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L’amica
Sarah osserva Lily che armeggia con un bollitore sui fornelli di un’antica Aga, una versione ridotta e meno elegante della stufa che domina la cucina a casa di Anna. L’Aga dei Ballard è blu scuro, molto più larga e con un numero maggiore di forni. La madre di Anna passava tutto il tempo a lucidare le cromature e gli sportelli perché fossero sempre brillanti. Quella di Lily è di un modesto color bianco latte, con qualche sbrecciatura e una generale aria di trascuratezza.
«Tè o caffè?». Lily glielo chiede senza voltarsi mentre apre un armadietto di fianco alla stufa e prende due sgargianti tazze di ceramica, verde scuro con grandi margherite bianche.
«Ehm, caffè per piacere».
Lily è completamente diversa da come la ricordava Sarah. Molto più magra, molto più funky e con i capelli lunghi fin quasi alla vita e tagliati a V, con le punte di un brutto rosa peggio che pacchiano. Il colore dei capelli e il suo nuovo look sono stati l’argomento principale di conversazione delle sorelle da quando Lily è arrivata a prenderla alla stazione. Entrambe hanno palesemente evitato la ragione per cui Sarah si trova lì.
Lily si gira e si appoggia alla barra dell’Aga per dichiarare per l’ennesima volta che è più che contenta dei suoi capelli. Se li maneggia per spiegare che si è fatta scolorire gli ultimi dieci centimetri per poter usare tinture vegetali per manifestare i mutamenti. Per ora ha provato il color melanzana che non è stato un successo completo, il verde e adesso il rosa, che è il suo preferito, anche se teme che non durerà a lungo.
Cosa ne pensa veramente Sarah?
Sarah ha detto che è davvero forte, ma non è stata del tutto sincera perché è sconcertata da questa nuova versione di sua sorella. L’ultima volta che Lily è andata a trovare lei e sua madre in Cornovaglia è stato tre anni fa, non tanto tempo dopo la scenata che aveva portato all’uscita di casa di suo padre e alla decisione di Lily di andare a vivere da sola. Quella volta non aveva un bell’aspetto ma era più riconoscibile. Frangetta castana, i soliti jeans e la felpa. Almeno cinque o sei chili di più.
Era venuta per riferire che nel Devon era più che felice, attenta a non rivelare con precisione dove, e che si era fatta un giro di buoni amici e stava cominciando una nuova vita che le avrebbe consentito di dipingere e dedicarsi alle cose che per lei contavano di più.
Sarah ricorda di aver avuto voglia di replicare, io per te non conto più, ma di non averne avuto il coraggio. Più tardi, in camera, Lily le aveva chiesto se con lei “andava tutto bene” ma in un tono apprensivo che esigeva una risposta affermativa e così Sarah non le aveva detto la verità di quanto pativa la sua assenza; e quanto smarrita e addolorata era rimasta dopo la separazione dei genitori e l’improvvisa disgregazione della famiglia.
I vestiti che indossa questa nuova Lily sono in finto stile hippie. Una gonna di cotone a mezzo polpaccio e una camicetta stile contadino con dei nastri che le pendono dai polsi e dal petto e che potrebbero essere annodati in fiocchi, ma non lo sono. Nonostante gli indumenti, da quel poco che si intravede Sarah si è accorta che sua sorella è troppo magra. Si vedono le ossa, in particolare quelle dei polsi nascosti da una serie di braccialetti di perline.
«Mi spiace di non aver telefonato più spesso per Anna», si scusa all’improvviso Lily mentre torna a girarsi per mescolare acqua bollente in una capiente caffettiera pressofiltro gialla. «Dev’essere stato un momentaccio per te».
Ci sono state un paio di telefonate subito dopo la scomparsa di Anna, un biglietto e qualche breve messaggio su Facebook. Sarah aveva sperato in una presenza più assidua e avrebbe gradito molto il sostegno della sorella. Diceva di non volerne parlare, ma non era sincera. Dentro di sé lo desiderava. Le avrebbe detto la verità in quei giorni se Lily si fosse fatta avanti? Se l’avesse incalzata? Non sa rispondere, così non dice niente e aspetta il suo caffè. In treno l’aveva immaginato completamente diverso. Uno tsunami di rivelazioni. Lacrime. Abbracci. Sollievo.
