Capitolo Ventuno
Dopo aver ricevuto nuove istruzioni da Ozzie tramite messaggio, due giorni dopo, di lunedì, mi presento al magazzino per il mio primo giorno di lavoro. Felix rimarrà a casa a badare a se stesso. È abituato. Spesso ho giornate piene, allo studio. Sono piuttosto certa che sonnecchierà per tutto il tempo, fino al mio ritorno.
Sono un po’ sorpresa di riuscire a trovare il magazzino, anche se ci sono stata pochi giorni fa. Sembra che sia trascorso tutto in un turbine. Ho già superato il fatto che Ozzie mi abbia baciata. Non è stato altro che una conseguenza del troppo vino. Non lo guarderò nemmeno in maniera strana, quando lo rivedrò. Ora è il mio capo e, proprio perché è il mio capo, non toccherò più le sue labbra o il suo corpo meraviglioso.
Quando mi accosto al magazzino, Thibault mi fa segno di portare dentro la macchina. Tutti gli altri hanno parcheggiato fuori.
«C’è qualcosa che non va?» chiedo dopo aver abbassato il finestrino.
«Solo un suggerimento per mantenere un basso profilo. Parcheggiala lì.» Indica un angolo buio a destra, in fondo al locale. Non avevo nemmeno notato che esistesse quando sono stata qui in precedenza. Questo posto è enorme.
Quando esco dall’auto, tutti tranne Ozzie si trovano al centro del grande spazio. Lui non si vede da nessuna parte. La luce del sole penetra dalla parete aperta del deposito, ma viene tagliata fuori piano quando il portone scorrevole si chiude.
«Benvenuti a tutti» esordisce Thibault. «Oggi è il primo giorno di May insieme a noi, perciò pensavo di darle un’infarinatura di quello che facciamo prima della nostra riunione mattutina.»
Annuisco a tutti, ricevendo dei cenni di risposta. Dev mi sorride, così come Lucky. Toni è più seria. La rispetto per questo. Sembra molto professionale e, da quel che posso dire, se la sta cavando bene in questo mondo piuttosto maschile. Mi domando quanto riesca a calciare in alto con quegli stivali di pelle nera che indossa.
«A chi tocca per primo?» domanda Dev.
«A te.» Thibault gli fa un cenno con il capo. «Spiegale solo le basi.»
Dev si strofina le mani. «D’accordo, diamoci dentro.» Fa un rapido inchino. «Considerami il tuo insegnante di educazione fisica.»
Sorrido, ricordando l’uomo paffuto e stempiato che indossava ampi pantaloni della tuta e portava un pallone da basket sottobraccio alle scuole superiori. Mr. Pritchard era così gentile.
L’espressione di Dev si fa cupa. «Solo che sono diverso da qualunque insegnante di educazione fisica tu abbia avuto in passato.»
«Puoi dirlo forte» mormora Toni.
«Vediamo di cosa sei capace.» Mi fa segno di avvicinarmi. «Vieni qui e colpiscimi.»
Rido per un attimo prima di rendermi conto che è serio. Come tutti gli altri.
«Colpirti?» Mi stringo la borsetta al fianco, felice di aver lasciato a casa Felix. A Felix non piace la violenza, di alcun tipo, e non posso biasimarlo.
«Sì. Colpiscimi.» Si indica il petto. «Sferrami il tuo colpo migliore.»
Mi acciglio. «Non ti colpirò.»
«Perché no?» Si piega un po’ in avanti, portando la testa alla stessa altezza della mia.
«Perché… non mi piace colpire le persone.»
«E che ne dici delle persone che sono pronte a colpire te?» Afferra un bastone da un tavolo lì accanto e lo tiene sollevato. «Ti piace colpire loro?»
«Se mi picchi con quel bastone, te ne pentirai.» La mia mano scivola dentro la borsa. Non sono propriamente nel panico, perché sono sicura che Dev sia un bravo ragazzo e che stia solo dicendo fesserie, ma ciò non significa che non gli elettrizzerò quelle stupide chiappe con il Taser se prova a colpirmi con quell’arma. Che razza di comitato di accoglienza è questo, a ogni modo? Mi aspettavo caffè e ciambelle, non colpi di bastone.
Lui sorride. «Bene. Ha l’atteggiamento giusto. Mi piace.» Si sposta in avanti.
«Non sto scherzando, Dev.» Faccio un passo indietro. Sembra serio, ma non può esserlo, vero? Do un’occhiata agli altri e vedo che ci stanno osservando con attenzione. Nessuno di loro sembra sconvolto o divertito. Per loro è lavoro.
Si muove più in fretta di quanto mi aspettassi; due falcate e mi si para davanti. Il bastone si alza.
Mi accuccio quando scende, chiudendo gli occhi e preparandomi all’impatto. Ti prego non colpirmi, ti prego non colpirmi, ti prego non colpirmi.
