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«Dopo di te.»
Alison Carter ringraziò brevemente l’uomo che le aveva ceduto il passo e si sedette nel bus al suo solito posto, vicino alla finestra, il caffè in mano.
La mattina faceva capolino e il cielo era pieno di riflessi viola e arancioni mentre il bus eseguiva il suo lento giro su per la collina. Sebbene avesse comprato un giornale, Alison si soffermò ad ammirare il meraviglioso panorama, gli sportivi che facevano jogging sul bagnasciuga, gli escursionisti sulla spiaggia, i bagnanti, e più in là i surfisti che aspettavano pazientemente l’onda giusta.
Era una fetta di paradiso.
Una visione che ricordava ad Alison che viveva senza dubbio nella più bella parte del mondo, che non aveva assolutamente nulla di cui lamentarsi. Era un discorso di incoraggiamento che si ripeteva molto spesso. Sì, c’erano altre spiagge, altri mondi da esplorare, ma lei apparteneva a quel posto e, se proprio doveva rimanere bloccata da qualche parte, allora Coogee era davvero il posto ideale.
Alison chiuse gli occhi per un attimo, appoggiò la tempia contro la finestra.
Certo, era un posto molto bello dove essere sola!
Mentre l’autobus faceva salire a bordo il nuovo turno di passeggeri, per poi continuare il suo cammino lento lungo la strada collinare che avrebbe dovuto portarli da Coogee all’Eastern Beaches Hospital dove lavorava come infermiera al Pronto Soccorso, Alison si voltò per concentrarsi sul suo giornale.
Poi lo vide.
Allungando il collo per godere di uno scorcio finale della spiaggia, fu abbagliata dal riflesso dei capelli biondi e dalla camicia chiara che aveva intravisto come si era voltata. Era l’uomo che l’aveva fatta passare sull’autobus e che lei aveva ringraziato distrattamente. Era l’uomo più bello che avesse mai visto e, notando solo in quel momento il suo accento inglese, fu sicura, senza ombra di dubbio che quello che aveva di fronte era il dottor Nick Roberts.
Nonostante fosse stata assente qualche giorno dal lavoro, Alison aveva saputo tutto di lui dai suoi amici e colleghi. Ellie le aveva raccontato ogni cosa di quel medico dannatamente sexy che sostituiva temporaneamente in Pronto Soccorso Cort Mason, che si stava godendo delle ferie arretrate.
Anche Moira non aveva lesinato informazioni circa la bella sorpresa che aveva trovato alla fine del turno, un pomeriggio, avvertendola che doveva vedere per credere. Quindi Alison sapeva abbastanza di quel bel ragazzo straniero che stava viaggiando con lei sull’autobus.
Nick Roberts aveva girato il mondo per sei mesi e adesso si sarebbe fermato circa due mesi a Sydney, per racimolare i soldi che gli avrebbero permesso di proseguire il suo viaggio in Nuova Zelanda e poi a casa, in Inghilterra, passando attraverso l’Asia. E durante quei due mesi a Sydney, quell’uomo spettacolare avrebbe soggiornato a Coogee.
Probabilmente non era lui, si disse Alison. Coogee era piena di splendidi uomini, e molti di loro erano turisti… eppure era sicura che fosse lui, perché un uomo come quello doveva essere visto per poterci credere.
Più alto rispetto alla media, se ne stava seduto su un sedile laterale, facendo il cruciverba. Indossava pantaloni di lino grigio scuro e una camicia di un grigio più pallido. E, sì, era vero che c’erano moltissimi inglesi che soggiornavano a Coogee, e che poteva essere chiunque, ma normalmente i turisti non viaggiavano sull’autobus delle sei del mattino.
Lui notò che lo stava osservando e le rivolse un sorriso caldo e aperto, e forse anche… malizioso. Questo infastidì Alison che distolse lo sguardo riportandolo sul suo giornale. In realtà, lei avrebbe voluto dirgli che lo stava guardando non perché pensava che fosse sexy, ma perché sapeva chi fosse.
E se aveva ragione, allora era l’ultima persona sulla terra che avrebbe potuto interessarle.
Aveva sentito dire di tutto su di lui, sulla scia di cuori spezzati che aveva lasciato nei suoi viaggi e l’atteggiamento temerario con cui affrontava nuove avventure.
