5

Rhys soffocò uno sbadiglio, posò un piede sul gradino successivo della scala con ruote della libreria e si allungò per prendere un libro dallo scaffale più alto. Gli dolevano tutti i muscoli, ma se lo meritava. Le poche ore di sonno che si era concesso le aveva trascorse sul divano dello studio del padre.

Dopo l’incontro con Bella non era riuscito a tornare nella sua camera per sprofondare in un sonno riposante. Il senso di colpa e il rimpianto lo assillavano ancora, ore dopo averla vista.

Non capiva che cosa lo avesse spinto a recarsi a Hillcrest per chiedere il suo aiuto.

Quello che non lo stupiva era il suo rifiuto. Era ovvio che avrebbe rifiutato. Bella non gli doveva nulla e lui non poteva offrirle niente in cambio, se avesse acconsentito ad aiutarlo. Difficile non vedere l’ironia della situazione. Era andato da lei per alleviare il peso delle responsabilità; invece, dopo averla affrontata, era più intenzionato che mai a compiere il proprio dovere e a essere un duca migliore.

Aveva deciso di ispezionare lo studio del padre per cercare un indizio che spiegasse perché le finanze di Claremont avevano subito una flessione l’anno precedente. Sperava di trovare un diario in cui il padre scriveva che il suo amministratore era disonesto o ammetteva di avere fatto degli investimenti sbagliati per colpa di un furfante.

Invece di avere delle risposte, aveva scoperto che il genitore amava i sotterfugi. Aveva nascosto i documenti nei posti più strani. Nei cassetti, nei vani segreti della scrivania, infilati dietro le file di libri sugli scaffali della libreria che occupava una parete dello studio.

Rhys afferrò il dorso di un libro di scritti di Erodoto rilegato in pelle, e tirò. Il volume uscì senza difficoltà, ma rischiò di cadergli di mano quando una voce femminile si alzò nella stanza.

«Desiderate che vi porti qui la colazione, Vostra Grazia?» Mrs. Chalmers, la governante di Edgecombe, efficiente quanto inflessibile, gli portava la colazione di persona ogni mattina. Rhys sospettava che quella scelta avesse a che fare con il pessimo umore che lui aveva mostrato dal suo arrivo nell’Essex e con il desiderio di proteggere i giovani domestici dalla sua villania.

Mrs. Chalmers aveva anche un talento straordinario nell’ignorare i suoi ordini. Anche se mostrava la dovuta deferenza in presenza degli altri domestici, quando erano soli lo circondava di premure come faceva un tempo.

«Ho bisogno solo di un caffè forte, Chalmers.»

«Bene. La cuoca ha appena sfornato delle focaccine ed è avanzato del prosciutto dalla cena di ieri sera.»

Rhys le lanciò un’occhiataccia, che non parve intimidirla affatto.

«Pensate di lavorare nello studio, Vostra Grazia? Volete che faccia portare qui il materiale per scrivere che avete lasciato nel giardino d’inverno?» Chalmers aveva sempre avuto il vezzo di offrire i suoi suggerimenti sotto forma di domande. I suoi capelli erano diventati grigi e i lineamenti si erano addolciti con l’età, però riusciva ancora a farlo sentire in colpa come quando era un bambino.

«L’ho già fatto.» Rhys scese due gradini della scala della libreria e con aria orgogliosa indicò il calamaio, la penna e diversi fogli stropicciati disseminati sulla scrivania del padre. Era riuscito a scrivere una breve lettera alla banca in cui chiedeva un trasferimento di ulteriori fondi e se fosse possibile mandare a Edgecombe un impiegato per esaminare i conti della proprietà. «Devo recuperare i libri mastri.»

«Manderò un valletto. Avete avuto modo di controllare le fatture, Vostra Grazia?» chiese la governante indicando un angolo della scrivania.

Rhys non aveva nemmeno notato la pila ordinata di documenti.

