Capitolo undici
Vanessa
Avevo già inviato una decina di messaggi a Darren. Si stava facendo tardi. Reilly mi aveva chiesto di sbrigare alcune commissioni all’ultimo minuto. Trovare le sue penne preferite per poi pagarle quattrocentocinquanta dollari si rivelò più lungo del previsto. Quando mi liberai erano già le nove.
Avrei dovuto essere nell’ufficio nuovo il mattino seguente. Non potevo uscire con Darren, per quanto lo desiderassi.
Girai la chiave nella serratura ed entrai nel mio nuovo appartamento, pronta a imprecare per la mezz’ora successiva in compagnia di un bicchiere di vino. Poi notai che non si sentiva la musica che ascoltava Eli ogni volta che rincasavo, venni invece accolta da un profumo di aglio e burro.
Mi incamminai per il corridoio e raggiunsi il soggiorno. Darren era disteso sul divano, con i piedi nudi appoggiati su un bracciolo. Aveva il telefonino in mano, la luce della lampada si rifletteva sulla sua pelle perfetta.
Posai buste e borse sulla poltrona arancione. «Cosa ci fai qui?».
Gettò il telefono sul tavolino da caffè e si alzò, mostrando un sorriso smagliante. «Volevo farti una sorpresa e prepararti la cena. Ma forse ho calcolato male i tempi. Mi dispiace. Adesso non sarà buona come quando l’ho cucinata».
Fece un cenno con la mano per indicare il tavolo apparecchiato per due. C’erano tante terrine e piatti coperti dall’alluminio. Al centro una candela accesa, ormai consumata.
«Come sei entrato?»
«Eli. È andato a dormire da Taylor. Credo». Si strinse nelle spalle.
«Questa è pura follia».
Scoppiò a ridere. «Perché?».
Avvertii un’improvvisa ondata di calore. Ero meravigliata dalla gentilezza di quell’uomo. E io non ero riuscita neanche a essere puntuale.
«Sono una grandissima stronza. Mi sento un verme». Mi portai una mano alla bocca.
Lui si avvicinò e mi cinse la vita con le sue braccia forti. «L’unico stronzo è il tuo capo. Sono felice che tu sia qui, finalmente».
Sospirai e gli misi le braccia intorno al collo, la guancia sul suo petto. Lo sentivo così duro contro di me. Nulla al mondo sembrava contare quando c’era lui. Era facile innamorarsi di Darren. Sempre di più, e sempre più in fretta.
«Vuoi mangiare?». Sentii il riverbero di quelle parole mormorate dalla gabbia toracica.
In realtà stavo morendo di fame, ma la gentilezza che aveva dimostrato me lo aveva fatto dimenticare. Nessuno aveva fatto una cosa del genere per me.
Non sapevo cosa dire.
Gli brillavano gli occhi, e a me doleva il cuore per tutte le cose non dette. Avrei trovato il momento giusto.
Ero troppo stanca per pensarci. Mi strinsi a lui e lo baciai con passione. Lo sentivo nei polmoni, il profumo di maschio e muschio, il calore del suo corpo che mi scaldava attraverso i vestiti. Poi il sapore inconfondibile di Darren sulla lingua.
Il ruggito che gli salì dal petto mi raggiunse le orecchie e mi provocò scariche di piacere fino alle ossa.
«Lo prenderò come un no», commentò mentre mi prendeva in braccio per portarmi in camera da letto.
Mi mise giù ai piedi del letto. Gli accarezzai il petto lentamente, tastando i muscoli del torace per poi scendere sugli addominali scolpiti. Le mie mani scivolavano lungo la maglietta bianca, sorpresa come non mai da quel fisico perfetto. Ed era mio. Quell’uomo, bello da togliere il fiato, voleva me.
Poi scesi più giù. Era già eccitato, si vedeva dalla sporgenza nei jeans. Mi morsi il labbro inferiore. Non c’era altro che uno strato di stoffa a tenermi lontana dal piacere più intenso che avessi mai provato. Gli stampai la mano contro l’erezione, ma lui mi afferrò il polso.
