La chiave dell’accensione

Anna aveva messo lo smartphone in una tasca del giubbotto blu e stava per andarsene, quando lanciò un’occhiata alle due scatole, COSÈ IL MONDO e COSA FARE? Infilò tutti i ritagli di giornale e le pagine stampate da Internet in due buste di plastica e le cacciò nella tasca del giaccone. Poco dopo era per strada, diretta verso la stazione di servizio, con i bastoni nella mano sinistra e gli sci sulla spalla destra.

Davanti all’autolavaggio c’era una macchina ferma con il motore acceso. Anna piantò gli sci in un cumulo di neve; un attimo dopo una donna con il cappotto giallo si diresse decisa verso la macchina. Teneva un hot dog in una mano e una rivista nell’altra. Anna le gridò: «Stavo giusto per spegnere il motore e buttare la chiave nella neve!»

In men che non si dica aveva inforcato gli sci e si era avviata verso la montagna.

Pensò: stiamo distruggendo il nostro pianeta. Lo stiamo distruggendo noi, adesso.

Qualche giorno prima si era fatta fare un duplicato della chiave della malga di modo che Jonas potesse entrare se arrivava prima di lei. Adesso era curiosa di vedere chi ci avrebbe messo meno. Lui doveva percorrere otto chilometri, lei solo cinque. Ma Jonas era più veloce con gli sci. Non era detto che sarebbe andato più piano se aveva qualcosa su cui riflettere. Anzi, pensò Anna: più veloce è il pensiero, più veloce è l’andatura. E allo stesso modo: più veloce è l’andatura, più veloce è il pensiero.

Mentre sciava, Anna pensò al rapimento in Somalia e alla strana conversazione che aveva avuto con Benjamin quella mattina. Prima di mettersi il telefono in tasca, aveva controllato i quotidiani online e visitato alcuni siti. Aveva letto che le navi straniere avevano catturato molto pesce al largo delle coste somale e che quella poteva essere una delle cause della diffusione della pirateria. Gli stranieri, tra cui gli europei, praticavano pesca di frodo nelle acque somale da molti anni, per un valore di centinaia di milioni di dollari all’anno. La Somalia aveva richiesto all’ONU che le navi da guerra attualmente utilizzate per combattere i pirati fossero usate anche per impedire la pesca di frodo da parte delle flotte straniere… Lesse che la Somalia aveva protestato contro le trivellazioni illegali previste dal Kenya al largo delle coste somale. Secondo la Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare, molti di quei giacimenti petroliferi appartenevano alla Somalia. Erano coinvolte quattro grandi compagnie petrolifere, tra cui la norvegese Statoil. Sul rapimento, comunque, non c’erano novità. Soltanto su un sito lesse che i sequestratori non avevano ancora richiesto un riscatto. Una tipica non-notizia.

Anna salì verso le fattorie più alte con lunghe scivolate. All’ultima tenuta si fermò un momento e rimase come ipnotizzata alla vista di una cassetta delle lettere verde. Non le aveva forse sognate, «scatole verdi» come quella? O erano più simili a distributori automatici? No, non riusciva a ricordare che cosa fossero. Ma forse durante la giornata sarebbe affiorato qualche altro frammento di quello che aveva sognato. In fondo era solo mezzogiorno.

Arrivò al bosco di Liaskogen: lo stesso dov’era stata Nova, seduta sotto le stelle con il suo terminale. Anna si fermò a riprendere fiato, sorridendo tra sé.

Lì c’era il suo nascondiglio segreto, una radura naturale, che in inverno era pressoché libera da ogni forma di inquinamento ottico, visto che era al riparo dalle luci del paese e delle piste di sci. Lì poteva restare nel silenzio più assoluto a scrutare la notte del mondo, proprio come Nova.

E comunque, la vita sul suo pianeta toglieva il fiato più di tutti i corpi celesti inanimati messi insieme. Uno scoiattolo non era forse più straordinario di un buco nero? Una lepre o una volpe non erano più interessanti di una supernova priva di vita?

Capitava che Anna andasse al Liaskogen anche di giorno, se voleva stare sola. Una volta, non molto tempo prima, aveva litigato con Jonas a proposito di quelle che lui chiamava le sue «visioni» e si era sentita così triste che si era rifugiata nel bosco.

Non le era mai successo di incontrare altre persone in mezzo a quegli alberi. Ma caprioli sì. Le erano sempre sembrati creature misteriose, più degli uomini. Non avevano un lavoro. Non andavano a scuola e non dovevano pensare ai compiti. Non avevano casa, né religione o assicurazioni. Non avevano nome né codice fiscale, e non appartenevano a nessuno. Erano, e basta. E tuttavia, non per quello erano meno sensibili.

Cosa si provava a essere nella testa di un capriolo? Era diverso che essere nella testa di un dromedario?

Nel sogno Nova si era trovata nello stesso spiazzo. O meglio: non vi si era trovata, vi si sarebbe trovata da lì a settant’anni, con il suo terminale in mano. Ma c’era anche dell’altro: forse non era un caso che Nova avesse scelto proprio quella radura come suo rifugio personale. Forse era stata Olla a portarcela, un giorno. In ogni modo Anna decise che, se un giorno le fosse capitato di diventare bisnonna di una bambina di nome Nova, le avrebbe mostrato proprio quella radura nel bosco…

Le sembrava che i pensieri avessero iniziato a girare un po’ in tondo, e scoppiò a ridere. Rise talmente forte da spaventare alcune pernici nel sottobosco. Poco dopo si rimise in marcia. Dopo un quarto d’ora arrivò sull’altipiano. L’imponente cima era baciata dal sole invernale e lei contemplò il nudo paesaggio montano davanti a sé.