4

Nick era riuscito a resistere due giorni.

Due giorni in cui aveva cercato di non notare come il suo collo si tingesse di rosa non appena le rivolgeva la parola. Due giorni passati a ignorare il profumo dei suoi capelli, quando le loro teste casualmente si avvicinavano sopra un paziente.

Due giorni passati soltanto a parlare, a mantenere le distanze, finché un giorno, dopo che Alison aveva assistito un paziente ubriaco ed era stata costretta a togliersi gli abiti e a farsi una doccia, aveva avuto la visione di lei in reggiseno viola e mutandine.

Adesso era lì, seduto accanto a lei nella Sala Medici, mentre cercava di togliersi quel pensiero dalla testa durante il passaggio di consegne.

Ma non pensare non significava non flirtare.

«Perché non vuoi essere mia amica, Alison?»

Nick si avvicinò e le diede una gomitata, come se fossero stati compagni di banco durante una lezione al liceo. Alison cercò di imporsi di non sorridere, ma stette allo scherzo mettendo il braccio sopra i suoi appunti per impedirgli di copiare.

«Io sono tua amica, Nick.»

«Non su Facebook.»

«Non ho tempo per giocare online» replicò Alison. «Alcuni di noi vivono e lavorano nel mondo reale, io sto studiando duramente per proseguire questo corso di Traumatologia.»

«Ma tu sei amica di Ellie.» Nick sorrise e poi rimase in silenzio per qualche secondo mentre quell’accusa infantile rimaneva sospesa nell’aria. Sarebbe stato molto più sicuro per Alison continuare a scrivere o semplicemente alzarsi e andarsene. Invece scelse di rimanere seduta. «Hai intenzione di prendere l’autobus vestita in vestaglia?» proseguì lui dopo qualche istante. «Se vuoi posso…»

«Ho fatto lavare la mia uniforme e ho supplicato Riabilitazione perché mi concedessero di usare la loro asciugatrice.»

Non riuscì a terminare la frase perché il reparto si riempì di grida concitate e Nick saltò in piedi non appena un uomo fece il suo ingresso in barella, attaccato all’ossigeno, in attesa di essere spostato su un lettino.

«Posso dargli una rapida occhiata prima di muoverlo?»

I suoi jeans erano già stati tagliati e la vista era straziante: la rotula dislocata faceva apparire la gamba come deformata. Alison sgranò gli occhi quando Nick, senza un attimo di indugio e senza aver eseguito dei raggi X, intimò al paziente di respirare a fondo l’ossigeno e con un colpo secco gli rimise a posto la rotula.

Un urlo violentissimo invase il reparto, poi un singhiozzo a cui seguì un silenzio di sollievo.

«Lasciamolo sulla barella. Adesso avremo bisogno di eseguire i raggi X.»

Parlò per un momento con il suo paziente, che gli era estremamente grato, poi si confrontò più a lungo con i paramedici, che erano rimasti impressionati dal suo gesto. Infine si avvicinò al punto in cui Alison era ormai sul computer, a eseguire i controlli di routine sui valori del paziente. Lei poté avvertire il suo calore sulla propria pelle non appena le fu vicino, come se l’avesse scottata.

«Dio, come mi fa sentire bene tutto questo.»

Nick sorrise e, sì, era arrogante, ma era anche divertente, e Alison non poté fare a meno di sorridere a sua volta non appena alzò gli occhi su di lui.

Lui la guardò e avrebbe voluto distogliere lo sguardo e allontanarsi, avrebbe voluto ricordare a se stesso che era lì per motivi diversi. Ma c’era qualcosa in Alison a cui era difficile resistere. Qualcosa in lei che mandava all’aria tutti i suoi severi propositi.

«Ehi…» Moira si intromise tra loro, «venite in spiaggia più tardi? Ti va Alison?» Poi rivolse uno sguardo speranzoso a Nick. «Ci sarà un po’ di gente, ad esempio Amy…»

«No io non vengo» rispose Alison.

«E io nemmeno!»

Moira si strinse nelle spalle e se ne andò.

