L’ombrello
Piove a dirotto. Percorre la ripida discesa sotto un ombrello rosso, talmente grande che potrebbe cercarci riparo un intero asilo. Sui pendii dall’altra parte del fiume vede i segni degli smottamenti e scorge la statale che corre sopraelevata rispetto al terreno.
Scende verso l’incrocio dove una volta c’era un benzinaio. Adesso c’è una specie di stazione di posta, dove sono soliti fermarsi gli arabi prima di ripartire alla volta dei valichi. I dromedari si abbeverano mentre gli uomini mangiano e riposano. Nell’avvallamento verso il fiume c’è un grosso falò, intorno al quale si sta scaldando un gruppo di persone.
Protetta dal grosso ombrello, si inoltra a piccoli passi tra la folla: donne dagli abiti neri che scendono fino ai piedi e uomini con tuniche bianche altrettanto lunghe. Lei è l’unica ad avere un ombrello rosso, ed è talmente ampio che in molti devono scansarsi, mentre altri scelgono di infilarsi sotto e salutarla dandole l’occasione di incontrare molti volti simpatici. I bambini non si devono neppure abbassare.
Le persone ridono allegre. Uno degli uomini fa esercizi di destrezza con vecchie lampade a petrolio e le donne e i bambini applaudono. La gente del villaggio vende spiedini di agnello e bevande calde. Alcuni offrono anche impermeabili e coperte di lana. Si paga con monete d’oro.
Lontano dalla folla c’è un ragazzo, disteso nell’erba; Nova chiede a una delle donne vestite di nero se sia malato. La donna lo guarda preoccupata. Annuisce. «Il viaggio è stato lungo», dice in inglese.
Lei si avvicina al ragazzo e pianta l’ombrello nel terreno per ripararlo dalla pioggia. Due delle donne in nero l’hanno seguita. Nova indica la sua casa e dice che il ragazzo può dormire lì.
Le due donne accompagnano il ragazzo su per la collina, sorreggendolo. Sulla porta incontrano Olla e Nova le spiega che il ragazzo è malato. Starà da loro finché sarà guarito. Lo fanno sdraiare nella stanza dei cuscini. Potrebbe aver bisogno di cure. Forse dovranno chiamare un medico.