56

Occidente

Loth aveva trascorso la mattinata a scrivere ai membri del Concilio delle Virtù per metterli in guardia circa la minaccia imminente e richiamarli tutti ad Ascalon. Era una procedura estenuante, ma da quando Seyton Combe era stato rilasciato e si era preso carico della causa contro Igrain Crest, si era tolto dalle spalle almeno parte del fardello.

Sabran lo raggiunse nel pomeriggio. Appollaiato sull’avambraccio della regina c’era un colombo delle rocce: a giudicare dal piumaggio multicolore, doveva essere originario di Mentendon.

«L’Illustre Principessa Ermuna ha risposto. Chiede giustizia per l’illegittima esecuzione di Lady Truyde.» Appoggiò una lettera sul tavolo. «Dice anche che il dottor Niclays Roos è stato rapito dai pirati e mi critica per avergli negato il perdono tanto a lungo.»

Loth aprì la busta, sigillata con il cigno della Casata di Lievelyn.

«L’unico risarcimento che posso offrirle per la morte di Truyde è la testa di Igrain Crest.» Sabran spalancò le porte del balcone. «E per quanto riguarda Roos… avrei dovuto assolverlo tanto tempo fa.»

«Roos era un imbroglione» commentò Loth. «Meritava di essere punito.»

«Non a tal punto.»

Loth intuì di non poter fare nulla per convincere la regina. Da parte sua, l’alchimista non gli era mai piaciuto.

«Fortunatamente,» proseguì Sabran «data l’urgenza della mia richiesta, Ermuna ha acconsentito a far analizzare i documenti della Biblioteca di Ostendeur per saperne di più sul regno dell’imperatrice Mokwo. Ha inviato uno dei suoi a cercare i documenti e appena li avrà trovati manderà un altro uccello.»

«Molto bene.»

Sabran sollevò il braccio. Il colombo saltò giù e volò via.

«Sab.»

Lo guardò.

«Crest mi ha detto una cosa.» Loth ebbe un attimo di esitazione. «Riguarda… il motivo per cui ha assassinato tua madre.»

«Avanti.»

Loth volle concederle ancora un minuto di inconsapevolezza. Aveva cercato in tutti i modi di non pensare all’espressione di Crest durante l’interrogatorio. Il suo sguardo sdegnoso, la sfacciata mancanza di rimorso.

«Secondo lei la regina madre tradiva il marito con un pirata, il capitano Gian Harlowe.» Tacque un istante. «La relazione sarebbe iniziata l’anno prima della tua nascita.»

Sabran richiuse le porte del balcone e si sedette a capotavola.

«Dunque» disse «potrei essere una bastarda.»

«Crest pensa di sì. Per questo ha voluto giocare un ruolo così importante nella tua educazione. Voleva fare di te una regina più virtuosa.»

«Una regina più obbediente, vorrai dire. Un fantoccio» lo corresse brusca Sabran «da manipolare.»

«Il principe Wilstan potrebbe comunque essere tuo padre.» Loth mise una mano sulle sue. «Forse la relazione con Harlowe non è mai esistita. Mi sembra chiaro che Crest non sa quel che dice.»

Sabran scosse il capo. «Una parte di me l’ha sempre saputo. In pubblico mia madre e mio padre erano affettuosi, ma in privato si trattavano con freddezza.» Gli strinse le dita. «Hai fatto bene a dirmelo, Loth.»

«Sì.»

In silenzio, la regina prese la piuma di cigno che usava per scrivere. Loth si massaggiò il collo indolenzito, quindi si rimise al lavoro.

Stava bene, da solo con lei. Si ritrovò a fissare meditabondo la vecchia amica d’infanzia.

Sabran era davvero innamorata di Lievelyn e si era legata a Ead per consolarsi della sua morte? O invece quello con Lievelyn non era stato altro che un matrimonio di convenienza, e Ead era la sola a occupare un posto nel cuore della regina? Forse la verità stava da qualche parte nel mezzo.

«Ho intenzione» disse Sabran «di nominare Roslain duchessa di Giustizia. È lei l’erede legittima.»