«Sono lì da un po’.»

A Rhys non sfuggì il tono impaziente della voce. Probabilmente da quando era sorto il sole, ed erano passate poche ore, Mrs. Chalmers aveva espletato più compiti di quelli che lui avrebbe svolto in tutta la giornata. Anche se si era alzato presto, le ricerche nello studio del padre si erano rivelate inutili.

Dopo avere rimesso a posto il libro di Erodoto scese dalla scala e alzò le braccia per allungare i muscoli della schiena. Se si escludevano le ore trascorse nel Duke’s Den, da anni non restava seduto per tanto tempo. Aveva bisogno di muoversi, di fare qualsiasi attività che non prevedesse di esaminare dei documenti e decifrare una pessima grafia. Rhys fissò la lettera a cui aveva lavorato per quasi un’ora. Scrivere quella per la banca era stato abbastanza semplice, mentre la missiva per la Duchessa di Tremayne si era rivelata un’impresa ardua. Aveva deciso di chiederle di fare da madrina a Meg per il suo debutto in società, ma aveva cancellato e riscritto tante parole che la lettera meritava solo di finire nel cestino.

Mentre si accingeva ad accartocciare l’ultimo tentativo, fermò la mano per guardare il disegno sul margine. Era il profilo di Bella. Il mento tondeggiante, il naso elegante, le morbide ciocche. Era un ritratto in bianco e nero, ma lui l’avrebbe sempre vista così.

Appallottolò la lettera incompiuta, mirò al cestino vicino alla porta alle spalle di Chalmers e la lanciò. Disegnando un arco perfetto, il foglio accartocciato finì con un rumore sordo sopra quelli che l’avevano preceduto.

La governante si schiarì rumorosamente la voce, ma restò in silenzio.

«Parlatemi delle fatture.»

«Sono soltanto le spese mensili ordinarie, Vostra Grazia, tuttavia Lady Margaret ha chiesto di preparare un pranzo speciale per tre amiche la prossima settimana e dovremmo provvedere agli acquisti.» Invece di aspettare che lui prendesse i documenti, alzò la pila e gliela porse.

Rhys non poteva prendersi il tempo di decifrare ogni parola, ma scorse rapidamente alcune fatture e decise che si trattava di acquisti di cibo o scorte per la dispensa.

«Se voi controllate alcune fatture, immagino che Mr. Brooks pensi alle altre, giusto?» Conoscendo Chalmers e il fido maggiordomo, Rhys non poteva credere che gli ammanchi fossero imputabili alla loro cattiva amministrazione. Tuttavia, se c’era una cosa che aveva imparato da quando era diventato comproprietario del Lyon’s, era che le persone riservano sempre delle sorprese.

«Più o meno.» Mrs. Chalmers si corrucciò. Essendo una donna intelligente, probabilmente aveva intuito che dietro l’interrogatorio maldestro di Rhys si nascondeva qualcosa. «Mr. Brooks e io potevamo acquistare ciò che ritenevamo necessario.»

«Radley di che cosa si occupava?» Rhys, che avrebbe incontrato l’amministratore nel pomeriggio, voleva sapere se la prima impressione che aveva avuto di quell’uomo fosse condivisa da altri.

«Lo consultavamo solo in caso di spese straordinarie e lui ne parlava con Sua Grazia quando era necessario.» Gli occhi scuri si strinsero dietro gli occhiali. «C’è qualcosa che non va?»

Rhys si rallegrò di quei sospetti. Erano la conferma che la servitù non era al corrente dello stato delle finanze del ducato.

«Mr. Radley non lavora qui da molto tempo, non è vero?»

«Vostro padre lo ha assunto circa due anni fa.»

Due anni in cui Rhys non aveva parlato con il genitore e aveva scritto solo qualche lettera alla sorella. Se il ducato era in difficoltà, lui non ne era mai stato informato.

