8
Bella si diresse verso la biblioteca. Sia perché pensava che vi avrebbe trovato il padre, sia perché aveva bisogno di fuggire. Non riusciva a respirare quando Rhys era così vicino, non era in grado di pensare razionalmente.
E, santo cielo, doveva assolutamente farlo.
Nel corridoio, illuminato dalla luce fioca delle lampade, un bagliore proveniva dalla porta leggermente aperta dello studio del padre. Mentre si avvicinava, lo sentì tossire.
«Papà?»
«Mi hai trovato.» Lord Yardley la guardò dalla sua poltrona preferita davanti al caminetto. «Perché hai lasciato la festa?»
Bella varcò la soglia. «A dire il vero, siete stato voi il primo ad andarvene» gli fece notare.
«Devo tornare?» Era evidente che si augurava che lei gli dicesse di no. «Forse dovrei danzare con mia moglie.»
L’interessata probabilmente avrebbe gradito, ma il padre sembrava così felice, con la coperta sulle gambe e la tazza di tè in mano, che Bella non se la sentì di incoraggiarlo a tornare nel salotto.
Si accomodò sulla poltrona vicina, sistemando la gonna voluminosa dell’abito azzurro. «Non state bene?»
Anche se così era, Lord Yardley non l’avrebbe mai ammesso. In famiglia lui era quello che rincuorava, lasciava che fosse la moglie a preoccuparsi per tutti.
«Sto abbastanza bene, figlia mia. E tu? Come ti senti nel giorno del tuo ventitreesimo compleanno?» Lord Yardley bevve un sorso di tè e le lanciò un’occhiata in tralice. «Direi che invitare il duca è stata una mossa intelligente.»
Suo padre l’aveva sempre capita più di tante persone. A volte persino più di Rhys.
«Avevo un piano.»
«Come sempre.»
«Non sono sicura che stia funzionando.» Bella incrociò le braccia e si batté un dito sulle labbra. «Non ho idea di che cosa fare.»
«Non è esatto, vero?» Lord Yardley sorrise continuando a guardare il fuoco del camino. «Hai già deciso di rifiutarli tutti.»
Bella si alzò di scatto dalla poltrona e si allontanò, anche se non erano i tizzoni i responsabili del rossore che le copriva le guance. «Non ho ricevuto nessuna proposta. E non ho opposto alcun rifiuto.»
«Tuttavia non vuoi sposare nessuno di loro.» Suo padre non sembrava in collera, né desideroso di punirla. Solo rassegnato. «Forse non vuoi sposarti affatto.»
«Desidero che voi e la mamma andiate in Grecia. Non voglio che rinunciate a causa mia.» Bella si avvicinò, si accovacciò vicino alla poltrona e gli posò una mano su un braccio. «Non potremmo trovare uno chaperon, se vi preoccupa lasciarmi qua da sola?»
Il padre le diede un colpetto sulla mano, mise da parte la coperta e si alzò. Bella pensò che forse avrebbe ignorato la sua domanda. Era in collera con lei?
Invece Lord Yardley si avvicinò alla scrivania, aprì una scatola di legno lucido e ne estrasse un piccolo calice d’argento che le porse. Bella si alzò e avanzò di un passo per prenderlo. Pensò che fosse un dono per il suo compleanno, anche se aveva già ricevuto dei libri.
«Leggi l’iscrizione» la esortò il padre, indicando il calice ossidato.
Bella si accigliò. «È la data del vostro matrimonio?»
«Un ricordo del giorno più bello della mia vita, in cui è iniziato tutto ciò che vale la pena di ricordare.»
«Quindi, come la mamma, pensate che dovrei sposarmi.»
«Non è che non abbiamo fiducia in te, Bella, non siamo preoccupati di non rispettare il decoro perché lasciamo a casa da sola nostra figlia nubile.» Lanciò un’occhiata al ritratto della moglie appeso sopra al camino. «Forse tua madre sì, ma io mi preoccupo del tuo futuro. Un uomo vorrebbe vedere i propri figli...» Trasse un lungo respiro prima di concludere: «... un padre vorrebbe vedere la sua unica figlia sistemata. Felice».
«Capisco.» Senza un erede, la proprietà degli Yardley e il titolo sarebbero andati a un cugino con cui il padre non era in buoni rapporti da anni.
«Quando Edgar erediterà...»
«Hillcrest non sarà più casa mia.»
