7
In tutta la sua vita Rhys non aveva mai esitato a varcare il pesante portone d’ingresso di acero intagliato di Hillcrest.
Considerava la dimora di campagna di Lord e Lady Yardley una casa, anche più della propria. I visconti lo avevano accolto cordialmente non perché fosse l’erede del duca loro vicino, ma come amico della figlia. E l’avevano incoraggiato ad andare a trovarli quasi quanto Bella.
Se non fosse stato per gli Yardley, lui non avrebbe avuto un’idea di che cosa fosse una famiglia dopo che la madre era morta quando lui era un bambino. Non avrebbe saputo che cos’era una famiglia amorevole. I genitori di Bella si erano sforzati di farlo sentire parte della loro e da bambino il suo desiderio più grande era di partecipare alle cene in cui si conversava amabilmente, ai giochi di società che seguivano.
Rhys amava Hillcrest e tutti coloro che la abitavano.
Quella sera si fermò sui gradini dell’ingresso, sistemò il fazzoletto da collo che il valletto aveva sapientemente annodato e si passò una mano tra i capelli, come aveva fatto mezza dozzina di volte sulla carrozza.
Aveva pensato a Bella per tutto il giorno. Era ossessionato dal modo in cui si era chiusa in se stessa. La mascella contratta, le spalle tremanti tradivano le emozioni che non voleva mostrargli.
Era sempre stata così. Tanto lui era sfacciato e manifestava apertamente le proprie reazioni, tanto lei era tranquilla. Rispettosa. Calma, anche quando lui non lo era. Rhys però la conosceva abbastanza per sapere che non era serena o impassibile. Bella era passionale quanto lui, o almeno lo era stata un tempo.
Non era affatto sicuro di chi fosse diventata negli anni in cui non si erano visti, ma avrebbe voluto scoprirlo.
Da una finestra semiaperta udì la conversazione che si stava tenendo in salotto, la risata allegra della cugina Louisa e le voci di alcuni uomini. Quei dannati pretendenti che Lady Yardley aveva scelto nella speranza che corteggiassero Bella.
Perché quel fatto lo irritava?
Rhys si avvicinò e bussò due volte. Un istante dopo il portone fu aperto da Mr. Lewes, il fidato maggiordomo degli Yardley. Era sempre stato gentile con lui, e Rhys fu felice di vedere che l’anziano domestico l’aveva riconosciuto.
«Vostra Grazia, quanto tempo.» Lewes accennò un inchino e lo invitò a entrare con un gesto della mano.
«Mi auguro che stiate bene.» L’uomo era molto più vispo di Rhys, reduce dai bagordi londinesi.
«Non posso lamentarmi, Vostra Grazia.»
Il titolo onorifico gli faceva ancora venire voglia di guardarsi alle spalle per vedere se fosse rivolto al padre, tuttavia sulle labbra di Lewes gli dava meno fastidio che su quelle di chiunque altro.
«Lei dov’è, Lewes?» Era una domanda familiare, quella che Rhys gli poneva ogni volta che andava a trovare Bella.
«Miss Prescott non è ancora scesa, Vostra Grazia.» Il maggiordomo lo fissò prima di guardare la scala che conduceva alle stanze private della famiglia.
Quante volte l’aveva salita per andare a cercare Bella nella sua stanza o nel salottino!
«Gli ospiti sono in salotto» lo informò Lewes. «Posso annunciarvi?»
L’etichetta gli imponeva di unirsi agli altri ospiti. Precipitarsi negli alloggi privati della famiglia sarebbe stato perdonabile se lui avesse avuto dodici anni e Bella otto, ma non erano più due bambini. Lei era una giovane donna rispettabile.
Malauguratamente, lui non era mai stato un gentiluomo rispettabile in vita sua.
«Non ancora. È stato bello vedervi.»
Quando il maggiordomo fece un cenno con il capo, Rhys gli passò accanto per dirigersi verso la scala. La strada gli era familiare come se l’avesse percorsa il giorno prima, eppure, quando fu davanti alla porta, non bussò.
Che cosa diavolo gli succedeva? Lui non aveva mai esitato. Metà dei problemi della sua vita erano imputabili alla pessima abitudine di assecondare gli impulsi sconsiderati.
Il legame che lo univa a Bella gli sembrava fragile. Ancora non aveva analizzato l’emozione che aveva provato nel rivederla.
Invece di bussare e varcare la soglia come avrebbe fatto qualche anno prima, bussò delicatamente e aspettò.
