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L’amica
Da piccola Sarah aveva una gran paura del buio. Una volta aveva visto un film in cui un intruso si nascondeva sotto il letto. Allora aveva pregato sua madre di cambiare il suo vero letto dalla rete cigolante con un divano-letto, in modo che non avesse spazio sotto. Ma la sua richiesta non era stata esaudita, e tutte le sere la piccola Sarah sollevava il lembo del piumone per controllare che non ci fosse nessuno nelle ombre sottostanti.
A quei tempi divideva la stanza con Lily e spesso si svegliava nel cuore della notte terrorizzata da un brutto sogno. Aveva, a quanto pare, la tendenza a replicare fin nei particolari i film dell’orrore scena dopo scena, con se stessa nel ruolo di vittima principale. Pur sapendo che non poteva essere reale, le sembrava reale. Ma con la luce accesa Lily non riusciva a dormire, e ciò creava una scomoda situazione di stallo. Nel buio Sarah pregava bisbigliando che restasse una luce accesa. Quando riceveva un burbero “neanche per sogno”, chiedeva allora se poteva mettersi nel letto di Lily. Per piacere, Lily. Ma anche quando la sorella ormai semiaddormentata cedeva, Sarah aveva troppa paura per posare i piedi sul pavimento nel buio, nel caso che da sotto il letto spuntasse una mano ad afferrarla.
«Ricordi quando hai messo una seggiola tra i nostri letti perché di notte potessi passare dal mio letto al tuo dopo un brutto sogno, senza dover toccare il pavimento?». Sarah sta parlando a una sorella ora più grande, tremendamente più magra e più fragile. Ha la sensazione che i ruoli si siano invertiti, e tocchi a lei essere quella forte.
«Sì. Eri una gran rompiscatole». Lily si liscia la gonna e sorride.
«È successo prima che cominciassero quelle cose brutte?»
«Sì. Quello è iniziato quando ho avuto una stanza tutta mia». Per un po’ Lily guarda dalla finestra e restano in silenzio.
Sarah sta pensando all’orribile paradosso: quanto felice fosse di avere una stanza tutta per sé, quando avevano cambiato casa, e poteva così tenere un lumicino acceso durante la notte, e quanto la inorridisce ora il pensiero di quali erano state le conseguenze per Lily.
Guarda la sorella e pensa al padre…
Il telefono di Sarah vibra di nuovo sul tavolo. Teme che possa essere un messaggio della polizia.
«Sarà di nuovo la mamma. Lascia stare, Sarah».
Ma suona di nuovo. E ancora… e ancora.
Sarah lo prende con l’intenzione di spegnerlo del tutto, ma i messaggi non sono di sua madre. Sono di amici, tutti diversi.
Accendi la TV…
Hai visto il telegiornale?…
Stai bene?…
Oddio! Chiamami!
«Dobbiamo trovare un telegiornale».
«Perché?»
«Non lo so». Mentre aspetta che Lily prenda il telecomando dal ripiano sotto il tavolino, Sarah pensa che forse sua madre ha alzato la posta peggiorando le cose. Forse ha convinto la polizia che Sarah sia veramente scomparsa e stanno preparando un appello anche per lei. Ma quando Lily trova un telegiornale, l’immagine sullo schermo non è quella del suo volto.
Anna. Eccola di nuovo. Foto dalla pagina di Facebook, davanti al St Michael’s Mount, con i bei capelli biondi che ondeggiano al vento.
«La polizia ha confermato che l’uomo armato, e attualmente assediato nello stabile, è ricercato in relazione alla scomparsa della giovane Anna Ballard, avvenuta un anno fa».
«Mamma mia, ma cosa succede?». Lily si sporge in avanti con il telecomando stretto nella mano.
«Non mi sento molto bene». Sarah ha un retrogusto di caffè in bocca. È diventato sgradevole. C’è anche della bile.
«Vuoi qualcosa? Una scodella?».
Non c’è tempo. Sarah si guarda intorno e vede un cestino vicino al divano. Lo recupera per il rotto della cuffia, mentre parte il primo conato. Vomita una volta. Due. Non è niente di consistente, solo fluido. Spasmi a ripetizione.
«Ti prendo dell’acqua». Lily non c’è più, dev’essere andata in cucina.
Sarah si tiene il cestino in grembo e trattiene il fiato. Chissà se stanno per dire che hanno trovato il corpo di Anna. Che è veramente morta…
Invece no. Compare una donna che sostiene di aver visto una ragazza bionda. Non ha senso. Non confermano che si tratti di Anna, è solo una congettura.
