6
Radley era in ritardo.
Camminare su e giù nello studio del padre non servì a placare la frustrazione che montava in Rhys da quando era tornato a Edgecombe.
Guardò fuori dalla finestra affacciata sul giardino e vide Meg, intenta a dipingere dei fiori davanti a un cavalletto. Uscire di casa avrebbe giovato anche a lui. Poteva fare una galoppata nei campi in groppa a uno degli stalloni di suo padre. La scuderia ospitava parecchi cavalli e c’era un laghetto artificiale nella proprietà, fatto realizzare dal duca, che lui non aveva mai visto.
Per molte ragioni, Edgecombe era un mistero. L’aveva evitata per anni e in quel periodo suo padre aveva sostenuto delle spese ingenti. Scoprirne il motivo e risolvere il problema delle finanze si stava rivelando un dilemma più grande di quanto lui si aspettasse. A differenza della sua intelligente vicina di casa, non era mai stato bravo a risolvere gli enigmi.
Rhys guardò di nuovo l’orologio. «Dove diavolo siete, Radley?»
Si rifiutava di restare chiuso in casa in quella bella giornata di sole perché il losco amministratore non si presentava. Vista la sua reticenza, era sempre più probabile che fosse lui il responsabile degli ammanchi nei fondi della proprietà.
Quanto gli sarebbe piaciuto concludere quella faccenda in fretta.
A quel punto si sarebbe potuto concentrare su Meg e sul suo debutto, sugli affittuari, sulle riparazioni da effettuare nella proprietà e sulla partecipazione alle sedute in parlamento. Buon Dio, quanto si era allungata la lista dei doveri da quando era arrivato a Edgecombe?
Ma soprattutto sull’ottenere il perdono di Bella Prescott, gli disse la voce della coscienza.
Lei era al centro dei suoi pensieri. Da quando si era svegliato, aveva cercato inutilmente di pensare ad altro. Aveva sempre avuto quel profumo di violetta? Quel fuoco nello sguardo?
Rhys si tolse la giacca, la posò su una poltrona e cominciò ad arrotolare le maniche della camicia. Aveva bisogno di una boccata d’aria, di muoversi e di allontanarsi dalle spesse pareti di pietra di Edgecombe. Una camminata gli avrebbe scaldato le ossa e gli avrebbe dato l’opportunità di esaminare gli edifici e i giardini che suo padre aveva fatto realizzare negli ultimi anni.
Santo cielo, da quando aveva cominciato a occuparsi di faccende pratiche?
Rhys sciolse il nodo del fazzoletto da collo e stava per toglierselo quando udì dei passi in corridoio.
L’amministratore. Finalmente.
Erano passi decisi, che risuonarono sui pavimenti lucidi. Rhys pensò di andare ad accoglierlo, poi decise che era meglio restare nello studio e mostrare la stessa autorità del padre. L’obiettivo era di metterlo alle strette e fargli confessare le sue colpe.
Si avvicinò alla scrivania, appoggiò la schiena al bordo e incrociò le braccia sul petto. Se doveva prendere a modello il padre, l’arroganza di un Claremont prevedeva di fingere di sapere tutto, gonfiare il petto e ridere davanti agli insulti come se non contassero nulla. Lui era in grado di farlo, era sempre stato bravo a fingere.
Non appena la maniglia della porta si abbassò, gridò il nome dell’uomo.
«Mr. Radl...» La voce si affievolì, la bocca si inaridì.
Non fu Mr. Radley a entrare come una furia nello studio.
Era Bella, che varcò la soglia e si chiuse la porta alle spalle. Emanava una grande energia e un profumo di limone e aria fresca.
«Sei venuta a piedi da Hillcrest.» Rhys non era un investigatore, ma aveva notato le guance coperte da un delizioso rossore.
«Naturalmente» confermò lei, che fermò le ciocche ribelli con le forcine.
«Un tempo ogni giorno tu venivi da me o io da te. A volte facevamo a gara a chi arrivava per primo. L’hai dimenticato?»