«Sei certa che sia saggio?» Poiché la regina continuava a scrivere, Loth insisté: «Io e Roslain siamo amici da molti anni. So bene quanto ti è devota… ma siamo davvero sicuri della sua innocenza?».

«Combe è più che convinto che abbia agito solo per il mio bene. Le dita rotte sono la prova della sua innocenza.» Immerse la piuma nel calamaio. «Sua nonna sarà giustiziata. Ead una volta mi ha detto che la misericordia è sempre la strada migliore, ma troppa misericordia rende sciocchi.»

Fuori dalla stanza provenne un rumore di passi. Quando udì il cozzare delle partigiane, Sabran si irrigidì.

«Chi c’è?» gridò.

«Sua Grazia la Cancelliera, Maestà» fu la risposta.

Sabran parve rilassarsi. «Fatela entrare.»

Lady Nelda Acquaferma, con indosso la catena di rubini che contraddistingueva il suo ruolo a corte, entrò nella Camera del Concilio.

«Vostra Grazia» la salutò la regina.

«Maestà. Lord Arteloth.» La duchessa di Coraggio fece la riverenza. «Sono appena stata rilasciata dalla Torre dei Sospiri. Ho voluto venire di persona a esprimere la mia rabbia per il fatto che un’altra duchessa si sia rivoltata contro di voi.» Aveva la faccia tesa. «Vi sono sempre stata fedele.»

Sabran rispose con un elegante cenno del capo. «Grazie, Nelda, sono molto lieta che vi abbiano rilasciata.»

«A nome di mio figlio e mia nipote, devo anche implorare pietà per Lady Roslain. In mia presenza non ho mai udito una parola infida uscire dalla sua bocca, sono certa che le sue intenzioni erano buone.»

«Lady Roslain verrà giudicata equamente, non temete.»

Loth annuì. La piccola Elain, di soli cinque anni, doveva essere preoccupata per la sua mamma.

«Grazie, Maestà» disse Acquaferma. «Mi fido del vostro verdetto. Lord Seyton mi ha anche chiesto di riferirvi che Lady Margret e dama Eadaz sono arrivate all’Approdo d’Estate verso mezzogiorno.»

«Avvertile che sono convocate nella Camera del Concilio appena giungono a palazzo.»

Acquaferma fece un’altra riverenza e si avviò all’uscita.

«Pare che lo zelante Lord Seyton abbia già riassunto il ruolo di Maestro delle Spie» commentò Loth.

«Pare di sì.» Sabran riprese la piuma. «Sei proprio sicuro che non sapesse nulla della congiura?»

«“Sicuro” è una parola pericolosa» rispose Loth. «Diciamo che sono certo che tutto quello che fa lo fa al servizio della corona… e della donna che la porta. Stranamente, mi fido di lui.»

«Anche se ti ha scacciato. Anche se Lord Kitston è morto per colpa sua.» Sabran lo fissò negli occhi. «Potrei ancora strappargli il titolo, Loth. Basta una tua parola.»

«Il Cavaliere di Coraggio ci insegna la grazia e il perdono» replicò Loth sottovoce. «Scelgo di seguire il suo esempio.»

Con un breve cenno del capo Sabran tornò a concentrarsi sulla lettera lasciando Loth alle proprie faccende.

Era ormai pomeriggio inoltrato quando un rumore ai piedi della torre gli fece alzare la testa. Si affacciò al balcone che dava sul cortile e vide un gruppo di minimo cinquanta persone, piccole come formiche da lassù, radunarsi nel Giardino della Meridiana mentre altra gente accorreva.

«Dev’essere tornata Ead.» Loth sorrise. «Con un regalo.»

«Un regalo?»

Ma lui era già corso a metà stanza. Sabran in un attimo fu al suo fianco, circondata dai Cavalieri Protettori. «Loth,» ripeté tra le risate «che regalo?»

«Vedrai.»