«Dovrai trovarne un’altra.» La fronte del visconte era segnata da rughe di preoccupazione, il tono di voce si era fatto severo. «È la preoccupazione per il tuo futuro che ci ha spinti a organizzare questa festa, ragazza mia.»
«Sì, però Mr. Nix aveva una così scarsa considerazione di me da essere pronto a scommettere che avrebbe ottenuto la mia mano. Lord Wentworth non parla molto, ma passa gran parte del tempo guardando Louisa.»
«Hammersley invece?» chiese Lord Yardley in tono speranzoso.
In quel momento Bella comprese che il padre si augurava che ne accettasse uno.
«Parlavo sul serio, figlia mia. Non sei obbligata a sposare uno di loro.»
«Però preferireste che mi sposassi prima possibile.» Addirittura prima che lei avesse finito il libro, o di sapere se avrebbe avuto successo.
«Mi stai chiedendo se vorrei vederti felicemente sposata? Naturalmente. La condizione però è sempre che la tua scelta ti renda felice.»
Felice. Suo padre l’aveva ripetuto tante volte che Bella non era più sicura di cosa significasse. Lei aveva creduto che Rhys l’avrebbe resa felice. Negli ultimi tempi lavorare al libro le aveva dato soddisfazione e lei si aggrappava alla speranza di poter dare prova del proprio valore pubblicando le sue idee. Sposare un uomo come Hammersley le avrebbe dato la felicità, qualunque cosa significasse?
Il cuore, il corpo, tutto in lei rispose con un risoluto no.
«Avete ragione, papà. Ho già preso una decisione.»
Lord Yardley rispose con un cenno del capo e l’ombra di un sorriso. «Allora l’uomo giusto per te deve essere ancora là fuori, da qualche parte.» Indicò prima le finestre e poi tutta la stanza con un gesto sinuoso della mano. «Aspetta di incontrarti.»
Era sempre su quel punto che loro due non si incontravano. Suo padre credeva nel destino, mentre lei lo considerava una sciocchezza. Un tempo pensava che il destino avesse voluto che la proprietà di Rhys confinasse con la loro. Il destino aveva deciso che si sarebbero incontrati in un giorno d’autunno e che si sarebbero piaciuti subito. Ma era colpa del destino se Rhys le aveva spezzato il cuore.
«Purché quel giorno arrivi dopo che avrò pubblicato il mio libro.»
Il padre le rivolse un sorriso affettuoso. «È molto importante per te.»
«Sì. Prima di adempiere i doveri coniugali, desidero dimostrare il mio talento.»
«Sei una ragazza tenace.»
«La mamma direbbe testarda.»
«Io direi che hai la determinazione per ottenere qualunque cosa desideri.»
Se solo fosse stato vero.
«Devo ritornare alla festa» dichiarò Bella, sforzandosi di sorridere. «Ho promesso un ballo a Lord Hammersley.»
Il padre non la trattenne poiché non c’era molto altro da dire.
Quando Bella fu in corridoio, un’ombra emerse da un angolo buio facendola trasalire per lo spavento.
«Bella?» Rhys si avvicinò titubante.
Non era affatto sicuro che lei volesse parlargli. Forse Lord Yardley le aveva ordinato di metterlo alla porta, anche se non riusciva a immaginare che un uomo che un tempo l’aveva chiamato figlio potesse arrivare a tanto.
«Non c’è bisogno che arrivi di soppiatto alle mie spalle.» Turbata, Bella guardò lungo il corridoio per accertarsi che nessuno li scoprisse a parlare da soli.
«Perdonami. Stavo aspettando che finissi con tuo padre.» Non gli importava niente se qualcuno li avessi visti, per lui la festa era finita. «Dobbiamo parlare.»
Bella era infelice e c’erano tante cose che non gli aveva detto. Rhys voleva sapere quali piani le frullassero nella testa.
Si rifiutava di guardarlo. Malgrado la luce fioca delle lampade del corridoio, lui vedeva uno scintillio misterioso nel suo sguardo. Bella fissò la mandibola, poi abbassò gli occhi. Rhys aveva già sciolto il fazzoletto e il tessuto pendeva dal collo. Respirava in rapidi ansiti. Mentre lei osservava affascinata la pelle nuda dell’incavo della gola, Rhys scoprì che essere l’oggetto del suo scrutinio lo eccitava.
«Devo tornare alla festa» dichiarò Bella nel tono meno convincente che lui avesse mai udito. «Mia madre manderà Louisa a cercarmi, se non vado subito in salotto.»
