Capitolo cinque
Vanessa
Dopo un lungo massaggio, una French manicure e tanti calici di champagne per alimentare il mio stato d’animo già rilassato, mi sedetti accanto a Maya. Era distesa sotto l’ombrellone davanti a una delle piscine dell’hotel. Non ero riuscita a parlarle in tutto il pomeriggio, ma anche ora che ne avevo l’occasione temevo di esaudire il desiderio di Cameron.
«Siediti». Maya mi indicò la sdraio accanto alla sua.
Accettai l’invito e mi accomodai. Sentivo i muscoli rilassati. «Il massaggio è stato fantastico».
«Hai ragione. Il personale qui è eccellente».
«Non voglio andare via, mai più».
Sorrise. «Magari sono alla ricerca di personale».
Scoppiai a ridere. Soltanto Maya sapeva quanto fosse stressante il mio lavoro. Il pensiero di rimanere su quell’isola mi tentava, anche se si trattava di un’ipotesi poco realistica.
«Ho notato che ti sei allontanata insieme a Darren durante il barbecue, ieri sera. Devi dirmi qualcosa?»
«A parte il fatto che ha accantonato le iniziali intenzioni di starmi lontano, no».
«Lo immaginavo. Be’, è indubbiamente un bel ragazzo».
Ridacchiai sottovoce. Non potevo darle torto.
Mi misi a giocherellare con il menu appoggiato sul piccolo tavolino sotto il nostro ombrellone. «Hai fame?».
Scosse il capo. «Non dovrei mangiare tanto. Ho messo su più di due chili in una settimana. Se riuscirò a entrare nel vestito da sposa domani sarà un miracolo».
«Non preoccuparti. Ti aiuteremo noi».
«Già, sembrerò una salsiccia avvolta nel raso bianco». Si portò una mano alla pancia nascosta sotto il tankini.
«Va tutto bene?».
Si voltò, ma non riuscii a decifrare la sua espressione nascosta dagli occhiali da sole. «Sì, perché?».
Cosa potevo rispondere? Cameron mi ha mandata da te in missione speciale perché è preoccupato? Non stavo ottenendo buoni risultati. Maya era molto brava a camuffare i propri sentimenti, a chiunque. Era una persona schiva, e gran parte delle volte avevo sempre rispettato la sua riservatezza. Era fatta così. Del resto, chi ero io per tirarle fuori cose che voleva tenere nascoste?
«Sono preoccupata. Sembri così… pensierosa. Voglio soltanto assicurarmi che sia la tensione per il matrimonio».
Fece un impercettibile cenno d’assenso, poi un respiro profondo. Trascorsero parecchi secondi prima che aggiungesse qualcosa. «Sono incinta», bisbigliò.
Rimasi con la bocca spalancata e mi tolsi gli occhiali da sole. «Cosa… aspetta. Come? Stavate cercando di avere un bambino?»
«No. È colpa mia. Ho sbagliato».
«Cosa intendi?».
Si sfilò anche lei gli occhiali e si pizzicò il dorso del naso. «Ho dimenticato di prendere la pillola. Mi è sfuggito perché ho avuto tanti pensieri negli ultimi mesi. Mia madre, il trasferimento a casa di Cam e l’organizzazione del matrimonio. Ho scordato di prendere la pillola per alcuni giorni, ed ecco qui».
«Di quante settimane?»
«Non saprei. Ho fatto il test, ma ancora non sono andata dal dottore. Continuo a rimandare. Non volevo credere che fosse vero».
Restai in silenzio. La vita di Maya era stata frenetica, a tratti perfino caotica e problematica. Magari non se lo aspettava, ma Cameron ne sarebbe stato sicuramente felice.
«Non l’hai detto a Cam». Doveva essere quello a preoccuparla.
D’un tratto la sua tranquillità apparente parve sbriciolarsi. Arricciò il naso e le vennero le lacrime agli occhi. «È un incubo. Domani mi sposerò. Come diamine posso tenergli nascosta una notizia del genere? Si arrabbierà, ma non posso dirglielo la sera prima del matrimonio. Se lo facessi si agiterebbe anche lui e…».
«Okay, fermati. Respira. Questa è… Maya, è una bella notizia. Tutti e due volete metter su famiglia, no?».