Fuori, sebbene il sole brillasse alto nel cielo, non faceva caldo; Margret e Ead erano in mezzo alla folla. Accanto a loro Aralaq rispondeva alle occhiate dei curiosi con un’espressione di dignitoso sfinimento. Quando comparve Sabran, Ead si inchinò imitata dai cortigiani.

«Maestà.»

Sabran inarcò le sopracciglia. «Lady Nurtha.»

Ead, sorridendo, si raddrizzò.

«Mia signora,» disse «abbiamo incontrato questa nobile creatura a Betulladorata, vicino alla dimora di Galian Berethnet.» Mise una mano sul dorso dell’icneumone. «Vi presento Aralaq, discendente dello stesso icneumone che condusse la regina Cleolind a Inys. È venuto a offrire il suo sostegno alla corona.»

Aralaq posò gli enormi occhi cerchiati di nero sulla sovrana, che fissava a sua volta quell’essere miracoloso.

«Sei più che benvenuto, Aralaq» disse Sabran inchinandosi. «Come i tuoi antenati prima di te.»

Aralaq rispose all’inchino, il naso che quasi sfiorava l’erba. Loth notò come cambiavano le espressioni della gente: per i cortigiani quella non era altro che la conferma del potere divino della regina.

«Mi prenderò cura di voi come se foste uno dei miei cuccioli, Sabran di Inys,» ruggì Aralaq «giacché nelle vostre vene scorre il sangue di re Galian, nemico del Senza Nome. Giuro di esservi fedele.» Aralaq strofinò il naso contro il palmo di Sabran sotto gli occhi dei sudditi, che ammiravano riverenti l’incontro tra la sovrana e la creatura mitologica. Sabran gli accarezzò le orecchie e sorrise come raramente faceva da quando non era più una bambina.

«Mastro Wood» chiamò. Il foruncoloso stalliere accorse inchinandosi. «Assicurati che Aralaq riceva il trattamento degno di un fratello di Virtudom.»

«Certo, Maestà» rispose Wood, il gozzo che gli andava su e giù per il nervoso. «Posso soltanto chiedere che cosa Sir Aralaq preferisce mangiare?»

«Carne di wyrm» fu la risposta dell’icneumone.

Sabran rise. «Temo che quella scarseggi, ma in questa zona ci sono molte vipere. Parlane al cuoco, mastro Wood.»

Wood assunse un’aria disgustata, mentre Aralaq già si leccava i baffi. Sabran fece per rientrare nella Torre Alabastrina. Prima di seguirla, Ead sussurrò qualcosa all’icneumone, che le strofinò il naso sul viso.

Loth corse ad abbracciare la sorella. «Come stanno mamma e papà?» chiese.

Margret sospirò. «Papà se ne sta andando. Mamma è soddisfatta del mio matrimonio con Lord Morwe. Va’ a trovarli appena puoi.»

«Avete trovato Ascalon?»

«Sì» rispose tristemente la ragazza. «Loth, ti ricordi quella tana di coniglio in cui mi ero infilata da piccola?»

Loth tentò di richiamarla alla memoria. «Non parlerai di quel gioco folle che facemmo da bambini nel Gualdo?» chiese. «Sì. Ebbene?»

Margret lo prese a braccetto. «Vieni, fratello. Lascerò a Ead il triste compito di raccontarti com’è andata.»

Una volta tornati nella Camera del Concilio, a porte chiuse, Sabran si rivolse a Ead. Margret si tolse il cappello piumato e si sedette al tavolo.

«Siete tornate con un regalo inatteso.» Sabran appoggiò una mano sullo schienale della sua sedia. «Avete anche la Vera Spada?»

«L’abbiamo trovata, sì» rispose Ead. «A quanto pare la famiglia Beck l’ha custodita per tutti questi secoli. L’incarico passava di padre in figlio.»

«Non può essere» intervenne Loth. «Papà non l’avrebbe mai tenuta nascosta alle regine.»

«La conservava per i momenti di massima necessità, Loth. Te l’avrebbe detto prima di lasciarti la tenuta.»

Loth era scioccato. Ead si sfilò il mantello e prese posto.

