Capitolo Quarantadue
Prendo il telecomando e spengo il televisore.
Ozzie smette di accarezzarmi il braccio.
Aspetto che faccia la mossa successiva.
«Hai spento.»
«Sì.» Il mio cuore batte all’impazzata.
«Significa che sei pronta per il letto?»
Calma, May, calma. Puoi farcela. «Non proprio.»
Lui emette un lungo respiro. Per un attimo, penso che sia arrabbiato. Ma poi parla.
«In piedi, May.»
«In piedi?» Sono confusa.
«Sì, in piedi. Qui davanti a me.» Si appoggia meglio con la schiena contro i cuscini e sposta un po’ in avanti il sedere, sprofondando nel divano.
Non so cosa accadrà adesso, ma mi alzo comunque.
«Girati verso di me.»
Mi volto.
Lui mi prende la mano sinistra e mi tira finché non mi trovo tra le sue ginocchia.
«Togliti la camicetta.»
Deglutisco a fatica. Stiamo proprio per farlo. Stiamo per fare sesso in questo istante. In questa stanza. Su questo divano. Porca vacca.
Con dita tremanti mi slaccio i bottoni rimanenti. Non ho la forza per fare altro, però. Quando ho finito, le mani mi ricadono lungo i fianchi. Mi manca il coraggio e non sono nemmeno nuda. Mi odio! La testa mi si abbassa sul petto.
Ozzie si siede dritto e mi tira la manica, facendomi scivolare la camicetta di lato. «Toglitela» mi ordina con voce pacata.
Il fatto che non sembri arrabbiato né temibile mi manda fuori di testa. È come se fosse di nuovo il mio capo, che mi fa fare una specie di addestramento. «Togliti la camicia, May. Non farmelo ripetere.»
Un brivido mi corre lungo la schiena e mi scende dritto nel punto tra le gambe. Zam!
Faccio quello che dice perché sono un’idiota.
«Brava» si complimenta con voce bassa, che suona quasi pericolosa.
Rimango in reggiseno e mutandine abbinate, un completino per cui ho speso un occhio della testa l’anno scorso, quando le prenotazioni per i matrimoni abbondavano. Sono così contenta di indossarlo oggi. Sapevo che mi sarei spogliata davanti a Ozzie? Forse. Penso di averci sperato. Dio, sono una ragazzaccia.
«Togliti il reggiseno.» È tornato ad appoggiarsi allo schienale e mi percorre il corpo con lo sguardo. Il televisore è di nuovo acceso, ma è muto. La luce guizza dietro di me. Spero mi faccia sembrare misteriosa e sexy, e non grassa.
Abbasso prima le spalline, elettrizzata nel vedere che il suo rigonfiamento nei boxer si sta muovendo. Lui se lo stringe con una mano, sollevando il bacino. Il gesto mi provoca una scossa in tutto il corpo. Non avevo mai pensato che un uomo che si tocca potesse eccitarmi, ma mi sbagliavo. Mi sbagliavo, sbagliavo, sbagliavo.
Mentre le spalline penzolano, mi slaccio il gancetto dietro. Incrociando le braccia sul petto, mi premo addosso il reggiseno allentato. Rivelare la parte superiore del torace in tutta la sua nudità, con lui seduto lì sotto, è troppo per me. Per togliermelo mi servirebbe molta più sicurezza.
«Lascialo andare, May.»
«Non posso.» Sto tremando di nuovo. Non so se per la paura o l’eccitazione.
«Puoi e lo farai.»
Scuoto la testa ma non riesco a parlare. La paura e l’eccitazione mi hanno bloccato la lingua e non vogliono liberarla.
Lui si sporge in avanti e posa le mani sulle mie cosce. Le sue dita sono calde sulla mia pelle fresca. Risalgono piano lungo i fianchi e la vita, fino ai gomiti.
«Dammelo, May.»
Le lacrime mi brillano negli occhi. «Non posso.»
«Certo che puoi.» Prende l’orlo del mio reggiseno e lo strattona con delicatezza da sotto le mie braccia.
Lo lascio andare perché la gran parte di me vuole farlo, vuole stare nuda con lui. La parte più piccola, quella timida che mi trova carente, vuole scappare a nascondersi, senza guardarsi indietro. Una caduta da quest’altezza può essere molto, molto dolorosa, e non abbiamo nemmeno fatto sesso.
Ora l’unica cosa che mi copre il petto sono le braccia. Perché devono essere così ossute? I miei seni sbucano dappertutto.
Lui si abbandona di nuovo sul divano, portandosi al volto il reggiseno. Chiude le palpebre mentre inspira. «Ha il profumo della tua pelle.» Apre gli occhi e sorride.
