La malga

Anna entrò nella malga. Nell’ingresso c’era un freddo fastidioso, ma lei accese la stufa e mise a bollire l’acqua per il tè. Era arrivata prima di Jonas, anche quello era un po’ fastidioso…

Certe volte, quando si trovava lì da sola, provava la sensazione di essere in compagnia di uno o più amici invisibili. Ogni tanto sentiva ronzare le voci, ma non tra le pareti, bensì dentro la sua testa. E se era dell’umore giusto, rispondeva a voce alta: «No, non sono d’accordo!», oppure: «Proprio così! L’ho sempre detto!» Le capitava di rispondere così forte da spaventare gli uccellini sull’aia. Se in quel momento fosse arrivato qualcuno, avrebbe creduto che Anna stesse parlando da sola. Lei, invece, non si era mai spaventata per quei moti della sua anima.

E in quel momento, di punto in bianco, sentì la sua voce gridare: «Ester! Come sta Ester?»

Prese in fretta e furia il telefonino dalla tasca del giubbotto. C’era campo. Aprì il suo quotidiano online preferito e questa volta trovò notizie fresche, molte notizie:

Ultim’ora: rilasciati in Somalia l’ostaggio americano e quello egiziano. I due cooperanti hanno raggiunto la frontiera con il Kenya, dove le autorità keniote e il personale del Programma alimentare mondiale si stanno occupando di loro. Solo la norvegese Ester Antonsen è ancora nelle mani dei rapitori nella nazione dilaniata dalla guerra nel Corno d’Africa… Sarah Hames e Ali Al-Hamid (foto) portano le richieste dei sequestratori. In cambio della liberazione dell’ostaggio norvegese, chiedono garanzie da parte della Statoil di non impegnarsi con il Kenya in quelle che definiscono trivellazioni illegali nelle acque territoriali somale… Hames e Al-Hamid descrivono i rapitori come professionali e determinati…

Anna non ebbe bisogno di leggere altro. Telefonò a Benjamin. Dopo pochi secondi lui rispose: «Pronto!»

«Sono Anna. Come va?»

«Non posso stare al telefono, devo tenere libera la linea!»

«Ma hai il sostegno di cui hai bisogno?»

«Devo anche offrirlo. Ester ha una famiglia.»

«C’è lì qualcuno con te, adesso?»

«Non in questo momento. Sono in continuo contatto con il ministero degli Esteri.»

«E nessuno ha parlato direttamente con Ester?»

«No. La cosa che mi preoccupa di più è come sta lei adesso.»

«Certo.»

«Ha sempre sofferto di claustrofobia, sin da quando era piccola. Sai cos’è?»

«La paura degli spazi chiusi.»

«E io, lo psichiatra, non sono stato in grado di guarirla. Quando è a New York, è capace di farsi trenta o quaranta piani a piedi pur di non prendere l’ascensore. Ma adesso devo lasciarti, Anna. Non posso più stare al telefono.»

«Aspetta!»

«Veloce!»

«Fatti forza! Devi cercare di rimuovere gli impulsi negativi! Prendi il telefonino e vai a farti una bella corsa. Devi buttare fuori tutto. Agisci!»

«Sei un bel tipo, Anna. Ma grazie!»

Per fare qualcosa anche lei e non starsene lì a mordersi il labbro, Anna tirò fuori dalla tasca del giaccone le due buste di plastica contenenti i ritagli e le pagine stampate da Internet. All’inizio si limitò ad appoggiarle su una vecchia cassa, ma poi le aprì e sparpagliò i fogli sul tavolo, COSÈ IL MONDO? a un’estremità e COSA FARE? all’altra.

Ogni due per tre andava alla finestra per controllare se Jonas era in arrivo. Da lassù aveva la vista libera per diversi chilometri in direzione sud-ovest; bastava che, attaccata al vetro, guardasse di sbieco verso destra: lui sarebbe arrivato da lì. Però non riusciva a cogliere nessun movimento, nemmeno nel ripido canalone in cui doveva trovarsi Jonas, là in fondo all’orizzonte.

Era pieno giorno, tuttavia il sole era basso, mancava poco al solstizio d’inverno. La luce tagliente era quasi orizzontale rispetto alla finestra e le feriva gli occhi.

Sperava che Ester non fosse rinchiusa in una stanza buia, con le mani legate dietro la schiena e la testa premuta sul pavimento di nuda terra, anche se era quella la scena che si immaginava. Volle comunque credere che i sequestratori la trattassero bene. Decise inoltre di confidare nel fatto che la Statoil avrebbe concesso il prima possibile le garanzie richieste dai rapitori. Altrimenti avrebbe mobilitato la sua organizzazione ambientalista e trovato un modo per darsi da fare subito, l’indomani!

Uno dei ritagli di giornale che aveva davanti trattava proprio della fede e della speranza. Faceva parte della scatola COSÈ IL MONDO?

Secondo le teorie più accreditate, l’universo è nato circa 13,7 miliardi di anni fa. Questo evento prende il nome di «Big Bang». Sarebbe tuttavia una conclusione affrettata far coincidere la nascita dell’universo con il principio di tutte le cose. La grande esplosione può anche aver rappresentato un rapido passaggio da uno stato a un altro.

Nessuno è in grado di spiegare cosa ci fosse «sotto» o «dietro» l’universo. Il mondo è un grosso mistero. Inchinarsi di fronte all’insondabile significa compiere un gesto di tutto rispetto. Scrutare la notte del mondo è comprendere i limiti del nostro intelletto. Al di là di questi orizzonti esistono infinite impossibilità di fede…

Possiamo avere una vita di fede, e dobbiamo poter sperare nella salvezza per questo mondo. Ma non siamo sicuri che ci siano un altro cielo e un’altra Terra ad aspettarci. Non so dire se le forze celesti proclameranno mai un giorno del giudizio: ne dubito. Ma certamente verrà un giorno in cui saremo giudicati dai nostri successori. Se adesso noi ci dimentichiamo di loro, loro non ci dimenticheranno mai.

Scrutare la notte del mondo è comprendere i limiti del nostro intelletto. O anche scrutare la propria interiorità. Anna lo riteneva altrettanto misterioso. Ma si poteva pensare che ci fosse qualche correlazione? Poteva esserci un legame tra tutti i misteri cui assisteva nel fondo della sua anima e tutti quelli celati dietro l’universo fisico che c’era là fuori?