4
Arabella Prescott non era affatto come se la ricordava.
La fanciulla che aveva deluso al ricevimento di cinque anni prima era tutta dolcezza e innocenza. I capelli le ricadevano in riccioli sciolti sulle spalle dell’abito rosa confetto, ornato di gale. La stessa sfumatura di rosa le tingeva le guance e le labbra piene.
La donna che era davanti a lui in quel momento sfoggiava dei colori più decisi. Indossava un abito di velluto azzurro scuro abbottonato fino al mento, che nascondeva la pelle lentigginosa. Le guance erano coperte di rossore e i capelli ramati erano trattenuti da forcine, a parte qualche ciocca che rifletteva i bagliori dorati della luce delle candele.
Rhys deglutì a fondo. Fino a quel momento non si era reso conto di quanto gli fosse mancata.
Quando lei si girò per guardarlo, nello sguardo degli occhi verdi che lo trafisse non v’era traccia del calore di un tempo.
«Non sapevo che foste stato invitato, Claremont.» La voce nasale di Lord Teasdale era stridula, sulla difensiva.
Rhys lo aveva battuto a carte un numero sufficiente di volte, il che giustificava un certo risentimento nei suoi confronti. Tuttavia, dopo avere ereditato il titolo del padre, aveva scoperto che l’avversione degli uomini verso di lui era venata di gelosia.
«Infatti.»
«Infatti.» Rhys e Bella avevano parlato a una sola voce, continuando a guardarsi. Lui notò un’emozione balenarle nello sguardo fiero, ma non avrebbe saputo dire se fosse di stupore o altro.
«Miss Prescott, posso parlarvi? Da sola?»
Bella non rispose, ma contrasse le spalle e la curva morbida della mandibola si irrigidì.
Poiché nessuno dei gentiluomini si accingeva ad andarsene, Louisa, sulla soglia della sala da biliardo accanto a Rhys, parlò.
«Signori» cominciò in tono autoritario, «mia zia noterà la vostra assenza. Io sto tornando in salotto, vi suggerisco di seguirmi.»
Detto ciò lanciò un’occhiata a Bella, le sopracciglia inarcate.
«Lasciamo Miss Prescott senza uno chaperon?» chiese Mr. Nix.
Rhys sentì su di sé lo sguardo di Louisa. Quando si girò, scoprì che lo stava esaminando da capo a piedi.
«Il Duca di Claremont e mia cugina erano amici d’infanzia e non si vedono da parecchi anni.» Louisa fece un segno ai due gentiluomini che si trascinarono fuori dalla stanza con il mento alzato e il petto gonfio, come se non avessero appena evitato un ceffone dalla figlia del padrone di casa.
Rhys fu tentato di chiudere la porta, tuttavia sapeva che non era decoroso. Che Dio lo aiutasse, da quando si preoccupava di questioni del genere?
Restò in attesa, si aspettava uno scoppio di collera. Quante cose erano rimaste non dette tra loro.
Dopo averlo fissato per un istante, Bella si girò e si diresse in fondo alla sala. Rhys pensava che si sarebbe avvicinata alla finestra per guardare fuori ed evitare di affrontarlo. Invece lei andò verso la rastrelliera delle stecche da biliardo e ne prese una. Si fermò per qualche minuto, poi si girò verso il tavolo e cominciò a posizionare le bilie, come se fosse entrata nella stanza per una partita e lui fosse solo una distrazione imprevista.
Rhys batté un piede sul tappeto, una mano contro una coscia. Se leggere era un tormento per lui, di solito le parole non gli mancavano, tanto che una dama che aveva corteggiato lo chiamava maestro di eloquenza. In quel momento però era ammutolito. Le emozioni c’erano tutte, gli premevano sul petto, ma non riuscivano a tradursi in parole forbite.
«Arry...»
«Non chiamarmi così.» Bella si girò per guardarlo. «Nessuno lo fa.» Abbassò la testa, fissò il tappeto, poi la alzò di nuovo.
«Bella...»
«Ti ricordi come si gioca?»
Una miriade di immagini si affacciò alla mente di Rhys. Ricordi brulicanti di risate e di scommesse basate su vuote minacce infantili, con delle focaccine al limone come posta.
«Mi ricordo che vincevi sempre tu» ammise Rhys.