Sarah cambia canale e in ciascun notiziario la versione dei fatti è lievemente diversa. Un testimone è sicuro di aver sentito cinque spari. Un altro afferma che erano due. La scritta che scorre in sovraimpressione dice che non si ha notizia di vittime, ma che la polizia ha recintato un’area molto vasta.
Sarah controlla di nuovo il cellulare per leggere i messaggi nel caso qualcuno tra i suoi amici abbia informazioni migliori. Facebook sta impazzendo. Anche Twitter.
Chiama a video il numero di Jenny, sicuramente i Ballard sono quelli che ne sanno di più, ma il suo dito si ferma prima di schiacciare il pulsante, cambia idea e torna a cercare su Facebook.
Lily è tornata con dell’acqua ghiacciata. Bevi questa.
Beve un sorso d’acqua ma il saporaccio che ha in bocca non cambia ed è come se si sia aperto un varco tra sé e la stanza che la circonda. Difficile da spiegare. Un divario. Le gira anche un po’ la testa. Forse per via del vomito. Lo stomaco.
«Devo chiamare un dottore, Sarah? Hai una faccia spaventosa. Cos’hanno detto in ospedale? Forse dovrei chiamare la mamma…».
«No, Lily. Hanno detto che sto bene. Il fegato è a posto. Sono solo un po’ debole per essere stata troppo a lungo a letto».
«Quand’è l’ultima volta che hai mangiato?»
«Non ho fame».
«D’accordo, niente cibo. Ti preparo qualcos’altro di caldo da bere. Con dello zucchero questa volta». Lily si è alzata di nuovo.
«Non ancora. Ti prego, non lasciarmi di nuovo da sola». Si meraviglia lei stessa del tono supplichevole. Della paura.
Dev’essersene accorta anche Lily, perché la guarda incuriosita mentre va a sedersi accanto a lei e le prende la mano. Dovrebbe essere un gesto rassicurante, ma Sarah sente che anche quella di sua sorella sta tremando. «Oh, Sarah. Hai voluto veramente farti del male con quelle pillole? La mamma dice che è stato un incidente. Che hai preso troppe compresse per un mal di testa».
«Non lo so. Tu ti facevi del male, non è vero? Quando lo facevi, era una cosa volontaria?».
Adesso a Lily trema anche il labbro e le stringe la mano mentre si gira a guardare di nuovo la televisione.
«Allora, cosa dicono? L’hanno trovata? Allora papà non c’entra niente? È stato davvero uno dei due che c’erano in treno?».
Sarah guarda lo schermo e non sa cosa rispondere. Ora c’è un’immagine di Karl e il conduttore del programma riferisce che è l’uomo armato che si pensa sia in quello stabile. Non sa cosa pensare. Ricompare la reporter davanti al nastro della polizia in Spagna. Ripete le stesse cose di prima. Perché fanno così in una diretta? Ripetere in continuazione le stesse cose. Girare e rigirare in tondo.
La verità è che non è successo niente che possa migliorare le cose. Vuole credere che Anna sia viva, questo è più che ovvio. Ma cos’è successo nell’anno passato? E se davvero l’hanno sequestrata, Karl e Antony, se tutto questo non ha niente a che vedere con suo padre, è comunque sempre colpa sua. Dovrà dire la verità su Londra.
Ripensa a loro quattro in quella carrozza. Il flirt. Gli sguardi inviati ad Antony. Ricorda il piccolo tatuaggio alla base del collo. La voglia matta che aveva di toccarglielo con l’unghia.
Ricorda come si sentiva viva, carica. Quando Karl e Antony erano andati a prendere da bere al bar aveva detto ad Anna che era contenta che Tim e Paul si fossero tirati indietro. Se ci fossero stati loro due, Karl e Antony non si sarebbero mai fatti avanti. Ma soprattutto Sarah ricorda quanto ardentemente avesse sperato che Antony scegliesse lei, e non Anna. Ricorda di nuovo quanta invidia provava guardando Anna sulla cresta dell’onda a scuola. Tutti a venerare la sua bellezza. Ricorda il periodo in cui aveva avuto un debole per Paul, e Paul aveva sempre occhi solo per Anna e non per lei. Anzi, sembrava che tutti avessero una cotta per Anna.
E ora sente una lacrima che le scivola sulla guancia mentre ripensa a ciò che ha fatto quel giorno in treno. Per essere sicura che a Antony piacesse più lei della sua amica.
«Sono in un grosso guaio, Lily». Non si preoccupa di asciugarsi le lacrime, guarda il colore dei pantaloni che diventa più scuro dove cascano le piccole gocce. «Non sono una brava ragazza».
«Non dire così, Sarah. Tutto questo non è colpa tua».
«Invece lo è, Lily. Credimi, lo è».