Fece schioccare la lingua, lessi un’espressione birichina nel suo sguardo. «Tu mi hai fatto aspettare, bellissima. Adesso tocca a te».
Misi il broncio e mi avvicinai. Bramavo il contatto. Il suo calore. Ribadì la sua decisione dandomi un bacio. La lingua si insinuò più a fondo. Carezze dolci e vellutate.
Gemetti e mi strofinai sul suo corpo. Imprecai nella mente contro i miei vestiti… e la sua pazienza.
«Vacci piano, tesoro. Abbiamo tutta la notte».
Sorrise, con le labbra ancora attaccate alle mie, poi si scostò facendomi eccitare ancora di più. Lo desideravo da morire, le sue mani e le sue parole oscene pronunciate all’orecchio. Ero pronta a tutto pur di provare di nuovo quel godimento scoperto sull’isola.
In realtà non avevamo l’intera notte, se conservavo un briciolo di responsabilità. Il giorno dopo avrei iniziato con il mio nuovo lavoro, ma d’un tratto non mi importava nulla. Restare sveglia fra le lenzuola con Darren ne sarebbe valsa la pena, qualunque giorno.
Mi fece voltare, continuando a stringermi il polso, per appoggiarmi di spalle su di lui.
Mi leccò e mordicchiò il collo, ondate di desiderio percorsero la mia pelle. All’improvviso sentii i seni pesanti e grossi nel reggiseno che stringeva.
«Amo il tuo sapore… il tuo profumo». Gemette sottovoce, strofinandosi contro i miei capelli. «Sei un dono, Vanessa. E voglio scartarti».
Sorrisi come una bambina che vedeva realizzato il suo sogno. Avevo voglia di sentire la sua pelle sulla mia, e anche di più. «E poi, cos’altro vuoi fare?»
«Vuoi che rovini la sorpresa? Oppure preferisci che ti racconti nei minimi particolari quello che succederà?».
La mia frequenza respiratoria accelerò. Non mi erano mai andate a genio le parole sconce, ma con Darren era diverso. Era un cattivo ragazzo disinibito, e adoravo questo suo lato. Volevo ascoltare quello che mi avrebbe fatto, nei dettagli.
«Raccontami tutto». Mandai la testa indietro per appoggiargliela su una spalla, poi mi spostai con il sedere per sentire meglio la sporgenza nei pantaloni.
Reagì con un respiro soffocato. «Dispettosa», disse con un verso strozzato. Mi afferrò anche l’altro polso e me li strinse insieme in un’unica presa decisa. Mi scostò, con mio dispiacere, da sé. Poi si voltò e fece voltare anche me, in modo tale da essere entrambi davanti allo specchio.
Mi guardò negli occhi. «Okay, Vanessa. Ecco cosa succederà. Ti spoglierò. Prima di tutti i vestiti». Mi portò una mano sull’incavo tra collo e spalle e iniziò a tirare giù la zip dell’abito di seta. «Poi della tua timidezza. Ti farò spalancare le gambe e mi concederò un po’ di tempo per ammirare il paradiso che si nasconde fra le tue cosce. Ho fantasticato parecchio sulla tua figa bellissima, Vanessa, e su tutte le belle cose che voglio farci».
Inarcai la schiena contro di lui.
«Poi ti farò venire con la mano. Voglio che ti rilassi, così potrò scoparti con passione». Mi sfilò il vestito per scoprirmi una spalla.
Mandai gli occhi indietro, sentivo il sangue scorrere impetuoso nelle vene. Il mio corpo pulsava. Avevo una certa paura. Stavo per esplodere dal desiderio. Mi stava facendo eccitare soltanto con le parole, solo le sue mani avrebbero potuto salvarmi.
«Che te ne pare, tesoro?».
Mi scappò un gemito. «Sì… Dio, sì».
Mi liberò i polsi e il vestito mi cadde ai piedi. Poi sganciò il reggiseno che andò a finire sopra il vestito.
Faticavo a respirare. La voglia di sentire le sue dita su di me era incontenibile, invece mi toccò quanto bastava per togliermi le mutandine. Ero lì, in piedi e nuda mentre lui era completamente vestito. Mi sentivo vulnerabile. Il desiderio era fortissimo.