«No.» Come allora, gli stivali di Bella erano impolverati, l’orlo dell’abito infangato, ma a nessuno dei due importava. Inspiegabilmente, Rhys fu felice di scoprire che niente era cambiato per Bella da allora.
Mentre la osservava, il rossore delle guance aumentò. Misericordia, quanto gli era mancato.
Se fosse arrossita la sera prima lui non avrebbe saputo dirlo, perché la luce nella sala da biliardo era fioca.
Comunque a Rhys piacevano entrambe. La donna fiera ed elegante della sera prima e quella che aveva davanti, spettinata e ancora ansimante per la passeggiata attraverso i campi.
«Sono felice che tu sia venuta.» La contentezza si riversava in lui come un buon whisky, scaldandogli il ventre.
Bella non sembrava ricambiare i suoi sentimenti. La mascella contratta diceva che era andata lì per un motivo. Rhys non sapeva quale sarebbe stato il suo ruolo nel piano, ma sospettava che avrebbe accettato. Aveva bisogno del suo aiuto e, visto come era andato l’incontro della sera precedente, temeva che si sarebbero evitati di nuovo. Dopo averla salutata, si era sentito uno stupido per essersi lasciato sfuggire l’opportunità di riallacciare i rapporti con colei che un tempo era stata la persona più importante della sua vita.
«Ho cambiato idea» annunciò Bella, sollevando il mento con aria di sfida.
Rhys aspettò. Doveva esserci altro.
Un’espressione accigliata sostituì l’aria spavalda. «Hai detto che eri disposto a uno scambio di favori.»
«Confermo.» Rhys deglutì a fondo, quando si rese conto di essersi tradito. Mai in tutta la sua vita aveva immaginato che le sue scuse si sarebbero trasformate in amoreggiamento. «Lo sono ancora.»
«Eccellente.» Bella si strofinò le mani, dandogli un momento di pausa.
«Aspetta. Dimmi prima che cosa ho accettato» chiese d’impulso.
«Di venire a Hillcrest.»
Rhys avanzò di un passo, le braccia ancora incrociate, e abbassò lo sguardo sul suo viso arrossato, assaporandolo l’eccitazione nei suoi occhi di un verde scintillante. Solo a lui si mostrava così. Con gli altri era sempre prudente. Rispettabile. Quando erano soli, vedeva quel lato di lei: irresponsabile, entusiasta, pieno di idee. «Dimmi il resto.»
Bella lo fissò, soppesandolo con lo sguardo. «Spero che la tua presenza questa sera dissuaderà i corteggiatori che mia madre ha invitato al ricevimento.»
«Corteggiatori?» Plurale. «Quanti sono?»
Il solo pensiero gli fece contrarre il muscolo della mascella, anche se non sapeva perché. Per un senso di protezione, forse. Sebbene in pratica non con lei avesse fallito, l’istinto gli era rimasto.
«Mia madre ha invitato quattro gentiluomini, due sono quelli che hai visto ieri sera nella sala del biliardo. Lord Teasdale è partito questa mattina, e spero che anche Mr. Nix levi le tende presto.» Bella trasse un profondo respiro. «Rimangono gli altri due.»
«E la mia presenza ti aiuterà?» Diverse possibilità si affacciarono alla mente di Rhys. «Che cosa vuoi da me?»
Bella si strinse nelle spalle. «Devi essere te stesso. Conversare, raccontare delle storielle divertenti, cenare insieme a noi.» Si morse il labbro inferiore per un istante prima di aggiungere: «E magari danzare con me».
Non avevano mai danzato insieme da quando si conoscevano. Avevano trascorso infinite giornate camminando in campagna, si erano confidati speranze e timori, mentre esploravano ogni angolo di Edgecombe, eppure, in tutti quegli anni, mai una volta erano stati l’uno nelle braccia dell’altra per danzare.
Rhys sentì le pulsazioni accelerare, non avrebbe saputo dire se per il nervosismo o per l’anticipazione. Danzare era una delle poche cose che sapeva fare, che amava. Però non era sicuro dell’opinione di Bella in proposito.