Respirò tra i singhiozzi, una lacrima le rigò la guancia. «Sì, ne avevamo parlato, ma non credevo che sarebbe successo tanto presto».
«Cameron è l’uomo della tua vita. Avete concepito un bambino. Non riesco a pensare a nulla di più romantico. Diglielo. Sarà felicissimo. Ne sono certa».
Scosse il capo, ma intuii che desiderava credermi. «Non voglio che si arrabbi con me per essermi comportata in maniera poco responsabile». La sua voce era un sussurro.
Volevo abbracciarla. Le afferrai una mano e gliela strinsi, speravo che mi credesse, che le mie parole le fossero di conforto. Sapevo di aver ragione.
«Cameron ti ama. Non importa come sia successo, è andata così ed è una notizia da festeggiare. Va bene?». Le asciugai il viso e sorrisi. Non per consolarla, ma perché ero troppo felice per lei. Non ero in grado di immaginare come ci si potesse sentire a essere innamorati follemente di qualcuno e portare in grembo la testimonianza di quell’amore, affrontare una nuova tappa della vita, insieme.
Accennò un sorriso, sentii il cuore più leggero.
«Quando dovrei dirglielo? La tradizione vuole che non ci si veda prima di domani, al matrimonio. Rovinerei tutto, e non voglio farlo, ma non voglio neanche tenergli un segreto. Ho sopportato questo peso per troppo tempo. Dio, non puoi capire».
Cercai di calmarla, le accarezzai le mani con delicatezza. «Maya, diglielo stasera, se vuoi».
«Credi che dovrei?»
«Fai quello che ti senti, non preoccuparti di quello che chiunque altro potrebbe pensare, va bene? Siamo tutti qui per voi».
Assentì. «Grazie».
Maya si ritirò presto quella sera. Ero troppo eccitata per dormire, così andai a perdere un po’ di tempo in uno dei bar sulla spiaggia dell’hotel. Il cielo era buio, il dolce profumo dei frangipani aleggiava nella brezza mite dell’oceano. Feci roteare il pinot grigio nel bicchiere mezzo pieno.
La notizia che mi aveva dato mi aveva sconvolta. Non quanto aveva sconvolto lei, ma mi rammentò quanto la vita potesse cambiare radicalmente in un lampo. Soltanto qualche mese prima era tutto diverso. Lavorava sodo e ogni fine settimana si divertiva. Il lunedì ricominciava daccapo. La sua vita non era molto diversa dalla mia, in realtà. Si sarebbe sposata nel giro di poche ore con l’amore della sua vita. Pochi mesi più tardi la novella famiglia avrebbe contato più di due persone.
Ero sì felice per lei, ma non potevo ignorare quella vena di rimorso che si nascondeva al di sotto. Feci un respiro profondo. Riempii i polmoni con l’aria dell’oceano e mi rifiutai di far stagnare i pensieri troppo a lungo per paura che alimentassero i sogni.
Mandai giù l’ultimo sorso di vino ormai tiepido e feci quello che mi ero ripromessa di non fare. Accesi il telefonino e controllai i messaggi. Mia madre mi aveva scritto un paio di volte per chiedermi come stesse procedendo la vacanza. Le risposi che non potevo essere reperibile in qualunque momento per problemi di connessione all’estero.
Poi controllai la casella di posta elettronica e la paura mi attanagliò la mente. Decine e decine di e-mail di lavoro, molte di Reilly, tra cui l’avviso di un pranzo al mio rientro per mettermi in pari con gli impegni. Sottile. Mi scappò un verso di stizza e spensi l’apparecchio.
«Ehi, bellissima». Darren si sedette allo sgabello davanti al bancone, accanto a me.
«Dov’è Cam? Credevo sareste andati in città, stasera».
«Ma no. Si è ritirato presto. Ti lascio indovinare dove si trova in questo momento».
Era con Maya, non avevo dubbi. Sorrisi fra me, a differenza di Darren sapevo quanto avesse fatto bene ad andare a trovarla.
«Posso offrirti un altro drink?»
«Dovrei tornare in camera. Domani sarà una giornata impegnativa». Presi la borsetta e mi alzai.
Forse mi ero innervosita, aver controllato le e-mail non era stata una mossa saggia, comunque non ero certa che mi andasse di resistere alle avance di Darren.
Mi afferrò la mano per fermarmi. «Sembri nervosa. Cosa succede?».