Bella aprì la porta sbuffando, come se fosse stata interrotta. Aveva le guance arrossate, la fronte aggrottata e si teneva i capelli con una mano. Che l’avesse interrotta oppure no, gli occhi verdi si spalancarono quando lo vide.
«Non sembri contenta di vedermi.»
«Pensavo che fosse la cameriera. Perché sei salito?» Bella lo afferrò per il panciotto, guardò lungo il corridoio e lo tirò nella stanza. «Vuoi davvero far scoppiare uno scandalo.»
«È una vecchia abitudine» disse Rhys, mentre lei lo lasciava andare per chiudere la porta. «Sono sempre venuto a cercarti invece di aspettarti di sotto.»
Bella gli lanciò una veloce occhiata da sopra una spalla mentre fermava alcune ciocche con delle forcine.
«Ho pensato che fosse il caso di decidere il piano d’attacco.»
«L’unica cosa che devi fare è scendere, studiare un’entrata grandiosa e innervosire i nostri gentiluomini» gli spiegò Bella avvicinandosi alla toeletta per rovistare in un piattino di cristallo.
Rhys deglutì e chiuse una mano a pugno.
Tre bottoni sul dietro dell’abito erano slacciati e mostravano la pelle lentigginosa. Le lunghe ciocche di capelli castano chiaro non ancora raccolte gli fecero venire voglia di allungare una mano per scostarle. Per vedere di più.
Santo cielo, che cosa gli succedeva?
Aveva già visto Bella in disordine. Coperta di fango, bagnata fradicia di pioggia, persino schizzata di colore quando avevano deciso di cimentarsi con gli acquerelli.
Quella Bella era diversa.
Allora la considerava un’amica, una bambina. Quella che vedeva era una donna. Una donna sconvenientemente desiderabile. E lui si era preso la libertà di salire in camera sua. Senza essere stato invitato.
Non era sua abitudine entrare nelle camere da letto delle signore, lo faceva solo quando erano loro a chiederglielo.
Rhys distolse lo sguardo da Bella per posarlo su una serie di fogli appesi alla parete. Non erano opere d’arte. Riconobbe la calligrafia di Bella e quelli che gli parvero abbozzi dei suoi rompicapi.
«Che cosa sono?» domandò, indicando la parete mentre si avvicinava.
«Un progetto a cui sto lavorando. Adesso non ho tempo di parlarne.»
«Magari me lo racconterai un’altra volta.» C’era stato un momento nella loro vita in cui lui sapeva tutto quello che stava combinando, i suoi segreti e i piani. Gli mancava non essere al corrente dei progetti di Arabella Prescott.
Quando Bella si girò verso di lui con aria seccata, ebbe l’impressione che non condividesse le sue sensazioni.
«Va bene così?» Bella aveva messo un pettinino ornato di gemme nei capelli, ma era storto. «No, vero? Ti dispiace suonare il campanello?»
Rhys si avvicinò al caminetto e tirò il cordone. L’insoddisfazione di Bella era evidente. Avrebbe voluto aiutarla, ma lui era in grado soltanto di disfare le acconciature delle signore.
«Dovrei già essere in salotto.» Bella si infilò due forcine tra le labbra e una terza nei capelli, con una violenza tale che fece cadere delle altre ciocche. «Sto peggiorando la situazione.»
«Siediti.»
Quando Bella posò lo sguardo su di lui, le scintillavano gli occhi a causa del suo tono autoritario. Poi parve capire le sue intenzioni e l’espressione si addolcì.
Anche Rhys era meno nervoso quando si avvicinò allo sgabello della toeletta su cui era seduta. Bella raddrizzò le spalle e gli tese un palmo pieno di forcine.
«Immagino che l’obiettivo sia di fermare le ciocche con queste.» Quando posò le dita sul palmo, Rhys sentì Bella fremere al suo tocco.
«Solo le ciocche che sono sfuggite. L’acconciatura non deve essere perfetta. Non voglio fare colpo sui gentiluomini del piano di sotto.»
Rhys guardò lo specchio, i loro occhi si incontrarono. E Bella lo osservò per valutare la sua reazione.
«L’hai già fatto, per questo sono ancora qui.»
Quelle parole imbarazzarono Bella, che spostò lo sguardo sulla parete davanti a sé per poi abbassarlo sul grembo.
Rhys sollevò una lunga ciocca e la fissò. Ripeté l’operazione con altre due e fece del proprio meglio per resistere all’impulso di scioglierle i capelli. Ogni volta che le sfiorava con le dita il cuoio capelluto o la nuca, lei era scossa da un fremito che si propagava fino ai suoi lombi.
