Capitolo Ventidue
Sono tutti intorno al tavolo dove l’altra sera abbiamo mangiato lo stufato. Ci sono alcune cartelline davanti a ciascuno e una caraffa di acqua ghiacciata al centro. Il mio bicchiere è già pieno, una cortesia di Dev.
«Un’offerta di pace» spiega, mettendomelo davanti e facendomi l’occhiolino.
«Offerta di pace accettata» rispondo, prima di bere un sorso e ricambiare l’occhiolino. Il mio livello di stress si abbassa di qualche grado. Forse, dopotutto, non coverà rancore nei miei confronti.
«Bene, diamo un’occhiata alla pratica Harley» esordisce Ozzie, voltando la copertina della cartellina che ha davanti.
Apro la mia copia e ci trovo degli appunti. Una rapida scorsa al foglio mi rivela che il dipartimento di polizia di New Orleans ha assunto questi consulenti, l’agenzia Bourbon Street Boys Security, perché lo aiutasse a infiltrarsi in una banda locale con lo scopo di raccogliere dati che potessero condurre a qualche arresto. L’operazione è chiamata “Operazione Harley” perché era il soprannome di Ozzie quando portava la barba e i vestiti di pelle.
Devo mordermi il labbro per impedirmi di ridere. Quella barba era tremenda. Gli lancio uno sguardo di sfuggita per vedere se riesco a immaginarmelo ancora barbuto, ma non ci riesco. È troppo carino per essere l’uomo orrendo che mi ha salvata la settimana scorsa.
«Come tutti sapete, a causa di circostanze impreviste…» Tutti a parte Ozzie mi guardano. «… Siamo stati costretti a farmi uscire di scena. Thibault e io abbiamo discusso dell’opportunità di tirarci fuori del tutto, ma abbiamo deciso che non sarà necessario.» Alza lo sguardo. «Mi piacerebbe poter salvare questo progetto. Ci abbiamo investito molto.»
Mi faccio un appunto mentale di chiedere a qualcuno come ho fatto di preciso a incasinare ogni cosa. È andato tutto a rotoli solo per il fatto che sono entrata in quel bar? Ne dubito. Probabilmente è stata quella barba. Persino i criminali sanno che qualcosa di tanto brutto non può essere normale.
Lucky prende la parola. «Non abbiamo più nessuno all’interno, però. Come facciamo a ottenere una qualunque informazione?»
Ozzie chiude la cartellina e mi guarda, posando il palmo della mano sul tavolo davanti a sé. «Speravo che potessimo riprovare raccogliendo informazioni tramite un’azione di sorveglianza. So che i detective che lavorano al caso ci hanno provato, in precedenza, ma credo che dovremmo pianificare un intervento nostro.»
Oh, merda. Credo sia qui che entro in scena io. Sarà la mia penitenza per aver mandato a monte il suo stupido costume da barbuto? Mi agito sulla sedia, attirando tutta l’attenzione su di me.
«È possibile» conferma Lucky. «Che cosa avevi in mente?»
«La sera in cui dovevi arrivare a farmi da supporto…» Ozzie guarda Dev in cagnesco. «… ho scoperto dove si trova uno dei loro trafficanti più grossi. È dalle parti di Burgundy. Ci ho fatto un salto questo fine settimana. Abbiamo delle chance.»
«Hai in mente foto o video?» domanda Thibault.
«Entrambi. E magari anche qualche orecchio. Vedremo. Mi serve il parere di Toni.»
Lei annuisce. «Favorevole. Quando?»
«Tu e Bo Peep potreste andarci oggi, se ce la fate.» Sta guardando Toni, non me.
Alzo la mano.
Tutti mi guardano come se fossi impazzita.
«C’è qualcosa che vuoi aggiungere?» chiede Ozzie.
«A dire il vero, ho una domanda. E sentiti libero di chiamarmi May, a proposito.» Sorrido. «Mi stavo solo chiedendo: se oggi devo andare con Toni, che cosa dovrei fare di preciso?» Traccio una M invisibile sul tavolo davanti a me, cercando di mostrarmi il più indifferente possibile. Se ci sarà bisogno che porti un’arma, non farò questa cosa che sta pensando, qualunque sia.