Non udendo risposta, si girò.
Rhys la afferrò per un braccio, non poteva permetterle di andarsene. «Aspetta.»
Lei abbassò lo sguardo sulla sua mano.
«Perché lo stai facendo?» Rhys sapeva di avere tradito la sua fiducia anni prima, sapeva che forse non l’avrebbe più conquistata, però voleva provarci.
«La festa è in mio onore...»
«Non era quello che intendevo. Dimmi perché stai assecondando le macchinazioni di tua madre.» La teneva stretta anche se si rendeva conto che avrebbe dovuto lasciarla andare. Era la scelta più saggia. Eppure continuava a tenerla. Era morbida e calda, quel contatto sembrava giusto e dolorosamente familiare. «So che sei sempre stata una figlia coscienziosa, ma c’è qualcos’altro. Hai rifiutato parecchi uomini eppure...»
«Alcuni, non parecchi.» Bella contrasse il muscolo della mandibola.
Rhys sapeva che i nomi che le erano stati affibbiati, le cose che avevano detto di lei non erano veri. Eppure non sopportava il fatto che l’avessero ferita.
«Tu sai che cosa vuoi e hai delle buone ragioni. Tuttavia adesso non riesci a dire a tua madre che questa festa è una farsa.»
«L’ha preparata per mesi.»
Dovere. Bella si era sempre piegata al dovere, molto più facilmente di lui. Rhys aveva amato i suoi momenti di ribellione, gli scatti d’ira, l’audacia. Tuttavia sapeva che, come lui, era in grado di indossare una maschera e fingere di essere cordiale o gioviale a beneficio del prossimo.
«Apprezzo gli sforzi di tua madre, ma questi uomini stanno perdendo il loro tempo, non credi?»
Quando Bella batté le palpebre e sgranò gli occhi, Rhys avvertì una fitta di panico all’idea che stesse prendendo in considerazione uno dei pretendenti che Lady Yardley aveva scelto.
«Ti preoccupi di loro e non di me?»
«No.» Rhys emise un respiro che si trasformò in un riso soffocato. «Sai che non è così. Però sei una donna che dice quello che pensa, almeno un tempo con me lo facevi. Sostieni che hai promesso a tua madre che ci avresti provato. Vorrei solo sapere perché.»
Bella deglutì a fondo, pensò di rispondere, poi scosse il capo.
«Miss Prescott, sono venuto a reclamare la mia danza.» La voce di Lord Hammersley riecheggiò dall’estremità opposta del corridoio.
Rhys gli lanciò un’occhiata che non sembrò sortire alcun effetto.
«Claremont.» Hammersley lo salutò con un cenno del capo prima di girarsi verso Bella. «Posso riaccompagnarvi alla festa, Miss Prescott?» chiese, porgendole un braccio e sorridendo compiaciuto, come se fosse certo che avrebbe accettato.
«Arriverò tra un momento, milord. Sareste tanto gentile da informare mia madre? Così potrà preparare lo spartito per la prossima danza.»
Rhys provò una gioia meschina nel vedere la delusione sul viso di Hammersley, ma era anche orgoglioso per la sicurezza mostrata da Bella.
Hammersley assunse un’aria arrogante, sembrava in procinto di protestare. Bella lo fissò intensamente, con un sorriso gelido sulle labbra e le mani allacciate davanti a sé.
Il confronto silenzioso durò qualche istante. Proprio quando Rhys ebbe l’impressione che Hammersley avrebbe ceduto e sarebbe tornato in salotto da solo, lui si girò e allungò una mano. Bella si ritrasse, ma non abbastanza velocemente. Il visconte la afferrò per un polso.
Gli occhi annebbiati di Rhys si concentrarono sulla mano di Hammersley, che stringeva quella di Bella con tanta forza da farla trasalire. Rhys avanzò di un passo, gli serrò le dita intorno al braccio e lo costrinse a mollare la presa.
«Non toccatela. Mai più.» Le parole uscirono a fatica dai denti stretti.
Dopo avere liberato il braccio, Hammersley fissò Rhys. «Siete molto interessato a Miss Prescott» dichiarò, lanciando un’occhiataccia a Bella. «Non so se lei gradisca le vostre attenzioni, tuttavia la vostra reputazione la rovinerà prima che possiate farlo voi.» Guardò prima l’uno e poi l’altra, prima di aggiungere: «A meno che non l’abbiate già fatto».