«Ti piace danzare?» Di colpo sentì il bisogno di saperlo.
Lei batté le palpebre e sgranò gli occhi, come se la domanda l’avesse sorpresa. «Non particolarmente, ma la gente se lo aspetta.»
«Si aspetta anche che tu sopporti la compagnia dei pretendenti che tua madre ha scelto, eppure...»
Aveva sentito dire che Bella respingeva i corteggiatori. Lei negava di essersi informata su di lui, Rhys invece aveva chiesto sue notizie ad amici comuni durante la Stagione. Il senso di colpa e il disagio che lo tormentavano lo avevano spinto a cercare la conferma che stava bene. La prima volta che a un ricevimento aveva udito per caso un uomo raccontare con quanta freddezza Miss Prescott avesse rifiutato la sua proposta, Rhys aveva faticato a credere che fosse la stessa donna che lui conosceva.
«Eppure...»
«Ne hai rifiutati alcuni.»
Quando Bella abbassò il capo, Rhys avrebbe voluto rimangiarsi le parole. Aveva sempre apprezzato il fatto che lei sapesse quello che voleva e non lo stupiva scoprire che aveva rifiutato uomini che non le piacevano. Essendo figlia unica di un visconte, era comprensibile che i genitori non si sarebbero dati pace finché non l’avessero vista felicemente sposata e sistemata.
«Ho promesso ai miei genitori che ci avrei provato.»
Rhys capiva anche quello. I genitori stravedevano per lei e Bella, malgrado la sua indole ribelle, voleva essere coscienziosa. Il che rendeva la sua richiesta ancora più sconcertante.
«Eppure speri che la mia presenza questa sera mandi a monte i loro piani.»
Rhys vedeva il conflitto che la stava logorando: era indecisa se esaudire il desiderio dei genitori o perseguire la propria felicità.
«Io dovrò sposarmi» ammise lei in tono riluttante, «ma non con uno di questi gentiluomini. Hammersley è troppo vecchio e sussiegoso, Lord Wentworth è troppo taciturno.»
Rhys resistette all’impulso di chiederle che cosa pensasse di lui. Lo sapeva già. Era troppo sconsiderato, depravato. E, naturalmente, incapace di decifrare dei libri mastri anche se Bella non glielo avrebbe mai lasciato dire. Lei era sempre stata la sua più fida sostenitrice e non gli aveva mai negato il suo aiuto.
Come se gli avesse letto nel pensiero, Bella dichiarò: «In cambio, naturalmente, ti aiuterò con Meg e i registri». Detto ciò, si girò per guardare la pila disordinata di fogli scarabocchiati e i libri che erano rimasti aperti sulla scrivania. «Possiamo iniziare domani.»
«Domani sia. Questa sera festeggeremo il tuo compleanno e io mi calerò nel ruolo di corteggiatore.» Rhys le strizzò l’occhio, come aveva fatto tante volte. In passato lei aveva reagito con una risatina, un pugno sul braccio o una strizzata d’occhio.
In quel momento sembrava terrorizzata.
«Tu non sei un mio corteggiatore.» Bella detestò il modo in cui le sue guance si erano coperte di rossore e la voce si era fatta roca.
Non lo stava invitando a Hillcrest per farle la corte. Non sul serio. Non gli stava nemmeno chiedendo di far scoppiare uno scandalo. Si augurava che la sua presenza avrebbe infastidito Hammersley e Wentworth al punto da farli desistere dal corteggiarla.
I membri della famiglia Claremont avevano sempre oltrepassato i limiti della decenza.
Il titolo di duca aveva semplicemente concesso al padre di Rhys di fare ciò che voleva, godendo di una certa impunità. A quanto lei ne sapeva, Rhys aveva trascorso gli ultimi anni a Londra cercando di superare la scelleratezza del genitore.
Uomini come Hammersley e Wentworth non avrebbero certo voluto avere rapporti personali con lui, né sposare una donna che lo considerava un amico.