Esitai. «Niente. Va tutto bene».
«Andiamo. Facciamo una passeggiata». Accennò col capo verso la spiaggia buia che incontrava l’orizzonte notturno.
Sorrise, consapevole che non avrei potuto, o voluto, dire di no.
«Okay». Misi la tracolla nera e sottile della borsetta su una spalla e lasciai che lui mi guidasse sulla sabbia illuminata dalla luna.
«Raccontami, rossa. Cosa succede?»
«Faccende di lavoro. Ho commesso l’errore di controllare la casella di posta. La vita vera fa schifo».
Scoppiò a ridere e mi strinse la mano. «Io non ci penso neanche lontanamente a mettermi in contatto con la realtà. Perché diavolo hai controllato le e-mail se hai ancora tanti giorni da trascorrere qui?»
«Non lo so. Credo di non riuscire a evitare le seccature. Rimettermi in pari con il lavoro sarà dura. Ho pensato che sarebbe stato meglio iniziare a farmi un’idea».
«Il tuo lavoro ha forse un effetto di redenzione?».
Abbassai lo sguardo verso le ombre scure che si formavano ai nostri piedi, sulla sabbia morbida. «Magari non come immagini tu. Non salvo la vita a qualcuno quando vado a ritirare i vestiti del mio capo in tintoria».
«Lui ti rispetta?». Aveva assunto un’espressione seria.
Mi strinsi nelle spalle. «Credo che forse, in fondo, apprezzi quello che faccio, ma sembra troppo occupato per perdere tempo a dimostrarlo. Lo capisco. È il mio lavoro. E tu che mi racconti? Hai sempre sognato di fare il vigile del fuoco?».
Le sue labbra disegnarono un sorriso spensierato. «Amo il mio lavoro. Anche quando fa schifo. A volte ho l’impressione di averlo nel sangue, come se fossi destinato a questo. Ogni tanto mi capita di affrontare turni massacranti, così ho dei momenti di ripensamento, ma appena ho il tempo di riposarmi non vedo l’ora di tornare operativo. Mi manca».
«Anche adesso?».
Volse lo sguardo lungo la costa, sovrappensiero, poi si girò di nuovo.
«Non vorrei essere in nessun altro posto adesso, considerando che sono qui con te. Giuro».
Più tempo passavo con Darren, più mi accorgevo di quanta bontà si celasse sotto quella scorza di uomo bello e affascinante. Nonostante gli avvertimenti che mi erano stati rivolti, nonostante la mia testa urlasse di prestare attenzione, ero attratta da lui. Volevo conoscerlo meglio, svelare il suo mistero e guardarlo come non si era mostrato a nessuna prima di me.
«Comunque sia, al diavolo tutto. Siamo in vacanza. Facciamo una pazzia».
«Per esempio?».
Scoppiai a ridere e lo fissai mentre si toglieva la maglietta.
«Facciamo il bagno nudi», propose in un sussurro.
Rimasi a bocca aperta per un istante intanto che tirava giù la zip dei pantaloncini.
«Nell’oceano? Tu sei matto».
«Sì, certo. Andiamo, non fare la bacchettona», disse.
«C’è il divieto. Non si può entrare in acqua di notte». Indicai un cartello dietro di noi, lo avevo notato quando era ancora giorno.
«Siamo in vacanza. Non esistono regole».
Si sfilò i boxer e restò nudo, al chiaro di luna. A quel punto ero senza fiato, così cercai di distogliere lo sguardo. Cosa non avrei dato anche solo per una sbirciatina…
«Non entro in acqua nuda», insistetti.
«Fai come ti senti». La sua voce era un po’ più distante. Mi voltai e lo vidi tuffarsi, il suo sedere nudo era tutto quello a cui riuscivo a pensare, finché non si immerse.
«Si sta bene!», esordì a gran voce. Il suo sorriso spiccava nella notte.
Avvertii l’esitazione abbandonare il mio corpo per venire travolta da quell’energia contagiosa.
Sto per farlo davvero? Sì. No. Neanche per sogno. Ma che diavolo mi salta in mente?
Feci un respiro profondo e tolsi il prendisole di maglina.