Prese in mano i fermacarte posati sulla scrivania, delle sfere di giada a base piatta che probabilmente il padre apprezzava più per la loro bellezza che per l’utilità. E cominciò a giocherellare. Concentrarsi su quell’attività gli permetteva di pensare meglio.

«Lo stimate, Chalmers?»

«La mia opinione non è importante, Vostra Grazia.»

«Rispondete, è un ordine.»

La governante inarcò le sopracciglia brizzolate e serrò le labbra.

Rhys riprovò in tono più gentile. «Siete una donna intelligente.» Talmente intelligente che era stato tentato di chiederle di dare un’occhiata ai libri mastri, ma aveva deciso di non farlo per non spaventare la servitù nel caso si fosse trattato di un errore di calcolo. «Mi fido del vostro giudizio, quindi posso sapere che cosa ne pensate?»

«È un po’ strano. Partiva spesso, a volte non tornava per settimane.»

«Perché?»

La governante si strinse le spalle. «Non saprei. Tutti ci siamo chiesti perché gli venissero concesse tante ferie o se andasse in missione per conto di vostro padre. Mi ricordo di avere sentito dire che il duca voleva acquistare una proprietà. I domestici si sono domandati chi avrebbe mandato nella nuova casa.»

«Una nuova casa?» Rhys indicò con una mano il grande studio. «Edgecombe ha ventitré stanze da letto, tre salotti e la sala da ballo più grande della contea. Perché mio padre aveva bisogno di un’altra casa?»

«Girava voce che il duca volesse acquistare una casa per le vacanze, al mare. Mr. Radley fece diversi viaggi e ci parlò di un clima mite.»

«Vi fidate di lui?» Rhys si aspettava che la donna gli avrebbe dato una risposta evasiva, che avrebbe sollevato delle obiezioni dichiarando che non stava a lei dare un giudizio in merito. Invece Mrs. Chalmers lo guardò senza parlare per qualche istante.

«Dato che me lo chiedete, Vostra Grazia, ammetto di avere dei sospetti sull’amministratore» rispose.

A Rhys sfuggì di mano un fermacarte, ma lo prese al volo prima che cadesse. Si chinò verso la governante e sussurrò in tono impaziente: «Ditemi qualcosa di più».

Era insoddisfatta.

Il giorno precedente Bella aveva diviso il libro in tre parti e dopo ventiquattro ore le parole sembravano un tutt’uno sulla pagina. Ordinare e sistemare, un compito che di solito le piaceva, non faceva che alimentare l’irritazione che la tormentava da quando aveva aperto gli occhi.

Avrebbe potuto dare la colpa alla stanchezza o alla distrazione causata dalla presenza di sconosciuti in casa, ma in verità biasimava soprattutto Rhys che era tornato nella sua vita senza essere stato invitato.

Come aveva osato alterare l’equilibrio e la soddisfazione che aveva cercato per anni? E senza il minimo preavviso. Anche in quel momento, ore dopo che si erano salutati, le sembrava di essere un caleidoscopio che veniva fatto girare, con le figure che cambiavano forma e colore. Cinque anni sarebbero dovuti bastare per non comportarsi come una sciocca. Rivederlo non avrebbe dovuto minimamente turbare la sua pace mentale. Aveva combattuto per raggiungerla, l’aveva messa in pratica giorno dopo giorno finché non era diventata un’abitudine radicata. Come un tempo lo era stato il desiderio di potergli parlare.

Aveva scacciato dalla mente il pensiero dell’amico d’infanzia talmente tante volte da convincersi di avere dimenticato il suo aspetto, la voce e il profumo, una fragranza particolare di spezie e cuoio.

Invece non era così.