«Come osate.» Le guance di Bella si coprirono di rossore, le mani si strinsero a pugno.
«Santo cielo, ragazza.» Il visconte fece una risata soddisfatta. «Ho interrotto il vostro convegno segreto con un noto furfante e sarei io ad avervi offesa?» A quel punto smise di fingere e sogghignò. «Dicono che siete intelligente, Miss Prescott, ma è difficile crederlo guardando i corteggiatori che scegliete.»
«Andatevene» tuonò una voce che arrivò fino al soffitto. Era il padre di Bella che usciva dallo studio. «Lasciate la mia casa finché potete, Lord Hammersley. Non vi permetterò di insultare mia figlia.»
«Mai in vita mia...» cominciò il visconte in tono risentito.
«Andate via» si intromise Rhys, «salvate l’onore. Almeno quello che ne è rimasto.»
Senza aggiungere altro, Hammersley si morse il labbro inferiore e gonfiò il petto. Poi girò sui tacchi e si avviò con andatura strascicata verso la scala, ma, giunto a metà del corridoio, si voltò.
«Tutti a Londra lo sapranno.»
Senza riflettere, Rhys superò Bella per raggiungerlo. Il visconte cominciò a indietreggiare, ma lui lo afferrò per un bavero e lo spinse contro la parete.
«Invece no» lo contraddisse Rhys. «Direte che la festa è finita prima del previsto. Inventate una storia qualsiasi, ma se proverete a danneggiarla, a spargere dei pettegolezzi, sarò io a rovinare voi.»
«Non sarà necessario. Non è vero, Hammersley?» La voce del padrone di casa era roca e stridula, ma calma quanto il contegno della figlia.
«Andate, milord.» Bella si portò accanto a Rhys. «Troverete una moglie adatta a voi, ne sono certa. Probabilmente avete capito la prima volta che ci siamo incontrati che noi due non siamo fatti l’uno per l’altra.»
Hammersley la fissò per un istante con un’espressione meno adirata, poi annuì.
Rhys lo lasciò andare e indietreggiò di qualche passo per farlo passare. Il visconte se ne andò senza voltarsi indietro.
Mentre Rhys e Bella lo seguivano con lo sguardo, furono raggiunti da Lord Yardley.
«Direi che è passato parecchio tempo dall’ultima volta in cui vi siete messi in un guaio del genere.»
«La mamma sarà delusa» osservò Bella preoccupata.
«Sì» ammise il padre, «ma soprattutto perché un uomo che ha invitato a casa nostra ha osato offendere nostra figlia.»
«Ho peggiorato la situazione» disse Rhys, temendo che le sue minacce sarebbero apparse su qualche giornale scandalistico nel giro di qualche giorno.
«L’hai convinto ad andarsene, è la cosa più importante.» Bella lo fissò per un istante senza aggiungere altro.
«Vogliamo tornare in salotto e salvare la festa?» propose Lord Yardley in tono quasi allegro.
Rhys non lo era per niente. «Bella, puoi concedermi ancora un istante?»
Il visconte fece un cenno di assenso, diede un colpetto sulla mano della figlia e si avviò verso il salotto.
Restare solo con lei era esattamente ciò che Rhys voleva, eppure tutto ciò che avrebbe voluto dirle si cancellò dalla sua mente. Riusciva a pensare soltanto a quanto fosse graziosa e assolutamente infelice, a quanto gli mancasse lo scintillio malizioso che un tempo le accendeva lo sguardo.
«Mi stavi dicendo qualcosa prima che Hammersley ci interrompesse.» Rhys si sarebbe voluto avvicinare per colmare la distanza che si era creata tra loro nel corso degli anni.
«Se n’è andato o lo farà presto, non è più importante.»
Non si fidava di lui. Solo in quel momento si rese conto di quanto gli fosse mancato essere la persona a cui Arabella Prescott confidava le sue pene segrete.
«Non voglio deludere mia madre» dichiarò Bella con il suo tipico tono da devo-fare-il-mio-dovere. Era poco convincente e lui non l’aveva mai usato perché non gli importava un accidente del dovere.
«Non parleremo più con la confidenza di un tempo, non è vero?»
Per un istante Bella lo guardò con la stessa sincerità di quando erano giovani. Come una fanciulla che lo apprezzava, si fidava di lui, credeva in lui. Prima di chiudersi in se stessa e diventare gelida come la definivano i giornali scandalistici.
«No» rispose con voce dolce ma ferma. «Non credo che accadrà più.»