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L’amica

«Ancora non mi hai spiegato perché pensi che sia colpa tua, Sarah». Lily ha preparato dei sandwich e li ha messi su un piatto da portata con delle mele e pesche affettate che ha posato sul comò nella sua stanza.

«Devi proprio cercare di mangiare qualcosa».

Sarah non si sente ancora lo stomaco a posto. Guarda i cibi così ordinatamente disposti sul piatto e poi sua sorella. L’ironia del contrasto, Lily pelle e ossa nascosta negli abiti larghi.

«Non so se riesco a mangiare. Prendine un po’ tu».

Lily alza le spalle. «Io ho già mangiato».

Sarah le lascia passare la bugia. Si guarda intorno, contenta almeno di quel tanto di intimità che offre la stanza di Lily, stufa di Luna e degli altri che al piano di sotto s’intromettevano e interferivano, anche se adesso le dispiace essersi allontanata dal televisore. Salta da un social media all’altro e tra i siti di notizie sul telefonino, ma si rammarica di non avere un iPad per poter vedere meglio. E anche un contratto migliore per i dati. Ha già ricevuto e-mail che l’avvertono che sta raggiungendo il limite. E non ha soldi per una ricarica.

«Ti dispiacerebbe collegarti dal tuo laptop, Lily? Le notizie?». Sarah si rifiuta di chiamarla Zafferano. La guarda accendere il computer e cercare un canale attivo e tenta di ringraziarla con un sorriso.

«Va bene. Ma non cercare di evitare di rispondere, Sarah. Questo Karl è evidentemente uno fuori di testa e io sono davvero desolata che ti abbia spaventato così tanto. Quello che sta succedendo in Spagna, intendo. Ma se devo essere del tutto onesta, è un sollievo che papà non c’entri niente. Se Anna ha preso una sbandata e si è messa con questo Karl…».

«Non ha preso una sbandata e non si è messa con lui». Sarah lascia le parole sospese tra di loro e a un tratto si sente stanchissima. È un po’ come quello stato d’animo in cui ci si trova quando si è su un ponte e hai dentro quel piccolo stimolo a spiccare il salto. A finire in acqua. Sai che non devi, ma non puoi evitare la sensazione. E sai che c’è questa decisione veramente importante da prendere in una frazione di secondo e fa paura. La conseguenza. La linea sottile tra una scelta e l’altra. Lo stesso che con il flaconcino e le pillole, anche se ora sa che in quel modo non ha chiuso nulla. Non ha risolto nulla. Ha solo aggiunto un nuovo capitolo a una storia infinita.

«Io almeno non so se ha fatto così. O se è stato lui a prenderla, o le ha messo qualcosa nella bibita o altro, perché il fatto saliente è che io non ci sono stata attenta. Avevamo litigato di brutto, io e Anna. E la verità è che non ho la più pallida idea di cosa sia successo, Lily». Mentre ascolta la propria voce, che improvvisamente parla a tutta velocità, Sarah si rende conto di aver bisogno di mettere la parola fine a questa storia. Per quanto brutta e vergognosa e terribile. E sua sorella, questa versione avvizzita e mesta della sorella che tanto le è mancata, è la sua unica speranza di riuscirci.

Lily si siede sul fondo del letto e la sua espressione cambia. Prima le appaiono rughe scavate nella fronte, poi un movimento brusco della testa.

«Devi raccontarmi tutto, Sarah. Coraggio». Riprende a giocherellare con i braccialetti, cosa che fa venir voglia a Sarah di piangere per lei. Per entrambe.

C’è una pausa prolungata. Un respiro profondo, e solo dopo Sarah si accorge d’esser stata lei. E… infine salta.