Se lo ricordava perfettamente, ma un conto era un ricordo, un altro vederlo in carne e ossa. Rhys aveva sempre emanato un’energia che lei sentiva anche se si trovava dalla parte opposta di una stanza affollata, eppure la sala da biliardo dove l’aveva incontrato la sera prima era deserta. La sua presenza l’aveva circondata come un calore consolatorio che non sapeva di desiderare. In qualche modo, ingiustamente, il tempo aveva aumentato il suo fascino. Era spettinato, spossato eppure era bellissimo. In modo sconvolgente. Soprattutto quando sorrideva. Quel sorriso con gli angoli della bocca incurvati all’insù era ciò che le era mancato di più.

Per tanto tempo si era detta che quello che provava per lui era un sentimento sciocco e infantile. L’infatuazione di una fanciulla che non conosceva la parola amore. E aveva giurato a se stessa di restare indifferente, se mai le loro strade si fossero incrociate di nuovo.

Perdono, quello sì. Glielo avrebbe concesso, ma niente di più.

La sera precedente Rhys aveva ammesso di essere pentito e lei aveva accettato le sue scuse. Sarebbe dovuto bastare per risolvere la questione tra loro.

Allora perché niente sembrava risolto?

Di una cosa era assolutamente certa: non avrebbe potuto aiutarlo, anche se era fortemente tentata. La fanciulla che cedeva a ogni capriccio e fantasia non c’era più. La nuova Bella aveva dei progetti saldi come le pietre del muretto che separava le terre degli Yardley dalla proprietà dei Claremont.

Bella mise da parte il manoscritto, si alzò, indossò il giacchino e si guardò allo specchio. Il semplice chignon in cui aveva raccolto i capelli poteva andare. L’ora di colazione era ormai passata e gli ospiti dovevano essere in giardino a giocare a croquet.

Uscì di casa. Il sole di tarda estate, che illuminava i prati appena tagliati, ne faceva risaltare il verde brillante. Sua madre e Louisa stavano parlando con i domestici dei tavoli che erano stati portati nella veranda. I gentiluomini sembravano concentrati sulla partita.

Bella notò compiaciuta che Teasdale non era tra loro. Aveva sperato che, a causa del loro comportamento imbarazzante e disdicevole, lui e Mr. Nix avrebbero anticipato la partenza.

Malauguratamente il proprietario del mulino c’era e, come al solito, stava parlando. Lui e gli altri ospiti, che le rivolgevano le spalle, non si accorsero che si stava avvicinando.

«C’è chi giudicherebbe Miss Prescott una donna perduta dopo il suo comportamento di ieri sera» dichiarò Nix in tono piagnucoloso. Bella si morse la lingua per non svelare come si era comportato lui. Che cosa avrebbero pensato gli altri se avessero saputo che aveva scommesso su di lei come se fosse una puledra a Tattersall’s?

A dire il vero, il suo disprezzo la eccitava. Che la ritenesse pure un maschiaccio perché aveva parlato con un vecchio amico. Bella considerò la situazione da un punto di vista strategico. Se Nix e Teasdale non erano interessati, lei si sarebbe dovuta calare nel ruolo di una debuttante garbata con due gentiluomini: Hammersley, che era troppo vecchio, e Lord Wentworth, troppo tranquillo.

«Devo convenire con voi» disse Hammersley, mentre arrotolava le maniche della camicia. «Claremont non è una compagnia adeguata per Miss Prescott. Né per nessuna donna perbene. Sola con lui in una stanza per chissà quanto tempo. Quell’uomo è un furfante della peggior specie.»

«Lei è intelligente» si intromise Wentworth, «non può non conoscere la sua reputazione.»

«Comincio a dubitare del suo senso del decoro.» Hammersley posizionò la mazza vicino alla pallina con l’anello azzurro e prese la mira. «Nessun uomo vorrebbe una moglie senza un briciolo di buonsenso, per quanto possa essere graziosa.»

Bella si avvicinò alla rastrelliera e scelse la mazza gialla.

