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Era meglio così, continuava a ripetersi Alison, che aveva deciso di ignorare gli sms di Nick degli ultimi giorni. Quello era il modo migliore per curare il suo cuore spezzato.
Nick in quei giorni era apparso a tutto il team di Pronto Soccorso stanco, distratto e meno divertente del solito. Ogni tanto Alison incontrava i suoi occhi che la scrutavano, come a voler ritrovare la Alison che aveva irrimediabilmente perduto.
Quella Alison semplicemente non esisteva più.
Nick si sarebbe preso a calci da solo per come aveva gestito la situazione, era arrabbiato con se stesso e anche con lei per aver gettato la spugna, per essersi rifugiata nel suo mondo tranquillo e rassicurante. E nonostante tutto, sembrava gentile ed educata, sorrideva e parlava quando era costretta a farlo.
La Alison che aveva conosciuto sembrava definitivamente scomparsa.
«Non so più cosa fare.» Amy sembrava insolitamente agitata quando fece il passaggio di consegne a Nick alla fine del turno. «Questo poveretto è arrivato da noi alle tre. È un paziente di Oncologia che lamenta forti dolori all’addome. I chirurghi non vogliono che venga fatto alcunché fino a quando non lo avranno visto, solo che adesso sono impegnati con un aneurisma…»
«Quindi non gli è stato dato niente per il dolore?»
«Cinque di morfina, ma non possiamo fare nient’altro finché i chirurghi non si liberano, e loro sono impegnati in sala operatoria. Inoltre non posso recuperare la sua cartella clinica, visto che è stato ricoverato in day-hospital la settimana scorsa.»
Amy sembrava piuttosto scossa, e sarebbe stato normale dopo un turno impegnativo come quello. Ma normalmente niente era in grado di scuoterla.
Alison si ricordò che aveva scambiato i turni di notte con Nick per un problema di famiglia, e si chiese se questo non c’entrasse qualcosa.
«Se il team di Chirurgia è in sala operatoria, allora non saranno loro a occuparsi di questo caso.» La voce di Nick giunse sicura e autorevole, mentre guardava la lista dei turni. «Chiamerò il team di Howard che oggi è in servizio. Chiederò a uno di loro di venire a dare un’occhiata prima dell’inizio del turno. Alison» aggiunse, «vieni con me?»
«Sua figlia Vivienne è di sopra» aggiunse Amy.
«Me ne occupo io. Vai a casa» le ordinò.
«Grazie, come farei senza di te?»
Alison alzò gli occhi al cielo cercando di non dar peso a quelle parole.
Intanto Nick raggiunse la figlia del paziente e si presentò. «Buongiorno, sono Nick Roberts, specializzando in Pronto Soccorso.»
«Eccone un altro!» esclamò lei. «Quando arrivano i chirurghi?»
«Siamo in contatto col team di turno oggi. Intanto darò io un’occhiata a suo padre.»
Jim appariva molto magro e sofferente e Nick convenne con Alison sul fatto che la sua situazione fosse grave. Qualcuno doveva intervenire al più presto.
«Ho assolutamente bisogno della sua cartella clinica.»
«Andrò dalla receptionist. Il day hospital sta aprendo adesso, le chiederò se può far richiesta per ottenerla» si offrì Alison.
«Grazie» le disse. Poi esitò. «Alison?»
«Sì?»
«Possiamo parlare?»
«Di lavoro?» E quando lui avvicinò le labbra alle sue, Alison replicò: «Allora mi dispiace, no». E si avviò velocemente verso l’Accettazione.
Libby, l’addetta alla Reception, si mise subito al lavoro per esaudire la richiesta di Alison, e mentre digitava sul computer, le due donne chiacchierarono del più e del meno.
A un certo punto Libby dichiarò: «Questa maledetta cartella clinica non la trovo».
«Libby ne ho davvero bisogno. Quell’uomo ha urgente necessità di cure e la famiglia è sull’orlo di una crisi di nervi. E non posso dargli torto.»
«L’unica cosa che posso fare è andare a controllare di persona» propose Libby. «Fammi un favore però, consegna tu il registro coi turni al posto mio.»
«D’accordo, te ne sono davvero grata, Libby.»
Ma non appena Alison uscì dall’Accettazione, la famiglia di Jim la intercettò.
«Avete recuperato la cartella clinica?»