Così, per evitare di indugiare in stupide fantasticherie su un uomo che non conosceva nemmeno, Alison, come sempre, si mise a leggere il suo oroscopo, che quella settimana era un po’ troppo criptico, così spostò la sua attenzione, come faceva sempre il Venerdì, alla sezione viaggi. Lesse che i costi dei biglietti aerei erano drammaticamente crollati. Se era troppo presto per gli oroscopi criptici, la matematica invece era semplice: i risparmi che aveva messo via meticolosamente, combinati ai soldi che suo padre le aveva lasciato, erano abbastanza per potersi permettere la caparra per l’acquisto di un appartamento, oppure per un giro intorno al mondo e un anno o due trascorsi a seguire il suo cuore.
Alison sapeva quello che suo padre avrebbe scelto.
Ma sapeva anche che cosa avrebbe fatto sua madre.
Alzò lo sguardo di nuovo sull’uomo che lei pensava fosse Nick Roberts. Aveva abbandonato il cruciverba e stava sonnecchiando. Alison lo fissò, irritata con uno sconosciuto che era stato solo gentile, gelosa di un uomo che non aveva mai nemmeno incontrato, perché, se questo era davvero Nick Roberts, allora stava vivendo il suo sogno.
Forse si sentiva osservato, perché improvvisamente i suoi occhi verdi si aprirono e incontrarono i propri. L’aveva di nuovo colta in flagrante e sorrise.
Imbarazzata, Alison si alzò non appena il bus accostò alla sua fermata. «Buongiorno» disse, e poi, per fargli vedere che era gentile con tutti, sorrise e salutò chiunque incontrasse il suo sguardo mentre si muoveva lungo l’autobus.
Doveva essere Nick Roberts per forza, perché era in piedi anche lui, e perché quella era la fermata dell’ospedale, e certamente non era possibile che due persone belle come lui lavorassero nello stesso posto.
Alison sentì i suoi occhi su di sé mentre camminava attraverso il parcheggio in direzione del Pronto Soccorso. Fu piuttosto sollevata quando la sua amica e collega Ellie la raggiunse.
«Come stai?» chiese Ellie. «Novità sulla ricerca dell’appartamento?»
«Nessuna» ammise Alison. «Be’, c’era un appartamento che avrei potuto permettermi, ma gli mancava la cucina.»
«Penso che si possa anche vivere senza cucina per un po’» aveva sottolineato Ellie.
«C’è un buco nella parete laterale, dove la cucina è bruciata.» Alison proruppe in una risata ironica. «È davvero impossibile viverci.»
Alison continuava a parlare, ma aveva perso il suo interlocutore. Il Dottor Gambalunga infatti le aveva raggiunte, ed Ellie, che non perdeva mai l’occasione per flirtare un po’, lo aveva invitato a unirsi a loro.
«Lei è Alison. Alison, questo è Nick.» Poi, senza alcuna discrezione, le diede un paio di gomitate aggiungendo: «Si fermerà con noi un paio di mesi».
«Ciao, Nick» disse Alison, e poi, per salvare la faccia, gli rivolse un sorriso. «Ci siamo incontrati sull’autobus.»
«Sì, l’ho notato.»
«I visi nuovi tendono a distinguersi dagli altri, soprattutto sull’autobus delle sei» aggiunse Alison, giusto per chiarire il motivo per cui lo aveva notato!
«Alison va a caccia di appartamenti» dichiarò Ellie, pimpante.
«Più che appartamenti, li definirei scatole da scarpe» la corresse lei.
A ventiquattro anni avrebbe dovuto vivere già da sola da un po’. In realtà la maggior parte dei suoi amici continuavano a vivere tranquillamente a casa e non avevano alcuna intenzione di andarsene, ma i suoi amici non avevano una madre come Rose.
Alison se ne era andata di casa a diciotto anni e aveva condiviso una casa con alcuni studenti infermieri, ma alla fine della sua formazione, in procinto di partire per un anno di viaggio che sua madre le aveva implorato di non fare, suo fratello e suo padre erano morti in un incidente. Naturalmente, era tornata subito a vivere a casa, ma se forse le sembrava giusto e necessario, al momento, tre anni dopo Alison cominciava a chiedersi se la sua presenza non impedisse alla madre di andare avanti. Così la sua inutile ricerca di un posto dove vivere era cominciata.