Quando Bella incurvò le labbra, lui si augurò che fosse un accenno di sorriso.
«Vogliamo vedere se sei migliorato?» Bella indicò la rastrelliera e sollevò appena il capo con un gesto che le aveva visto fare centinaia di volte. La voce era fredda, priva di emozioni, ma quel cenno era una sfida. Conoscendolo bene, sapeva che lui non si tirava mai indietro quando veniva sfidato.
Invece di rispondere, Rhys si tolse la giacca e la gettò sullo schienale di una sedia. Mentre si avvicinava alla rastrelliera, si arrotolò le maniche della camicia. Bella lo seguì con lo sguardo senza far trapelare alcuna emozione, poi riprese a sistemare le bilie sul tappeto verde.
«Qual è la posta?» chiese Rhys, avvicinandosi al lato opposto del tavolo. L’abito accollato non rivelava molto, ma lui notò che Bella deglutì e raddrizzò le spalle prima di rispondere.
«Un favore.»
Per un istante Rhys si chiese se avesse capito bene. Un favore era esattamente ciò di cui lui aveva bisogno.
«Sono d’accordo.»
«Senza sapere che cosa ti chiederò?»
«Anch’io ti chiederò un favore, ma lo saprai dopo che avrò vinto.»
«Se vincerai.» Bella lo guardò accigliata. «Perché sei venuto?»
Era una domanda semplice, probabilmente la prima che avrebbe dovuto porgli, ma Rhys sentì la gola inaridirsi. «Io... volevo vederti, Bella. Da tempo avrei dovuto chiederti...»
«No, intendevo dire perché sei venuto nell’Essex.»
Rhys non voleva parlare dei problemi della proprietà. Non ancora. Si avvicinò all’estremità del tavolo, azzardò un passo verso Bella e fu sollevato nel vedere che lei non indietreggiò. La luce delle candele catturò l’oro dei suoi occhi che scintillavano, meno truci di quando lui era entrato nella sala, ma non ancora cordiali. Non ancora amichevoli.
«Adesso sono qui per fare ciò che avrei dovuto anni fa.»
Bella inspirò a fondo, come se temesse quello che avrebbe potuto dire, poi indicò il tavolo da biliardo. «Vogliamo cominciare?»
Rhys non si aspettava tanto disinteresse per le sue scuse, tuttavia sapeva che parlare avrebbe riaperto delle vecchie ferite. Se Bella preferiva giocare a biliardo, accontentarla era il minimo che poteva fare. Gli bastava avere una scusa per restare insieme a lei.
«Prima le signore.»
«Non era la tua linea di condotta un tempo.»
«Forse sono diventato più cortese.» Era la bugia più grande che avesse pronunciato da anni. Bella ne sembrava consapevole, perché inarcò un sopracciglio castano ramato.
«Non secondo le voci che circolano a Londra.»
Rhys ridacchiò. «Hai cominciato a leggere i giornali scandalistici?»
«Naturalmente no!» esclamò Bella. «Ma la gente parla.»
Già. Un tempo gli piaceva che il suo nome fosse sulla bocca di tutti. Meglio l’infamia che essere deriso per i propri difetti. Tuttavia pensava che nessun pettegolezzo sarebbe arrivato fino a Bella. Lei li detestava.
«E quando tutti parlavano di me, li ascoltavi?» le chiese in tono dolce, un po’ troppo speranzoso.
Lei sogghignò. «Le gemelle Debley vengono a trovarmi e sono sempre state appassionate di scandali. Io le ascolto per educazione.»
Poi, senza aspettare la replica di Rhys, si chinò sul tavolo, avvicinò la stecca alla bilia ed eseguì il tiro. La bilia colpì quella di lui.
«Un punto per me. Tocca a voi, Vostra Grazia.»
Vostra Grazia? Santo cielo, era talmente gelida da usare il titolo?
Rhys piegò il braccio, pensò a come colpire la bilia dell’avversaria ed eseguì un tiro a effetto. Le sfere d’avorio tintinnarono quando si scontrarono, ma quella di Bella si mosse appena.
«Uno pari» annunciò Bella.