Darren gridò da lontano. Non potevo credere che stessi facendo una cosa del genere, ma gli sorrisi comunque. Darren era matto, ma a me la sua follia piaceva moltissimo, anche se non sapevo perché. Nessun altro sarebbe stato capace di convincermi a fare certe pazzie. Sentii un’ondata fredda di paura appena mi apprestai a sfilare reggiseno e mutandine. Non potevo raggiungerlo completamente nuda. Dovevo fermarmi.
«Andiamo, rossa, sto congelando. Sbrigati».
Senza esitare oltre, sganciai il reggiseno e misi un braccio davanti al petto per coprirmi, poi gli andai incontro.
L’acqua era calda, ma ebbi un sussulto per la sensazione nuova dell’oceano su alcuni punti del corpo per la prima volta. Iniziai a nuotare verso di lui, cercando di non pensare a quello che celava l’abisso di quell’acqua scura. Quando qualcosa mi sfiorò un piede urlai.
«Che succede?». Darren si avvicinò in fretta e mi prese per mano, poi fece un gran sorriso.
«Qualcosa mi ha sfiorato un piede. Ho paura». Guardai il mare tenebroso che mi impediva di vedere cosa ci fosse sotto.
Un’onda avvicinò Darren ancora di più a me, e all’improvviso sentii le sue mani che mi stringevano. «Non ti spaventare. Ti proteggo io», mormorò.
Provai a deglutire nonostante facessi fatica a respirare. Eravamo incollati l’uno all’altra, pelle a pelle. D’un tratto, nulla sembrò essere più perfetto. Le dita dei piedi si contrassero sul fondale sabbioso.
«Lo sai che sono qualcosa di più di un colore di capelli, vero?».
Mi spostò con un dito la ciocca bagnata che si era incollata contro la guancia. «Molto di più… Sei una spia rossa che brilla nella mia testa. Ogni volta che ti vedo, o ti penso, si accende. Non riesco a pensare a nient’altro. A nessun’altra».
Ero senza parole. Se quelle battute facevano parte del suo repertorio di seduttore meritava un Oscar. Rimanemmo in silenzio, la consapevolezza di essere nuda e a contatto con il suo corpo divenne sempre più evidente.
Ci colpì un’onda placida, Darren mi abbracciò più forte. I suoi occhi erano più scuri del solito. Mi prese il viso fra le mani e mi accarezzò le guance con i pollici.
«Sto ancora aspettando quel bacio che mi avevi promesso».
Mi si bloccò il fiato. «Non era una promessa. Era una minaccia».
«E allora dammi una lezione».
Sollevai il mento, tutto in me stava dicendo “sì”. Volevo baciarlo. E volevo molto più di quello. Gli insinuai le mani fra i capelli bagnati per fargli capire che lo volevo, senza dire niente.
«Vanessa».
Sentirgli pronunciare il mio nome mi fece battere forte il cuore. Non mi aveva chiamato in altri modi, aveva scelto il mio nome. Appena avvertii la sua erezione sussultai, poi premette le sue labbra sulle mie. Gemetti. Ero completamente sopraffatta, consumata dal primo contatto della sua lingua con la mia.
Iniziai a muovere le mani e a esplorare il suo corpo, le braccia muscolose e gli addominali scolpiti. Lo desideravo. Così come lo desiderava mezza Brooklyn… forse anche la metà delle ospiti dell’hotel. Ma in quel momento ero l’unica fra le sue braccia. Era attratto da me, come volevo.
Ripresi fiato; poco prima di staccarmi mi sollevò in modo che incrociassi le gambe intorno al suo busto. Obbedii. L’attrazione che provavo per Darren mi percorse tutta la pelle sensibile, un formicolio si diffuse nella zona fra le cosce dove l’attrito tra i corpi faceva crescere l’eccitazione.
«So a cosa stai pensando», mormorò, posandomi baci delicati sulle labbra e lungo le guance.
Non poteva saperlo, perché ogni mio pensiero sensato era stato travolto dal desiderio che si era impadronito del mio corpo.
Mi afferrò per i fianchi e iniziò ad accarezzarmi le cosce immerse nell’acqua. Ancora un istante e avrei finito per passare la notte con Darren Bridge, a godermi ogni momento dettato dall’irresponsabilità.
«A cosa sto pensando?». La mia voce era un sussurro. Se soltanto avesse saputo…
«Ti stai chiedendo se sia una buona idea. Perché sei una ragazza intelligente, in grado di guardarmi dentro, ma non riesci comunque a resistere alla tentazione».