«Eravamo d’accordo di restare al club fino alle due e poi di prendere un taxi per tornare in albergo insieme. All’inizio io chiacchieravo con Antony e Anna era con Karl. Andava tutto bene. Ci sentivamo veramente adulte. Adesso trovo stupido doverlo ammettere, ma è la verità. Solo che a un certo punto tutti e due hanno perso interesse per noi. Sembrava che conoscessero parecchie persone là dentro. Hanno iniziato ad andarsene in giro, praticamente a ignorarci». La voce di Sarah si smorza mentre ricorda com’era. Quanto l’aveva presa male. Come si era sentita stupida e si era vergognata per tutto l’impegno che aveva messo nel guadagnarsi le attenzioni di Antony sul treno… E lui l’aveva mollata così, come se niente fosse, mettendosi a ridere e flirtare con le altre ragazze. Quando le avevano invitate ad andare in quel locale, aveva pensato che fosse un appuntamento per entrambe. Pensava che avrebbero passato la serata insieme tutti e quattro. Ballando. Divertendosi in compagnia. E invece…

«Io non ci azzecco mai con i ragazzi Lily… con gli uomini». Alza gli occhi sulla sorella. «A scuola dicono che sono facile».

«Tu non sei facile».

Adesso sente le lacrime sulle guance e chiude gli occhi. «Io voglio solo piacere».

Tiene gli occhi chiusi ma sente cigolare il letto quando Lily si alza per venire ad abbracciarla. «Zitta. Silenzio, Sarah. Andrà tutto bene».

Sarah non vuole essere consolata. «No, ti sbagli. A mezzanotte e mezzo Anna è venuta da me e mi ha detto che voleva tornare in albergo in anticipo. Ne aveva avuto abbastanza. Era stanca. Molto brilla. Ma io stavo ancora cercando Antony. Ero un po’ sbronza anch’io e molto arrabbiata con lui, così ho detto ad Anna di non fare la bambina. Di bersi qualcos’altro e farsela passare». Si asciuga una guancia con la mano. Ora ha il sapore salato delle lacrime sulle labbra. «È per questo che abbiamo litigato. Lei mi ha detto che non si sentiva più al sicuro, e io l’ho mandata più o meno a quel paese. Le ho detto di andarsene pure da sola».

«Ed è stato lì che ha proposto di chiamare papà?»

«Sì. Ha detto che forse avremmo dovuto farlo venire al club per riaccompagnarci in albergo. Ma io le ho risposto che era patetica, e che se avesse chiamato papà non le avrei più rivolto la parola».

«Questo, lo hai detto alla polizia?»

«No. Certo che no. Ho mentito. Ho detto che quando è venuta l’ora del taxi Anna non si è presentata…». Sarah apre gli occhi, vuole vedere come la sta giudicando sua sorella. Lily è sbigottita e Sarah ricorda l’espressione di incredulità sul viso di Anna. Ti prego. Voglio tornare in albergo adesso. Ho bevuto un po’ troppo. Per piacere, Sarah, ti sto pregando… Si chiede quale espressione scandalizzata dovrà leggere sui loro volti quando scopriranno cos’è successo in treno. Con Antony.

«Dopo non l’ho più trovata. Così ho dovuto prendere un taxi da sola. Pensavo che fosse già in camera. Arrabbiata con me. Pensavo che avrei avuto l’occasione di sistemare tutto. Chiederle scusa. Ma quando non è tornata in albergo, all’inizio mi son fatta prendere da questo terribile panico al pensiero che avesse veramente chiamato papà».

«Oh, cavoli».

«Ero così confusa, Lily. Non ero nemmeno sicura se avevo ragione di pensare male di papà. Forse la mia era solo paranoia. Però poi mi son messa a pensare: e se Anna ha chiamato sul serio l’albergo di papà, e lui è venuto al club? Se l’ha prelevata davanti all’ingresso? Oh, non so, avevo tutte queste folli paure che mi giravano per la testa per via di come è lui, Lily. Ma non avevo il coraggio di dirlo alla polizia». Vede negli occhi di Lily che ora sua sorella comincia a capire. «Ma poi Karl e Antony sono spariti, così ho pensato che era molto più probabile che fosse con loro. E tutto questo adesso lo conferma. È stato Karl a prenderla… e Dio solo sa cosa». Ora Sarah piange apertamente.

«Quindi è veramente colpa mia. Comunque la guardi, sono stata io a fare questo casino, Lily. Ho abbandonato Anna a se stessa».