«Ci sono un paio di appartamenti che ho visto che sono carini e nella mia fascia di prezzo» Alison sospirò, «ma sono lontani dalla spiaggia.»
«Sei un’infermiera.» Ellie rise. «Non puoi permetterti la vista sulla baia.»
«Non ho bisogno della vista» Alison brontolò «ma di poterla raggiungere a piedi, almeno…» Era ridicolo, lo sapeva, ma era così abituata ad avere la spiaggia a cinque minuti che sarebbe stato meno difficile rinunciare a bere il caffè, la mattina.
«Io sto dalla parte di Alison.» Nick si intromise nella conversazione. «Sono in affitto da una coppia che ho conosciuto mentre si trovava in Inghilterra.» Le disse la posizione e ad Alison sfuggì un fischio. «È abbastanza spettacolare. Non sono mai stato un tipo da spiaggia, ma adesso posso passeggiare sul lungomare ogni mattina, e stare seduto sul balcone di sera.»
«Non è solo la vista, però» intervenne Alison. Stavano camminando attraverso il Pronto Soccorso, adesso. «È solo…» Lei non sapeva davvero come spiegarlo. Non era solo la spiaggia, erano le sue passeggiate sulla scogliera, il suo caffè allo stesso chiosco ogni mattina, lo strudel alle ciliegie e ricotta nel suo bar preferito. Lei non voleva lasciare tutto questo, e certamente la madre non voleva che lei se ne andasse, ma, se non avesse voluto rimanere a casa per sempre, costretta a rientrare entro la mezzanotte e a rendere conto di tutti i suoi movimenti, avrebbe dovuto trovare un posto abbastanza vicino a casa, ma lontano quanto basta per poter vivere la propria vita.
«Vado a bere qualcosa prima di cominciare.» Le rivolse un luminoso sorriso quando raggiunsero lo spogliatoio femminile. «Non vedo l’ora di lavorare con voi.»
«Te l’avevo detto!» Ellie sospirò non appena ebbero chiuso la porta. «Te l’avevo detto, no?»
«Lo hai fatto» ammise Alison. «Hai il mio stetoscopio?»
«Questo è tutto ciò che hai da dire?»
«Ellie, sì, tu me lo hai detto e, sì, per una volta non hai affatto esagerato. È assolutamente favoloso, ma ora ho bisogno del mio stetoscopio.» L’ultima cosa di cui aveva bisogno era di pensare a Nick Roberts, che sarebbe rimasto lì per poche settimane e che già aveva tutte le donne ai suoi piedi.
«Ecco il tuo stetoscopio.» Ellie glielo restituì con un gesto sbrigativo. «Dai un’occhiata al suo profilo su Facebook, c’è una foto mentre fa bungee-jumping. Nick è a testa in giù, la sua maglietta è sollevata e…» Sorrise come Alison alzò gli occhi. «Non c’è nulla di male nel guardare.»
Poi Ellie uscì dalla stanza e, rimasta per un attimo da sola, Alison fu catturata dal suo riflesso nello specchio: capelli castani, occhi scuri, figura pulita, pantaloni navy e top bianco. Tutto in lei urlava la parola sensibile.
Troppo sensibile per uomini del calibro di Nick. Poco dopo Alison trovò il dottor Roberts seduto nella sala del personale come aveva fatto sull’autobus, con le gambe allungate, mentre beveva una tazza grande di tè e guidava la conversazione come se fosse stato lì da anni invece che da una settimana.
Stava intrattenendo tutti con i racconti del suo giro in moto attraverso l’Outback. Ma i resoconti delle sue gesta non impressionavano Alison. Infatti il solo pensiero la fece rabbrividire e la spinse a porre una domanda. «Come sta il ragazzo della settimana scorsa? Quello che ha avuto l’incidente in moto?» Di colpo si fermò, rendendosi conto di essere stata decisamente poco sensibile.
«Non avevamo letti, così è stato trasferito» rispose uno dello staff.
«Grazie.» Alison guardò l’orologio e lo stesso fecero tutti gli altri, che se ne andarono per eseguire il passaggio di consegne.