Mentre gli si avvicinava per il tiro seguente, Rhys sentì le pulsazioni accelerare. La osservò mentre rifletteva. Ogni volta che Bella pensava, si aveva l’impressione di vedere i pensieri che si organizzavano nella sua mente. Quando si morse il labbro inferiore, due piccoli solchi si formarono tra le sopracciglia e il mento divenne più pronunciato.
Era talmente concentrata che gli sfiorò un braccio con il proprio.
Rhys si sarebbe potuto spostare. Avrebbe dovuto farlo, ma bramava quel contatto.
A differenza di Bella. «Scusa, devo venire dove sei tu» gli disse in tono dolce.
Lui non era un vero gentiluomo. Di rado cercava di esserlo, ma se c’era qualcuno che lo meritava quella era Bella.
Indietreggiò di un passo e le cedette il posto.
Un cenno del capo fu l’unico ringraziamento che lei gli accordò prima di chinarsi sulla stecca, eseguire il tiro e mandare la bilia all’altra estremità del tavolo. Il sorriso che gli rivolse da sopra una spalla gli fece venire voglia di concederle il tiro successivo.
Rhys posizionò la stecca, ma non riusciva a concentrarsi. Bella era una distrazione troppo piacevole. Non solo per tutto quello che non si erano detti, ma anche perché l’attrazione che era scattata nell’istante in cui l’aveva rivista continuava a crescere.
Invece di giocare, Rhys si raddrizzò e sostenne il suo sguardo. «Mi dispiace per come mi sono comportato quel giorno di cinque anni fa. Mi dispiace avere rovinato la tua festa.» Stava per aggiungere qualcosa, quando lei cominciò a muoversi.
Sotto lo sguardo stupito di Rhys, Bella girò intorno al tavolo per avvicinarsi. Notando l’intensità del suo sguardo, lui si preparò a ricevere lo schiaffo che era stato risparmiato a Teasdale. Se glielo avesse dato, se lo meritava. Tuttavia non poté fare a meno di notare che teneva ancora in mano la stecca.
«Non hai intenzione di usarla su di me, vero?»
Vedendo le labbra che tremavano, gli occhi lucidi, Rhys si fece forza per affrontare le lacrime.
Invece non ci fu nessun singhiozzo. Bella non stava per piangere. Fremeva per la frustrazione.
«Credi davvero che mi interessasse il ricevimento?» Bella avanzò di un passo. «Non ho mai desiderato festeggiare in grande stile. Non mi sono mai interessate le feste come a te.»
Un altro passo. Era talmente vicina che Rhys vide la spruzzata di lentiggini sulle guance e sul naso. Lui le aveva sempre adorate, tanto quanto lei le detestava.
Magnifica. Il pensiero che arrivò, spontaneo e inaspettato, lo stupì. Bella era sempre stata graziosa, ma in quel momento era qualcosa di più. Trasudava sicurezza di sé, aveva una compostezza che metteva in risalto la sua bellezza. Era diventata una donna eccezionale, un fatto che lo turbava. Non era quello il momento di rendersi conto che la sua amica d’infanzia si era trasformata in una creatura stupenda.
Rhys era abituato a essere l’oggetto di sguardi femminili focosi, ma il barlume degli occhi di Bella non era di apprezzamento.
«Sai che cosa mi importava?» gli chiese. «Perché ero tanto turbata?»
Rhys lo sapeva. Alcuni mesi prima della festa si era accorto che Bella lo guardava in modo diverso. Aveva sempre avuto un’alta considerazione di lui, addirittura eccessiva. Il giorno del ricevimento lui godeva già di una certa fama presso le signore del villaggio. Era un aspetto che lei non poteva conoscere, da cui desiderava proteggerla.
Perciò aveva ignorato la sua infatuazione giovanile e quel giorno Bella aveva scoperto chi lui fosse veramente.
In impaziente attesa della sua risposta, Bella inarcò le sopracciglia. Rhys si rese conto che ciò che stava per dire avrebbe cambiato il loro rapporto. E capì che non gli chiedeva di scusarsi, bensì di capire i suoi sentimenti.
«Non lo sai ancora.» C’era uno stupore sincero nella sua voce. Per un istante gli ricordò la ragazzina curiosa che conosceva un tempo.
Tuttavia quella che aveva davanti sembrava una donna impavida.
