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You Have Been Loved

GEORGE MICHAEl

Viola camminò per ore senza pensare a niente.

Qua e là cercava di essere razionale, di ragionare, ma ogni pensiero veniva puntualmente interrotto dalle lacrime. Avrebbe potuto aprire una bancarella a Lourdes. Credette di impazzire. Si sentì abbandonata da tutti i suoi sogni. Quello ricorrente degli ultimi anni – Daniele – e quello delle ultime tre settimane. Sogni che non pensava di avere finché non si erano infranti. Di colpo tutto si era spezzato. L’incantesimo possibile, le parole dolci, l’anno che verrà, le torte, ogni cosa perdeva significato, ogni cosa si scioglieva nelle lacrime. Il rumore dei tacchi, cui non aveva voluto rinunciare prima di uscire, amplificava quel profondo senso di irrealtà.

Viola sentiva il bisogno di sfogarsi con qualcuno, però avrebbe anche avuto bisogno di amiche, per questo. Lei aveva solo compagne di università. E Alice. Le venne in mente Rubens. Era più amico di Daniele che suo, ma gli sembrava leale e soprattutto abitava vicino a loro. Aveva fatto almeno venti volte il giro dell’isolato e si era stancata. Non aveva la lucidità per valutare attentamente la situazione. Agiva d’istinto. Così prese la decisione – non voleva morire sola – e accelerò il passo. Il vento rendeva la sua camminata ancora più triste.

Nel giro di dieci minuti suonò uno dei citofoni più gettonati dalle ragazze della città. Al chi-è stanco e scazzato, Viola si sforzò di sembrare la solita Lolita. Quando Rubens vide quel faccino appassito, trasformò il suo sorriso in un abbraccio paterno. La fece entrare senza chiederle niente e mise su il caffè. La fece sedere e la invitò a riprendere fiato. Poi, con la calma che solo le persone sensibili sanno avere, la invitò a parlare. Si aspettava un banale litigio, gli arrivò una confessione alla dinamite.

– Ti rendi conto? Un uomo.

– Viola, me l’hai già detto tre volte. Ho capito. Quanto zucchero?

– Due e mezzo. Tu lo sapevi, di’ la verità.

Rubens – sotto shock ma troppo abituato a simulare, a mentire – si sforzò di riportare la bilancia in equilibrio.

– Ti sbagli. È un po’ che non ci vediamo. E poi non gli hai lasciato neppure il tempo di confidarmelo.

– Balle. Questa relazione va avanti da almeno due settimane.

Viola si alzò, come al solito prima della guerra, e cominciò a camminare freneticamente. Rubens le stava dietro con passo felpato.

– Ma che ne sai se è una relazione? In fondo si sono dati solo un bacio.

– Ti pare poco? E smettila di difenderlo solo perché è un tuo amico.

Rubens prese Viola con forza e la rimise a sedere sullo sgabello western che aveva abbandonato. Era così poco lucida che non si oppose. Lasciò cadere i tacchi per terra, per sentirne il rumore. Rubens le si avvicinò a un palmo dal naso.

– Adesso dimmi una cosa. A te non è mai capitato?

– Di tradirlo, no.

– Sei sicura?

Viola ripensò a Rocco e rivide il film con DiCaprio per l’ennesima volta, la memoria non la puoi uccidere.

– Sei sicura o no?

– Sì, è successo una volta. Ma non era una cosa importante.

Rubens la guardò come se avesse trovato la quadratura del cerchio. Viola si sforzò di restare seduta, le mani a bloccare le gambe.

– Se anche la sua era solo un’avventura, che bisogno aveva di dirmelo? Non poteva tenersi la sua cazzo di trasgressione per sé?

– Adesso bevi un po’ di caffè, che si raffredda.

Rubens non seppe dire altro. Viola guardò la tazza, ma ci vide riflessa solo la sua disperazione. Cominciò un nuovo pianto, silenzioso e straziante. Rubens stette lì immobile. Passarono almeno mezz’ora senza scambiarsi una parola. Quando la crisi sembrava passata, ripresero il discorso.

– Mettiti nei suoi panni. Non deve essere stato così semplice dirtelo, e la sua lealtà gli fa onore.

– Però non risolve il problema.

– Adesso è troppo presto per parlare. Fai passare un po’ di tempo.

Viola lasciò lo sgabello di nuovo solo. Cominciò a girare scalza per casa, senza sapersi orientare.

– Non servirà a niente. Per capire mi è bastata una parola.

– Non basta una vita, per capire. Quindi smetti di fare l’adolescente viziata e cerca di ragionare.

– Io lo odio e basta.

Rubens tirò fuori dalla tasca un fazzoletto di stoffa e glielo porse.

– Quando si odia non si piange. Si guarda tutti dritto in faccia senza pietà.