Rhys non capiva come mai aiutare una donna ad acconciare i capelli fosse così eccitante. Il cuore gli martellava in petto come se avesse corso da Edgecombe fino a Hillcrest. Quando ebbe sistemato l’ultima forcina, prese il pettinino e lo infilò tra le onde castano chiaro. Più le toccava i capelli, più sentiva la tensione allentarsi in Bella, che abbassò le spalle.
Una volta finito, si rese conto di non sapere cosa farsene delle mani. Il desiderio di toccarla non si era placato.
«Così va meglio» osservò Bella in tono calmo. «Grazie.»
Rhys indietreggiò di un passo e si girò per controllare il fazzoletto da collo in uno specchio in un angolo della stanza e concentrarsi su qualcosa che non fosse lei. Era consapevole di ogni suo movimento. Nella quiete della camera, udì il suo respiro accelerato. Lo sguardo fu attirato dall’immagine allo specchio di Bella, che si toccò una guancia prima di posare la mano sull’incavo alla base della gola e deglutire a fondo.
Dopo essersi alzata, sollevò le braccia e le portò dietro di sé per allacciare i bottoni dell’abito.
«Posso aiutarti?» le chiese Rhys.
Invece di rispondere Bella si girò verso di lui, che si affrettò ad avvicinarsi.
«Dovresti scendere prima di me» gli disse in tono pratico. Era sempre concreta, abituata a risolvere i problemi. Rhys però la conosceva abbastanza da percepire un tremolio nella sua voce.
Anche le sue mani tremavano mentre le allacciava i bottoni. Rhys si morse il labbro inferiore quando sentì la pelle morbida sotto le dita. Santo cielo, avrebbe dovuto smettere di toccarla.
Una volta finito, si allontanò per dirigersi verso la porta.
«Scendo tra cinque minuti» lo informò Bella quando lui posò la mano sulla maniglia.
Rhys chiuse gli occhi cercando di calmarsi e la guardò con un’espressione spavalda. «Quando vuoi. È il tuo compleanno, sono ai tuoi ordini.»
«Non lo sei mai stato.»
Rhys ridacchiò e le strizzò l’occhio. «Consideralo il mio regalo.»
Il piano non stava andando come previsto.
Facendosi vento con una mano Bella riuscì a scacciare un po’ del calore del salotto azzurro, ma nemmeno un briciolo di tensione. La notte era fredda e i domestici avevano acceso il fuoco nel camino, ma i corpi troppo vestiti degli ospiti, uniti alla sua eccitazione per la presenza di Rhys, rendevano la stanza soffocante.
Si disse che la tensione era positiva. Il suo intento era di mettere a disagio gli ospiti e, invitando Rhys, era riuscita a indispettirli.
La cena era stata triste, di rado la conversazione aveva oltrepassato le candele e le ciotole di fiori che abbellivano la tavola. Lei era seduta tra Hammersley e Nix, Louisa e Rhys si erano accomodati di fronte, mentre i suoi genitori erano a capotavola. Lord Wentworth era accanto a Louisa e fu l’unico che provò a superare la linea di combattimento dei centrotavola chiedendo a Bella se gradiva l’arrosto e che cosa pensava del clima autunnale.
In salotto la conversazione era un basso, imbarazzato mormorio. Gli uomini lanciavano delle occhiate a Rhys e Bella udì qualche condanna sussurrata. Le frecciate non erano discrete come forse pensavano, ma almeno chi le pronunciava si sforzava di non esprimere il proprio disprezzo a voce troppo alta. Dopotutto, Rhys era un duca.
Purtroppo l’obiettivo di Bella era ancora molto lontano. I suoi pretendenti lanciavano giudizi su Rhys, ma nessuno di loro sembrava avere rinunciato a corteggiarla.
Quando a tavola avevano fatto il brindisi in suo onore, Hammersley si era avvicinato al punto da farle temere che l’avrebbe baciata su una guancia. In seguito, mentre conversava con Mr. Nix, continuò a guardarla come se fosse l’argomento della loro discussione.
Se stavano di nuovo scommettendo su di lei, avrebbe chiesto al padre di mandarli via tutti.
Bella si guardò intorno e notò che il genitore non c’era. Sua madre non sembrava preoccupata, lei invece voleva andare a vedere dove fosse finito.
