era un luogo a lui congeniale, la musica che nasconde le parole, intollerabile. Preferiva i locali in cui si potesse anche parlare.

Alla fine optò per untotal black che venne apprezzato soprattutto da zia Irvana. Le ricordava suo marito il giorno delle nozze. Cioè il giorno prima del suo funerale. Rocco si mise a sedere sulla vecchia poltrona cui era affezionato. Una poltrona di velluto verde con i braccioli, usurata dal tempo. Marina e Rubens erano già arrivati e facevano i fidanzati appiccicosi, con la necessità di farsi una carezza ogni sette secondi. CarloG continuava a entrare in salotto e a fare la passerella con i suoi cambi d’abito. O meglio, con i cambi di T-shirt. Quella con la scrittaBOYFRIEND WANTED a caratteri cubitali ricevette una vera ovazione: purché la finisse, venne approvata all’unanimità. Stabilito il look del nipote, zia Irvana propose un brindisi al limoncello per benedire il fidanzamento fra Marina e Rubens. Una delle poche unioni eterosessuali che potesse ammettere dai tempi di Carlo e Diana.

CarloG cominciò a urlare e Rocco gli andò dietro – gli amici ti seguono, è il loro mestiere – imitando le baracconate dei matrimoni:BA-CIO BA-CIO BA-CIO. Per non farsi vedere commossa, la zia riempì di nuovo i bicchieri. Al secondo giro erano già tuttihappy-oh-yea. Bisognava andare. Salutarono zia Irvana con un sacco di baci e corsero alla serata Vanity.

Il locale era un po’ fuori città. Una discoteca dimenticata da Dio, rinata solo grazie agliaficionados del genere. Il Vanity, in realtà, era un movimento che attirava due categorie ben distinte. Da un lato, gli zarri che morirebbero senza il sabato in discoteca, dall’altro, la popolazionegay friendly nelle sue varie accezioni:fashion victims, parrucchieri, commessi, avvocati, attori e gente di cultura. Un gran circo. A fare da collante, le drag queen e l’animazione glamour.

La selezione alla porta fu uno scherzo. A CarloG bastò baciare un paio di persone – il bacio finto, condito da un “ciao bello” qualsiasi – per garantire laVIP card a tutti. Rocco osservava in silenzio. Sentiva che sarebbe stata una serata iniziatica, quella. Quasi una notte di legittimazione delle sue ultime trasgressioni. Varcato il guardaroba, gli parve di essere piombato in un girone infernale, tanto era abituato alla normalità: gogo boys sado-maso ancheggiavano alle ragazze in delirio, drag queen dalla parrucca turchese toccavano il pacco ai malcapitati passanti. Era tutto un tuca-tuca tra gioco e perversione. Per l’educato cronista filatelico fu un piccolo shock. Non aveva mai visto uno spettacolo simile. Pensò a tutte le volte in cui aveva preferito il cinema agli insistenti inviti di CarloG, e un po’ se ne pentì. Ma non lasciò trapelare né stupore né turbamento. Anzi, fu il primo a buttarsi in pista. Marina e Rubens furono costretti a staccare i loro cuori di chewing-gum. La calca umana e sudata non lasciava spazio alle effusioni di un certo tipo, solo palpate dirette e sincere. Erano anche le ragazze a fare avance – un gioco nel gioco – senza sentirsi mai zoccole. Rubens non credeva ai suoi occhi e quasi non ci vedeva più, fino a che gli si presentò una sventola di nome Veronica. Giuseppe all’anagrafe. Dall’alto dei suoi tacchi a spillo cominciò a ballargli intorno, fino a lasciare un sonante bacio al rossetto sulla sua bocca. Rubens ci bevve sopra un Negroni – bevi, bevi e tutto sarà più facile – e dimenticò tutto. Rocco spiava le reazioni di Marina, che fu lì lì per esplodere ma riuscì a trattenersi grazie alla forza di volontà. E soprattutto grazie a CarloG: ma è tutto un gioco, non lo vedi, non essere isterica, guarda anche Rocco come si diverte, te l’avevo detto, te l’avevo detto io.

Alle sei in punto, la musica si spense e finirono i giochi. Lamovida si guardava stupita e imbarazzata, in un clima di freddezza postorgasmica. Era come se di colpo non ci si conoscesse più. Le poche persone lucide cercavano di scambiarsi i numeri di telefono, il numero prima del nome, il contatto più importante dell’identità. Rocco si accorse di aver bevuto troppo perché gli stavano venendo strane voglie. L’alcol conciliava particolarmente la sua libido. Ma c’era CarloG cui badare. Era scappato nei bagni urlando di aver avvistato Tom Cruise. Lo trovò che chiedeva ai ragazzi in fila per l’ultima pisciata se avevano visto Cruise Tom. Disse proprio così. Cruise Tom. Come a scuola, o a militare. Rocco lo prese di peso e lo riportò all’uscita. Capì che né lui né CarloG potevano guidare. Non rimaneva che chiedere a Rubens e Marina. Rubens non ci pensò due volte e si fece carico di tutti.

Erano quasi arrivati quando Rocco sentì qualcosa dentro la tasca posteriore dei pantaloni. Un biglietto con un numero di telefono e un nome, il nome dopo il numero. Maschile.

Abbassò il finestrino e lo gettò fuori senza dire niente a nessuno.