Notte d’inverno
È seduta in una piccola radura nel bosco sotto uno sfavillante cielo stellato. Con il terminale in grembo, naviga da un sito all’altro per scoprire esattamente cos’è successo al suo pianeta. Vuole vedere i danni. È per questo che si è rifugiata nel bosco. Vuole vedere il mondo che va in pezzi. Non può farlo a casa, nella sua camera, si vergogna. Qualcuno potrebbe entrare e scoprirla. Adesso è ora di smetterla con questi piagnistei, Nova!
Abbassa lo sguardo sull’apparecchio e tocca lo schermo per girare il mondo da un capo all’altro. Trova tutto quello che sta cercando, ogni aspetto della distruzione del pianeta.
Il mondo è sorvegliato da webcam e lei lascia correre lo sguardo su tutte le morene terminali lasciate dal progressivo ritiro dei ghiacciai. Da uno spezzone all’altro rivive la graduale espansione delle zone aride in Africa, America, Australia e Medio Oriente. La verità è quadridimensionale. Coglie nitidi dettagli della natura un tempo così rigogliosa e variegata, per poi assistere, un attimo dopo, a un sistematico processo di appiattimento delle diversità ambientali di interi continenti, paesi e regioni. È facile, la tecnologia è androide e le sue dita danzano esperte sullo schermo; ma è una danza macabra.
Ha accesso a tutti i notiziari del mondo, ai reportage e ai documentari, e le applicazioni scelgono cosa mostrarle a seconda dei criteri che lei imposta, sempre più precisi. Access to everything. No boarders on the planet. Non ci sono più limiti sul pianeta, non ci sono limiti alle percezioni. È online. È imprigionata online.
Ingrandisce e rimpicciolisce le immagini. Il terminale è una macchina del tempo. L’apparecchio ha buoni altoparlanti che consentono alle impressioni sensoriali di raggiungere l’anima anche attraverso le orecchie, ronzando nelle tempie. Non solo vede l’uomo abbattere le foreste pluviali, sente anche le motoseghe. Vede le fiamme divorare tutto quello che le circonda e sente il fuoco crepitare. Vede le terrificanti immagini di uragani e cicloni percependo lo scroscio dell’acqua, l’ululato del vento, il pianto e i gemiti degli esseri umani.
Legge reportage e studi scientifici sulla graduale diminuzione della popolazione mondiale, la decimazione di milioni di persone a causa della fame e delle catastrofi naturali, e la morte di altri milioni nelle ultime, disperate guerre per accaparrarsi quel che resta delle risorse energetiche e ittiche, nonché delle terre fertili. Non ci sono più stati veri e propri censimenti dall’inizio del collasso. Ma si stima che oggi la popolazione mondiale sia ben al di sotto del miliardo.
Nessuno dei paesaggi tra cui vaga è immaginario. Deve solo ricordarsi di tenere sott’occhio le due coordinate del gioco: tempo e spazio. L’Amazzonia anno 1960 non è l’Amazzonia anno 2060. Il Serengeti anno 2080 non è il Serengeti anno 1980. Il pianeta Terra anno 2082 non è il pianeta Terra anno 2012.
L’epoca Anna non è l’epoca Nova.
Torna per un’ultima volta al mondo di un tempo, alle immense foreste pluviali, alle savane e alle barriere coralline. Ecosistemi intatti che non esistono più. È per questo che è tanto straziante vederli brillare sullo schermo. È come se contemplasse le immagini di un altro pianeta e non della sua arida e sterile Terra.
Piange. Spegne il terminale e per un attimo intorno a lei è buio pesto. Ma lassù, nella volta celeste, migliaia di soli lontani disegnano minuscoli buchini nel cielo. Guarda la grande cintura di stelle della via Lattea. Il cielo è pieno di soli come il suo. Ma sono talmente distanti che non la riguardano, non la consolano.
Forse la vita intelligente si trova solo sul suo, di pianeta. E il giorno in cui non ci saranno più esseri umani? Le stelle e gli altri corpi celesti se ne staranno là nello spazio senza che nessuno lo sappia?
Si fa forza e decide di non piangere. Decide di non essere triste. I responsabili di quel che è successo al suo pianeta non si meritano le sue lacrime o la sua tristezza.