Con la mano risalì lungo il fianco per poi stringermi un seno. Spinsi i fianchi contro di lui per sentire ancora quell’attrito meraviglioso. Mi morsi un labbro e mi scappò un gemito disperato che mi aveva attanagliato la gola fino ad allora.
«Concedimi soltanto una notte, Vanessa. Una notte sola, non te ne pentirai».
Sbattei contro la parete della stanza di Darren. Eravamo rimasti avvinghiati da quando entrammo in acqua. L’unica differenza era che non c’era più imbarazzo nel toccarci. Pervasa da passione e frenesia, ero pronta a cedergli.
Mi aggrappai al suo corpo con una gamba, lui spinse e gemette. «Dio, ti desidero così tanto».
Mugugnai e mi strinsi a lui con tutte le forze. I nostri vestiti erano bagnati e pieni di sabbia, avevo voglia di rimuovere ogni barriera tra noi. Insinuò le mani sotto il mio vestito e lo tirò su, quindi sganciò il reggiseno. L’aria fredda del condizionatore mi colpì la schiena, indurendomi i capezzoli.
«Bellissima», mormorò, passandomi le dita sulla pelle d’oca.
Sentii un fremito nello stomaco che sfrecciò dritto alle labbra.
Mi afferrò l’elastico delle mutandine con i pollici e le abbassò fino alle caviglie, posandomi tanti baci sulle cosce. Appoggiai i palmi contro la parete perché le ginocchia mi stavano cedendo. Chiusi gli occhi, godetti della piacevole sensazione delle sue labbra calde sulla pelle. Poi avvertii la lingua di velluto. Lo sentii risalire per poi fermarsi vicino al punto del mio corpo che si era bagnato per lui, soltanto per lui.
«Voglio guardarti, Vanessa». Pronunciò quelle parole graffianti e sensuali mentre mi accarezzava l’interno coscia, poi mi sfiorò il sesso. Divaricò le labbra, io mandai avanti il bacino rapita dalla cupidigia. Non potevo permettermi di fare la timida per quanto lo desideravo. Appena iniziata la danza le mie inibizioni volarono fuori dalla finestra.
Fece un gran sospiro. «Dio, sei già tanto bagnata per me».
Scostò le mani e si alzò lentamente per torreggiare imponente su di me. Seguirono alcuni istanti di sofferenza mentre aspettavo che si spogliasse. Lo guardai, sempre più rapita, svelare il suo corpo bellissimo. La luce soffusa della stanza proiettava ombre. Finalmente sfilò il costume a pantaloncino nero e lo vidi nudo, orgoglioso, con un inconfondibile sguardo famelico e fosco.
Avevo già intravisto il suo sesso, appena usciti dall’acqua, ma era buio. Allora, come in quel momento, appariva imponente. Parte di me non voleva fissarlo, ma l’altra aveva una voglia irrefrenabile di andare in camera al più presto. Lì dentro potevo guardarlo quanto volevo. E toccarlo…
Prima che potessi avvicinarmi, mi lasciò nuda e tremante appoggiata alla parete. Ci scrutammo, eccitati e con tanti pensieri in testa. Non riuscivo a muovermi, ero bloccata mentre veniva verso di me, lento ma inesorabile. Tirò fuori un preservativo dal portafoglio e lo scartò, quindi lo srotolò lentamente sull’erezione. Quel gesto così sensuale mi fece quasi esplodere. Chiusi gli occhi, ma dietro le palpebre immaginavo cosa stesse succedendo. Quell’esperienza sarebbe stata travolgente… ormai avevo preso la mia decisione e non vedevo l’ora di sentirlo dentro di me.
«Vanessa». Pronunciò il mio nome come fosse una preghiera.
Socchiusi gli occhi mentre il cuore batteva a una frequenza insolita per quella visione. Il suo fisico era fantastico. Sembrava scolpito nel marmo.
Si avvicinò con le mani protese, e ritrovai le capacità motorie. Come una calamita mi sentivo attratta verso di lui, il suo calore, la sua energia. Gli andai incontro, le gambe mi tremavano, finché i nostri toraci furono incollati. Mi passò le dita fra i capelli per fermarsi dietro la nuca e avvicinare le labbra. Aprii subito la bocca per accoglierlo. Ci legammo in un altro bacio travolgente. La sua lingua era allo stesso tempo morbida e ruvida, quel bacio era profondo e carico di desiderio, un desiderio vero. Strofinai il petto contro di lui, avevo una voglia irrefrenabile di quel contatto. Lo volevo più vicino, intorno a me, dentro di me. Si scostò, aveva il respiro affannoso mentre mi teneva con forza.