«Abbiamo trovato Ascalon in una galleria sotto il Gualdo» raccontò. «Ma poi è apparsa Kalyba. Mi seguiva da Lasia.»

«La Dama dei Boschi» disse Sabran.

«Sì. Ci ha rubato la spada.»

Sabran serrò la mascella, mentre Loth fissava le due ragazze e le loro strane espressioni.

Stavano nascondendo qualcosa.

«Immagino che mandare dei mercenari contro una mutaforma sarebbe del tutto inutile.» Sabran si accasciò contro lo schienale della sedia. «Se Ascalon è andata perduta e non abbiamo la certezza di trovare la seconda gemma dobbiamo… allestire la difesa. Quando il Senza Nome si sveglierà, avrà inizio una seconda Era Dolente. Invocherò la sacra chiamata alle armi, così che re Raunus e l’Illustre Principessa Ermuna siano pronti a combattere.»

Il tono non tradiva emozioni, ma aveva lo sguardo perso nel vuoto. Rispetto a Glorian Cuore Invitto, che allo scoppio dell’Era Dolente aveva sedici anni ed era malata, Sabran poteva contare su più tempo, ma si trattava di settimane. Giorni, forse.

Ore, magari.

«L’aiuto di Virtudom non basterà, Sabran» disse Ead. «Avremo bisogno di Lasia. Dell’Ersyr. Di tutti coloro che sono in grado di brandire una spada.»

«Gli altri paesi non trattano con Virtudom.»

«Allora bisognerà fare un gesto di pace e rispetto» insisté Ead «annullando l’annoso proclama per cui tutte le religioni diverse dalla vostra sono eresie. Bisognerà modificare la legge per fare in modo che anche chi segue valori diversi possa vivere in pace insieme a voi.»

«Ma è una tradizione millenaria» protestò la regina. «Fu il Santo in persona a dichiarare eretiche tutte le altre fedi.»

«Solo perché una tal cosa si è sempre fatta non significa che quella cosa debba essere fatta per sempre.»

«Concordo» s’intromise Loth d’istinto. Le tre donne lo guardarono, Margret con aria perplessa. «Credo che sarebbe d’aiuto» aggiunse, schierandosi contro la sua stessa fede. «Nel corso delle mie varie… avventure, ho imparato a mie spese cosa significa essere tacciato di eresia. Mi sono sentito come se la mia intera esistenza fosse sotto attacco. Se Inys potrà dare l’esempio e smettere di usare quella parola, il mondo ne trarrà senz’altro un gran beneficio.»

Dopo un attimo, Sabran annuì.

«Rimetterò la decisione al Concilio delle Virtù» disse «ma anche con l’appoggio dei governatori meridionali dubito che potremmo farcela. Yscalin può contare sul più grande esercito del mondo, e ce lo scatenerà contro. Inoltre, ora come ora, il genere umano non ha la forza di affrontare il fuoco.»

«Per questo al genere umano servirà aiuto» convenne Ead.

Loth scosse il capo, confuso.

«Dimmi,» continuò Ead senza fornire spiegazioni «ci sono notizie dalla principessa Ermuna?»

«Sì» rispose Sabran. «A breve mi invierà la data.»

«Bene. Quel giorno il Senza Nome sorgerà dall’Abisso, e anche se non disponiamo della spada e delle gemme dobbiamo essere pronti a respingerlo mentre è ancora debole per il lungo sonno.»

Loth si accigliò. «Dove dovremmo mandarlo? E come?»

«Oltre il Mare di Halassa o al di là della Porta di Ungulus. Se il male deve proprio esistere, che almeno non si annidi nel nostro cuore.» Ead fissò la regina negli occhi. «Da soli non riusciremo a fare nessuna di queste cose.»

Sabran si appoggiò allo schienale.

«Vuoi che chieda aiuto all’Oriente» indovinò. «Come Lady Truyde.»

La fine di una secolare frattura. Solo Ead poteva proporre una cosa simile a una Berethnet.

