La piscina

Le possibilità erano due. O Anna aveva sognato durante la stessa notte quella serie di eventi collocati in un futuro lontano – e in tal caso tutte le scene variopinte si erano succedute come perle su un filo dal momento in cui si era coricata la sera prima fino al risveglio, quel mattino; oppure era da tempo che andava a pescare i suoi sogni da un unico universo onirico, ma cominciava a ricordarseli solo ora. In ogni caso, il sogno di Olla e dell’anello rosso era della notte appena passata, perché era proprio nel bel mezzo di quello che si era svegliata, e forse era stato sempre quello a ripescare tutti gli altri dall’oblio.

Quale delle due possibilità era più probabile? E di quale era più difficile capacitarsi?

Ce n’era anche una terza, però, e Anna non se la sentiva di escluderla: che tutto ciò che aveva sognato fosse vero. Forse aveva davvero una pronipote nel lontano futuro, una bambina miracolosa, che inspiegabilmente era riuscita a trasmettere le sue impressioni e le sue esperienze alla bisnonna, cioè ad Anna, quando aveva più o meno l’età di Nova nei sogni. C’erano molte cose in natura che l’uomo non comprendeva. Il tempo, per esempio. Che cos’era il tempo?

Una cosa, comunque, era certa: la mamma e il papà di Nova, intenti a impollinare gli alberi da frutto sulle loro scale, non assomigliavano nemmeno lontanamente ai suoi. Avevano un aspetto del tutto diverso e non ricordavano nessuno che Anna conoscesse.

Non rammentava di aver mai visto una donna bella come la mamma di Nova, nemmeno nei film. Ma non aveva neanche mai incontrato un uomo tanto attraente quanto il papà. Quel bagliore nei suoi occhi, così vigili e attenti, era difficile da dimenticare. Anna avrebbe potuto percorrere dieci chilometri a piedi per rivederlo.

O era veggente, e le persone che aveva incontrato in sogno erano persone reali che sarebbero vissute un giorno, nel futuro; oppure la sua fantasia aveva dato vita a due individui ben definiti. Ma cos’era più incredibile? Forse li aveva creati lei!

Se avesse saputo disegnare, sarebbe stata in grado di ritrarre i volti dei genitori di Nova nei minimi dettagli. Se li avesse incrociati per strada, li avrebbe riconosciuti subito e naturalmente sarebbe andata a salutarli. E poi uno dei due, o la mamma o il papà, doveva essere nipote di Anna.

Di nuovo le tornò in mente la lettera che Nova aveva trovato in rete, la lettera scritta al computer da Olla quando era giovane. Che poi era Anna! Tutti quei rimandi tra i sogni le facevano girare la testa.

Coscienza, sogno!

Ma che cos’era la coscienza? E cos’era il sogno?

In bagno, Anna pensò a quella volta che era uscita in giardino e aveva visto la mamma aggirarsi con un lungo metro in mano. Le aveva chiesto che cosa stesse facendo e lei aveva risposto che stavano pensando di scavare in giardino per mettere una piscina. Non era costosa, aveva spiegato, in effetti lei e il papà avevano scoperto che costava molto meno di quanto avessero creduto. Lo sapeva perché avevano chiesto un preventivo.

All’inizio Anna era rimasta a bocca aperta. Poi aveva iniziato a preoccuparsi, forse soprattutto per la salute della madre. Non c’era posto per una piscina in quel giardino! Ma la mamma aveva insistito che ce n’era, eccome, era proprio quello che stava misurando. Naturalmente però avrebbero dovuto eliminare gli alberi da frutto. E le rose e i cespugli di ribes. In giardino avevano anche un’arnia, ma il papà aveva già deciso da tempo di lasciar perdere l’apicoltura.

«L’estate è così corta, Anna. È bello potersi rinfrescare con un bel bagno quando il sole scotta. E poi fa bene.»

Sull’erba c’era un tavolino rotondo con qualche sedia e una panchina bianca; Anna allargò un braccio e invitò la madre a sedersi. Poi si accomodò sulla sedia di fronte in modo da guardarla negli occhi mentre parlavano.

Disse: «Nel calcolo del preventivo avete considerato tutto quello che non ricaverete più dal giardino? Le pere, le prugne, le ciliegie e i ribes? E le rose, se è per quello».

Anna si offrì di aiutarla a fare i conti. Le ricordò che la natura non era solo uno spettacolo bello da guardare. Accennò a quelli che si potevano chiamare i servizi della natura. E già che c’era, ci tenne a sottolineare che lei adorava quel bel prato puntellato di fiori di trifoglio bianchi e rossi esattamente così com’era, adorava girare per il giardino, farne parte, e se la mamma non se n’era accorta, non era ancora cresciuta tanto da aver smesso di arrampicarsi sul pero.

Per essere sicura che la mamma avesse capito quello che intendeva, concluse: «Io qui sto bene».

Nessuno parlò più della piscina.