Con lo sguardo fisso su di lui, Bella fece l’ultimo passo per colmare la distanza tra loro.
Rhys si leccò le labbra. Cercava, senza successo, di non guardarle la bocca. Inspirando il suo profumo di cannella e di aria d’autunno, sentì nascere un sentimento che non aveva mai provato prima. Desiderio. Talmente intenso da mozzargli il respiro in gola. Doloroso.
«Sei uno stupido, Rhys Forester.»
Gli piaceva sentire il proprio nome uscire dalle sue labbra. Gli era mancato, e solo in quel momento capì quanto.
«Senza dubbio.» A volte si considerava il buffone del ton, ma anche quell’epiteto gli si addiceva. «Sono stato uno sconsiderato e ti chiedo di perdonarmi.»
Nel silenzio che seguì, la gola si serrò per la commozione impedendogli di respirare. Rhys guardò gli occhi di Bella, desiderando che l’espressione gelida si sciogliesse. La giovane non batté le palpebre. Lui non riusciva a distogliere lo sguardo. Da tempo non desiderava una cosa quanto quella risposta.
Aveva bisogno di sapere che non lo detestava. Aveva bisogno del suo perdono.
Alla fine Bella batté le palpebre, un movimento rapido delle folte ciglia scure. Lo guardò senza parlare. Dopo un po’ socchiuse le labbra e trasse un profondo respiro.
«Non posso» sussurrò con voce tremante. Persino in quelle due parole Rhys percepì il dolore che le aveva causato.
«Ti prego, Bella.» Quanto gli sarebbe piaciuto allungare una mano. Era molto vicino e l’aveva già toccata senza volere. Eppure, malgrado la vicinanza che gli permetteva di sentire il calore che il suo corpo emanava, c’era un baratro tra loro. «Non sono abituato a umiliarmi, ma sono disposto a provare.»
Non si era mai messo in ginocchio con una donna per uno scopo che non includesse il piacere. Per il bene di Bella era pronto a subire una buona dose di umiliazione.
Rhys piegò un ginocchio e cominciò ad abbassarsi.
«Non farlo.» Bella lo afferrò per un bavero e lo fece rialzare. «Non ho detto che non ti perdonerò mai.»
Una volta che lui fu in piedi, non lo lasciò andare. Quando Rhys si avvicinò, un’ondata di rossore le coprì le guance, ma Bella non mollò la presa. Respirando in rapidi ansiti, lui si impose di non cedere all’istinto di toccarla o a un bisogno più imperioso. Quello di baciarla.
Troppo presto Bella ruppe l’incantesimo e lo lasciò andare, mentre indietreggiava di un passo.
«Non voglio che mi supplichi, desidero essere capita. Allora mi convinsi che...» Si zittì e serrò le labbra.
Rhys distolse lo sguardo per comunicarle che l’avrebbe ascoltata. Era meglio se fosse stata lei a dirlo.
Invece tra loro calò il silenzio. Silenzio, e una tensione che gli fece desiderare di trovare le parole giuste per sistemare la faccenda.
Bella strinse i denti fino a sentire male alla mascella. C’era andata vicino, ma non riusciva ad ammettere a se stessa quanto fosse stata sciocca.
Per anni aveva immaginato quel momento.
Rhys si era scusato, come lei si aspettava. In fondo al cuore sapeva che non aveva voluto ferirla. Si erano sempre protetti e difesi a vicenda, avevano mantenuto i rispettivi segreti.
Tuttavia, quando aveva immaginato quell’incontro, lei era convinta che sarebbe stata distaccata, un muro impenetrabile di calma ed equilibrio.
Ora Rhys era lì. Talmente vicino che poteva toccarlo, inspirare il suo profumo familiare. E lei non stava facendo niente di ciò che si era ripromessa. Il cuore la stava tradendo, soffriva come un tempo. Non era un dolore acuto come allora, era un male più sordo, ma sufficiente a farle capire che non avrebbe mai funzionato tra loro.
Essere gentile, riallacciare la loro amicizia, fingere che non fosse accaduto niente era impossibile quanto tornare in salotto e accettare di sposare uno sconosciuto.
Lo sguardo di Rhys era colmo di tenerezza, bramoso. «Ho sbagliato, Bella.»
«Anch’io sono stata sciocca.»