«La prima volta che ho sentito il suo piano, Lady Truyde mi è sembrata una pericolosa incosciente» ammise Ead con una sfumatura di rimpianto nella voce. «Ora so che era solo più coraggiosa di noi. I draghi orientali sono fatti di sterren e, pur non essendo in grado di sconfiggere il Senza Nome, i loro poteri, forti o deboli che siano, ci aiuteranno a respingerlo. Potresti chiedere ai governatori alleati di fungere da diversivo, per dividere le forze draconiche.»

«Sarebbe di grande aiuto,» intervenne Loth «ma gli orientali non dialogheranno mai con noi.»

«Seiiki tratta con Mentendon. E gli orientali potrebbero venire in aiuto di Inys, se proponiamo loro un’offerta irrinunciabile.»

«Dimmi, Ead,» la incitò Sabran in tono quasi incurante «cosa potrei mai offrire agli eretici dell’Est?»

«La prima alleanza della storia con Virtudom.»

Nella Camera del Concilio calò un silenzio sepolcrale.

«No» disse Loth con fermezza. «Questo è troppo. Nessuno può sostenere una cosa del genere. Né il Concilio delle Virtù, né il popolo… e nemmeno io.»

«Hai appena detto che dobbiamo smettere di pensare in termini di eresia.» Margret incrociò le braccia. «Negli ultimi cinque minuti hai forse battuto la testa senza che io me ne accorgessi, fratello?»

«Ma io parlavo delle persone da questo lato dell’Abisso. Gli orientali venerano i wyrm. Non è la stessa cosa, Meg.»

«I draghi dell’Est non sono nostri nemici, Loth. Anch’io ne ero convinta,» disse Ead «ma da quando ho compreso il dualismo su cui si basa l’universo non lo credo più. I draghi sono l’opposto naturale delle creature infernali come Fýredel.»

Loth sbuffò. «Inizi a parlare come gli alchimisti. Hai mai visto un wyrm orientale?»

«No.» Aggrottò le sopracciglia. «E tu?»

«Non ho bisogno di incontrarne uno per sapere che hanno costretto l’Oriente a venerarli. Non mi inginocchierò mai sull’altare dell’eresia.»

«Forse non hanno costretto nessuno» fece notare Margret. «Forse loro e gli orientali vivono semplicemente nel rispetto reciproco.»

«Ma ti rendi conto di quello che dici, Margret?» sbottò Loth inorridito. «Stiamo parlando di wyrm

«Anche in Oriente temono il Senza Nome» disse Ead. «Tutte le nostre religioni riconoscono in lui il nemico.»

«E il nemico di un nemico è un potenziale amico» aggiunse Margret.

Loth si morse la lingua. Al prossimo assalto le fondamenta della sua fede rischiavano di crollare definitivamente.

«Non hai idea di cosa stai chiedendo, Ead.» Quando Sabran prese la parola, la sua voce risuonò come un coperchio troppo pesante da sollevare. «Abbiamo evitato i contatti con l’Est a causa dell’eresia, certo… ma se non erro sono stati gli orientali i primi a chiudersi a noi, temendo che li contagiassimo col morbo. Non li convincerò mai ad aiutarci, a meno di non fare un’offerta davvero molto generosa.»

«L’allontanamento del Senza Nome sarà un vantaggio per tutti» ribatté Ead. «Gli orientali non hanno scampato la passata Era Dolente, così come non scamperanno la prossima.»

«No, ma potrebbero approfittare che la nostra testa sia sul ceppo per prepararsi» commentò Sabran.

Un uccello atterrò sul balcone. Loth guardò fuori sperando che si trattasse di un colombo delle rocce, ma vide soltanto un corvo.

«Ti ho detto che persino le nazioni di Virtudom non si muoverebbero in aiuto di Inys se le loro coste non fossero sotto attacco» aggiunse la regina, troppo concitata per notare l’uccello. «Mi sembravi sorpresa.»

«Lo ero.»

«Però non avresti dovuto. Mia nonna diceva che, quando il lupo arriva al villaggio, il pastore guarda prima al proprio gregge. Il lupo divora le pecore degli altri, e il pastore sa che presto o tardi toccherà alle sue, ma si aggrappa alla speranza di poterlo evitare. Finché non si ritrova il lupo alla porta.»

