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«Come stai?»

Erano le otto di lunedì mattina ed erano in attesa di un multi-trauma. Una famiglia era rimasta coinvolta in un grave incidente e c’erano anche dei bambini.

Il cielo era nero e tempestoso e le strade erano ghiacciate dopo un periodo di tempo secco.

Quella mattina Alison era di turno in Rianimazione e lo era anche Nick. Lo aveva salutato alla fermata dell’autobus, e si era messa a sedere al suo solito posto. Lo aveva ignorato anche in Sala Medici, buttandosi a capofitto sulle parole crociate.

Ora però erano ai lati opposti della barella in attesa che arrivasse il paziente e, anche se l’attesa si faceva più lunga del previsto, Alison era tranquilla.

«Bene, grazie.»

«Senti, riguardo alla notte scorsa…»

«Che c’è da dire riguardo alla notte scorsa?» chiese lei aggrottando la fronte sopra la mascherina.

«Moira mi ha teso un vero e proprio agguato e poi tu sei scappata.»

«Non ci ho nemmeno fatto caso. Se sono un po’ scontrosa, è solo perché odio dovermi occupare di bambini in queste condizioni.»

Certo, quegli episodi accadevano un giorno sì e l’altro pure, ma c’erano dei giorni in cui era più difficile affrontare la cosa e Nick, freddo, sicuro di sé, per la verità arrossì un po’ perché, per una volta una donna non si interessava a lui.

Sabato si era svegliato un po’ intontito e aveva passato il resto del giorno tentando di ignorare la manifesta indifferenza di Alison. Aveva nuotato, fatto una passeggiata, ma poi era tornato a controllare il suo profilo su Facebook e no, lei non aveva accettato la sua richiesta di amicizia.

«Cinque minuti!» chiamò Sheila, e lui guardò Alison sgranare gli occhi.

«Ci stanno mettendo un’eternità.»

«Ora di punta.»

«È comunque un’eternità.»

«Potrebbe non essere negativo» disse Nick, «siamo pronti per ogni cosa; ci preoccuperemo, se dovremo, quando arriveranno.»

In realtà era un ottimo consiglio e Alison fu costretta a rivolgergli un sorriso stiracchiato.

«È così che fai tu?»

«Ci provo» rispose Nick. «Proprio adesso sto tentando di trovare la sette verticale: inizia con la V, finisce con la A, ricorrente.»

«È la vita» sentenziò Alison e lui sogghignò. «Sono bloccata anche io a quel punto.»

«Come va la ricerca della casa?» le chiese. «Novità?»

Lei stava per tornare a preoccuparsi della famiglia in arrivo, ma Nick aveva ragione. Inutile preoccuparsi prima dell’arrivo. E così decise di seguire la sua tattica.

«Per la verità, sì.» Aveva giurato di non sperarci troppo, di non dire nulla a nessuno, ma era così eccitata che non poté farne a meno. «Ho ricevuto una telefonata da un agente immobiliare per un appartamento e, anche se non è ufficialmente sul mercato, vuole organizzare un sopraluogo. È in budget e vogliono vendere alla svelta. Sembra tutto un po’ troppo bello per essere vero…»

«Potrebbe essere il tuo turno per avere un po’ di fortuna.»

«Speriamo. E dimmi, come è andato il resto del tuo fine settimana?» chiese Alison, perché, be’, le interessava e voleva tornare alla normalità con lui, e con lui era così facile parlare. «Hai surfato?»

«Non lo chiamerei proprio surfare, diciamo che sono riuscito ad alzarmi e a restare in piedi per circa mezzo secondo. È stato fantastico.» Si interruppe a metà frase sentendo la sirena della prima ambulanza in arrivo.

«Okay» disse Nick, «ora possiamo tornare alle cose serie.»

Il suo nome era Polly, aveva sette anni e nell’incidente aveva battuto la testa.

Era così spaventata che non piangeva nemmeno.

«Ciao, Polly.» Nick le sorrise. «Sono Nick, sono un dottore. Mattinata schifosa, vero?»

Le parlava in maniera rassicurante mentre rapidamente la esaminava e Alison trasferiva i tubi dell’ossigeno, le tagliava di dosso l’uniforme della scuola e la attaccava ai monitor per tenerla sotto osservazione.