Lei in realtà non voleva rimanere da sola con lui. Nick la turbava per ragioni che non voleva esaminare e sperava che sarebbe stato orribile lavorare con lui, sperava che fosse arrogante, sprezzante con i pazienti.
Purtroppo, come scoprì da lì a poco durante il turno, il dotto Roberts era magnifico.
«Rimarrò qui per qualche tempo, non molto» lo sentì dire a un giovane surfista che si era tagliato il braccio sulle rocce. Nick gli stava mettendo i punti quando Alison entrò per fargli l’antitetanica. «Voglio godere di tutto quello che posso, mentre sono qui.»
«Scendi in spiaggia in mattinata» gli disse il surfista. «Potrei darti alcuni suggerimenti.»
«Non ti ho appena detto di tenere la ferita pulita e asciutta?» lo ammonì Nick e poi sorrise. «Credo che l’acqua salata andrà più che bene per questo. Mi prenderò io cura di te.»
«Intendi surfare con lui?» Alison sbatté le palpebre.
«Vive vicino a me e chi meglio di lui può insegnarmelo? Tu lo fai?» le chiese Nick.
«Cosa?»
«Surf.»
Alison sollevò gli occhi. «Dovrei farlo solo perché sono australiana?»
«No» disse lentamente, quegli occhi verdi che incontravano i suoi. «Perché lo vuoi.» E per un attimo lei ebbe la sensazione che lui stesse vedendo la vera Alison, quella che era stata un tempo, o almeno quella che avrebbe voluto essere ancora e che era nascosta in fondo alla sua anima.
«Se avessi voluto, lo avrei fatto» rispose Alison e, nonostante l’incertezza di un secondo prima, la sua voce era ferma. «Ho una spiaggia fuori dalla porta, dopo tutto.»
«Già.» Alison sentì il suo respiro caldo vicino alla guancia. «In ogni caso, ti farò sapere com’è.»
La sua sicurezza la irritava, forse più di quanto non avrebbe dovuto fare, ma lei non aveva intenzione di indagarne il motivo. Lo avrebbe fatto l’indomani mattina. O il giorno dopo ancora, pensò mentre prendeva dalla pila la scheda del paziente successivo.
«Louise Haversham?» chiamò e quando non ricevette risposta chiamò ancora.
«Due minuti!» La risposta arrivò dal fondo della sala d’attesa. Una bella bionda stava parlando al telefono ma, temendo che Alison passasse al paziente successivo, concluse la telefonata e la raggiunse.
«Da quanto tempo hai mal di denti?»
«Beh, è stato fastidioso per un paio di settimane, ma mi ha svegliato alle quattro di stanotte e non sono più riuscita a dormire.»
«Hai sentito il tuo dentista?»
Louise scosse la testa. «Sono stata troppa occupata. Sto facendo due lavori.» Poi guardò l’orologio. «A proposito, quando arriva il medico? Dovrei essere al lavoro alle nove.»
Alison andò a chiamare il medico in questione. «Chi è il prossimo?» le chiese Nick allegramente. «Forse la vittima di un bell’incidente in moto?» Le fece l’occhiolino, giusto per farle vedere che aveva sentito quello che aveva detto nella sala del personale.
«Ci teniamo la roba forte per dopo. Per adesso ho un mal di denti.»
«Mi dispiace sentirtelo dire.»
Lei alzò gli occhi e sorrise.
Poi Nick aprì la tenda dove la bionda molto carina, con un dente dolorante che non poteva aspettare fino alle nove del mattino per un dentista, non era più al telefono ma sembrava soffrire parecchio.
«Buongiorno.»
Nick si presentò e Louise fece lo stesso con un sorriso sexy sulle labbra, nonostante la sua sofferenza, constatò Alison.
«Mi dispiace tanto.» Louise era molto più gentile con Nick di quanto non fosse stata con lei. «Non ne potevo più. Non ho dormito tutta la notte…»
«Non si scusi. Il mal di denti è terribile. Qual era la sua temperatura?» chiese rivolgendosi ad Alison.
«Normale.»
«Non c’è gonfiore. Le daremo qualcosa per il dolore e una pomata per il dente, ma deve prendere un appuntamento con il suo dentista. Alison, abbiamo dell’olio di chiodi di garofano?»
«A destra, sul retro della credenza.»