Viola era confusa. Rubens aveva ammortizzato la sorpresa in un attimo, per prendere subito in mano la situazione. Avrebbe voluto parlare con Daniele, ma non c’era tempo. Alla prima sosta in bagno di Viola, lo chiamò.

– Lei è qui e mi ha raccontato tutto. Quando ci vediamo facciamo i conti.

– Come sta?

– Diciamo che l’ho vista più felice.

– Passamela un attimo.

– Meglio di no. È troppo tesa. Stanotte ci dorme sopra, e vedrai che andrà tutto a posto. Però dovrai essere molto chiaro con lei, capito?

– Capito. Appena ci vediamo, ti spiego.

– Sarà meglio.

Daniele si sentì più leggero – Rubens lo aveva chiamato, sapeva e lo aveva chiamato – ma durò solo un attimo. Presto apparvero interrogativi in fila apposta per lui. La scaramuccia si era trasformata in una bomba H. A pensarci bene, gli aveva dato fastidio che Viola si fosse rifugiata dal suo migliore amico. Per di più si era pure confidata con lui, mettendolo in una condizione di grande imbarazzo: dire l’onta agli amici, la prima vendetta, o cura. E il fatto che qualcun altro potesse sapere del bacio rendeva la notizia davvero autentica. Niente poteva più essere smentito. Ormai era fatta. Vivere, non pensare. Chiamò Rocco.

– Ho parlato con Viola e le ho detto di te. Cioè, di quello che è successo.

– E adesso lei non è più lì.

– Da cosa l’hai capito?

– Dalla tua voce.

– Infatti se n’è andata, e non so cosa succederà.

– Tu come stai?

– Male. Però ormai è andata così.

– Se hai voglia di uscire, io ci sono.

– Adesso ho voglia solo che lei torni a casa. Poi vediamo.

– Come vuoi tu.

– Ti richiamo io, quando posso.

Intanto, Viola aveva approfittato del bagno per rimettersi a posto il trucco. Uscì più bella dentro e fuori. Rubens le chiese di fermarsi. Rispose di sì, cogliendo in quell’invito la possibilità di una vendetta erotica, la cura, cercava già la cura. Il fiuto infallibile di Rubens lo intuì e dissuase Viola dai suoi intenti senza farglielo minimamente pesare. Playboy e gentiluomo.

– Ti va di conoscere la mia ragazza?

– Adesso?

– Sì, tra cinque minuti.

Viola attese stupita che succedesse qualcosa. Rubens si avvicinò allo stereo e accese la radio. Finalmente ci fu il primo sorriso della serata.

“Amici diPink Link, anche stasera è con voi la vostra amica Marina affiancata, come sempre, dal mitico Tony Mottola. Vorrei cominciare subito con una chicca che riguarda Olivia Newton-John. Pare che, caduta com’è nel dimenticatoio, abbia investito i suoi risparmi in un centro estetico a Santa Monica che si chiama, per l’appunto, Olivia. La cosa più triste è sapere che questo negozio è completamente tappezzato delle sue foto ai tempi diGrease. E indovinate che cosa si ascolta? DaSummer Nights aHopelessly Devoted to You TUTTO IL TEMPO. Lei, in compenso, sta alla cassa a firmare autografi. Ma ve la immaginate? È proprio vero che a noi donne piace farci del male... Ma sentitela qui, Olivia. Questa èXanadu.”

– E così tu stai con la mitica Marina diPink Link? E dove l’hai beccata?

Rubens stette un attimo zitto, chiedendosi se era il caso di cambiare risposta.

– Viola, ma possibile che non la riconosci? Me l’hanno presentata a casa tua, alla cena dopo le vacanze.

– Era l’amica di quello?

– Dài, non ricominciare. Si chiama Rocco.

Viola mise da parte il rancore solo per il suo programma preferito, allegro movente di tante risate solitarie.

– E lei è simpatica?

– Molto.

– A me piace un casino e non pensavo che fosse quella Marina lì, quando l’ho vista. E poi nessuno me l’aveva detto a casa mia.

– Viola, questo programma non lo segue quasi nessuno. Pensa che nemmeno la pagano. Lo fa solo per diletto.

– Per questo mi piace. È spontanea.

Sulla seconda canzone, Viola cominciò a sbadigliare, era spossata, morire stanca. Rubens la convinse che per una volta poteva anche saltare i saluti finali. Per dormire, le offrì il suo letto ad acqua e una T-shirt in cui nuotare. Le massaggiò la schiena fino a farla cadere in un sonno catartico. Poi andò sul divano, per cercare di sorvolare sulla storia appena sentita.

Daniele, a casa, riprese a guardare il muro. Gli faceva compagnia un secondo bicchiere di whisky. La vita si faceva complicata. Ma il progetto che stava imbastendo l’avrebbe resa diversa da tutte.