Loth pensò che sembrava proprio un ragionamento da regina Jillian, celebre per gli accaniti tentativi di rafforzare le alleanze inysh con il resto del mondo.

«È così» concluse Sabran «che l’umanità va avanti dall’Era Dolente.»

«Se i governatori orientali hanno un briciolo di intelligenza, saranno i primi a capire la necessità di un’alleanza» ribatté Ead. «A differenza della regina Jillian, io ho fiducia nei pastori.»

Sabran posò lo sguardo sulla propria mano destra, appoggiata sul tavolo. La mano dove un tempo portava il nodo d’amore.

«Ead, devo parlarti in privato.» Si alzò. «Loth, Meg, vi prego, assicuratevi che le convocazioni per i membri del Concilio partano immediatamente. Ho bisogno di averli tutti qui per discutere le prossime mosse.»

«Ma certo» rispose Margret.

Ead e Sabran uscirono dalla Camera del Concilio. Quando le porte si chiusero alle loro spalle, Margret rivolse al fratello un’occhiata che gli ricordò i tempi delle lezioni di musica: era la stessa di quando Loth prendeva una stecca.

«Non avrai intenzione di opporti al piano, voglio sperare.»

«Ead è folle anche solo a ipotizzarlo» brontolò lui. «Stringere un’alleanza con l’Oriente, figuriamoci.»

Fuori, il corvo volò via.

«Non saprei.» Margret prese piuma e calamaio. «Forse i loro draghi non sono come i wyrm. Ultimamente mi pare di dover mettere in discussione tutto quello che pensavo di sapere.»

«Non dovremmo mettere in discussione un bel niente, Meg. Il nostro credo è un atto di fede nei confronti del Santo.»

«Vorresti dirmi che le tue certezze sono rimaste salde?»

«Ovviamente no.» Loth si massaggiò la fronte. «E ogni giorno che passa ho il terrore che verrò dannato per questo. Che non ci sarà posto per me a Halgalant.»

«Loth, sai quanto ti voglio bene, ma a volte hai il cervello grande quanto un ditale.»

Loth strinse le labbra. «Fammi indovinare: tu invece possiedi la saggezza suprema.»

«Esatto, sono nata così.»

Margret si avvicinò un rotolo di pergamena. A quel punto Loth chiese: «Cos’altro è successo a Betulladorata?».

Il sorriso morì sulle labbra di Meg, che rispose: «Te lo dico domani. E ti suggerisco di fare una bella dormita, caro Loth, perché la tua fede sarà messa a dura prova ancora una volta». Indicò con un cenno la pila di lettere. «Sbrigati con quelle, fratello. Devo portarle al Mastro delle Poste.»

Loth obbedì. A volte si chiedeva come mai il Santo non avesse affidato a Margret il ruolo di primogenita.

Ornamento di separazione

La notte avvolgeva Ascalon. Metà del corpo dei Cavalieri Protettori seguiva Ead e Sabran nel Giardino Privato, ma dopo un po’ la regina ordinò alle guardie di attendere fuori dal cancello.

A quel punto solo le stelle potevano vederle nel buio foderato di neve. A Ead vennero in mente le passeggiate estive che lei e Sabran avevano fatto lungo quei sentieri. La prima volta che erano state da sole.

Sabran, discendente di Kalyba. Kalyba, fondatrice della Casata di Berethnet.

Il pensiero l’aveva assillata per tutto il viaggio di ritorno da Caliburn Marittima. Aveva continuato ad assillarla mentre cavalcava alla ricerca di Aralaq. Un segreto che per secoli aveva diviso il Priorato.

Sotto l’effetto di un incantesimo, Galian Berethnet si era unito carnalmente alla donna che l’aveva allevato da bambino e l’aveva messa incinta. La religione che si era costruito intorno serviva a seppellire la vergogna. E l’unico modo che aveva trovato per salvare il nome della sua stirpe era stato santificare la bugia.