«Bene, vai a prenderlo e poi fai quello che ti dico.»
«Occupata?» Le chiese la sua amica Moira pochi minuti dopo osservandola con curiosità.
«Sto preparando una poltiglia con l’olio di chiodi di garofano» rispose Alison a denti stretti.
«Cosa? E perché?» Moira aggrottò la fronte.
«Si tratta di un antico trattamento inglese. In realtà, mi ricordo che mia mamma me lo diede, una volta.»
«Te lo ha chiesto Nick?» Moira emise un piccolo sospiro. «Mi ha chiesto qualche violetta di genziana ieri.» E le mostrò i palmi delle mani a mo’ di prova. Moira era irlandese, solo di passaggio a Coogee. Era divertente e civettuola, ma in modo spontaneo.
«Lui è sempre così gentile con tutti?»
«Sempre» rispose Moira allegramente.
Tornando alla stanza Cinque, Alison si chiese se sarebbe riuscito a essere ancora così premuroso anche quando quel luogo si sarebbe trasformato in un inferno. Tuttavia, per quello che poteva vedere, al momento si stava prendendo tutto il tempo con la sua paziente.
«Okay, Louise, le ho fatto la prescrizione per il dentista.»
Louise, una volta che aveva morso il cotton fioc imbevuto di olio di chiodi di garofano, era riuscita a radunare abbastanza forze da rivelargli il nome del bar dove lavorava e i suoi orari nel weekend, nel caso avesse voluto passare per un drink.
«Devo lavorare…» Nick sorrise, «ma è terribilmente gentile da parte tua.»
«Vale la pena avere mal di denti per uno spettacolo così» commentò la paziente non appena Nick fu uscito dalla stanza e solo il suo fresco profumo aleggiava nell’aria. «Se nei prossimi giorni dovessi sentirmi male e, che ne so, avere le vertigini, lo riporterai da me?» chiese sfacciatamente rivolgendosi ad Alison.
«Chiamerò Amy, l’altro praticante.» Alison le fece l’occhiolino. «Lei ne capisce di vertigini femminili.»
Nick aveva cambiato l’atmosfera di quel luogo, sembrava felice di essere lì, niente era troppo pesante, niente, per quanto grave, sembrava innervosirlo, come Alison aveva scoperto quando il marito di una paziente improvvisamente lamentò dolori al petto e svenne.
Ancora una volta Nick non si scompose, attutendo la caduta dell’uomo, mentre Alison rapidamente allontanava la moglie, e facendo scattare l’allarme dell’Emergenza.
Quando Alison tornò, una ventina di secondi più tardi, il paziente era andato in arresto cardiorespiratorio così lei cominciò a praticargli il massaggio cardiaco prima ancora che gli aiuti fossero arrivati.
«Mandiamolo giù in rianimazione.» Amy, la praticante di Pronto Soccorso, fece per chiedere un lettino, ma Nick era di parere contrario.
«No, lasciamolo qui» ribatté. Si era trattato solo di una piccola divergenza di opinioni, nulla di grave, ma quando Amy, che si offendeva facilmente, annuì, Alison comprese il rispetto che Nick si era guadagnato in una sola settimana.
Dopo aver preparato il paziente, Nick lo rianimò artificialmente e, prima che il team di Pronto Soccorso arrivasse, il ritmo sinusale del poveretto era tornato normale e lui era lentamente rinvenuto.
«Va tutto bene, signore.» La voce di Nick era calma e rassicurante. «Ha avuto un piccolo arresto, ma adesso il suo ritmo cardiaco è tornato normale.» Poi rivolse un sorriso ad Amy e disse: «Va bene, mettiamolo su una barella e portiamolo giù. Intanto io vado a parlare con la moglie».
«Perché si trovava qui?» chiese Amy.
«Aveva accompagnato sua moglie Doreen per un infortunio alla caviglia.»
Avendo visto cosa stava succedendo, Libby, la receptionist, aveva portato Doreen in sala d’attesa e aveva raccolto tutte le informazioni sul marito. Dopo aver rapidamente trascritto ogni cosa su una nuova cartella e aver verificato il nome del paziente, Nick si era incamminato verso la sala d’attesa con Alison.
Fu molto scrupoloso: in primo luogo verificò che Ernest fosse suo marito e poi cercò di scoprire se Doreen avesse contattato qualcuno.