«Tu?» Rhys incurvò la bocca. «A diciotto anni eri la fanciulla meno sciocca che avessi mai incontrato. Non riesco a immaginare quanto tu sia sagace adesso.» Deglutì prima di concludere: «Mi spaventa».
«Sono più sagace.» Bella raddrizzò la schiena. «E ho le idee più chiare della fanciulla che conoscevi.»
Per qualche istante nessuno dei due parlò, dando a Bella un’altra opportunità di osservarlo. Era ancora l’uomo più bello che avesse mai visto. C’era qualche ruga agli angoli degli occhi e della bocca, che lo rendeva ancora più affascinante. Rughe di chi ride spesso, naturalmente. Nessuno amava la leggerezza più di Rhys Forester.
No, era Claremont adesso. Forse era giunto il momento di dimenticare il passato, di rinunciare alla collera e al dolore che aveva coltivato per così tanto tempo.
Non sarebbero più stati amici. Lei avrebbe sempre ricordato che voleva di più, che l’amicizia non le bastava. Però era giusto rappacificarsi.
«Ti perdono.» Dopo che quelle semplici parole furono uscite dalla sua bocca, Bella si sentì meglio. Come se non fossero solo parole, ma uno strumento magico che aveva lenito il dolore e annullato l’incertezza.
Anche Rhys sembrava più sereno. Emettendo un sospiro di sollievo, sorrise. Non uno dei suoi sorrisi affascinanti, un sorriso sincero. Un po’ sghembo e imperfetto, senza inganno.
Era decisamente troppo affascinante. Lo era sempre stato.
Meglio mettere fine a quell’incontro inaspettato e cancellarsi dalla mente il Duca di Claremont.
«Temo che dovremo sospendere la partita. Gli ospiti mi aspettano, però ho apprezzato la tua visita.»
Tornare in salotto ed essere gentile con degli sconosciuti non era ciò che Bella desiderava, ma lo aveva promesso ai suoi genitori.
Non c’era niente che Rhys e lei potessero fare l’uno per l’altra. Il favore che aveva pensato di chiedergli era sciocco, e avrebbe solo prolungato un legame che era più saggio troncare.
L’espressione di Rhys si fece seria. «La mia non era una visita di cortesia, Bella. Sono le dieci di sera e non sono stato invitato alla tua festa.»
Vederlo l’aveva talmente sconvolta che l’idea di quanto fosse strano presentarsi a un ricevimento senza farsi annunciare non l’aveva nemmeno sfiorata. Quando gli aveva chiesto perché era ritornato nell’Essex, Rhys non le aveva risposto. Come se le avesse letto nel pensiero, la risposta arrivò.
«Ho bisogno del tuo aiuto.»
Subito dopo averlo perdonato, il battito del cuore si era calmato, ma a quella richiesta riprese a battere veloce.
Il silenzio di Bella spinse Rhys ad avvicinarsi. «Pensi che sia un egoista a presentarmi dopo tanto tempo e a chiederti un favore?»
Quando Bella inspirò per rispondere con un enfatico sì, Rhys alzò un dito e glielo avvicinò alla bocca.
«Non dire di sì. So che è così, ma non mi fido di nessun altro.»
Ogni parola che aveva pronunciato era vera. Bella lo vedeva nell’espressione corrucciata, lo udiva nel tono di voce serio. Rhys non si stava servendo del suo fascino. E lei capì che non avrebbe potuto replicare con una battuta di spirito.
«Deve esserci qualcun altro» dichiarò, abbassando lo sguardo sul dito pericolosamente vicino alle sue labbra, «a prescindere dalla ragione per cui hai bisogno di aiuto.»
Quell’uomo era un duca, con dei domestici al suo servizio, delle donne pronte a cadere ai suoi piedi, dei gentiluomini disposti a adularlo per ingraziarselo.
«Nessuno è più adatto di te.» La voce di Rhys era poco più di un sussurro. «Tu sai chi sono. Conosci i miei difetti, molti dei quali sono la tua forza. La matematica, per esempio.»
Bella aggrottò la fronte.
«E sei un’esperta della Stagione londinese» aggiunse, spostando finalmente la mano per contare con le dita. «Ordinare degli abiti, trattare con le sarte, le modiste, i calzolai e chissà cos’altro. Questo è il punto. Io non ho idea di che cosa possa servire a Meg. Tu sì.»