«Bella ha un talento per gli indovinelli e i rompicapi» dichiarò Louisa a voce alta. Era seduta sul divano d’angolo a chiacchierare con la padrona di casa e Lord Wentworth. «Qualcuno le proponga un indovinello, vi prometto che lo risolverà.»
«Perché Miss Prescott non propone a noi uno dei suoi? Cercheremo di risolverlo» suggerì Mr. Nix. Dal suo tono di voce era evidente che lui era sicuro di riuscirci.
Seduto su una poltrona, Rhys si chinò in avanti e appoggiò i gomiti sulle ginocchia, allacciando le mani. Gli indovinelli di Bella gli erano sempre piaciuti, a volte l’aveva aiutata a crearne qualcuno. Il primo che si affacciò alla sua mente era uno di quelli.
«Uno ha la testa senza occhi, l’altro ha un occhio ma non la testa» declamò Bella lentamente. «Troverete la risposta se proverete a cercarla. Vi do un indizio: è appesa a un filo.»
«Sapete che cos’è, Mr. Nix?» domandò Louisa in tono sfacciato. Era evidente che l’uomo non ne aveva idea.
«Purtroppo» rispose lui con una smorfia, «Lord Hammersley e io ci siamo distratti.» Non era vero. Entrambi avevano ascoltato attentamente, tuttavia Louisa gli concesse la scusante di avere voluto salvare l’orgoglio.
«Che peccato» gli disse con forzata dolcezza. «Mi chiedo se il Duca di Claremont conosca la soluzione.»
Lo sguardo di Bella volò su Rhys. Louisa non sapeva che un tempo la lettura era stato un grosso problema per lui, che dubitava della propria capacità di pensare in fretta. Era il motivo per cui l’aveva aiutata a escogitare degli indovinelli. Insieme avevano scoperto che non aveva difficoltà con le parole, se non erano scritte. Tuttavia con il tempo era migliorato anche in quello.
«Sì» ammise Rhys, «ero con Miss Prescott quando ha creato l’indovinello.»
«Mi hai aiutato» lo difese lei.
«Un poco.» Sorridendo Rhys si appoggiò allo schienale della poltrona, con le mani allacciate sul panciotto. Sembrava del tutto rilassato. «Non hai mai avuto bisogno del mio aiuto.»
«Sciocchezze.» Bella si agitò sulla poltrona, pronta a discutere con lui. Poi si rese conto che nella stanza era sceso il silenzio. L’attenzione di tutti i presenti era rivolta allo scontro verbale tra loro due.
«Credo di avere la risposta» annunciò Lord Wentworth rompendo il silenzio.
Louisa gli lanciò un’occhiata compiaciuta e annuì con fare incoraggiante. «Allora ditela, milord.»
«Il filo è importante, giusto?» Wentworth guardò gli altri gentiluomini. Hammersley e Nix avevano la stessa espressione aggrottata. La madre di Bella invece sorrideva con l’aria di chi la sa lunga. Forse si ricordava la soluzione.
Alla fine di una giornata trascorsa a creare degli indovinelli, Bella e Rhys li condividevano con i genitori di lei.
«Suvvia» esortò Louisa.
«Sono lo spillo e l’ago? Il primo ha la testa, l’altro no, e solo in uno dei due passa il filo.»
Louisa batté le mani, Bella la imitò. Non era un indovinello molto difficile, ma Wentworth era stato veloce. Hammersley e Nix stavano brontolando ognuno per conto suo, poi si avvicinarono per continuare insieme.
«Vogliamo passare alla musica e ai balli?» La padrona di casa si alzò e si avvicinò al valletto che presidiava la porta. «Se sarete così gentili da alzarvi, faremo un po’ di spazio e io mi esibirò al pianoforte.»
Di solito era Louisa a suonare nelle serate musicali, ma avevano convenuto che lasciare Bella a danzare a turno con tutti i gentiluomini sarebbe stato a dir poco inopportuno.
Tutti obbedirono all’ordine di Lady Yardley e si alzarono. Arrivò un secondo valletto, che insieme all’altro spostò i divani in un angolo della stanza per creare una pista da ballo. Nel turbinio di attività, Bella non fece caso a Hammersley che si avvicinava a passo tranquillo.
«Miss Prescott, mi concedete il primo ballo?» La sua richiesta era talmente sincera che lei fu tentata di accettare, ma, prima che potesse rispondere, arrivò Rhys come se fosse stato convocato.
«Temo che sia già occupata, Hammersley.»