Poi andò dritto al punto, spiegando che Ernest aveva avuto un attacco di cuore.
«So che le sembrerà strano, ma suo marito è un uomo estremamente fortunato; non avrebbe potuto essere in un posto migliore di questo, quando è successo.»
«Se la caverà?»
«Noi siamo ottimisti, è cosciente. I cardiologi eseguiranno alcuni test oggi, ma certamente le prossime ventiquattro ore saranno cruciali. Adesso andrò dai miei colleghi per cercare di scoprire qualche dettaglio in più, in modo che lei possa avere chiaro il quadro della situazione. Le suggerisco di chiamare suo figlio e di avvisare la famiglia in modo che venga a darle supporto. Non può affrontare tutto da sola.» Si alzò e le prese la mano. «Io tornerò presto per dare un’occhiata alla sua caviglia.»
Era stato davvero piacevole lavorare con lui, pensò Alison alcune ore dopo.
Troppo piacevole.
Tanto che, quando si fermò in Sala Medici per fare dieci minuti di pausa, quella mattina, ebbe l’impulso di scappare a gambe levate quando lo vide. Stare in sua compagnia era un’esperienza eccitante, e questo la terrorizzava.
«Che ne dici di questo?»
Lei aggrottò le sopracciglia, mentre lui le porgeva il giornale locale con un annuncio cerchiato in rosso che pubblicizzava un appartamento con una camera da letto, poco lontano dalla spiaggia e non molto costoso. «Ho già visto» ammise Alison. «È sopra un pub che suona musica dal vivo sei notti a settimana.» Si sedette accanto al lui. «Ci ho fatto seriamente un pensierino, però. Grazie» aggiunse poi, «non ce n’era bisogno.»
«Non posso farne a meno» ribatté Nick. «Anch’io vorrei comprare una proprietà immobiliare. Anzi, ho già trovato quella che voglio.» E le mostrò l’appartamento mozzafiato che aveva cerchiato, con vista sulla baia e un balcone grande come la stanza dove erano seduti. «Bello sognare, non trovi?»
Quello era anche il suo sogno.
Alison infatti aveva cerchiato lo stesso annuncio sulla sua copia del giornale, lo aveva guardato su Internet, facendo anche un tour virtuale della proprietà.
«Non lo puoi avere perché è già mio.»
«Ottima scelta. Posso capire perfettamente perché te lo vuoi tenere stretto» scherzò Nick.
E poi parlarono del fatto che lei l’indomani aveva il turno di notte e che quindi aveva dovuto concentrare il sopraluogo di due appartamenti nelle ore precedenti. Alison provò una miscela di sollievo e delusione quando Nick le disse che sarebbe stato fuori per il fine settimana. Sollievo perché aveva detto un’innocente bugia a Louise circa i suoi impegni per il weekend, mentre la delusione… Alison cercò di ignorarla come meglio poté. In compenso lei gli raccontò di come amasse camminare sugli scogli nei suoi giorni di riposo e che, per quanto strano potesse suonare, lì vicino c’era il cimitero più bello che avesse mai visto; poi gli parlò del bar che serviva quel delizioso strudel di ricotta e ciliegie, con cui lei si premiava di tanto in tanto.
Improvvisamente trillò il cercapersone. Qualcuno stava cercando Nick e Alison si rese conto che la sua pausa di quindici minuti si era trasformata in una da venticinque.
«Te l’avevo detto!» Ellie le rivolse un sorrisetto malizioso quando la raggiunse a casa alla fine del turno, quella sera.
«Detto cosa?» ribatté Alison lasciandola entrare.
Ellie le chiese di accendere il computer. «Ecco! Che ti dicevo?»
Ellie era già amica di Nick su Facebook, insieme ad altri quattrocentotrentasette, e sì, Alison doveva ammettere che, appeso a una corda a testa in giù, era davvero sexy e gli addominali che si intravedevano dalla maglietta erano strepitosi. Alison notò che il suo status era single e trattenne il respiro leggendo delle sue folli avventure – rafting, free-climbing, nuoto in pozze d’acqua. A lei non importava che ci fossero solo coccodrilli d’acqua dolce lì, Nick era un tipo pericoloso ed era tutto ciò da cui doveva stare alla larga.