Il taciturno Lord Wentworth parlò, mentre Hammersley eseguiva il tiro. «Miss Prescott è nota per essere una donna fredda, non credo che Claremont abbia ottenuto granché.»

«Infatti» confermò l’interessata allegramente, osservando i gentiluomini che trasalivano costernati. «Buongiorno, signori.»

«Miss Prescott.» Wentworth annuì con aria solenne. Tra tutti, era quello che aveva meno ragione di essere imbarazzato.

«Ho sentito che siete preoccupati per la visita del Duca di Claremont.» Bella si fermò un istante per essere sicura che tutti la stessero ascoltando. «Non era stato invitato, ma la sua presenza in casa nostra non è un fatto straordinario. Da bambino trascorreva molte giornate qui a Hillcrest.»

«Non è più un bambino» osservò Nix.

No, decisamente. Bella si perse un istante pensando a quanto l’uomo che aveva affrontato nella sala da biliardo la sera prima fosse diverso dal ragazzo che lei conosceva un tempo. Era spavaldo come allora, però gli mancava qualcosa. Non sorrideva né scherzava come prima. Era evidente che sentiva sulle spalle il peso della responsabilità del ducato.

«Dobbiamo cominciare una nuova partita perché Miss Prescott e io possiamo unirci a voi» annunciò Louisa, che arrivò con una mazza verde intonata al nastro dell’abito.

Wentworth la salutò con un cenno del capo, gli altri la ignorarono.

Quando un colpo risuonò alle spalle di Bella, Hammersley scoppiò a ridere. «Vincerò la scommessa, Mr. Nix.»

«Un’altra scommessa» borbottò Bella sottovoce.

«Agli uomini piace vincere» spiegò Louisa, che si portò al suo fianco per parlare senza essere udita dagli altri.

«Teasdale se n’è andato, non capisco come mai Nix sia rimasto dopo la figura di ieri sera.»

Louisa si avvicinò ancora. «Credo che voglia fare un accordo con Hammersley per costruire un nuovo mulino a nord, vicino alla proprietà del visconte.»

«Gli uomini sanno solo stringere degli accordi?» Bella si morse il labbro quando le parole le uscirono di bocca.

La visita di Rhys l’aveva irritata al punto che il ricevimento le sembrava una farsa. Non vedeva l’ora che finisse per poter tornare ai suoi indovinelli. Risolvere enigmi era molto più interessante che intrattenere dei pretendenti.

Avrebbe anche dovuto trovare il modo di convincere i genitori a partire per la Grecia, dove il clima era più mite.

In verità anche lei voleva stringere un accordo, possibilmente con un editore rispettabile che credesse nel suo lavoro.

«Signore, stiamo cominciando una nuova partita se volere giocare» gridò Lord Wentworth che si era già portato vicino al primo archetto. Seguì con lo sguardo le due cugine che attraversavano il prato, ma Bella notò che era più interessato a Louisa che a lei.

«Lo facciamo tutti, non credi?» rifletté la giovane parente, mentre camminava al fianco di Bella. «Il matrimonio non è forse un patto?»

Lei la guardò strizzandole un occhio. «Mi innervosisci quando ti atteggi a filosofa.»

Louisa scoppiò a ridere. «Prometto che non voglio combinare il tuo matrimonio. A essere sincera, non credo che nessuno di questi gentiluomini sia adatto a te. Le intenzioni di tua madre erano buone, ma non può scegliere al posto tuo.»

«Su questo siamo d’accordo. Almeno il campo si è ristretto a Hammersley e Wentworth.»

«Qual è la tua strategia?» Louisa sorrise, come quando Bella si accingeva a spiegarle un nuovo indovinello.

«Devo averne una?»

Louisa si arrestò, fermò la cugina e le lanciò un’occhiata esterrefatta. «Sei un’enigmista, Bell. Hai sempre una strategia. E sei un’esperta nel rifiutare le offerte di matrimonio.»

