23
Dopo avere partecipato per anni alle feste danzanti, Bella aveva messo a punto tre strategie.
La prima prevedeva di cercare un angolo discreto dove rifugiarsi. La seconda di portare sempre con sé un libro o un taccuino su cui scrivere. La terza, infine, di evitare di ballare, se fosse stato possibile.
Non aveva mai immaginato di doverle usare ancora eppure in quel momento si trovava in una sala da ballo affollata non in veste di debuttante, bensì di chaperon della cugina.
Aveva già cominciato ad abbozzare la lettera per informare i genitori che il fidanzamento con Rhys era stato rotto. Nelle tre settimane successive alla proposta di matrimonio si erano parlati solo una volta e si erano scambiati dei biglietti formali. Lei cercava di non pensare al dolore che provava, a quanto Rhys le mancasse.
I suoi genitori erano felicemente sistemati in Grecia, tuttavia meritavano di sapere la verità, soprattutto se lei e Rhys avessero messo fine allo stratagemma in tempi brevi.
E poi? Bella rabbrividì all’idea di un’altra Stagione o al pensiero che i suoi genitori sarebbero tornati per combinare il suo matrimonio.
«Non è terribile come temevi, vero?» le chiese Louisa, che indossava un grazioso abito da ballo giallo. «Come mia accompagnatrice, non sei nemmeno costretta a danzare.»
Bella si sforzò di sorridere. «Per quello ringrazio il cielo.»
Louisa aveva ragione. Fino a quel momento, la serata non era stata così orribile. Lei aveva rispettato le regole e, anche se era ancora presto, tutto procedeva senza incidenti.
Mentre guardava il caleidoscopio di colori formato dalle signore che volteggiavano nei loro abiti eleganti, accompagnate da cavalieri vestiti di nero, Bella pensava al rebus figurato che aveva disegnato sul taccuino. Era un rompicapo che metteva alla prova la memoria e le capacità organizzative.
In occasione del loro secondo incontro, Mr. Peabody le aveva offerto un contratto per il suo primo manoscritto e aveva insistito perché gliene mostrasse un altro. Non solo. Le aveva anche suggerito di scrivere una serie di libri di indovinelli.
«È l’ora del mio prossimo ballo» annunciò Louisa prima di andare a cercare uno dei numerosi gentiluomini segnati sul suo carnet.
L’angolo in cui Bella si era rifugiata era nascosto e poco illuminato. Dopo avere diretto il taccuino verso la luce del candeliere da muro, si chinò per scrivere l’idea che aveva avuto prima di dimenticarla.
La matita scorreva sul foglio quando il pianista cominciò a suonare un valzer. Una marea di ricordi la travolse, così vividi che le parve di essere tra le braccia di Rhys, di sentire il suo profumo.
Qualche minuto dopo Louisa tornò, con le guance arrossate e gli occhi scintillanti. «Ho cambiato idea. C’è un problema.»
«E quale sarebbe?»
«Sai a chi appartiene la casa dall’altra parte della piazza?»
Bella spinse la punta della matita sul foglio con tanta forza da spezzarla. Lo sapeva e aveva fatto di tutto per non posare lo sguardo su Claremont House. Soprattutto per non pensare di fare l’amore con Rhys nella sua stanza stravagante.
«Lo so, Louisa.»
Chissà se era a casa. Se la pensava spesso come lei pensava a lui.
«Forse dovresti venire a vedere.»
Bella alzò il capo per fissare la cugina con aria interrogativa. «Che cosa dovrei vedere?» Era buio quando la carrozza degli zii le aveva lasciate al ballo, perciò lei si era limitata a guardare le finestre di Claremont House chiedendosi se Rhys fosse in casa.
«Vieni con me.»
Bella la seguì nel corridoio fino a un salotto deserto, dove Louisa si avvicinò a una finestra e scostò la tenda.
Dalla parte opposta della piazza c’era la residenza di città di Rhys. Tutte e sei le finestre della facciata erano illuminate; dietro le tende di mussola al pianoterra Bella vide delle persone che chiacchieravano, mentre al piano di sopra c’erano delle coppie che danzavano.
«Una delle sue famose feste» sussurrò Louisa.
Bella deglutì per sciogliere il nodo che le serrava la gola. «Non ha aspettato.»
«Che cosa avrebbe dovuto aspettare?» Louisa si accomodò sul sedile sotto la finestra per sbirciare Claremont House. Aveva un’aria talmente stanca che Bella non riuscì a rimproverarla perché stava stropicciando l’abito.
«Me.» Bella non aveva divulgato la notizia della proposta di Rhys. Nessuno lo sapeva. «Ha detto che mi avrebbe aspettata.» Ma non per sempre.