Una grande giornata al lavoro, amo questo posto.
Nick aveva improvvisamente aggiornato il suo status, e Alison sbatté le palpebre.
Pensò alla paziente col mal di denti e al dramma di Ernest, tutti episodi di routine in un Pronto Soccorso. Forse poteva essere stata una buona giornata, anche bella volendo. Ma difficilmente lei l’avrebbe definita grandiosa.
Ma in qualche modo lui l’aveva resa tale.
Fuori per assaggiare le delizie locali, aveva aggiunto, e Alison si trovò a sperare che per delizie locali non intendesse Louise.
Ellie si mise a scorrere tutte le notizie che lo riguardavano, tra chiacchiere, commenti di amici e circa un migliaio di foto.
«Ha rotto il suo fidanzamento prima di venire qui.»
«Come lo sai?»
«Si possono scoprire tante cose in un profilo di Facebook. Non ne sono sicura al cento per cento, ma… guarda.»
Ellie in un batter d’occhio aveva notato la foto di una coppia che sembrava felice. Ma Alison aveva di meglio da fare che pensare a Nick.
«Esci con noi stasera» la spronò Ellie. «Andiamo a mangiare qualcosa e poi a sentire una band.»
Alison stava per dire di nuovo no, l’indomani avrebbe dovuto andare in giro per appartamenti e poi aveva il turno serale, come sua madre le aveva prontamente ricordato.
«Dai Alison. Ci vediamo con qualcuno dell’ospedale, magari c’è anche Nick.»
Quello era un ottimo motivo per rifiutare, un ottimo motivo per restarsene al sicuro in casa. Invece rivolse un sorriso a sua madre e le disse: «Non preoccuparti, domani sarò in forma lo stesso».
Poi cercò di non guardarla negli occhi e, serrate le labbra la seguiva con lo sguardo mentre andava in camera sua a prepararsi. Una spazzolata ai capelli, un filo di trucco, un abito elegante ma non troppo. Ecco era pronta. Alison controllò la sua immagine riflessa allo specchio. Le sue guance erano rosse, ma non era l’effetto del fard.
«Se hai intenzione di restare fuori fino a tardi…» Sua madre Rose si era affacciata nel frattempo alla sua camera.
«Non farò tardi» la rassicurò Alison, per poi aggiungere in modo insolito: «Ma se dovesse succedere, ti avviserò».
«Non puoi davvero permetterti di stare fuori troppo a lungo. Hai un lavoro, ricordatelo.»
Alison non voleva discutere ancora di come lei avesse ormai ventiquattro anni, che aveva una vita e voleva viverla. Quindi prese il bancomat, il cellulare, un po’ di soldi, le chiavi e stipò tutto in una borsa minuscola e solo quando ritrovò un po’ di autocontrollo la guardò negli occhi. «Se faccio tardi ti chiamo.» Le diede un bacio sulla guancia e le augurò la buonanotte.
Poi si tuffò nel buio della notte, nella strada fredda e buia che l’avrebbe condotta in qualche locale e cercò di unirsi alle chiacchiere spensierate di Ellie. Ma era difficile non pensare che sua madre aveva cercato ancora una volta di controllarla.
Come entrò nel bar, tuttavia, le sue guance non si tinsero di rosa per il velato avvertimento di Rose o a causa di un’eccessiva dose di fard.
Seduti al lungo tavolo di legno c’erano Moira e pochi altri, tra cui Amy. Tutti fecero spazio per accogliere Ellie e Alison, invitandole a consumare una pizza insieme a loro.
Non era affatto insolito per il team di Pronto Soccorso uscire il venerdì sera e quel bar era spesso frequentato dai colleghi dell’ospedale. Ma quel venerdì era diverso, Alison lo sentiva. E poco dopo ne ebbe la conferma.
Di ritorno dal bar, con un boccale di birra in una mano e una bottiglia d’acqua sotto il braccio, arrivò Nick. «Ehi!» lui sorrise a lei e a Ellie.
Quello era il suo locale, si disse Alison non appena lui prese posto.
Lei lavorava lì vicino, viveva nei dintorni. Aveva più di un motivo per essere lì.
Ma Nick, ammise silenziosamente tra sé e sé, era quello principale.