Fallacia logica
È mattina e piove a dirotto. Seduta sul letto nella stanza rossa, legge qualcosa sul terminale. Crede di essere sola, ma poi si accorge che c’è anche Olla: in piedi davanti alla finestra stretta, scruta la valle. Tossicchia di modo che anche Olla sappia di non essere sola. La bisnonna si volta verso di lei e le dice dolcemente: «Sì, bambina mia?»
Lei legge a voce alta la lettera che ha appena trovato: «Cara Nova, non so che aspetto avrà il mondo quando leggerai questa lettera. Ma tu sì…»
Olla si stringe nelle spalle. Agita il braccio destro ostentando l’anello con il rubino. Come se lo facesse per dimostrare potere. Dice: «Così alla fine hai trovato quello che ti ho scritto».
«Ma com’è andata poi con le macchinette verdi? Sono mai state installate?»
Olla le rivolge uno sguardo intenso e risponde secca: «Passo! Non posso rispondere, Nova, perché se lo facessi, incapperei in una fallacia logica».
«È una fallacia logica anche se ti chiedo come si chiamava il mio bisnonno?»
Olla scuote la testa con fare quasi civettuolo.
«Non ti ricordi?» chiede. «Non sono passati poi tanti anni da quando ti teneva in braccio. Ma il ragazzo a cui pensi si chiamava Jonas e veniva da Lo.»
«Jonas…»
«Non ti ho mai raccontato di quando ci incontravamo alla vecchia malga? Lui arrivava da Lo e io salivo da Nyrud. Allora dicevamo semplicemente ’in montagna’. Ci saremmo incontrati ’in montagna’, dicevamo.»
«Sì, in effetti. E adesso lì c’è solo boscaglia.»
Ma la bisnonna Anna la guarda di nuovo con piglio severo e la redarguisce: «Passo! Se no, di nuovo, incapperei in una fallacia logica. Perché ora il mondo ha avuto una nuova chance».
Agita un’altra volta il braccio sinistro. Il rubino levigato emana guizzanti bagliori.