«L’addetta all’Accettazione se ne sta occupando proprio ora. So che è una situazione difficile, ma…»
Vivienne non la lasciò finire e l’aggredì. «Lei non sa un bel niente! Mio padre sta soffrendo, e a lei non importa! Si è goduta la sua pausa caffè? Bene mio padre non riesce nemmeno ad avere un bicchiere d’acqua e sta morendo di sete.»
«Vivienne!» Nick intervenne rivolgendole un sorriso rassicurante. «Andiamo a parlare in sala d’attesa.»
Alison gli fu grata di essere intervenuto, anche se avrebbe voluto essere in grado di gestire la situazione da sola. A quel punto a lei non rimaneva altro da fare che consegnare il registro coi turni come le aveva chiesto Libby.
Normalmente non lo avrebbe degnato di uno sguardo.
Ma non quel giorno.
Lo aprì, scorse i nominativi e vide che il nome di Nick non era segnato da nessuna parte. In compenso era ricomparso il nome di Cort Mason.
Eccola lì, la verità scritta nero su bianco.
Ancora pochi giorni e Nick Roberts se ne sarebbe andato.
«Vivienne ti fa le sue scuse. Ha ammesso di aver reagito impulsivamente.» La voce di Nick la colse suadente alle spalle.
«Non ce n’era bisogno, la capisco. Libby è andata di persona a vedere se riesce a recuperare la cartella.»
«Quell’uomo andava ricoverato la settimana scorsa» sentenziò Nick. E usò quelle stesse parole quando parlò al telefono, mentre la teneva stretta per il polso. Quello era il primo gesto di tenerezza che si scambiavano da giorni.
Poi lui concluse la telefonata. «Bene, stanno per ricoverarlo» le rivelò, fornendole tutti i dettagli. Ma si fermò, vedendo la sua espressione sconsolata.
«Ehi, tutto okay?»
«Riuscirò a dimenticarti, Nick, non preoccuparti.» Dopodiché si girò e se ne andò, cercando di nascondere le lacrime che già le rigavano le guance.
Era una stupida! Sapeva fin dall’inizio che sarebbe potuto succedere. Che lui se ne sarebbe andato e le avrebbe spezzato il cuore.
Si rifugiò in bagno, cercando di ricomporsi.
«Alison, stai bene?» Ellie entrò in bagno e rimase sorpresa nel vederla in quello stato. Alison non piangeva praticamente mai.
«Sto bene, non preoccuparti. Sono solo stanca.» Ed era vero. «C’è quel pover’uomo che è da stamattina alle due che deve essere ricoverato, e siamo riusciti solo ora a trovargli un letto. La figlia era fuori di sé dalla rabbia e mi ha aggredito. E la cosa buffa è che non mi sentivo di darle torto.»
«So come ti senti.» Chiunque lavorasse in Pronto Soccorso sapeva che a volte la rabbia dei familiari si sfogava preferibilmente sul personale medico. Avrebbero dovuto esserci abituate, ma c’erano giorni in cui tutto questo faceva più male.
«Tutto okay?» Sheila, entrò in bagno.
Perfetto! La prossima volta, prima di mettermi a piangere come una bambina, devo assicurarmi di essere chiusa a chiave, pensò Alison.
«Tutto okay, solo non mi sento molto bene» rispose rivolgendosi a Sheila e sfoggiando un sorriso di circostanza.
«Infatti non hai un bell’aspetto. Perché non te ne vai a casa?» propose Sheila. «A che ora hai il turno domani?»
«Di mattina presto.»
«E allora vai! E se domani non ti senti ancora bene, chiamaci che ti copriamo il turno.»
Alison si sentì un po’ in colpa mentre prendeva le sue cose e si avviava alla fermata dell’autobus.
Forse non era solo stanca, forse si stava prendendo l’influenza.
Arrivata a casa, si rese conto che era giovedì perché l’appartamento era invaso dal profumo della Strogonoff.
Solo l’odore le dette la nausea.
Strano, doveva stare proprio male.
Salì in camera e si sdraiò a letto. ma non ci rimase a lungo. Dopo poco si precipitò in bagno.
Si era beccata un’influenza gastrointestinale.
Ci mancava solo questa.
Dopo aver preso il telefono per chiamare Sheila e pregarla di coprire il suo turno, Alison trovò un messaggio di Nick.
Tutto okay? Mi hanno detto che stai male.
Alison spense il telefono.
Non avrebbe saputo cosa rispondere.