Il bastone si ferma a un pelo dal mio braccio e io apro un occhio, solo per controllare che sia tutto a posto.
«Non ti stai muovendo» osserva lui. Sembra frustrato.
Ora ho entrambi gli occhi aperti e mi raddrizzo. «No. Spero che questa faccenda finisca presto.»
Toni sbuffa.
Scorgo l’espressione beffarda sul suo viso e mi infiammo tutta all’istante.
Al diavolo questo vile gesto sfrontato. Che cavolo. Non sono venuta qui per farmi bastonare. Chi pensa di essere, a minacciarmi così? Sa che ho mangiato un’aragosta con il capo due giorni fa e che ci siamo scambiati un bacio appassionato sui gradini di casa mia?
Dev si sposta più vicino. «Non finirà finché non capirai quanto sia seria.»
«Vaaaa bene.» Lo guardo negli occhi, facendo scattare con il dito la sicura del Taser dentro la borsa. Bastardo. Costringermi a usare il Taser. Le batterie sono costose. Lo so perché ho dovuto sostituirne una quando una volta mi sono colpita per sbaglio un piede. Ricevere una scarica del Taser fa un male infernale, perciò non sarà affatto contento di me, dopo.
«Stammi a sentire, piccola Bo Peep… Ti colpirò con questo bastone a meno che tu non faccia qualcosa per difenderti.» Mi guarda con compassione negli occhi. Tutti gli altri sono muti come tombe. «Non è un gioco. Giochiamo per vivere. Funziona così. I lavativi vengono feriti e non voglio che succeda sotto la mia responsabilità.»
«Vorrei tanto che non lo facessi» dico, cercando di sembrare il più debole possibile. In parte è una finzione, in parte è proprio come mi sento. Recitare il ruolo della dura non è mai stato nel mio repertorio. Odio essere spinta a farlo. Perché sta capitando il mio primo giorno? È la peggior giornata di formazione che mi sia mai toccata.
«Cercherò di non lasciarti un livido troppo grande.» Il bastone si solleva, quasi al di sopra della sua testa, poi inizia a scendere. Questa volta sono sicura che non si fermerà.
Di scatto, tiro la mano fuori dalla borsa e gli spingo il Taser contro il petto. Un folle grido di battaglia mi esce dalle labbra mentre mi rannicchio e aspetto che il dolore causato dal bastone mi raggiunga. «Uuuaaaaaah!»
Tutto il mio corpo si contrae e il dito preme il grilletto del Taser. I dardi vengono sparati dall’estremità. E si scatena l’inferno.
A Dev schizzano gli occhi fuori dalle orbite.
Lascia cadere il bastone, che sbatte a terra accanto ai nostri piedi.
Il rat-tat-tat-tat-tat di diverse migliaia di volt di scarica elettrica fanno un bel contrappunto alle convulsioni che iniziano a scuotergli il corpo qualche secondo dopo.
«Che diavolo sta succedendo qui?!» urla Ozzie dalla cima delle scale.
«Porca vacca, l’ha colpito con il Taser!» Lucky è paralizzato dallo stupore.
Dev grugnisce, getta gli occhi all’indietro e comincia ad accasciarsi.
Balzo di lato per evitare di essere schiacciata. I fili che partono dall’estremità del mio Taser si tendono con il movimento.
Lucky scatta in avanti e afferra il braccio di Dev per rallentare la sua caduta.
Crollano entrambi per terra a peso morto, Dev sopra il suo stupido bastone, Lucky sopra Dev, che sta gemendo come un elefante ferito, i miei fili attorcigliati tutt’intorno.
Mi stringo la borsa al petto, il Taser in una mano, le chiavi nell’altra.
«Oh mio Dio, non posso crederci! Gli ha davvero fritto il culo!» Toni inizia a ridere.
«Ehi, non è divertente.» Thibault sta scuotendo il capo mentre guarda prima Dev e poi me.
«Mi dispiace. Mi dispiace davvero.» Riesco a malapena a pronunciare le parole, per quanto sono imbarazzata. Mi sento orribile. «Il grilletto era molto più sensibile di quel che mi aspettavo.» Forse dovrei farlo controllare. Due scariche per sbaglio non sono un bene. Giuro che non volevo colpirlo sul serio. Avevo in programma di dissuaderlo dal picchiarmi e basta. Accidenti.
Lucky si alza e gira Dev sulla schiena. I fili lo tengono ancora collegato alla mia pistola. Sì, i dardi gli si sono conficcati proprio nella pelle, non solo nei vestiti. Oops.
«Perché diavolo Dev è per terra con i dardi di un Taser piantati nel petto?» Ozzie è a pochi passi di distanza, con le mani appoggiate sui fianchi.
«Le stavamo dando le prime nozioni» spiega Toni, «proprio come ci hai detto di fare.»