Quasi rido. «Inquietante.»
Lui getta da parte il reggiseno e si tira ancora su. Inizia a far scorrere le mani verso l’alto partendo dai miei polpacci, solleticandomi e infiammandomi allo stesso tempo. Mi viene la pelle d’oca ovunque.
«Amo il tuo odore, amo la sensazione che mi dà la tua pelle, il modo in cui mi guardi con quella ruga tra gli occhi.»
«Ruga? Quale ruga?»
Sono troppo distratta per rendermi conto di che cosa ha in mente, finché le sue dita non raggiungono l’orlo delle mie mutandine.
Mi stringo un braccio al petto, mentre con l’altra mano mi copro il pube. «Che stai facendo?»
«Vuoi tenerle?» Si stringe nelle spalle. «Per me va bene.» Si sporge e preme il viso contro di me, sopra le mutandine.
Porca vacca, che cosa…? Oh mio Dio, è… beeeeello.
La mia mano è sempre lì, ma lui sposta il viso finché non riesce a infilare la bocca tra le mie dita. Il suo alito caldo mi giunge attraverso la leggera stoffa lucida, eccitandomi nel punto più sensibile. Penso che sia quanto di più sensuale possa esserci, ma quando lui inizia a muovere la bocca mi rendo conto che mi sbagliavo di moooolto.
Gemo quando le sensazioni cominciano a farmi perdere il controllo. Come ci riesce? Anche lui sta gemendo e sposta la bocca e mi soffia alito caldo dappertutto; sto per avere un orgasmo con ancora le mutandine addosso. Che cavolo? Io non ho orgasmi. Il mio produttore di orgasmi dev’essere rotto. L’ho capito molto tempo fa e mi è stato confermato da ogni ragazzo che ho avuto. Sono semplicemente una di quelle donne che non li raggiunge mai.
La mano che stava cercando di proteggermi da quell’invasione si sposta in alto sul seno. Fingere che non voglia che lui faccia quello che sta facendo è assurdo. Chi voglio prendere in giro?
Lui approfitta della mia resa e mi abbassa gli slip, nascondendo il viso nel mio pube. Non me lo aspettavo proprio.
Emetto un gemito strozzato e abbasso le mani, mettendogliele prima sulla testa e poi sulle spalle. Devo aggrapparmi a qualcosa per non cadere. La sua lingua si insinua tra le mie carni calde e umide e io grido di piacere. Forse dovrebbe intimidirmi il fatto che sono così spontanea e aperta con lui, ma ora sono troppo eccitata per preoccuparmi di qualunque cosa.
Lo sento muoversi mentre continua a leccarmi, ma non mi rendo conto che si sta togliendo i boxer e mettendo il preservativo finché non mi posa le mani sulla vita e si allontana.
Abbasso lo sguardo e vedo la sua erezione puntata verso di me. Ho le mutandine all’altezza delle cosce. Lui mi guarda dal basso con la bocca coperta dei miei umori. Lascio cadere gli slip a terra e me li tolgo.
«Vieni qui» dice, guidandomi sopra di lui.
Metto un ginocchio accanto alla sua coscia sinistra e l’altro alla sua destra.
«Mettitelo dentro» dice, questa volta con voce roca.
Il cuore mi batte forte, ma ho bisogno di sentirlo dentro di me. La sua lingua mi ha davvero mandata su di giri. Basta essere imbarazzata, dimentica di essere nuda sul posto di lavoro! Ne ho bisogno e ne ho bisogno subito.
Quando i nostri corpi entrano in contatto, non sono sicura che funzioni. Lui è troppo grosso e io sono troppo gonfia per quello che mi ha già fatto per eccitarmi. Ma quando lui si spinge dentro di me, dimostra che mi sbaglio, che mi sbaglio di nuovo. Ci entra, ma per poco. Mi abbasso su di lui, gemendo per tutta la discesa mentre mi dilato al massimo.
«Mmmmh…»
È evidente che piace anche a lui. Sorrido all’espressione sul suo viso quando mi sollevo e scendo per un altro affondo.
«May, sei straordinaria…»
Mi piego in avanti e appoggio le mani sul divano, per muovermi con più facilità, come desidero. I miei seni gli sfiorano il volto.
Li prende tra le mani e succhia prima un capezzolo, poi l’altro. La sensazione di sentirlo dentro di me e di sentire anche le sue mani e la sua bocca che mi accarezzano il seno è irreale. Mi muovo più veloce per assecondare il desiderio crescente. Lui mi strizza e palpeggia i seni. I capezzoli mi si induriscono più di quanto abbiano mai fatto.
«Baciami» mi ordina in un sussurro.
