Epilogo
«Cosa stai facendo?»
Nick si svegliò e la trovò al buio in cucina in punta di piedi.
«Sto guardano l’oceano.»
Era l’unica stanza della casa da cui si poteva vedere. Proprio lì tra un paio di palazzi c’era il loro pezzetto di oceano, e anche se era piccolo e doveva mettersi in punta di piedi per vederlo, Alison lo faceva tutti i giorni, e anche quella notte doveva vederlo.
Sua madre era stata felice, ovviamente.
Era felice di prendersi cura del bambino mentre Alison era a lavoro, ma soltanto un paio di sere se Alison faceva il turno di notte, perché Rose era impegnata anche a rifarsi una vita.
E, ovviamente, i genitori di Nick non l’avevano presa così bene – quella svergognata australiana che aveva allontanato il loro figlio dalla sua vita – ma lei e Nick avevano passato un paio di mesi nel Regno Unito e i suoi genitori erano andati a trovarli e sarebbero tornati tra tre settimane per il parto.
«Torna a letto» disse Nick.
Aveva lavorato la notte precedente ed era stato sveglio tutto il giorno, cercando di trasformare un armadio in una stanza per il bambino. Ma, cosa più importante, aveva amato quell’ultimo trimestre. Chi avrebbe pensato che la gravidanza potesse essere così sexy?
«Si sono rotte le acque» disse Alison. «Mezz’ora fa.»
«E non mi hai svegliato?»
«Volevo farlo…» disse Alison alzando le spalle «… c’è ancora un po’di tempo.» E lui sentì la sua voce tremare un po’ e anche al buio riusciva a vedere le lacrime brillare nei suoi occhi, il che voleva dire che era spaventata. E anche se non voleva che lo fosse, accettava che a volte potesse esserlo.
«Quanto manca?»
«Secoli» disse Alison.
«Su.» Nick la riportò a letto perché qualcosa in lui voleva che il resto del mondo restasse fuori in quel momento, non voleva telefonare in ospedale o alle famiglie in trepidante attesa. Voleva un altro po’ di tempo solo per loro.
E la sorprendeva sempre. Ogni mattina, ogni notte, la sorprendeva, perché era suo.
Come quella mattina.
Non aveva mai creduto in lei, in lui, in loro, così totalmente.
Aveva pensato al parto, a come sarebbe stato ed era pronta, pensava, a ogni eventualità, alle medicine, all’epidurale e persino al cesareo, se fosse stato necessario.
Stare a letto, con lui al suo fianco, senza fretta.
Essere abbracciata e baciata per le prime due ore, perché non era vietato in nessun libro, e di certo non erano baci sensuali, solo conferme.
E più tardi, con tutto quel dolore, lui sarebbe stato lì con lei, per starle vicino in silenzio. Non voleva muoversi, non voleva lasciare il loro piccolo nido.
Nick, che fino a quel momento era stato contrario ai parti in casa, pensò per un attimo di non rispettare le regole e di avere il bambino a casa.
«Dobbiamo andare in ospedale. Dobbiamo proprio andare adesso.» Nick si alzò dal letto, andò in garage a prendere la macchina, telefonò in ospedale e la aiutò a scendere le scale.
Sentiva l’aria salata sulle labbra e il fresco del mattino.
«Ci rimprovereranno» disse Nick mentre entravano al reparto maternità.
Il sole stava sorgendo e lei era pronta a partorire. «Ti rimprovereranno» disse Alison. «Sei tu il dottore!»
Ma non lo fecero, perché tutti amavano Nick.
L’ostetrica era calma e poco invadente, ma Alison era felice che fosse lì ed era felice di sentire la voce di Nick.
«Su, Alison, manca poco, ancora un po’ e la testa verrà fuori.» L’ostetrica le teneva la gamba e Nick teneva la testa del bambino, ed era successo tutto così naturalmente, molto meglio di quanto si aspettasse. E spingeva più forte che poteva finché lui le disse di fermarsi.
Un momento dopo la bambina era lì ed era stato Nick ad aiutarla a partorire.
«È perfetta.»
Lo era.
Bionda e longilinea proprio come suo padre, e Alison già la amava.
«È più di quanto ti saresti aspettato?» chiese Alison, ma Nick scosse la testa.
«Più di quanto abbia mai sognato.»
Distolse gli occhi da sua figlia e poi guardò Alison.
«E nel tuo sogno» chiese Alison, «tua figlia aveva un nome?»
«Marta.»
«Marta?»
Alison scosse la testa, ma si fermò quando capì che anche quello era il suo sogno.
Quella fu la loro più grande avventura.