«Grazie.» Bella si accigliò. «Se era un complimento.»

«Oh, sì.» Louisa le rivolse un sorriso malizioso. «Devi insegnarmi come si fa, se dovesse servirmi al mio debutto in società.»

«Non sarà necessario.» Bella sapeva che la prima Stagione della cugina sarebbe stata un successo.

Louisa era graziosa, intelligente e non vedeva l’ora di innamorarsi. Il suo cuore non era ostaggio di un dolore passato.

«Nel caso lo fosse, verrò a chiederti aiuto.» Louisa guardò gli uomini che le aspettavano vicino al primo archetto per dare inizio a una nuova partita. «Adesso come posso aiutarti con questi tre?»

Anche Bella li osservò. «Il mio unico obiettivo è che tutto finisca prima possibile per poter tornare al mio lavoro.»

«Non temi che i tuoi genitori organizzeranno un’altra Stagione?»

«Sì, ma dovrei sposare Hammersley per evitarla?» Il timore di un’altra Stagione la ossessionava, ma quello di una vita al fianco di uno degli uomini che in quel momento erano sul prato di casa sua era più grande.

«Allora devi dissuadere Nix, Wentworth e Hammersley dal corteggiarti.» Louisa si morsicò il labbro inferiore con aria pensierosa e si batté un dito su una guancia.

Bella aveva la soluzione. Ci aveva riflettuto quella notte, e la conversazione dei gentiluomini era stata la conferma che avrebbe funzionato. Erano inorriditi per la visita inaspettata di Rhys e, a quanto pareva, Hammersley era turbato quanto lei.

Che cosa avrebbero detto se lei avesse invitato Rhys a cena e avesse ballato con lui all’evento musicale che sua madre aveva organizzato?

«Ecco, le rotelle stanno girando!» esclamò Louisa eccitata. «A che cosa hai pensato?»

«A un patto.»

Louisa inclinò la testa da un lato. «Con uno di questi gentiluomini?»

«No.» Bella trasse un profondo respiro e si posò una mano sul petto. «Lui sostiene di non essere un gentiluomo. Qualcuno lo definirebbe un mascalzone.»

«Claremont.» Louisa non sembrava affatto sorpresa. «Però l’hai mandato via ieri sera, non è vero? Perché dovrebbe tornare?»

«Mi ha chiesto un favore.»

«Quindi concludereste un accordo.»

Bella sorrise mentre il fremito allo stomaco si placava. Non era un problema molto difficile da risolvere. Rhys aveva bisogno del suo aiuto e lei di quello di lui. Era un uomo sconsiderato e impulsivo, ma sapeva anche essere pratico.

«State arrivando, signore?» Il tono lagnoso e impaziente di Nix irritò Bella.

Wentworth si portò davanti a Nix e invitò le cugine ad avvicinarsi al primo archetto. «Poiché è il vostro compleanno, Miss Prescott, dovete iniziare voi.»

Louisa stava per avvicinarsi, ma Bella la fermò posandole una mano su un braccio. «Inventerò una scusa per andarmene. Devo scrivere un biglietto al duca e farlo consegnare da un domestico prima di sera.»

«Ci penso io» sussurrò Louisa. «Questi gentiluomini sono venuti per stare con te, dimmi che cosa devo fare.»

«No, è compito mio.» Bella si chiese se Rhys si ricordasse la data dell’ultima volta in cui si erano parlati cinque anni prima.

In quel momento decise che un biglietto non sarebbe bastato. Rhys era andato da lei, lei sarebbe andata dal nuovo duca.

Il turbamento del primo incontro era passato, rivederlo non l’avrebbe sconvolta.

«Vi chiedo scusa, signori, ma devo fare una commissione.»

Rhys avrebbe apprezzato la sua visita. E se avesse accettato di aiutarla, evitandole di sposare un uomo che non faceva per lei, per quel giorno le sarebbe stato sufficiente.