«La tua bocca non mi sazia mai. Il tuo sapore…». Scosse il capo, quasi non riuscisse a capire cosa gli prendeva.
Non lo capivo neanche io. Non avevo mai provato un desiderio tanto forte. Non avevamo ancora fatto sesso, eppure non ricordavo di aver provato qualcosa tanto travolgente per qualcuno prima di allora. Non potevo credere che ricambiasse, tuttavia il modo in cui mi guardava mi fece sperare.
Si mise seduto sul letto e mi tirò a sé, avevo il petto davanti al suo viso. Mi strinse un capezzolo fra le labbra e mi diede un bacio carico di avidità.
Sentii insinuare una mano fra le cosce. Mi sfregò con delicatezza il clitoride. Appena fece scivolare la mano un po’ più in basso, dove ero bagnata per lui, abbandonò il capezzolo per succhiarmi con passione l’altro.
«Voglio assaggiare ogni centimetro del tuo corpo, Vanessa. Ogni maledetto, bellissimo centimetro».
Il tono roco di quella promessa gli rimbombò nel petto e contro la mia carne mentre leccava e mordicchiava i seni.
Annaspai e mi aggrappai alle sue spalle per tenermi su. Quel desiderio andava ben al di là di un piacere fugace. Si irradiava dalla mia pelle, stimolava ogni nervo sul quale passava le mani, facendomi tremare fino alle viscere. Era dentro di me che lo volevo disperatamente.
Come se avesse risposto a una preghiera silenziosa, insinuò un dito nella mia apertura per poi iniziare a massaggiare e a muoversi dentro e fuori. Mi sarebbe bastato per venire, se mi fossi lasciata andare.
«Darren». Al suo tocco inarcai la schiena.
Mi aggrappai ancora più forte, lui piegò il dito. Sentii qualcosa esplodere. La mia pazienza, tutta la tensione accumulata per averlo respinto così a lungo. Tutte quelle sensazioni abbandonarono il mio corpo. Serrai la mascella e gli tirai i capelli setosi.
Mi guardò, lessi una fame primordiale nei suoi occhi. «Mi vuoi adesso?». Il suo tono di voce era pacato e profondo.
Lo desideravo da mesi, e in quegli ultimi giorni il dolore era diventato così lancinante che mi sarei presa a frustate per aver respinto le sue avance. Avrei affrontato qualunque delusione pur di placare la fame. Feci un cenno d’assenso, perché in quel momento non mi importava di nulla.
«E allora vieni qui, tesoro. Voglio sentire la tua figa piccola e stretta intorno a me».
Le sue parole oscene mi provocarono una visione vivida. Si portò le dita alla bocca e assaporò i miei fluidi. Sentii un’ondata di caldo, realizzai di colpo che fare sesso con Darren non sarebbe stato neanche lontanamente simile alle altre volte in cui l’avevo fatto. Mi tirò su di sé con determinazione, facendomi mettere a cavalcioni sulle sue gambe sode. Se lo prese con una mano, con l’altra mi guidò nella penetrazione.
Ci unimmo un centimetro alla volta. Buttai la testa all’indietro.
Buon Dio…
Mi si bloccò il fiato appena penetrò del tutto. Ero tesa, ogni parte del mio corpo veniva a poco a poco pervasa dal piacere, lo sentivo in profondità. Provai un piccolo fastidio per le dimensioni considerevoli, ma per il resto quella sensazione di pienezza fu soltanto fonte di piacere.
«Tutto bene?», mi sussurrò sul collo mentre mi spostava una ciocca di capelli. Con le braccia calde e forti mi teneva stretta come se fossi un tesoro appena conquistato. In quel momento lo ero davvero. Il mio corpo apparteneva al suo, e io lo avevo accolto.
«Più che bene».
Non aveva bisogno di incoraggiamenti, ma non riuscii a mentire. Stavo benissimo. Era la materializzazione di tutte le fantasie che mi erano passate per la testa durante le notti trascorse da sola, anche meglio di quanto avessi immaginato, in realtà.