«Dov’è la mia mamma?» I suoi dentini battevano. Alison lanciò uno sguardo al paramedico, che con un cenno del capo le indicò di seguirlo oltre la porta.

«La madre è stata tirata fuori dall’auto» spiegò Todd. «È cosciente ma ha riportato delle brutte ferite ed è davvero agitata. Dovrebbe essere qui a momenti. La polizia sta cercando di rintracciare il papà.»

«Grazie» disse Alison, e tornò da Polly.

«La mamma arriverà presto e stiamo cercando il papà, ma adesso dobbiamo assicurarci che tu stia bene.»

Sorprendentemente sembrava che così fosse.

Aveva riportato dei tagli e delle abrasioni ma neurologicamente stava bene e non sembravano esserci problemi all’addome e ai polmoni. Furono fatti tutti gli esami del caso e i medici convennero che di fronte avevano soltanto una bambina sotto shock che chiedeva preoccupata della sua mamma e soprattutto del suo papà.

«Aveva un colloquio.» Adesso Polly aveva cominciato a piangere.

«Ehi» la consolò Nick. «Non ti preoccupare di questo. Il tuo papà sarà tanto sollevato di sapere che stai bene.» Ma nonostante questo, la piccolina non riusciva a calmarsi.

«Posso spostarla in un’altra stanza?» controllò Alison con Nick, e poi, senza farsi sentire da Polly aggiunse: «Sta arrivando la madre…».

«Certo, solo…» Nick non finì la frase, e Alison non aspettò di sentirsi dire di sì. Avrebbe tenuto lei d’occhio Polly.

Alison vedeva Todd gironzolare, mettendoci secoli a sistemare le coperte e lo ignorò deliberatamente.

Ad Alison non piaceva. Era bravo nel suo lavoro ma le aveva chiesto un po’ di volte di uscire e non avrebbe più saputo come giustificare un altro no.

Lui era già uscito con mezzo ospedale e Alison, secondo lui, non avrebbe dovuto fare eccezione.

«Ehi Alison» la chiamò Todd raggiungendola, «come sta la bambina?»

«Bene» rispose lei. «Dovrebbe essere dimessa a breve.»

«Come stai?»

«Bene» rispose, ma si rifiutava di parlare con lui di qualsiasi cosa che non fosse strettamente professionale.

Era felice di aver spostato Polly per evitarle di sentire i lamenti della madre.

«Vado a vedere come sta.»

Nel corridoio trovò la Polizia insieme a Nick, Ellie e Sheila.

«Ha una brutta lacerazione al braccio e deve essere trasportata direttamente in sala operatoria» la mise al corrente Ellie. «È isterica, nonostante Nick le abbia detto che la bambina sta bene.»

Alison decise di andare a parlare con la donna.

«Mi sto prendendo cura io di Polly» la informò. «Sta bene e si sta comportando alla grande. Appena si rimetterà la potrà vedere.»

«David?»

«Suo marito?» controllò Alison. «Ho appena parlato con la Polizia e dicono che sta arrivando.»

«Sarà così preoccupato.»

«Mi occuperò io di lui» promise Alison. «Gli parlerò non appena arriva e lo porterò da Polly e da lei appena possibile. Cerchi di non preoccuparsi adesso.»

«Dove sono?»

L’uomo, bianco come un lenzuolo, con aveva l’aria di svenire da un momento all’altro, non aveva bisogno di presentazioni. Alison sapeva che doveva essere il padre di Polly.

Un uomo della sicurezza gli stava correndo incontro per dirgli di togliere la macchina dall’ingresso, ma Alison riuscì a convincere la guardia a prendere lui le chiavi e a spostare la vettura. David non era davvero nelle condizioni di poter guidare.

«Stanno bene» lo rassicurò Alison, mentre lo conduceva in una sala. «Mi conceda soltanto un momento e poi la porterò da Polly.»

Sapeva che aveva bisogno di vedere la figlia, ma non poteva certo farlo in quello stato.

«Polly è solo leggermente ferita» spiegò. «Ha dei tagli e qualche ferita sul petto e sulle spalle, ma parla e sta bene.»

«Rebecca?»