«Bella?»
Mentre lo fissava, aveva lasciato vagare la mente e non si era accorta che si era avvicinato.
«Conto sulla tua reputazione. Non ho mai pensato che mi avresti corteggiata.»
«Capisco.» L’espressione di Rhys era in parte irritata, in parte divertita, come se fosse a conoscenza di un importante segreto che lei ignorava. «Però conosci la mia reputazione.»
«Certo. Organizzi tante feste a cui partecipano molte donne e bevi smodatamente.»
Rhys piegò la testa all’indietro per fissare il soffitto con aria pensierosa. «È una descrizione accurata, non posso obiettare.» Quando posò lo sguardo su di lei non v’era più traccia di divertimento, era serio. «Io mi preoccupo della tua reputazione.» Fece una pausa, si morsicò il labbro inferiore e riprese a parlare. «Se danzerò con te, penseranno che siamo innamorati.»
«È ridicolo.» Il solo pensiero le fece accelerare le pulsazioni nell’incavo della gola. Un unico ballo non significava nulla. «Alle feste capita di ballare con persone che non ci piacciono. Ti assicuro che ho danzato con uomini con cui non ho mai più parlato.»
Rhys si strofinò la mandibola fissando Bella con un’espressione dubbiosa.
«Bene, allora non danzeremo» annunciò lei con un tono di voce troppo alto.
Più ci pensava, più l’idea le sembrava inopportuna. A faccia a faccia, i corpi vicini, le dita intrecciate e la mano di Rhys sulla vita. Tanta vicinanza era assolutamente inutile.
«Non sto dicendo che non voglio farlo, ma nascerebbero dei pettegolezzi.»
Bella scoppiò a ridere. «Sei molto sicuro di te.»
«Sì» ammise Rhys senza traccia di spavalderia.
Sapendo che era un uomo che un tempo aveva dubitato della propria intelligenza e aveva subito il disprezzo del padre, Bella si compiacque del suo tono sicuro.
Però si sbagliava se pensava che avrebbero fatto scoppiare uno scandalo.
«Louisa sa perché ti sto invitando e i miei genitori ti considerano ancora il ragazzo che trascorreva le sue giornate a casa nostra. Nessuno penserà che siamo innamorati, te l’assicuro.»
«Se lo dici tu.» Rhys le rivolse un sorriso d’intesa prima di girarsi per prendere il fazzoletto da collo dallo schienale della poltrona. «Aspettavo l’amministratore, ma non credo che arriverà. Sarò felice di unirmi a voi per la cena.»
Bella avrebbe voluto chiedergli come mai era svestito, ma si trattenne. Dopo avere fatto scivolare il fazzoletto sul collo, Rhys si concentrò per srotolare le maniche.
Quel gesto attirò l’attenzione di Bella sull’avambraccio nudo, sui muscoli che si contraevano a ogni movimento e sulla peluria bionda baciata dal sole.
Era un uomo che conosceva bene, eppure provò una grande curiosità per lui.
Negli anni in cui non si erano frequentati, Rhys aveva vissuto molto più intensamente di lei.
Quante feste chiassose c’erano state? O quante donne?
Santo cielo, lei non era mai stata baciata.
Bella si portò una mano alla bocca, scacciando quei pensieri. Poi si ritrovò a fissare le labbra di Rhys. Aveva una bocca piena, che si incurvava spesso in un sorriso o un sogghigno spavaldo e solo di rado si piegava in una smorfia.
Che cosa avrebbe provato a baciarla?
Rhys fece una risatina, segno che si era accorto che lo stava osservando.
Bella si avvicinò alla scrivania disordinata al centro della stanza.
Libri mastri. Numeri. Non avevano segreti per lei.
Aprì uno dei grandi registri rilegato in pelle a una pagina che era stata stropicciata, con un angolo strappato. Riportava i conti degli ultimi quattro mesi. Alcune righe erano state barrate, alcuni numeri cancellati e riscritti. L’ammontare era sempre più basso. O il contabile era incline all’errore o il costo dei beni era cambiato drasticamente.