L’accenno alla sorella la fece sorridere. Quando aveva rotto l’amicizia con Rhys, aveva perso i contatti anche con lei.
«Sarei felice di incontrare Lady Margaret. Può venire a trovarmi, se si trova a Edgecombe.»
Toccò a Rhys accigliarsi. «Non si tratta solo di Meg.» Si posò una mano sul petto. «Io ho bisogno di te. Conosci le mie difficoltà a destreggiarmi con i numeri e...»
«Non è vero. Sei meglio di quanto credi.» Rassicurarlo fu un gesto istintivo, non meditato né intenzionale. Era una vecchia abitudine, ma Bella era assolutamente sincera. Rhys non si era mai visto come lo vedeva lei, non aveva mai capito che uomo sarebbe potuto diventare.
«Lo credi ancora, dopo tutto questo tempo?»
«A meno che tu non sia cambiato radicalmente negli ultimi cinque anni, sì, lo credo.»
«Apprezzo la tua stima, ma ho bisogno di aiuto. I libri mastri di Edgecombe sono un incubo. Non ci capisco niente e devo farlo. Qualcuno deve avere sottratto dei soldi, o forse c’è stata una cattiva amministrazione. Non lo so.» Dopo essersi sfogato, Rhys si passò una mano tra i capelli biondi. Bella non l’aveva mai visto così stanco. «Se tu potessi esaminarli e parlare con Meg... Non ho niente da offrirti in cambio, solo la mia riconoscenza. Ma quella ce l’hai da quando ci conosciamo.»
Il desiderio di aiutarlo era imperioso come un bisogno. Ma quello era proprio il motivo per cui non avrebbe potuto farlo. Qualche minuto insieme e dei sentimenti teneri e sciocchi erano già pronti a riaffiorare e a far vacillare la sua fermezza.
Forse erano sempre stati lì.
«Tu che cosa volevi chiedermi? Dillo, e lo avrai.»
No, non poteva continuare così. Sarebbe stato come riaprire una ferita rimarginata da tempo.
«Ti prego, di’ a Meg di venire. Anche se ho degli ospiti, sarò lieta di riceverla.» Bella inspirò a fondo prima di concludere: «Le darò dei consigli, ma non posso aiutare te».
Rhys chiuse gli occhi per un istante, si morsicò il labbro inferiore e cominciò ad annuire. «Capisco. Non ti senti in obbligo verso di me. Sono sempre stato egoista, vero?»
«Non l’ho mai pensato.»
Ecco di nuovo quel sorrisetto affascinante. «Avevi una considerazione esagerata di me.»
«Sì.»
«Non più?»
«Non è per quello.» A che cosa sarebbe servito parlare di sentimenti che non erano più importanti? «Scusa, devo tornare dai miei ospiti.»
Rhys annuì contraendo il muscolo della mascella, poi fu come se una brezza fosse arrivata a spazzare via le nuvole. Sorrise, ma era un sorriso falso. Di facciata. «Sono un egoista, ti ho trattenuta troppo a lungo» concluse allungando una mano.
A quel contatto Bella trasalì. Rhys aveva le mani nude, come lei. E la sua pelle era calda.
«Vi auguro una buona serata, Miss Prescott.»
«Addio, Vostra Grazia.»
Rhys la lasciò andare e le passò accanto per dirigersi verso la porta. Bella non si girò e trattenne il respiro mentre aspettava che se ne andasse. Poi i passi si fermarono.
«Qual era il favore?» chiese Rhys alle sue spalle.
Bella si girò per guardarlo. «Niente, una sciocchezza.»
In un moto di ribellione, aveva pensato di invitarlo al ballo e alla cena previsti per la sera successiva. La sua festa di compleanno. Ma era stata una follia. Per un istante si era chiesta se un valzer con il famigerato Duca di Claremont avrebbe convinto gli uomini che sua madre aveva invitato a rinunciare a corteggiarla.
«Uno scambio di favori mi renderebbe felice, Bella.» Il sorriso di Rhys era malizioso, a differenza di quelli che le aveva rivolto fino a quel momento. «Se cambi idea, sai dove trovarmi.»