Il viso dell’uomo si coprì di un rossore simile a quello del vino che avevano bevuto a cena, le guance cominciarono a tremare come l’aspic in gelatina che Rhys detestava. La bocca si muoveva come se volesse parlare, ma non ne uscì alcuna parola. Solo dei gemiti di frustrazione.
Rhys allungò un braccio davanti al petto del visconte per porgere la mano a Bella.
«Perdonatemi, Lord Hammersley. La seconda danza sarà vostra» si scusò lei.
Rhys la condusse verso il centro della sala, dove furono raggiunti da Louisa e Mr. Nix. Poco dopo Lady Yardley cominciò a suonare per dare inizio alle danze. Bella aveva chiesto un valzer e la madre, pur non sapendo che il suo cavaliere sarebbe stato Rhys, non sembrava affatto sorpresa.
«Non eri tenuta a promettergli niente» disse Rhys a Bella, mentre le appoggiava una mano sulla schiena.
«Non c’è motivo di essere sgarbati.»
«Non volevi che se ne andasse sopraffatto dall’irritazione, indignato?» chiese Rhys. Non aveva usato un tono arrabbiato o critico, era di buonumore come sempre, e un mezzo sorriso gli incurvò la bocca, creando una fossetta sulla guancia.
«Deve decidere lui se andarsene. Io voglio solo evitare di aggiungere altri nomi alla lista degli uomini che ho rifiutato, se non è necessario.»
«I ballerini sono pronti?» Senza aspettare la risposta, Lady Yardley cominciò a suonare. Un trillo introduttivo fu seguito dal ritmo insistente di un valzer.
Rhys condusse la danza senza un istante di esitazione, come se l’avesse ballata mille volte. Bella, che era abbastanza esperta, contava ancora i passi a mente. Le serviva a calmarsi ed era l’unico modo per essere sicura che i piedi le avrebbero obbedito. La vicinanza di Rhys richiedeva tutta la calma possibile. Il calore del palmo contro il suo, la mano posata sulla schiena le davano la consapevolezza del legame che c’era tra loro. Doveva fidarsi di lui e assecondare il suo ritmo.
«Ti preoccupa quello che la gente dice» osservò Rhys facendola volteggiare, mentre si incrociavano con Mr. Nix e Louisa.
«Che sono fredda e insensibile?» Bella vacillò e gli strinse più forte la spalla.
Rhys l’attirò a sé, impedendole così di cadere. «Non è vero.»
Naturalmente. La conosceva troppo bene per credere che fosse gelida e indifferente. Quello che Rhys non capiva era che lui era la ragione per cui non tollerava l’idea di sposare un altro uomo.
Poiché Bella non replicò, Rhys la trafisse con lo sguardo degli occhi azzurri e inarcò un sopracciglio. Era il modo in cui l’aveva sempre guardata quando insisteva per avere una risposta.
«Perché li rifiuti tutti?»
No, quella domanda no. Non era pronta per dargli la risposta in quel momento.
A un tratto Bella desiderò che la danza finisse. Rhys la stringeva troppo, era tanto vicino che il suo profumo la inebriava. Le mani le incendiavano la pelle, il calore che li avvolgeva le toglieva il respiro. Persino il movimento della danza le dava le vertigini. Bella cercò di concentrarsi sul suo viso, ma vedeva solo la stanza che le vorticava intorno, i volti pallidi di Hammersley e Lord Wentworth sullo sfondo, la sagoma di Louisa che danzava con grazia tra le braccia di Mr. Nix.
«Arry» sussurrò Rhys in tono dolce, accarezzandole il viso con il respiro, «rispondi.»
Essendo più alto di lei di qualche pollice, era costretta a piegare il capo all’indietro per guardarlo quando erano così vicini. Bella strinse la mano istintivamente e sentì i muscoli della spalla di Rhys contrarsi.
«Quando danzo devo concentrarmi, altrimenti sbaglio il passo.» Bella ansimava, traspirava per lo sforzo e per il contatto con il corpo muscoloso di Rhys che si muoveva con il suo.
Lui le premette la mano sulla schiena e si chinò per sussurrare: «Ti tengo io, non cadrai».
Invece era caduta. Era talmente innamorata di lui che temeva di non potersi più riprendere. Bella ricordava ogni passo doloroso di quel percorso. Ed eccola lì, con lo stesso uomo e gli stessi sentimenti che si risvegliavano in lei.
Non poteva lasciare che accadesse. Aveva imparato la lezione, non si poteva permettere di cadere di nuovo. Perché un altro rifiuto di Rhys non l’avrebbe ferita, l’avrebbe distrutta.