Era come paragonare lo zucchero al dolcificante artificiale, pensò Nick. Perché, se si sta cercando di limitare lo zucchero, il dolcificante può anche andare bene per un po’, una volta che ci si è abituati al gusto. Ma prima o poi ti viene la tentazione di tornare al gusto originale, quello non artefatto e così dolce da farti sciogliere.

E forse avrebbe dovuto solo andare in spiaggia, o al bar, oppure a casa e prendere quello che Amy evidentemente aveva da offrirgli.

Invece si ritrovò a chiedere ad Alison se voleva andare a prendere un caffè con lui.

«Ho un appuntamento dal dentista.»

«Ahia!» Nick fece una smorfia simpatica. «Spero che non sarà troppo doloroso.»

«Oh, è solo il mio check-up semestrale.» Poi sorrise, ma fu un sorriso triste mentre si voltava verso il computer pensando che l’uomo più sexy che avesse mai conosciuto le stava chiedendo un appuntamento e lei gli dava buca per andare dal dentista…

«Potremmo incontrarci dopo, ma non per molto, perché devo andare a vedere quell’appartamento di cui ti ho parlato.» Alison sentì quelle parole uscirle dalla bocca senza che potesse esercitare alcun controllo. «Speriamo solo che non mi trovi delle carie, o qualcosa di peggio.»

«Speriamo tu abbia usato il filo interdentale.»

Ovviamente lo aveva fatto.

Alison giaceva sulla sedia del dentista con la bocca aperta, mentre lui le controllava un dente alla volta.

Non aveva una sola carie.

Come sempre.

Dopo aver pagato per i suoi denti perfettamente lucidati, uscì dallo studio e non capì perché dovesse sentirsi così nervosa.

In fondo si trattava solo di un caffè e di uno strudel. E dopo ognuno sarebbe andato per la sua strada.

O forse invece era più di un caffè e uno strudel.

Forse lui l’avrebbe abbagliata come faceva con tutte le persone che incontrava lungo il suo cammino. E Nick era davvero in grado di abbagliare chiunque.

Lei lo sapeva. Da quel venerdì mattina, non era più uscito dai suoi pensieri.

Chiamò sua mamma per dirle che avrebbe preso un caffè con degli amici prima di andare a vedere l’appartamento, e non appena girò l’angolo lui era già lì a osservarla e a sorriderle, mentre le faceva strada verso un Caffè all’aperto e la faceva accomodare scostandole la sedia.

«Come è andata dal dentista?»

«Bene, mi sono guadagnata il mio strudel.»

Ordinò, e la sua agitazione si placò, semplicemente perché parlare con lui era facile e piacevole.

«Non lavorare per alcuni mesi è stata la cosa migliore che io abbia mai fatto. E ancora mi manca» stava raccontando Nick.

Alison si stupì. «Ma tu ami il tuo lavoro.»

«Adesso sì. Ma non è stato sempre così. C’è stato un periodo in cui ero confuso. Dovevo prendere tempo per capire cosa volevo veramente e imparare a distinguerlo da ciò che gli altri si aspettavano da me. Per questo mi sono preso un anno di pausa in cui ho viaggiato.»

«Ma tu ti senti bene nelle situazioni di emergenza, quando devi prendere decisioni sul filo del rasoio. Non riesco a immaginarti diversamente.»

«Nessuno mi ha mai domandato se mi sarebbe piaciuto essere un medico, o meglio un chirurgo. Mio papà lo era, mio nonno lo era, il mio fratello maggiore lo è, come mia sorella.» Alzò gli occhi su di lei. «Ti immagini di cosa parlavamo a cena? Per questo avrei voluto prendermi un anno sabbatico, e invece ho iniziato il tirocinio.»

«Per me è stato lo stesso!» Alison lo interruppe, non lo faceva mai, normalmente stava seduta in silenzio ad ascoltare. «Quando ho finito la scuola volevo prendermi un anno di pausa, ma mamma e papà hanno voluto che proseguissi gli studi.»

«Ecco più o meno è andata così anche per me» gemette. «Così ho fatto il mio internato, ho deciso che mi piaceva Medicina d’Emergenza, ho incontrato Gillian ed era tutto…»

«Come doveva essere» terminò Alison.

Le loro storie combaciavano perfettamente, si rispecchiavano una nell’altra.