Mi afferrò per il bacino e mi fece affondare su di lui, ancora. Provai di nuovo un leggero fastidio insieme all’attrito, poi arrivò quel piacere che toglie il respiro. Mi lasciò libera di muovermi, mi tirai di nuovo su, pervasa dalla sensazione di pienezza. Era stupendo stare fra le sue braccia. Era tanto tempo che non andavo a letto con un uomo, e Darren mi stava dando piacere come mai nessuno prima. Non avrei resistito molto.
«Dimmi cosa senti, Vanessa». Tensione e desiderio da parte sua sembravano filtrare in me mentre mi toccava. Affondò le dita nella carne del bacino.
Mi piaceva da morire la sua forza mista a un notevole autocontrollo. Darren era un incredibile concentrato di potenza mentre mi faceva muovere a suo capriccio. Avrebbe potuto trasformarsi facilmente in qualcuno da temere. Ma il suo sguardo raccontava qualcosa di diverso. Non mi ero mai sentita tanto sicura o coccolata come in quel momento.
Scossi il capo in maniera impercettibile, non ci credevo. Essere così vicini, a pochi millimetri. Eravamo lì, in un luogo in cui non avrei mai fantasticato di poter stare. I sintomi dell’orgasmo si presentarono presto, accentuando quell’emozione che provavo sulla pelle, dai capezzoli doloranti fino alle dita dei piedi che si contraevano contro le sue cosce sode.
Dimmi cosa senti. Le sue parole mi riecheggiavano nelle orecchie, ero in totale balia dei miei sentimenti. Non trovavo le parole giuste, a parte…
«Non mi ero mai sentita così».
Mi scostò i capelli dal viso, accarezzandomi con il pollice. Scosse il capo e mi rivolse uno sguardo confuso. «Neanche io».
Non riuscii a sostenere quello sguardo. Non potevo credere a cosa stesse lasciando intendere. Lo baciai con passione. Lui mi fece affondare con il bacino e sollevò il suo per farmi sentire in un modo diverso la sua presenza dentro di me. Gemetti contro la sua bocca, il piacere mi scorreva nelle vene. Ancora qualche istante e non sarei stata in grado neanche di parlare. Chiusi gli occhi e mi fece guidare da lui e dalla foga. I nostri corpi entrarono sempre più in connessione, stretti l’uno all’altra.
Il cambio di ritmo rispose a una mia preghiera inespressa, finché non arrivò quella scossa di piacere. Mi limitai ad accoglierlo, lasciai che mi portasse sull’orlo del delirio. Cercai di resistere finché non mi fu possibile.
«Darren!». Spalancai la bocca e venni pervasa da un fremito.
Sentivo le cosce bagnate e strette intorno al suo corpo. Ogni muscolo si tese, soccombendo al vortice di sensazioni. Guidava ogni movimento. Anche se avevo gli occhi chiusi avvertivo che mi fissava, i suoi occhi erano come fari puntati su un’incontrollabile scalata. Non potevo rallentare, non volevo. Lo desideravo da troppo tempo.
Persi il controllo e urlai. Le ultime spinte del suo membro mi provocarono un orgasmo che nessun uomo mi aveva mai dato. Continuai a cavalcarlo, tremando per l’intensità delle emozioni.
Mi afferrò per i capelli e mi fece inarcare la schiena. Poi mi posò un bacio avido e bagnato sulla pelle.
«Sei bellissima quando vieni».
Darren
Vidi le stelle ancor prima di venire. Non mi era mai capitato di provare un piacere tanto travolgente. Vanessa era come un fascio di nervi scoperti. Era come sfiorare un fulmine.
Non appena mi disse di sì accantonò ogni remora. Completamente aperta a me iniziò a muoversi e a prendere tutto quello che avevo da darle. Il piacere che leggevo sul suo viso madido quasi mi tolse il fiato.
Sarei potuto venire anche soltanto a guardarla godere. Sentii la sua figa contrarsi appena raggiunse il picco del piacere. La feci voltare per adagiarla con delicatezza sulla schiena. Mi sollevai per osservarla meglio. Era bella da morire. Già lo sapevo, ma in quel momento era nuda, senza barriere. Era la perfezione come non avevo mai visto, e mia, anche se solo per una notte.