Bella prese in mano il libro per esaminare delle piccole annotazioni, poi girò la pagina.
«Non devi controllarli adesso» disse Rhys, avvicinandosi da dietro.
Bella trasalì al suono della sua voce e lasciò la presa. Il libro si aprì e urtò quelli impilati in modo precario sul bordo della scrivania. Quando il più voluminoso stava per cadere, Rhys allungò una mano per prenderlo premendo il proprio corpo contro quello di Bella.
Era tutto calore e muscoli duri. Il desiderio di abbandonarsi a quella sensazione la spaventò.
«Ce l’ho» disse Bella, afferrando la copertina del libro. Quando si ritrasse, Rhys non si oppose.
Le occorse un istante per riprendere fiato.
«Possiamo dare un’occhiata insieme un’altra volta» insistette Rhys.
«Lo so.»
Bella trasse un profondo respiro, giurando a se stessa che non avrebbe più posato lo sguardo sul collo nudo o sulle labbra piene dell’amico d’infanzia. Quando si girò per affrontarlo, urtò inavvertitamente un altro libro mastro facendo cadere tutta la pila sul tappeto.
Si inginocchiò per raccoglierli. Rhys la imitò.
Nello stesso momento allungarono un braccio verso la costa di un libro. Le mani si sfiorarono. Invece di ritrarre la propria, Rhys chiuse le dita intorno a quelle di lei.
«Stai tremando.» Le accarezzò il dorso con il pollice. «Non devi preoccuparti, Arry. Sono certo che hai ragione. La mia presenza questa sera disturberà i tuoi pretendenti al punto da spingerli a rientrare a Londra domani, alle prime luci dell’alba.»
Quando liberò la mano, Bella sentì un brivido di piacere lungo il braccio. «Vedremo.»
Cercò di ignorarlo e continuò a raccogliere i libri. Rhys, che non voleva stare a guardare, si portò davanti a lei per prendere quello che era caduto più lontano.
«Non ti fidi più di me» osservò calmo.
Bella lo guardò. L’espressione triste dei suoi occhi la colpì come un pugno sul viso.
«Vorrei riconquistare la tua fiducia.»
«Rhys...»
«Capisco» la interruppe lui, «in questi anni mi hai cancellato dalla tua vita.»
Bella raccolse diversi volumi e si girò.
«Tieni.» Gli porse i libri, che Rhys prese, poi sollevò l’ultimo dal pavimento.
Quando si chinò in avanti, sentì qualcosa sfiorarle il collo e sollevò una mano. Il pendente a forma di margherita era freddo contro le dita. Bella cercò di nasconderlo, ma non fu abbastanza svelta.
Rhys posò lo sguardo sul collo un istante prima di allungare una mano.
Bella aprì le dita e lasciò cadere il pendente, che lui afferrò per sfiorare i petali di opale con la stessa tenerezza con cui le aveva accarezzato la mano.
«Dunque non mi odi» sussurrò con voce roca.
Il cuore batteva così forte da farle male. Quando Bella tirò la catenina, il fiore scivolò via dalle dita di Rhys. Subito dopo si alzò in piedi, ignorando la mano che le offriva aiuto.
Rhys era in ginocchio davanti a lei, come aveva cercato di fare la sera prima. La bocca piena e affascinante accennò un sorriso che svanì subito.
«Siamo stati amici per tanti anni, ma non sono sicura che tu mi conoscessi davvero.» Forse sarebbe stato meglio interrompere tutto. L’invito che era andata a portare avrebbe peggiorato le cose. Con il cuore in gola, Bella fu travolta dai sentimenti che avrebbe dovuto scacciare da anni.
Girò sui tacchi e si diresse verso la porta. La soluzione più logica era andarsene senza voltarsi indietro. Sulla soglia, però, gli lanciò un’occhiata da sopra una spalla.
«Ci troviamo in salotto alle sei. La cena inizia alle sette in punto.»