Sospirai appena avvertii le sue mani lungo la schiena, giù, fino alle cosce.
«E questo bel sederino. Farò qualcosa anche con questo, un giorno. Ti farò venire in mille modi diversi. Te lo prometto».
Il desiderio si trasformò in un fuoco insopportabile che mi incendiò la pelle. Ero talmente su di giri che avrei potuto dire di sì a qualunque richiesta. Gli avrei permesso di fare anche cose che non avevo mai fatto.
Nessuno sapeva provocarmi piacere come Darren. Era capace di trasformare il sesso in qualcosa di più. Quando eravamo insieme non era mai un incontro visto altre volte o scontato. Sarei andata ovunque con lui. Ero pronta ad accettare qualunque cosa.
Sembrerà folle, ma una parte di me desiderava che anch’io fossi la cosa migliore che avesse mai avuto nella vita. Ero decisa a offrirgli più di quanto gli avessero dato le altre donne. Si chinò e mi baciò delicatamente una spalla. «Apri le gambe».
Deglutii e le divaricai appena.
Sollevò la testa e vidi il suo sguardo famelico allo specchio. Mi resi subito conto che avrebbe tenuto fede alle sue promesse. Proprio là davanti.
Una sensazione di calore, diversa dal solito, alleviò la tensione dei muscoli. Sentivo il suo respiro sulla pelle e il suo corpo caldo dietro di me. Ero vulnerabile, ma anche al sicuro e protetta.
Mi posò una mano sul sesso e iniziò a farla scivolare lungo le pieghe bagnate. Morivo dal desiderio che mi toccasse. Mise due dita ai lati del clitoride e strinse con gentilezza.
Inspirai a fatica e trattenni un gemito che mi salì in gola. Non mi aveva fatto male, ma le pulsazioni di quel fascio di nervi aumentarono dolorosamente. Poi, con delle carezze lente e decise, arrivò quel tocco che aspettavo tanto. Il piacere iniziò a montare a ogni carezza.
Anche se la scena davanti a me era molto eccitante, non riuscii a tenere gli occhi aperti. Vedevo tante stelline dietro le palpebre, mi lasciai cullare dalle incredibili sensazioni provocate dalle sue dita abili.
Poi usò l’altra mano per giocare con i seni, strizzandoli e pizzicandoli. Spinsi il bacino contro di lui, desiderosa di essere toccata il più possibile. Continuava a stimolarmi il clitoride, ero vicina all’orgasmo.
«Desidero il tuo piacere più del mio, Vanessa. Voglio guardarti negli occhi mentre vieni. Guardami».
Dischiusi le palpebre e mi lamentai appena scostò le mani. Ne fece scivolare una dal seno al basso ventre, muovendo le dita bagnate.
Poi tornò a concentrarsi sul clitoride, attirando tutta l’attenzione del mio corpo verso quel piccolo centro di piacere. Dietro di me sentivo le dita raggiungere le natiche.
Gli afferrai un braccio per tenermi, senza dire nulla. Spinse un dito nel mio ano.
Annaspai e mi sollevai in punta di piedi, lui continuò a spingere dentro, ancora e ancora. Sentii aumentare la pressione sul clitoride. Guance e petto arrossati, sguardo annebbiato da godimento e desiderio, occhi spalancati mentre Darren continuava a eccitarmi. Mi penetrò con le dita in qualunque maniera possibile, il piacere arrivò molto presto.
L’orgasmo che bramavo tanto mi investì come un’onda anomala. Un impatto forte e devastante.
«Oh, mio Dio!».
Urlai in preda a un’estasi primordiale. Mi rannicchiai fra le sue braccia. Sentivo le gambe deboli dopo quell’esplosione di energia. Mi abbandonai contro di lui, che mi tenne stretta mentre l’eco del piacere rimbombava ancora dentro di me.
«Cosa mi stai facendo?».
Mi sussurrò a un orecchio mentre mi baciava il collo e mi stringeva più forte: «Sto cercando di essere l’unico uomo della tua vita».
Darren
Tutti i giorni trascorsi senza di lei pesavano come un macigno. Dovevo sfogarmi.