Louisa sgranò gli occhi. «Che cosa aspettava da te?»
«Una risposta.» Bella si avvicinò alla finestra e, mentre fissava la casa di fronte, si rese conto che stava cercando lui. Si sarebbe accontentata di vederlo di sfuggita.
«Non capisco» ammise la cugina fissandola.
«Neanch’io sono sicura di capire.» Bella si sedette sul bracciolo di un divano. «Mi ha chiesto di sposarlo e...»
«L’hai rifiutato?»
«Non gli ho risposto. Come vedi è di nuovo l’uomo di un tempo, l’egoista Duca di Claremont» spiegò Bella indicando la casa di Rhys.
«Perché mai non hai accettato?»
Bella si posò le mani sui fianchi. «Non mi sembra il marito ideale» osservò, indicando la finestra con il mento. «Non credi?»
«Qualcuno potrebbe pensarlo, ma non è mai stato così con te. Ed è l’uomo che hai sempre desiderato sposare, non è vero?»
Louisa cominciava a essere troppo logica e decisamente troppo indiscreta.
«Un tempo volevo sposarlo, non lo nego.»
«E adesso?»
Bella si alzò e cominciò a camminare avanti e indietro. Quando arrivò al folto tappeto davanti al caminetto, si fermò. «Forse non mi fido abbastanza. Mi ha ferito troppo.»
«Mi ricordo che eri molto triste, lo sei stata per lungo tempo. Ma sono passati degli anni. Ti ha dato degli altri motivi per diffidare di lui?»
«No. Non da quando è rientrato nella mia vita.» Le uniche accuse che poteva rivolgergli erano di essere troppo protettivo e a volte molto distratto.
«Quindi è di Rhys che non ti fidi o di te stessa?»
Bella sapeva di essere un libro aperto per la cugina. Era sempre stato così. Lei non aveva fiducia in se stessa. Non si fidava del modo in cui l’avrebbe amato, in cui avrebbe affrontato le conseguenze se l’avesse perso di nuovo.
«Non voglio più essere la ragazzina che ero un tempo. Non posso permettermi di annullarmi per Rhys. E non voglio struggermi per lui, se dovesse lasciarmi di nuovo.»
Louisa si alzò e si avvicinò finché gli abiti non si sfiorarono. «Come potresti tornare indietro? Non sei più quella fanciulla. Sei più forte e meno incline all’infatuazione.»
«Sono la nuova Bella.»
Louisa alzò la testa e sorrise. «Mi piace. Penso che dovresti fidarti di lei, sa quello che vuole.»
Bella emise un sospiro, si portò una mano al petto e sentì la margherita. Dopo essersi sfilata i guanti, infilò due dita nella scollatura e tirò la catenella per estrarre il pendente. Quando premette la margherita contro il palmo, fu assalita da un’ondata di ricordi.
Ricordi nuovi costruiti insieme.
Il dolore per la mancanza di Rhys non era mai cessato.
«Hai ragione. Non voglio più trattenermi.» Non sarebbe più stata la debuttante algida e insensibile di un tempo. Non avrebbe più opposto dei rifiuti.
Aveva cercato di convincersi che separarsi da Rhys fosse la scelta migliore. La più saggia. Ma non era giusto. Stare lontano da lui non era giusto. Nelle ultime settimane la sua vita era stata meno eccitante. Aveva sorriso meno. Riso meno. Non si era sentita a suo agio.
Bella infilò il pendente nella scollatura dell’abito e raddrizzò le spalle. Poteva farlo.
«Dovrei parlare con Rhys.»
Louisa annuì con decisione. «Dovresti.»
«Qualche passo e sarò davanti alla sua porta.»
E pazienza se non lo vedeva da settimane, se non era sicura che pensasse ancora quello che le aveva detto l’ultima volta che si erano visti.
«Grazie, cugina.» Bella abbracciò Louisa, la strinse con delicatezza e la lasciò andare. «Ora va’ dal tuo prossimo cavaliere.»
Quando la cugina fu tornata nella sala da ballo, lei si diresse verso il portone.
Ogni passo era più facile del precedente. Dopo avere deciso che sarebbe tornata da lui, non riusciva più a fermarsi. Si rifiutava di vivere nel terrore, di temere il sentimento che provava per Rhys, di essere travolta dalle emozioni.
La prospettiva più terribile era non vederlo più.
Passò davanti ai valletti di guardia al portone, che la guardarono stupiti.
La sera era piacevolmente fresca. Bella continuò a camminare senza fermarsi, senza pensare. Il suo piano seguiva una strategia, ma era anche guidato dall’istinto. Dall’impulso. Non era da lei. O forse lei era esattamente così, lo era sempre stata.