«Ma per me non era abbastanza. Al lavoro mi diedero un anno di congedo non retribuito, ma mi fecero capire chiaramente che non era scontato che il mio posto fosse ancora lì al mio ritorno. Dopo quattro anni ho rotto con Gillian ed è stata dura» proseguì. «Non c’è stato un vero motivo, forse la passione si è spenta parlando di mutui e di bambini.»

Chiamò il cameriere e ordinò un altro caffè mentre Alison prese una cioccolata calda. «Stavo vivendo una crisi di mezza età a trent’anni!»

«Anch’io ne ho avuta una, e ho solo ventiquattro anni» scherzò Alison e rise per la prima volta della sua situazione. Gli raccontò un po’ di Paul, la sua unica seria relazione, di quanto andasse d’accordo con sua madre, e di quanto fosse stato difficile rompere con lui, ma c’era qualcosa di più importante che lei voleva sapere da Nick. «Così… voi due vi siete presi una pausa…»

«No» rispose Nick. «La nostra storia è finita. Non è stato piacevole ma era necessario. Spero che un giorno lo capisca anche lei. Quattro settimane dopo avevo in mano un biglietto per il giro del mondo e sono volato a New York.»

E lei era lì seduta in un bar all’aperto con un uomo che era venuto dall’altra parte del mondo, ma che sentiva già in qualche modo vicino, e provò un’eccitazione che non aveva mai sperimentato prima. Avrebbe potuto restare a parlare con lui per ore, ma aveva davvero un appuntamento alle sette per vedere un appartamento.

«Posso venire con te?» le chiese Nick. «Mi piace curiosare nelle case.»

«Si tratta solo di un appartamento.»

«Ma è di qualcun altro!» Nick sorrise. «Mi piace fare il ficcanaso.»

E Alison sorrise a sua volta perché, anche se cercare casa era un inferno, anche a lei piaceva sbirciare nella vita degli altri, trarre conforto dal fatto che alcuni non rifacevano i letti nemmeno se ricevevano delle visite. Raccontò questo a Nick e molto altro ancora. «Una coppia ha litigato sabato notte» gli riferì sibillina.

«I proprietari di una casa?» chiese Nick sorpreso e lei amò il modo in cui spalancò gli occhi per la curiosità.

«Penso che stessero per rompere.» Alison annuì. «Loro erano sul balcone, ed è partita questa litigata furiosa durante la visita all’appartamento.»

«Dio, come avrei voluto essere lì.»

Ad Alison piaceva il fatto che lui amasse ciò che entusiasmava anche lei. «Andiamo, allora» disse facendo per prendere il portafoglio. Ma Nick non glielo permise e pagò anche per lei.

Alison era troppo imbarazzata per protestare.

Con Paul era stato tutto diverso. Per il suo ex la parità dei sessi significava dividere il conto, anche al primo appuntamento.

Mentre scendevano lungo la collina verso la farmacia, Alison raccontava a Nick di come Paul in realtà fosse piuttosto avaro. Solo dopo che ebbe parlato si chiese se non fosse stata perfida a parlare così del suo ex. E aggiunse: «Era un bravo ragazzo, solo che verso la fine…». Alison non terminò la frase, ma Nick aveva capito.

«Anche a me e a Gillian è successo lo stesso. All’inizio mi piaceva il fatto che lei facesse il mio cruciverba. Poi verso la fine del nostro rapporto, puntavo la sveglia e quasi mi rompevo l’osso del collo per scendere le scale e arrivare a prendere il giornale per primo.» Le lanciò un’occhiata per verificare la sua reazione e Alison sorrise. «Non si tratta più di un cruciverba, o di un conto non pagato, vero?»

«No, infatti. Era tutto troppo facile per certi versi. Mia madre era iperprotettiva ma lui non sembrava farci caso. Anzi gli aveva addirittura suggerito di trasferirsi da noi.» Ancora bruciava al ricordo. «Mamma era felice, ed era come se tutti stessero lavorando in un’unica direzione. Contraria alla mia.»

«Si sono semplicemente dimenticati di consultarti» concluse Nick, e per la prima volta nella sua vita, Alison si sentì capita davvero.