Distesa sul letto, vogliosa e trepidante, era l’incarnazione della perfezione. La pelle liscia avvolgeva un corpo che il mio uccello desiderava ogni volta che lo vedeva. La pancia piatta. I seni grandi quanto le mie mani. Le labbra luccicanti della sua figa, aperta verso di me, avevano fame del mio sesso.
Non faceva parte dei piani, ma non intendevo certo lamentarmi. Magari un’altra sera avremmo potuto metterci seduti, mangiare, parlare e stare insieme, cercare di discutere del mio passato turbolento. Ma in quel momento volevo soltanto affondare dentro di lei e fingere che tutto il resto non esistesse.
Desideravo la sua asprezza e dolcezza, la sua determinazione e placidità. Volevo la sua bocca, la sua figa e qualunque altra parte del corpo in cui mi avrebbe permesso di entrare. Avevo intenzione di consumarla, darle piacere, sfruttarla fino allo sfinimento.
Appena quel pensiero mi sfiorò, mi domandai se mi sarebbe mai bastato. Alla soglia dei trent’anni ricordavo a malapena i volti delle donne con cui mi ero divertito. Avevo sempre bramato quel piacere, ma mai la persona, sempre diversa, che me lo provocava. Quello che stava accadendo con lei non mi era mai successo.
Mi domandai se il desiderio nei confronti di Vanessa sarebbe mai cessato, per quella donna bellissima e incredibile.
Tolsi la maglietta dalla testa, poi mi liberai anche di pantaloni e boxer. Trovai un preservativo in tasca e lo infilai. La volevo talmente tanto che tremavo. Il materasso affondava sotto il mio peso mentre le facevo scivolare le gambe intorno a me. Le passai una mano lungo la coscia, su, verso il bacino per poi raggiungere l’addome.
Scesi lungo il monte di venere e le divaricai le labbra… rosa, dolci e gonfie. Mi venne la bava alla bocca, ma resistetti alla tentazione di leccarla fino a farla venire di nuovo.
Lentamente, la penetrai con le dita, esplorai la carne vellutata e bagnata. Lei annaspò e strinse la presa su di me appena trovai il punto G, con il quale le avrei provocato orgasmi a ripetizione.
«Questa figa è mia».
Rispose con un sospiro.
Il bisogno di consumarla, di perdermi in ogni maniera possibile, mi travolse.
Magari sarei riuscito a lasciarmi alle spalle l’uomo che ero stato in passato, che perdeva tempo con troppe donne che non erano Vanessa. Potevo essere soltanto suo. Dar piacere soltanto a lei, consolarla e mostrarle cose del suo corpo che non avrebbe mostrato a nessuno.
Volevo essere il suo uomo.
Divaricò ulteriormente le gambe e sollevò il bacino per godere del mio tocco lento e doloroso.
«Ti scoperò più forte di quanto non abbiano mai fatto gli altri. Dimmi che è questo che vuoi».
Socchiuse più volte gli occhi. «Lo voglio».
«Nessuno ti avrà mai come ti avrò io», aggiunsi con ferma convinzione. Mi abbassai sul suo corpo flessuoso.
Si tirò su e mi attirò a lei per baciarmi con passione. «Fammi tua. Distruggimi».
Gemetti contro la sua bocca e ricambiai quella passione. La penetrai e spinsi così a fondo da farla restare senza fiato.
«Mia».
Le tremarono le labbra, poi pronunciò quell’unica parola con un sussurro: «Sì».
Le passai una mano dietro il collo e un braccio intorno ai fianchi per tenerla stretta. Spinsi dentro. Mi affondò le unghie nella carne dei fianchi. Ma non mi importava. Quel leggero dolore era più che gradito. Mi prese completamente. Sentivo la figa contratta e umida intorno al mio sesso. Affondai tante volte.
«Vanessa…».
Ripetei in continuazione il suo nome, insieme avevamo dato vita a una sinfonia erotica. Il suono dei nostri corpi che cozzavano, diventando una sola carne. Apprezzamenti pronunciati col fiato corto mescolati ai suoi gemiti rumorosi e prolungati.