Ho paura che papà abbia qualcosa a che fare con Anna…
Perché Lily non le ha chiesto niente?
Ora che è lì, Sarah non è per niente sicura di come andrà a finire. Lei e sua sorella sono come due sconosciute in questa grande cucina piena di roba. La linguetta è fermamente inserita nella maledetta granata.
«Ma lo hai detto alla mamma che sei qui?»
«Non ho detto dove. Solo che venivo a trovarti e che non deve stare in pensiero».
«Bene. Non voglio che abbia questo indirizzo». Lily giocherella con un lembo della gonna, pizzica un bruscolo o una macchiolina immaginaria e poi Sarah si sente addosso il suo sguardo. Penetrante.
«Magari se le dai un colpo di telefono per confermarle che sono qui con te, Lily…».
«E secondo te, devo farlo?»
«Sì. La mamma si agita facilmente». Una pausa. Sarah si sente in colpa. «Ha detto alla polizia che sono sparita, che sono scappata di casa».
«Oh, Sarah, avresti dovuto dirmelo subito. Ci manca solo che piombi qui la polizia».
«Scusa».
«Non fa niente». Lily alza gli occhi al soffitto, poi torna a guardare Sarah con le mani sui fianchi. «Al momento non ho un cellulare. Stiamo cercando di evitarli. Ne teniamo uno per le emergenze».
Sarah lo trova bizzarro. Niente cellulare? Curiosa di sapere a che cosa si riferisce sua sorella quando parla al plurale, prende il proprio telefonino, seleziona il numero e chiama. Aspetta di sentire la voce di sua madre, quindi porge il telefono a Lily sgranando gli occhi.
«Ciao, mamma. Sono Lily. Una telefonata veloce veloce per dirti che Sarah ti ha detto la verità e che non ti devi preoccupare. Non è scappata. È qui con me per qualche giorno ed è perfettamente al sicuro».
Sarah sente la voce di sua madre filtrare dal cellulare premuto sull’orecchio della sorella. Qualche parola è pronunciata a voce abbastanza alta. Casa. Una serie di frasi indecifrabili e poi… polizia. Cerca di interpretare l’espressione di Lily. Una fronte molto corrugata. Gli occhi che si restringono. Un rapido movimento della testa e poi un’apparente interruzione…
«Senti, capisco il tuo stato d’animo, mamma, però Sarah non vuole tornare a casa subito. Non c’è ragione di coinvolgere la polizia. Non è scappata di casa. Non è scomparsa, è qui per stare con me… Se hanno bisogno di parlarle, possono farlo al suo ritorno».
Un’altra scarica da parte della madre, e questa volta Lily chiude gli occhi e ascolta con una smorfia.
«Be’, dovremo pregarti di accettare che in questo caso abbiamo opinioni diverse. Dirò a Sarah di tenere il telefono acceso per poter leggere eventuali messaggi. Restiamo così. Ciao allora». Abbassa il cellulare cercando con lo sguardo il tasto per chiudere il collegamento, poi lo offre a Sarah.
«Bene, vedo che non è cambiata».
Sarah scuote la testa mentre il telefonino prende immediatamente a squillare. È una suoneria che ha scaricato in ospedale. Un trillo telefonico vecchia maniera. Al momento le era piaciuto parecchio. Le ricordava le vecchie sitcom. Lì il suono è improvvisamente ridicolo. Il display conferma che è di nuovo sua madre. Rifiuta la chiamata ed esclude la suoneria mentre Lily torna al suo caffè, lo versa nelle tazze e solleva un cartone di latte in segno di invito, che Sarah accetta con un cenno della testa.
Lo sorseggiano in piedi. Sarah allunga lo sguardo su una seggiola chiedendosi ancora una volta se avrà il coraggio di avviare la conversazione che le fa tanto paura. Come se lo sentisse, Lily annuncia all’improvviso un giro della casa. Poi parte con decisione in uno svolazzo della gonna facendole strada.