«Sono piuttosto sicuro di non aver detto di farla arrabbiare al punto da spingerla a colpire Dev.» Si massaggia la nuca. «Stai bene, vecchio mio?»
Dev cerca di rispondere, ma gli unici suoni che emette sono grugniti e gemiti. Rovescia di nuovo gli occhi all’indietro.
«Ozzie, mi dispiace.» Riesco a guardargli il mento. Non gli occhi, solo il mento. È abbastanza vicino da non far notare a nessuno che sono una codarda. «Non volevo fargli male.»
Le parole gli escono come un ringhio. «Non ti scusare.» Guarda Thibault di traverso. «Sei tu quello che dovrebbe parlare adesso.»
«D’accordo, va bene, va bene. Mi assumo tutta la responsabilità.» Alza le mani in segno di resa. «Abbiamo discusso prima che lei arrivasse e abbiamo deciso di vedere se possedeva un qualche istinto di autoconservazione.»
«E che cosa avete stabilito dopo questo piccolo esperimento?» Ozzie guarda tutti, uno per uno.
Toni alza le spalle. «Io dico che ce l’ha.» Si gira, così Ozzie non può vedere che sta sorridendo.
«Penso che probabilmente ci saremmo dovuti arrivare da un’altra angolazione» commenta Lucky.
«Oh, ma davvero?» Ozzie indica Dev. «Tiralo su e togligli quei maledetti dardi dal petto. E se si lamenta, dagli uno scappellotto in testa.»
«D’accordo, capo.» Lucky si puntella sulle gambe per aiutare Dev ad alzarsi. Dopo qualche passo falso, sono entrambi in piedi, Lucky con il braccio sotto la spalla di Dev, per sorreggerlo.
Dopo che ho rimosso le cariche dal Taser e le ho consegnate a Lucky, iniziano ad allontanarsi, ma si fermano dopo qualche passo. Dev gira la testa e parla da sopra la spalla. Le sue parole sono un po’ confuse:
«Voglio la rivincita. Mi ha imbogliato».
Ozzie emette un brontolio. «Stronzate, non ti ha imbrogliato. Ti ha fatto fesso. Una bella differenza.»
Potrei giurare di aver sentito dell’orgoglio nella voce di Ozzie, ma non permetterò che mi dia alla testa. Mi sento malissimo. Non riesco a pensare a un modo peggiore per iniziare il mio nuovo lavoro. Dev non mi perdonerà mai.
Ozzie indica le scale con il pollice. «Quando avete finito di bighellonare, di sopra c’è una riunione che ci aspetta.»
«Non c’è momento migliore del presente.» Toni alza la mano mentre mi passa accanto. «Dammi il cinque, sorella. Ben fatto.»
Sbatto il palmo contro il suo con delicatezza. Non voglio sembrare troppo entusiasta di aver sforacchiato il torace di Dev e avergli sparato tutti quei volt.
Thibault ci raggiunge e si ferma davanti a me. «Ti dispiace se lo prendo?» Mi tende la mano e guarda la mia arma ormai scarica.
Gli metto il Taser in mano. «Certo. Scusa se ho sparato al tuo amico.»
Thibault sorride. «Non scusarti. Ha avuto quel che si meritava. La prossima volta ci penserà due volte prima di minacciarti con un bastone.»
«Spero che non ci sia una prossima volta.»
«Oh, ci sarà… fidati.» Si allontana per salire di sopra.
Ma che cavolo! Ha intenzione di colpirmi di nuovo? Mi serve il mio Taser. Mi domando se le batterie possano essere una spesa rimborsabile legittima. Non credo dovrei pagare di tasca mia per proteggermi dai colleghi matti.
Ozzie e io rimaniamo insieme al piano terra, a distanza di qualche passo.
«Presumo che questo sia il momento in cui ti do il benvenuto nei Bourbon Street Boys e ti spiego dove appendere la giacca.»
Faccio una risatina. «E credo sia il momento in cui io dovrei dire che sono contenta di essere qui e che non vedo l’ora di iniziare.»
Sorride. «Che ne pensi se ricominciamo e questa volta lo facciamo nel modo giusto?»
«Mi sta bene.»
Mi indica gli attrezzi da palestra. «Puoi appendere la giacca laggiù, ovunque trovi un gancio. Benvenuta nei Bourbon Street Boys. Seguimi. Abbiamo una riunione tra cinque minuti.»
Lo seguo, con il viso in fiamme. È gentile e non è arrabbiato perché ho elettrizzato il suo dipendente. Forse questa giornata non sarà un completo schifo, dopotutto.
«Sono davvero contenta di essere qui. Non vedo l’ora di cominciare.»
Lui ridacchia ma non ribatte. Saliamo le scale insieme ed entriamo nella stanza piena di spade ninja.