Non riuscii più a distinguere quando a un orgasmo ne seguiva un altro. La sentivo sempre più eccitata, come me. Ogni volta era così intenso, una tempesta elettrica, pericolosa e potentissima.
Il sangue mi pulsava nelle vene. Appena ci toccavamo venivo pervaso da una sensazione strana unita all’estasi che percepivo in lei.
Non volevo che finisse.
La sua figa si strinse intorno a me, sprofondò la testa nel letto e urlò. Persi il controllo. Il piacere mi scorreva nelle vene come una droga pesante. L’orgasmo mi investì, affondai un’ultima volta. Ci bloccammo l’uno dentro l’altra e venni.
Man mano che i secondi passavano avvertii il suo corpo rilassarsi mentre scostava le mani. Il sudore che mi bagnava il corpo iniziò a raffreddarsi, ma avevo ancora la testa fra le nuvole.
Appena scivolai fuori notai il suo sorriso appagato.
«Di sicuro sai mantenere le promesse, signor Bridge».
Scoppiai a ridere e la baciai. Ebbi la netta sensazione che nessuno l’avesse mai scopata in quel modo, e ne ero felice.
A malincuore mi allontanai per sfilare il preservativo. Quando tornai mi accorsi che non si era mossa di un centimetro. Mi distesi sul letto accanto a lei e la osservai.
Le diedi un bacio sulla pancia e sentii che le brontolava lo stomaco.
Rise e la coprì con una mano. «Perdonami, credo di avere un po’ di fame».
«Ti porto qualcosa». Scesi dal letto e presi i jeans, nel caso Eli avesse deciso di rientrare all’improvviso.
«Vado io». Si sollevò sui gomiti, ancora accaldata e arrossata. Era uno spettacolo meraviglioso.
«Rilassati, vengo subito».
Maledizione, passava tutto il giorno a correre dietro ai capricci del suo capo e si aspettava che me ne restassi lì mentre prendeva da mangiare.
Si sdraiò di nuovo, con espressione beata. «È tutto così confuso».
Tirai su la zip. «Tu credi?».
Sospirò. «Mi sento come se stessi vivendo su un’isola in cui i ruoli sono capovolti. Un uomo bellissimo da togliere il fiato sta andando a prendermi da mangiare dopo avermi regalato una delle esperienze sessuali più intense della mia vita».
Venni pervaso da un senso d’orgoglio. Avevo intenzione di regalarle altri momenti simili, e avrei cucinato per lei ogni sera, se le cose fossero andate nel verso giusto.
Scossi il capo, ero sempre più incazzato per come la trattava il suo capo. Non aveva rispetto per il tempo che gli dedicava, e dal poco che mi aveva raccontato non teneva da conto neanche le sue potenzialità. Poteva essere ben più di una serva ai suoi comandi.
Che una donna tanto brillante e di talento come Vanessa riuscisse a giustificare il trattamento che le veniva riservato mi faceva imbestialire. Ne avremmo parlato, un giorno.
«Quando vuoi, rossa».
Entrai in cucina, misi un panino e una cotoletta di pollo in un piatto e riscaldai la salsa.
Mangiò, restai lì a guardarla, felice perché la serata era andata bene. Mi era mancata, ma non lo capii finché non me la ritrovai davanti agli occhi.
Avevo fatto sesso occasionale e senza alcun coinvolgimento con tantissime donne. Ma con Vanessa sembrava qualcosa di nuovo ogni volta, era come aprire una porta per scoprire cosa si cela dall’altra parte. Scovare i punti del corpo in cui provava maggior piacere mi appagava da morire, ma ancora non ero del tutto soddisfatto. Desideravo che quello sguardo intorpidito che mi rivolgeva dopo il rapporto significasse qualcosa di più.
Nonostante il mio passato, e tutti gli stupidi errori commessi, dovevo convincerla che anche lei significava molto per me.
Ma quella non era la serata giusta per confessarsi. Mi sentivo troppo in forma. Il mio uccello si era già risvegliato al ricordo di quando era dentro di lei. Vanessa pareva soddisfatta e felice. Non avrei rovinato tutto.