«Vieni. Ti faccio vedere. Devi conoscere gli altri».
Sarah è a disagio nel cercare di proteggere la tazza mentre cammina e al momento non le interessa per niente la casa e meno che mai la compagnia.
La casa è grande e ha una sua personalità che colpisce per il generale aspetto trasandato. In soggiorno ci sono enormi divani scoloriti, una parete di libri in sala da pranzo e un enorme solarium con piante dappertutto. I parquet sono tutti originali con tappeti dai colori vivaci. Mentre camminano Lily parla in continuazione. Ci sono tre coppie a dividere la casa con lei e Caroline, la proprietaria. Non è una comune ma piuttosto un incontro di affinità intellettuali. Sono tutti artisti, perlopiù.
«Hai un lavoro? Cioè, come pagate tutto questo?». Sarah beve un sorso di caffè mentre sono ferme al centro del solarium. Si sta chiedendo dove sono tutti gli altri. Chi incontrerà in casa oggi?
«Abbiamo tutti un lavoro e contribuiamo tutti in maniera diversa. La casa è di proprietà dei genitori di Caroline. L’affitto è una sciocchezza».
«Che fortuna».
«Siamo noi stessi gli artefici della nostra fortuna. Siamo responsabili di ciò che diventiamo. Della nostra capacità di realizzare il nostro potenziale».
Sarah sente un’eco e ricorda le stesse parole di quando Lily era tornata a casa la prima volta. Suppone che sia una citazione presa dalla misteriosa Caroline.
«E lei com’è? Caroline?»
«Caroline è molto speciale». Lily stringe la tazza in entrambe le mani. «Davvero speciale. La conoscerai».
«E va bene a tutti se resto?».
Lily sorride, ma non dice niente. Sarah la guarda bene e decide che non può continuare così.
«Senti, adesso che ti ho qui tutta per me, ho veramente bisogno di parlarti di papà, Lily. È per questo che sono venuta».
La faccia di Lily cambia all’istante, non solo perché impallidisce, ma perché assume un’espressione a metà tra orrore e sfinimento. All’improvviso è perfettamente immobile. Poi, proprio mentre prende fiato per rispondere, dal giardino compare un uomo. Sarah non l’ha visto attraversare il prato e, colta di sorpresa dal cigolio della porta, rischia di versare il caffè.
«Scusi. Scusi. Non l’avevo vista».
«Colpa mia». Lui tende la mano mentre le va incontro. Sarah è sorpresa. La formalità di una stretta di mano. È vestito come Lily. È qualcosa d’altri tempi. Strani calzoni larghi di un verde brillante, stretti alle caviglie. Maglietta blu scuro.
«Tu devi essere la sorella di Zafferano».
«Zafferano?». Sarah rivolge a Lily uno sguardo interrogativo con le sopracciglia inarcate.
«Cambiamo tutti il nome qui». Lily sorride al nuovo arrivato. «Lui è Luna».
Oddio, dunque è una setta? Vede ai polsi di Luna gli stessi braccialetti variopinti di Lily.
«Piacere di conoscerti, Luna, e grazie di permettermi di restare qui ma ho veramente bisogno di parlare con mia sorella in privato».
Sarah aveva creduto che questa dichiarazione, questo riferimento alla famiglia, sarebbe bastato, ma non è così. Luna si avvicina a Lily e le posa la mano sulle perline che le cingono il polso sinistro. La guarda in faccia come se vi leggesse qualche segreto.
«Ne abbiamo parlato, Zafferano. Ora spetta a te. Vuoi che resti? Sì?».
«Come sarebbe a dire che ne avete parlato?». Sarah è sconcertata e posa la tazza su un tavolino per drizzare bene la schiena. «Questa è una questione nostra. Affari di famiglia. Lei è mia sorella, e io ho bisogno di parlarle di una cosa importante. In privato».
Luna non si muove. È il suo uomo? È così?
Lily non dice niente per soccorrerla, l’espressione è ancora di angoscia. Alla fine è Luna a parlare di nuovo.
«Ricordi che questa è una tua scelta, Zafferano? Vuoi parlare con Sarah?». Una lunga pausa.
«O no?».