«Ha una brutta lacerazione al braccio e stanno decidendo se trasportarla direttamente in sala operatoria. Ci potrebbe essere una commozione cerebrale e si stanno preparando per un elettroencefalogramma. È molto sconvolta, hanno dovuto tirarla fuori dalla macchina ma sa dove si trova e cosa è successo, ed è molto preoccupata per Polly e per lei.»

«Oh, Signore!» Si mise le mani tra i capelli e prese un lungo respiro. «Avevo temuto il peggio…»

«Certo, anche noi eravamo preparati al peggio. Ma fortunatamente se la stanno cavando bene entrambe. Le manderò il dottore non appena sarà possibile» disse Alison gentilmente.

«Penso di non averle nemmeno salutate stamattina. Avevo un colloquio di lavoro oggi… Ero così concentrato su questa cosa, non riesco nemmeno a ricordare se le ho salutate…»

E così Alison scoprì che David aveva perso il lavoro nove mesi prima, che aveva avuto un esaurimento nervoso e che si stava ancora curando, ma che pian piano ne stava uscendo.

E sapendo quanto questo colloquio sarebbe stato importante per lui, Alison capì la preoccupazione di Rebecca per la reazione di suo marito.

«Lasci che la accompagni da Polly.» gli disse non appena si calmò. «E farò sapere a sua moglie che lei è qui.»

David si comportò benissimo con la figlia, la fece sorridere e le disse le cose giuste. Le disse che del colloquio non gli importava nulla se lei e la mamma stavano bene.

Alison, stranamente per lei, sentì scendere una lacrima e li lasciò per andare a parlare con la madre.

«Salve Rebecca» la salutò Alison, mentre Nick e i chirurghi stavano guardando il braccio della paziente. Sebbene fosse concentrato sulla visita, Nick sentì comunque tutte le sue parole. «Polly sta bene e il suo papà è con lei. Sta bene anche lui. Davvero.» Rebecca scoppiò a piangere e Nick per un istante pensò che fosse lui ad aver avuto l’incidente. «Gli ho detto che non appena i chirurghi avranno finito di visitarla lo porterò da lei.»

«David mi ha detto tutto quello che è successo e che state passando» continuò Alison, «e, sinceramente, ora che sa che state bene entrambe, sta bene anche lui.»

«Non può affrontare tutto questo da solo» si lamentò Rebecca pronunciando la prima frase sensata dal suo arrivo.

«Magari non tutto» la corresse Alison, «ma se la sta cavando alla grande in questa situazione e magari sta scoprendo di essere più forte di quanto non pensasse.»

Alison poi si rivolse a Nick. «David aveva un importante colloquio di lavoro oggi» gli spiegò e poi guardò di nuovo la paziente. «Quando le cose si saranno sistemate potremmo chiamare l’azienda e spiegare cosa è accaduto.»

«Sarò felice di farlo io» disse Nick.

«Fantastico» si entusiasmò Alison. «Suonerà meglio se verrà da un dottore.»

Nick vide il sollievo negli occhi di Rebecca e che il suo corpo iniziava finalmente a rilassarsi. Cosa buona per l’urgente EEG che dovevano farle.

Mentre Ellie preparava Rebecca per la sala operatoria, Nick fece la telefonata suggerita da Alison poi tornò dalla coppia, che nel frattempo si era riunita, per raccontarne l’esito. «Erano molto grati per averli informati» disse Nick a David. «Specialmente con tutto quello che sta capitando. Hanno detto di richiamare più tardi o domani in modo da fissare un altro incontro.»

Nel mentre arrivò Alison con una Polly molto nervosa. «Ecco la mamma!»

Rebecca e Polly si baciarono e abbracciarono prima che la prima venisse portata in sala operatoria, perché non c’è cosa che possa rassicurare di più un bambino che vedere la propria mamma.

«Non si preoccupi, penserò io a lei» disse Alison rivolgendosi a Rebecca.

E quando Alison se ne fu andata, Nick le riferì che Polly era in ottime mani.

Più tardi nella stanza del personale, Ellie chiese a Nick se quella sera sarebbe andato al locale.

Ma l’unica cosa che Nick riuscì a notare era che Alison portava gli occhiali facendo le parole crociate e che non aveva alzato il volto per sentire la sua risposta.