«Solo un rapido giro in macchina» spiega Toni. «Niente di che. È solo per farci un’idea della zona, vedere di che tipo di proprietà si tratta, i migliori punti da predisporre per osservare quello che succede, cose così.»
«E con quello che succede intendi…?» Disegno una A e una Y invisibili sul ripiano del tavolo, per completare la mia piccola distrazione. Non crollerò. Non lascerò che il mio viso diventi paonazzo.
Lei si stringe nelle spalle. «Qualunque cosa. Se ci sono persone che si fermano da quelle parti, se avvengono scambi, feste di compleanno… qualunque cosa.»
Faccio un cenno affermativo, domandandomi se stia sorvolando di proposito sulle situazioni più pericolose o se non ce ne siano proprio. Suona abbastanza innocente. Un giro in macchina. Quanto ci vorrà? Cinque secondi?
«Forse posso farcela» dichiaro, annuendo con sicurezza.
Ozzie tira fuori una seconda cartellina da sotto la prima. «Bene. Proseguiamo. Abbiamo un nuovo incarico, questa volta da parte di un privato. È la cartella “Operazione Blue Marine” davanti a voi. Lucky, la affido a te per ora. Fammi sapere se dobbiamo assumere degli esterni.»
«Esterni?» chiedo.
«Persone che possiedono capacità che noi non abbiamo» mi spiega Thibault.
«Tipo cosa?»
«Soprattutto esperti informatici» specifica Lucky. «Io so gestire i dati finanziari, ma quando si tratta di entrare in profondità…» Muove su e giù le sopracciglia con aria allusiva. «Sono ancora al livello base.»
Confermo di aver compreso con un cenno. Mia sorella è un’esperta di computer, ma è così occupata che non ha mai tempo per lavoretti extra. Minaccia sempre di licenziarsi e di fare la freelance, ma so che non lo farà mai perché ha troppa paura di non guadagnare abbastanza per mantenere i bambini. Non si può contare sul suo ex perché paghi la sua parte di conti. Non perché non sia in città, ma perché è un miserabile stronzo che preferisce spendere per la sua nuova ragazza piuttosto che per la sua ex moglie e per i bambini.
«Di che lavoro si tratta?» domanda Dev.
«Appropriazione indebita di beni aziendali. Un’impresa di accessori nautici. Non si tratta di una grossa somma, a una prima analisi, ma non si sa mai.»
Fanno tutti cenni affermativi, come se ci fosse una storia segreta dietro quel commento.
«Qualcos’altro?» chiede Thibault, spingendo indietro la sedia.
«Solo Bo Peep. Sapete tutti di chi parlo. È in prova per 90 giorni, quindi assicuratevi di fare il possibile per metterla al corrente di ogni cosa.»
«Le mostrerò l’attrezzatura» dice Toni, facendomi un cenno.
Ricambio, lasciando in sospeso il commento su Bo Peep per dopo. Penso di preferire May “Polpetta” Wexler. È meno offensivo. Più o meno.
Si alzano tutti. Mi sbrigo a fare altrettanto.
Ozzie parla di nuovo. «May, resta per un minuto.»
«D’accordo. Certo.» No, non mi agiterò perché devo rimanere qui da sola con lui.
Fingo che sia di vitale importanza che le mie cartelline siano allineate su tutti e quattro i lati mentre la squadra esce in fila. Thibault è l’ultimo ad andarsene e chiude la porta della cucina dietro di sé.
Ozzie si schiarisce la gola, così io alzo lo sguardo.
«Senti, non volevo trattenerti, ma dovevo… ehm… scusarmi.»
Si è pentito di quel che ha fatto. Lo sapevo. Un dolore acuto mi pugnala al cuore. Ahi.
«Scusarti?» Il mio tono è del tutto indifferente. «Per cosa?»
«Per l’altra sera.» La sua espressione è più cupa di quel che vorrei. Cavolo, fa male.
«Non essere sciocco, non c’è nulla di cui scusarsi.» Agito la mano tra di noi e faccio una smorfia, come se fosse impazzito.
«Sono stato inopportuno e non avrei dovuto fare quel che ho fatto.»