Sabran emanava tensione come una fiamma diffonde calore. Appena giunsero ai rivoli ghiacciati della fontana, le donne si voltarono a guardarsi.

«Ti rendi conto delle implicazioni di questa alleanza?»

Ead lasciò che arrivasse al punto.

«L’Oriente avrà già armi e ricchezze. Io posso offrirgliene di più» aggiunse Sabran «ma ricorda ciò che ti ho detto: da sempre le alleanze si stringono con i matrimoni.»

«Devono essere esistiti anche altri modi in passato.»

«Questo è un accordo particolare. Unirebbe due regioni che sono state nemiche per secoli. Congiungi due corpi e congiungerai due regni. Per questo ci sposiamo noi reali… non certo per amore, ma per costruire casate. Funziona così.»

«Non è detto. Provaci, Sabran» insisté Ead. «Prova a cambiare le cose.»

«Parli come se non ci fosse nulla di più facile.» Sabran scosse il capo. «Come se abitudini e tradizioni non avessero presa sul mondo; invece sono ciò che gli dà forma.»

«Ma è facile; solo un anno fa non avresti creduto di poterti innamorare di un’eretica.» Ead mantenne lo sguardo fisso nel suo. «Non è vero?»

Sabran sbuffò una nuvola di vapore bianco, che rimase sospesa tra loro.

«Sì» ammise. «Sì, è vero.»

La neve le gelava le ciglia e le imbiancava i capelli. Nella fretta di uscire si era scordata il mantello e ora tentava di scaldarsi sfregandosi le braccia.

«Ci proverò» si arrese. «Offrirò… un’alleanza solo militare. Sono più che mai decisa a governare senza un marito al mio fianco, come ho sempre voluto. Non ho più il dovere di sposarmi e fare figli. Ma se la consuetudine lo impone anche in Oriente, come qui da noi…»

«Potrebbe non succedere.» Ead fece una breve pausa. «Ma se così fosse… forse dovrai prendere in considerazione l’idea di risposarti.»

Sabran la fissò a lungo. Anche se le bruciava la gola, Ead fece di tutto per reggere il suo sguardo.

«Perché mi parli così?» chiese piano la regina. «Sai bene che non desideravo sposarmi neanche la prima volta, di certo non desidero farlo di nuovo. E comunque, l’unica persona che voglio sei tu. Nessun altro.»

«Ma mentre governi non puoi farti vedere con me. Io sono un’eretica, e…»

«Basta.» Sabran la circondò con le braccia. «Smettila.»

Ead se la strinse addosso, respirando il suo profumo. Si lasciarono cadere su una panca di marmo.

«Sabran Settima, mia omonima, si innamorò di un’Ancella del Baldacchino» mormorò la regina. «Quando abdicò in favore di sua figlia, vissero insieme fino alla fine dei loro giorni. Se sconfiggeremo il Senza Nome, considererò concluso il mio compito.»

«E io considererò concluso il mio.» Ead la coprì con il proprio mantello. «Potrei sempre rapirti e portarti via.»

«Via dove?»

La baciò sulla tempia. «Da qualche parte.»

Non era che un altro sogno folle, ma si concesse di assaporarlo, solo per un momento. Una vita accanto a Sabran.

«Tu e Meg mi nascondete qualcosa» disse Sabran. «Cos’è successo a Betulladorata?»

Ci volle un po’ prima che Ead trovasse il coraggio di rispondere.

«Una volta mi hai chiesto chi, se non Cleolind, sia stata la prima regina di Inys.»

Sabran alzò gli occhi.

«Mia madre diceva sempre che è meglio ricevere le brutte notizie d’inverno, quando fuori è buio. Così si ha tempo di rimettersi per la primavera» disse la regina mentre Ead cercava le parole. «Questa primavera, poi, dovrò essere più in forze che mai.»

Davanti a quegli occhi, gli occhi della strega, Ead si rese conto di non poter più mantenere il segreto. Dopo otto anni di bugie, doveva a Sabran almeno quella verità.

E così, alla luce delle stelle, gliela rivelò.

Il priorato dell’albero delle arance
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