Mi chino più che posso, ma non è facile raggiungerlo. Sto per rinunciare, quando lui mi afferra per la vita e mi stende sulla schiena. È sopra di me, ora, con un ginocchio sul divano e l’altra gamba per terra.
«Che stai facendo?» chiedo senza fiato.
Lui sprofonda tutto dentro di me, più a fondo di quanto non fosse prima. «Ti scopo, May.»
Le parole brutali e lo sguardo pericoloso sul suo viso mi provocano un afflusso di energia sessuale. I miei muscoli si tendono al massimo e lo stringo dall’interno. Lui sgrana gli occhi quando lo sente e poi mi morde il labbro inferiore, spingendosi più che può dentro di me.
«Oh mio Dio…» Alzo le gambe e gliele avvolgo intorno alla vita. «Ozzie…» È una supplica. Non so di preciso cosa stia chiedendo, ma spero che me lo dia presto.
I suoi affondi iniziano lenti e rilassati. Ci baciamo, le lingue intrecciate, le labbra premute le une alle altre, la ricrescita della sua barba che mi graffia il mento. Sento i muscoli muoversi sotto la pelle della sua schiena. Muscoli massicci, tesi e gonfi, che ondeggiano a ogni suo colpo, dentro e fuori, che pian piano fanno crescere dentro di me una tensione che prega di essere liberata. Le mie mani scivolano sui suoi fianchi e sui suoi glutei per attirarlo più forte contro di me. Lui capisce alla perfezione il mio segnale e rallenta nel punto più profondo, strofinandosi e tirandosi indietro per poi penetrarmi di nuovo.
Riesco a percepire il momento in cui inizia a perdere il controllo. Il suo sudore inizia a colarmi sul ventre, dove si mescola con il mio. Il suo respiro si fa irregolare. Il suo viso ha un’espressione sia di dolore che di piacere.
«Oh, Ozzie» grido, sentendomi in procinto di esplodere. Non so che ne sarà di noi da questo momento in poi, so solo che non voglio che finisca mai.
«Dai, piccola» dice spronandomi.
Devo muovermi più veloce. Lo chiede il mio corpo. Il mio centro insiste. È l’unico modo. L’unico modo di porre fine a questa dolce tortura.
E poi lui si ferma. Si paralizza. Sprofondato fino alla radice, si ferma con il respiro affannato sopra di me.
«Che stai facendo?»
«Muoviti. Tocca a te» dice.
Rimango lì, sotto di lui, in preda alla confusione. «Come posso muovermi se tu mi stai sopra?»
Lui accenna un’alzata di spalle. «Non lo so. Vedi se lo capisci.»
Se questo lo renderà felice, lo farò. Inoltre, la sensazione del suo enorme pene eretto dentro di me mi sta facendo impazzire. Non potrei restare ferma nemmeno se lo volessi. I miei fianchi si stanno già muovendo.
Tendo il bacino verso di lui. Con quel piccolo movimento, provo una sensazione acuta ma stupefacente dentro di me. Scostarmi e rifarlo lo fa accadere una seconda volta. Allargo di più le gambe.
«Così, piccola…»
Non ho bisogno del suo incoraggiamento, ma le sue parole mentre mi premo contro di lui mi fanno sentire scatenata. Animalesca. Un po’ selvaggia. Mi muovo con più urgenza contro di lui, rispondendo alla richiesta che proviene dal mio essere più primitivo. Con ogni spinta verso di lui, lo accolgo più a fondo dentro di me, finché il mio punto più sensibile si strofina contro il suo corpo, mentre il suo pene mi colma.
«Oh mio Dio» esclamo mentre un lento incendio inizia ad ardere.
«Oh, sì. Dai, bellissima, dai.» Lui si spinge contro di me quando io mi protendo verso l’alto. Ci incontriamo al centro e lo sento diventare sempre più grosso dentro di me.
E poi ho come l’impressione di annegare. Un fuoco intenso divampa tra le mie gambe. Lui lo percepisce e inizia a spingere più forte, più veloce. Gli vado incontro, colpo dopo colpo, ogni affondo mi conduce più vicina al limite.
«Ozzie! Ozzie!» Mi aggrappo a lui, temendo che sarò perduta per sempre se lo lascio.
«Vieni per me, piccola, vieni!» grida.
Si spinge dentro di me fino al limite e poi il suo corpo inizia a sussultare. Non riesco più a resistere. Urlo e mi stringo a lui come se ne andasse della mia vita. Sto cadendo dall’orlo di un precipizio buio e non posso trattenermi. E finalmente arriva: l’orgasmo che non ho mai sperimentato prima, di cui ho sempre letto nei romanzi d’amore.