«L’aragosta era un po’ esagerata, ma ti perdono. Posso andare ora? Sono impaziente di fare questa cosa del giro in macchina con Toni. Penso che lei e io andremo molto d’accordo.» Lascio le cartelline sul tavolo e inizio ad avviarmi verso la porta. Mi terrò le lacrime di rimpianto per questa sera, quando berrò del vino da sola.
«Non sto parlando dell’aragosta.»
«Aragosta, vino, un bacio di commiato… quel che è. Per me fa lo stesso.» Esco e chiudo la porta alle mie spalle prima che lui possa vedere il mio viso contrarsi dal dolore.
Quando arrivo alla porta con la serratura elettronica, sono ancora quasi padrona di me stessa. Ci sono già passata: un uomo si trastulla con me e poi se ne pente. Immagino di essere irresistibile, a volte, e questo è il prezzo da pagare. Maledizione. Lui mi piaceva proprio.
La porta si apre prima che possa iniziare ad andare nel panico per il fatto che non conosco il codice.
Dev è lì, sorpreso di vedermi. «Non mi sparerai di nuovo, vero?»
«No, a meno che tu non stia per colpirmi con un bastone.» Indico la serratura. «Mi è concesso di conoscere il codice?»
«Oh, sì, scusa. Immagino ti servano sia questo sia quello qui fuori. Ti serviranno anche quello per aprire il portone esterno, il portafucili e l’armadietto delle apparecchiature fotografiche.»
Rovisto in borsa, cercando una penna.
«Non puoi scriverli. Devi memorizzarli.» Indica il tastierino. «Questa è la mia porta, perché sono quello che colleziona le spade che vedi in questa stanza. Quindi il codice è D-E-V-1. Le lettere sono sopra i tasti numerici.» Chiude la porta e fa un cenno verso il tastierino. «Vai e prova.»
Premo i tasti e la porta scatta.
Lui mi dà una pacca sulla schiena, spingendomi in avanti. «Ben fatto, Bo Peep. L’altro lato è il dominio di Thibault. Il codice per la stanza principale del magazzino è T-B-O-1. Capito?»
Faccio segno di sì. Usciamo e ci chiudiamo la porta alle spalle. «Prova» mi ordina Dev.
Digito T-B-O-1 e la serratura fa click.
«Vai a gonfie vele, baby.» Dev apre la porta ma poi lascia che si chiuda. Da dove siamo indica un tastierino accanto al portone da cui entrano le macchine. «Quello laggiù appartiene a Toni. Perché? Non lo so. Il codice è T-O-N-1. Puoi chiudere quando te ne vai. Tutti noi abbiamo un telecomando. Non ne avrai uno finché non avrai terminato il periodo di prova.»
«E il portafucili e quegli altri posti?» chiedo mentre scendiamo.
«Te li può dire Toni. Io devo scappare.»
«Qualcuno che aspetta una bastonata in fronte?» Rido per la mia battuta idiota.
«Sì, mio figlio. Mia mamma può badare a lui solo per due ore, quindi devo andare a riprenderlo.»
Mi fermo, sorpresa dalla sua risposta. «Hai un figlio? Di quanti anni?»
«Quattro, ed è una peste e mezza.» Sorride con orgoglio. «Ma non vorrei fosse diverso.»
Mi si accende una lampadina in testa. Quindi era di questo che parlava quando si lamentava con Ozzie perché aveva delle responsabilità. Da quel che ricordo, Ozzie non sembrava molto comprensivo. Senz’altro sapeva che Dev si riferiva a suo figlio…
«Buona fortuna là fuori.» Dev alza una mano e io provo a dargli un cinque, ma lo manco.
Lui mi dà due pugni leggeri sul braccio. «Due per aver sbagliato. Riprova.» Questa volta vado meglio e lui mi fa l’occhiolino. «Ci arriverai.» Sta già correndo attraverso la stanza prima che io possa rispondere.
«Non costringermi a elettrizzarti di nuovo!»
Ride mentre sale in macchina e io sorrido per tutto il tragitto fino al punto dove Toni mi sta aspettando con sguardo corrucciato.