Mi chinai con un gesto fulmineo, lei si mosse tra le lenzuola annaspando. Cercai di trattenere un gemito e mi avvicinai, penetrandola ancora più in profondità. Ero duro quanto una roccia. Il meraviglioso attrito della vagina intorno al mio sesso mi fece impazzire. Ogni cellula implorava di averne di più e lasciarsi andare al piacere.
Sentivo le sue mani ovunque. Ogni tocco disperato mi mandava a fuoco la pelle, mi contraeva le budella in una disperata voglia di avvicinarci sempre di più. Era troppo. Qualcosa scattò dentro di me. La afferrai per i polsi e glieli bloccai sul materasso, ai lati della testa, quindi spinsi dentro di lei con foga. Pensai soltanto a venire…
Le tremavano le labbra. Avvertii le contrazioni delle sue pareti e aspettai che esplodesse una seconda volta, nel frattempo affrontavo il mio personale delirio. Ma non arrivò.
La vidi implorare. «Voglio toccarti», sussurrò.
Sentii di nuovo lo stomaco stringersi. Senza pensarci, la feci girare prona. Le sollevai il bacino e affondai nel suo corpo caldo. Le sfuggì un gemito gutturale.
Soltanto io potevo scorgere il riflesso nello specchio. Prese ogni centimetro di me, ancora e ancora. Una visione estremamente erotica, appagante ed eccitante. Tanto bastò per incoraggiarmi. Le lenzuola si incresparono fra le sue mani strette a pugno, capii che c’era quasi. Le sue pareti si contrassero intorno a me appena urlò dal piacere.
Non potevo fermarmi. Una scossa mi percosse la spina dorsale. I testicoli si contrassero tanto da farmi male e venni anch’io, raggiungendo il paradiso dentro di lei. Allentai la presa sul suo bacino quando mi resi conto che altrimenti le avrei lasciato i lividi.
Con un gran sospiro si abbandonò sulle lenzuola. Mi adagiai su di lei e inalai il suo profumo come se fosse ossigeno prezioso che mi era stato sottratto. Tirai un sospiro anche io. Finalmente mi rilassai, ero felice di averla vicina senza vedere quello sguardo.
Resistetti alla tentazione di rimanere nel suo corpo caldo e lo tirai fuori. Dovevo riprendere fiato…
Scesi dal letto e andai in bagno per gettare il preservativo, almeno le avrei dato il tempo di tornare in sé. Guardai il mio riflesso nello specchio. Avevo le guance arrossate e le spalle rilassate. Provai una sensazione tanto familiare quanto insolita.
Lo hai già fatto centinaia di volte.
Scopato una ragazza. Gettato il preservativo. Lavato il suo odore, il suo sapore.
Scossi il capo e aprii il rubinetto. Mi sciacquai il viso con l’acqua fredda e sentii l’odore di Vanessa sulle mani. Il sangue affluì nelle parti basse, ma qualcosa non andava. Quella vocina era come uno spillo sulla lingua, mi faceva male.
Chiusi la porta del bagno e aprii il rubinetto della doccia.
L’acqua iniziò a scendere, mi lavai velocemente e con gesti automatici mentre la mia mente affrontava una guerra.
Lei non è come le altre…
Vanessa era diversa. Tutto di lei mi mandava su di giri. Come si muoveva, come mi respingeva perché, anche se mi desiderava, non aveva bisogno di me.
Ma quella sera, il modo in cui mi aveva toccato e si era avvicinata mi fece capire che il nostro rapporto era cambiato. Avevo compreso, senza ombra di dubbio, che mi voleva per l’uomo che ero, non per una semplice scopata. Che lo ammettesse oppure no, ero certo che fosse così. Il mio cervello era in uno stato di massima allerta, quasi avesse dovuto intercettare il primo, minimo segno di avvicinamento dopo un orgasmo incredibile.
Al solo pensiero di ripetere l’esperienza mi eccitai di nuovo. La desiderai quella sera e il giorno successivo, per tutta la maledetta settimana, intendevo scoparla in ogni maniera possibile fino a renderle difficile camminare per tornare nella sua stanza.
Mi asciugai e mi preparai a trasformare in realtà quel sogno. Mi sistemai l’asciugamano intorno alla vita e uscii dal bagno pieno di vapore, sicuro di trovarla ancora sul letto. Ma era già andata via.